La ripresa delle attività nell’anno scolastico da poco avviato è stata accompagnata dalla circolazione di due temi all’attenzione pubblica. Uno è relativo alla diffusione dell’intelligenza artificiale nelle nostre aule, verso una prospettiva di integrazione che risponde ad una quotidianità in cui i confini tra fisico e digitale sono progressivamente e naturalmente sempre più labili, pur senza una chiara previsione circa gli esiti degli sviluppi della trasformazione in corso.
La lezione della Svezia: l’importanza di un uso equilibrato delle tecnologie nell’istruzione
In questo contesto, l’elemento di sorpresa è giunto dalla Svezia, che sulla base dei risultati dell’indagine internazionale PIRLS 2021 ha ripreso le attività didattiche riducendo la presenza dei tablet in classe a vantaggio di carta e penna, quaderni e libri di testo. I risultati relativi alla minor capacità di lettura degli studenti svedesi sono stati, infatti, interpretati come collegati all’eccessivo uso di dispositivi digitali, e hanno spinto a correre ai ripari. Tali risultati hanno richiamato l’attenzione sull’importanza di un uso equilibrato delle tecnologie, sulla centralità dei metodi didattici e, per tornare in tema IA, sulla necessità di integrare le nuove tecnologie “secondo un modello umano determinato e regolamentato, non lasciato al caso”, come si legge anche nel documento Unesco Intelligenza Artificiale generativa e il futuro dell’educazione dello scorso luglio.
L’allaerme Unesco: servono linee guida per l’IA nell’istruzione
L’allarme Unesco segue i risultati del preliminare sondaggio, condotto a maggio tra 450 scuole e università nel mondo, che rilevava la generale mancanza di linee guida nell’uso dell’IA nell’istruzione, con conseguente preoccupazione circa gli esiti di una diffusione condotta prevalentemente da creatori, sviluppatori, proprietari, colossi tecnologici. Nella difficoltà generale di individuare la via migliore per una strada che ancora non conosciamo bene, e che si arricchisce di nuove diramazioni esplorabili e sconosciute, la ricetta migliore che fa da eco, anche nel citato documento Unesco, richiama, tra l’altro, come oramai da diversi decenni, criteri come l’appropriatezza dei metodi pedagogici.
La scuola ancora di salvezza di fronte al disagio sociale
Il secondo tema all’attenzione pubblica nei giorni di ripresa scolastica è stato guidato dai drammatici fatti di cronaca che hanno visto tristemente coinvolti giovani e giovanissime. La tragedia del “parco verde di Caivano” e il brutale omicidio di GiòGiò a Napoli. Giovani vittime e giovani “carnefici” che, come è parso evidente nel caso di GiòGiò, appartengono a realtà e modelli culturali distanti. Difficile lanciare ricette e soluzioni, di fronte a ferite che colpiscono l’intera società e l’intero Paese.
Facile parlare di sconfitte della legalità, di distorsioni legate agli effetti perversi del post-pandemia, o alle narrazioni cinematografiche e seriali nelle quali buoni e cattivi vengono confusi. Facile parlare del ruolo della scuola per contrastare la dispersione scolastica. Nel dolore della ferita aperta, tutto assume il sapore retorico delle parole che, già spese e sentite in passato, non hanno trovato corrispondenza nei fatti. Non hanno restituito la maturità di un terzo millennio caratterizzato dalla crescita sociale e culturale, dal superamento delle barbarie.
Due temi che appaiono distanti e che ci pongono dinanzi a due scenari: il digitale che si rinnova e che ci offre sempre qualcosa di più e di diverso, talvolta ancora da capire e scoprire, e i contesti noti di una violenza che si ripete e di un degrado che non siamo riusciti a colmare.
Proprio la scuola però è apparsa – lo abbiamo visto nella eco dei media – come una àncora di salvezza, o forse un orizzonte di speranza. A Caivano, dirigenti scolastici, docenti, studenti ed ex studenti hanno testimoniