Il DM77 e le risorse rese disponibili dal PNRR costituiscono una reale possibilità di un nuovo modello di sanità territoriale fortemente basato sull’innovazione digitale.
Percezione diffusa è che, in merito al DM77, appare decisamente limitata sia a livello di aziende sanitarie sia a livello regionale la consapevolezza della necessità di pianificare congiuntamente tutte le variabili facenti parte del progetto che sono tra loro estremamente interconnesse con il rischio di predisporre infrastrutture fisiche, logistiche e tecnologiche che difficilmente potranno essere utilizzate sensatamente al fine della creazione di nuovi servizi, stabili nel tempo, per la gestione della cronicità nel territorio.
Proviamo allora a elencare alcune variabili che dovrebbero essere considerate e affrontate in modo sinergico nella progettazione e realizzazione del nuovo assetto dei servizi sanitari territoriali, fortemente basato su un ecosistema digitale, entrambi previsti specificamente dal DM77.
Come l’ICT ha cambiato la Sanità
Le tecnologie dell’informazione (ICT) negli ultimi vent’anni hanno promosso innovazioni profonde e ancora oggi guidano e favoriscono intensi processi di cambiamento in sanità sia nell’area amministrativo-contabile, sia nell’area clinica (in particolare nei processi di back office, nella automazione dei dipartimenti clinici (Laboratorio, Radiologia, Anatomia Patologica..) nelle relazioni esterne (con i pazienti, i professionisti, tra aziende e fornitori), sia nell’area della business intelligence (Buccoliero et al., 2002, 2005; Caccia, 2008; Boscolo et al., 2019; Osborne et al., 2022; Boscolo e Longo, 2023).
I processi di informatizzazione sono per certi versi ancora incompleti – si veda, ad esempio, come l’Italia sia tuttora il fanalino di coda dell’Europa nell’adozione delle cartelle cliniche elettroniche (Cucciniello et al., 2016; Boscolo e Tarricone, 2022) e come molti dati siano ancora su supporti cartacei e quindi difficilmente fruibili, come testimonia oggi il progetto del nuovo FSE, che tende, da un lato, all’ammodernamento dell’infrastruttura tecnologica e all’utilizzo obbligatorio di standard di interoperabilità (Fhir) per tutte le aziende sanitarie pubbliche e private, dall’altro, alla formazione dei professionisti affinché aderiscano pienamente alle logiche digitali di raccolta dati e all’utilizzo di semantiche comuni. (Boscolo e Longo, 2023)
La digitalizzazione richiede tipicamente il bilanciamento tra sviluppo e sperimentazione, a livello locale, e il governo, a livello di sistema. Fino al 2020 ha prevalso un approccio bottom up alla digitalizzazione, secondo il quale, soprattutto per determinati target di pazienti e patologie, aziende sanitarie, unità organizzative e singoli professionisti hanno promosso soluzioni ad hoc, con approcci sperimentali e tecnologie spesso artigianali, sviluppate per casistiche specifiche, spesso senza attenzione all’interoperabilità dei silos informativi, senza sfruttare le possibili economie di scala garantite dalla diffusione e replica di sistemi e senza condividere, oltre alla tecnologia, le lezioni apprese nel service design e nel change management, di fatto contribuendo alla proliferazione di silos organizzativi (Bobini et al., 2021). Lo scenario non è dissimile dal livello internazionale, dove proliferano soluzioni ad hoc e device per la gestione a distanza del paziente oncologico, diabetico o con patologie cardiovascolari con architetture a silos (es. Nasi et al., 2015; Bobini et al., 2021, Boscolo e Longo, 2023).
Numerose regioni e, in particolare, molte direzioni regionali dei Sistemi Informativi, investite centralmente del compito di promuovere iniziative di digitalizzazione su larga scala per implementare il PNRR, si sono affrettate a partire dalla fine del 2021 nello sviluppo di indicazioni top down sulla digitalizzazione. Lo slancio di alcune regioni nello sviluppo di nuovi strumenti che potessero essere utilizzati sistematicamente da professionisti sanitari diversi (MMG, specialisti, infermieri e staff) in molteplici setting, a prescindere dalla definizione dell’assetto dei servizi, dalle competenze disponibili e dalla propensione all’innovazione, si è presto scontrato con la necessità di approfondire le specificità dei singoli contesti e setting locali che determinano la reale capacità di adozione e utilizzo dei nuovi strumenti digitali proposti centralmente, in particolare riuscendo davvero a modificare il format dei servizi e dei processi di coordinamento inter-professionali. (Boscolo e Longo, 2023).
Il DM77
Il DM77 si innesta tra le iniziative della Missione 6 (salute) del PNRR, componente 1 “reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale”.
Rappresenta lo strumento cardine della riforma dell’assistenza territoriale che, in diverse regioni, ha dimostrato lacune chiaramente emerse nella fase della pandemia Covid.
L’obiettivo della riforma consiste nel potenziare i servizi assistenziali territoriali per “perseguire la garanzia dei LEA, riducendo le disuguaglianze, e contestualmente costruendo un modello di erogazione dei servizi condiviso ed omogeneo sul territorio nazionale.”[1]
Sostanzialmente il DM77 pone la necessità di avviare rapidamente e in modo omogeneo sul territorio nazionale:
- interventi strutturali (Case di Comunità, Ospedali di Comunità, Centrali Operative Territoriali) correlati da adeguati standard di personale
- interventi di natura clinico-organizzativa basati su attività di medicina di iniziativa (stratificazione della popolazione in base ai bisogni) e di gestione integrata di diversi setting assistenziali (dall’Ospedale di comunità al domicilio inteso come luogo privilegiato di intervento, alle Farmacie di servizi).
- un nuovo modello digitale (senza il quale interventi strutturali e organizzativi non possono funzionare) al fine di individuare le persone da assistere (Population Health Management), la gestione dei modelli di presa in carico e il loro monitoraggio nel tempo, garantire servizi di telemedicina, favorire l’integrazione tra ospedale e territorio.
In assenza di una chiara definizione del modello clinico-organizzativo di riferimento diventa problematico ipotizzare sia la attivazione di interventi strutturali la cui realizzazione dovrebbe essere finalizzata ai contenuti di cura e organizzativi che si intendono realizzare sia la costruzione di un nuovo e complesso ecosistema digitale e del relativo modello dati.
La realizzazione dei contenuti del DM77 pone di conseguenza la necessità di affrontare congiuntamente alcuni temi tra loro strettamente interconnessi e rappresentati in fig.1:
- definizione del modello clinico-assistenziale
- definizione del modello organizzativo ivi compresi gli interventi strutturali e logistici
- definizione del nuovo modello tecnologico e del modello dati
- definizione del conseguente modello di tutela dei dati personali (privacy) e della sicurezza
Il modello clinico-assistenziale
La definizione del modello-clinico-assistenziale determina sia il modello organizzativo sia l’ecosistema digitale di supporto.
L’adozione di un modello di progettazione (ad es. un modello Canvas che in Fig.2 rappresenta il business model utilizzato per il progetto Connected Care della Mayo Clinic) consente di predisporre un percorso realizzativo chiaro e definito ex ante che prevede in primo luogo la definizione della popolazione target da coinvolgere nel progetto, successivamente la definizione del modello organizzativo, dei processi delle attività da erogare e degli attori coinvolti nel processo di erogazione, la definizione dei modelli di costo e tariffazione, la definizione delle metriche di valutazione in logica Value Based Healthcare e da ultimo la definizione della piattaforma tecnologica di supporto, del conseguente modello dati e dei vari livelli di integrazione tra le diverse piattaforme che compongono l’ecosistema digitale di supporto.
Fare riferimento a un modello di progettazione (ad es. Canvas) favorisce una visione complessiva di tutte le componenti del progetto stesso in tutti gli aspetti che lo compongono e che devono essere tra loro armonizzati e coerenti.
Definire la popolazione “target” coinvolta nel progetto significa poter disporre di dati, e quindi di una piattaforma digitale che li produca nonché di piattaforme digitali che ne consentano l’elaborazione attraverso algoritmi di Business Intelligence, Business Analitycs o di Machine Learning/AI.
Tale attività di stratificazione, specificamente prevista dall’art 3 del DM.77, prevede la realizzazione di attività di Population Health Management, che consentano:
- la valutazione del profilo epidemiologico della popolazione di riferimento (stratificazione del rischio) e le conseguenti priorità di intervento
- la definizione del profilo d’offerta (percorso di presa in carico e cura) piu’ appropriata di servizi sanitari e socioassistenziali;
La precisa definizione delle categorie di pazienti da seguire (Diabetici, Oncologici, Cardiopatici…) e le relative classi di patologia (quali livelli di diabete, che tipo di cardiopatia, quale stadio di pazienti oncologici) ha delle conseguenti ricadute sulla definizione sia del modello organizzativo sia sull’ecosistema digitale dovendo, in quest’ultimo caso, definire quali canali attivare, quali dati gestire, quali device ad es. utilizzare per attività di telemedicina e telemonitoraggio.
Il tema della Population Health Management (stratificazione) ha aperto alcuni necessari approfondimenti sul tema della tutela dei dati personali su cui si è espresso negativamente il Garante.
Appare opportuno in proposito richiamare quanto contenuto nel Dm77 che dichiara tale attività come pre-requisito per le attività di medicina di iniziativa per la popolazione cronica: vale a dire si parte dal presupposto che la popolazione cronica (che rappresenta il 30% degli assistiti del SSN che utilizza oltre il 70% delle risorse del SSN) ha una aderenza alla terapia inferiore al 50% . Al fine di ottenere risultati di salute per queste categorie di pazienti è necessario coinvolgere ex ante queste categorie di pazienti in processi di cura che vengono predisposti e gestiti dalle Aziende Sanitarie attraverso medicina di iniziativa evitando di intervenire su questi pazienti a malattia conclamata (cosa che peraltro determina costi ulteriormente superiori).
Per l’attivazione di piani personalizzati di cura (PAI previsti dal DM77) è necessario definire quali sono le patologie croniche da gestire e quali sono i pazienti da seguire. L’attività di population health management non è quindi una attività separata rispetto al percorso di cura ma una parte integrante del processo di cura. In questo contesto l’attività di stratificazione del rischio sanitario della popolazione non si configura come un’attività amministrativa prodromica all’attività di cura (vedi parere del Garante[2]) ma costituisce parte essenziale e base del processo di presa in carico e cura di specifiche categorie di pazienti senza la quale il processo di cura non può realizzarsi.
Ulteriore attività da svolgere in questa prima fase, tipicamente di tipo clinico-gestionale, è la definizione del modello clinico-assistenziale di riferimento vale a dire la definizione, per tipologia di patologia da trattare, del profilo di cura tipo e dei risultati di salute che si vogliono ottenere per quel tipo di profilo di cura. In tale contesto val la pena richiamare che il modello Value Base Healthcare prevede che il modello di remunerazione non avvenga più per prestazione erogata (come avviene oggi) ma per risultato clinico raggiunto.
La definizione di nuove regole tariffarie è quindi un obiettivo intrinseco del nuovo modello di cura previsto dal DM77.
In questo contesto va evidenziato che le nuove piattaforme di presa in carico e gestione dei pazienti cronici dovranno essere in grado di produrre una valutazione degli outcome (risultati di cura) del percorso clinico che dovranno essere correlati ai nuovi meccanismi tariffari, evidenziando in proposito che ad oggi tutti i sistemi informativi gestionali in sanità “ragionano” per prestazioni erogate e non per risultati di cura derivanti dall’erogazione di un insieme di prestazioni (PAI).
Il modello organizzativo
A valle della definizione dei target di popolazione da seguire appare necessario definire il modello organizzativo, il processo gestionale, le attività che compongono il PAI per tipologia di patologia da trattare, le modalità di erogazione delle stesse ( in presenza, on line, sistema misto ), i luoghi di erogazione (Cot, Ospedali di comunità, Casa di Comunità, Domicilio, Farmacia dei servizi), gli attori coinvolti (MMG, Specialisti, Infermiere di Comunità, Adi…), definire le interdipendenze dei diversi setting assistenziali al fine di gestirle, il modello dei costi e di tariffazione, il modello di presa in carico e di monitoraggio, i canali di comunicazione con professionisti, pazienti e loro caregiver, le funzioni di monitoraggio del processo di cura (case management), il modello di valutazione dei risultati.
L’esempio riportato in Fig 3 fa riferimento al modello predisposto da Regione Lombardia che ha previsto un macro-modello organizzativo di rifermento che prevede una prima fase di Stratificazione della popolazione che si conclude con la predisposizione di elenchi di pazienti da trattare (e reclutare); una seconda fase di primo contatto con questi pazienti che avviene attraverso piattaforme multicanali; una terza fase che prevede una valutazione, semplice o multidimensionale del paziente in base alle quale, in una quarta fase, viene predisposto un Paino di Cura Individuale che viene sottoposto al paziente e , se accettato, ne prevede l’arruolamento effettivo. Da questo momento il paziente verrà seguito in modalità proattiva dalla Azienda Sanitaria che si farà carico di prenotare e monitorare, in backoffice, tutte le attività che sono previste nel PAI. La quinta, sesta e settima fase costituiscono le attività di pianificazione effettiva e di erogazione delle attività previste dal PAI. La ottava fase rappresenta il case management mentre la fase 9 determina le attività multicanale di comunicazione con pazienti e loro caregiver.
Questo macro-processo dovrà successivamente esser declinato in dettaglio per ogni categoria target di popolazione che si è deciso di seguire. In proposito il Cergas dell’Università Bocconi ha effettuato alcune ricerche da cui emerge che, preso atto degli standard di personale definiti nel DM77, sarà sostanzialmente impossibile gestire per intero le categorie di cronicità definite. Sarà quindi necessario definire dettagliatamente i criteri di arruolamento della popolazione cronica anche in base alla reale capacità di offerta delle singole Aziende Sanitarie.
Ciò premesso appare evidente che tutto il macro-processo sopra descritto non potrà realizzarsi senza un adeguato ecosistema digitale di supporto. Ancora una volta si rimanda alla definizione di Gartner in merito all’innovazione digitale in sanità che oggi costituisce un pre-requisto di funzionamento delle stesse aziende sanitarie.
L’ecosistema digitale di supporto
A seguito della definizione del modello clinico e organizzativo va definito il modello tecnologico nelle sue diverse componenti che devono essere tra loro integrate e, a loro volta, integrate con le piattaforme regionali e nazionali previste dal PNRR (Telemedicina, FSE 2.0, INI/ANA)
La Fig 4 evidenzia un possibile modello di ecosistema digitale a supporto del DM77. Il tentativo del modello è quello di favorire una visione di insieme delle diverse piattaforme che devono cooperare al fine di garantire un adeguato supporto digitale in tutte le fasi del progetto rappresentato nel paragrafo precedente.
L’ecosistema digitale a supporto del DM77 si compone almeno delle seguenti piattaforme:
- una piattaforma di CRM (opportunamente basata su algoritmi di machine learning/AI) che consenta la stratificazione della popolazione per classi di rischio di patologia, per produrre elenchi di pazienti per patologia che potenzialmente hanno i requisiti per poter essere arruolati nei programmi di medicina di iniziativa definiti da Regioni e Aziende Sanitarie
- questa piattaforma di CRM dovrà essere integrata con una seconda piattaforma di presa in carico e monitoraggio dei pazienti cronici. Questa seconda piattaforma, che dovrà essere utilizzata da tutti gli attori coinvolti nel processo di presa in carico, deve consentire la valutazione semplice o multidimensionale del paziente, la produzione del PAI, la firma del PAI da parte del paziente e/o del suo caregiver (con una attenzione al tema delle firme elettroniche) e il suo arruolamento, la pianificazione in backoffice delle attività previste nel PAI, che potranno avvenire in momenti diversi e in luoghi diversi, il monitoraggio del PAI e le attività di case management.
- Tale piattaforma dovrà quindi essere integrata da un lato con il sistema di Prenotazione (CUP) al fine della prenotazione di attività diagnostiche o specialistiche e dall’altro con una piattaforma multicanale bidirezionale per gestire le comunicazioni con il paziente e/o il suo caregiver.
- La piattaforma CUP dovrà a sua volta essere integrata con il sistema di Telemedicina perché alcune delle prestazioni previste dal PAI potranno essere realizzate in presenza mentre alcune potranno e dovranno essere realizzate in Telemedicina (Teleconsulto, Televista, Telemonitoraggio). In questo contesto la Telemedicina va considerata come componente essenziale dell’ecosistema digitale a supporto del DM77 e non come una piattaforma stand alone.
Il tema del telemonitoraggio inoltre richiede da un lato chiarezza ex ante nella definizione del modello clinico-assistenziale perché patologie diverse richiedono tipologie diverse di device da gestire e da integrare con la piattaforma di Telemedicina e con la piattaforma di presa in carico del paziente, dall’altro richiede la consapevolezza di gestire ex ante il tema dell’ultimo miglio vale a dire della gestione dei device a casa del paziente. La gestione dei device a casa del paziente richiede di inviare a domicilio del paziente personale qualificato e specificamente formato al fine di installare e testare la funzionalità dei device, collegarli alla rete wifi o cellulare del paziente (in proposito va eseguita ex ante una verifica della copertura nei territori in cui si vogliono attivare attività di Telemedicina), eseguire i test di connessione alla piattaforma di Telemedicina e alla piattaforma di Presa in carico del paziente cronico, formare i pazienti e/o i loro caregiver, fornire istruzioni per la chiamata del Centro Servizi. Si richiamano in proposito le Linee guida per la Telemedicina che prevedono l’obbligatorietà, qualora si vogliano attivare iniziative di Telemedicina, di creare specifici Centri Servizi che hanno lo scopo di assistere i pazienti h24.[3]
Il modello della tutela dei dati connesso al modello digitale
Preso atto delle complessità sia del modello clinico-organizzativo sia dell’ecosistema digitale a supporto del DM77 appare evidente la necessità di pianificare “by design e by default” l’architettura della tutela dei dati personali connessa ai processi organizzativi e digitali descritti ai paragrafi precedenti che vedono coinvolti attori diversi, in tempi e luoghi diversi, nel processo di presa in carico e cura del paziente cronico.
Appare necessario avere consapevolezza che modello organizzativo, modello digitale e modello privacy sono profondamente interconnessi e nel limite del possibile dovrebbero essere pianificati congiuntamente al fine di evitare incongruenze/incoerenze e al fine di semplificare l’architettura organizzativa e documentale della privacy con lo scopo di facilitare l’accesso dei cittadini ai piani di cura e nel contempo di favorire un utilizzo semplice delle tecnologie digitali da parte dei professionisti coinvolti nei processi di cura.
Lo schema illustrato in Fig 5 tende a focalizzare l’attenzione “ex ante” sulle varie fasi del processo di gestione del DM77 descritto nei paragrafi precedenti definendo il contenuto tecnico-funzionale di ogni fase del processo, la finalità dei dati trattati in ogni fase, la tipologia dei dati trattati, chi ne è il Titolare e chi ne è Responsabile fino a definire la responsabilità dell’infrastruttura digitale a supporto dei dati trattati nella fase specifica.
Recenti pareri e sentenze del Garante dimostrano che troppo frequentemente vengono attivate iniziative di sanità digitale senza la reale consapevolezza di chiarire ex ante e in modo chiaro ed adeguato l’architettura organizzativa di gestione della privacy, comportando, dopo il parere o l’attività sanzionatoria del Garante, la sospensione dei servizi precedentemente avviati.
Conclusioni
La realizzazione di un progetto così articolato e complesso richiede da un lato la capacità di una progettazione di medio-lungo periodo e dall’altro di prendere atto che la trasformazione digitale della sanità richiede la capacità di mettere intorno allo stesso tavolo professionisti con competenze diverse (direzioni sanitarie e sociali, direzioni amministrative, data scientist, professionisti dell’area clinica, MMG, service designer, professionisti dell’area ICT…) per configurare gradualmente delle soluzioni tecnologicamente solide e sostenibili, ma anche condivise dagli stakeholder rilevanti, del pubblico e del privato, al fine di condividere good practice ma anche gli insuccessi vissuti dagli uni e dagli altri e facilitare l’adozione su vasta scala delle soluzioni rivelatesi efficaci.
La capacità a livello Regionale e di Aziende Sanitarie di creare gruppi di lavoro multidisciplinari (direzioni sanitarie e sociali, direzioni amministrative, data scientist, professionisti dell’area clinica, service designer, professionisti dell’area ICT…) per la pianificazione e progettazione del modello clinico-organizzativo e digitale a supporto del DM77 può oggettivamente costituire una reale opportunità di rendere sostenibile e reale il processo di trasformazione digitale della sanità territoriale. In tale contesto si segnala la capacità di porre attenzione alla individuazione dei professionisti che dovranno far parte di tali gruppi che sono chiamati a contribuire alla realizzazione di un disegno complessivo di sistema da completare, però, in tempi che devono essere compatibili con quelli stabiliti dal Pnrr.
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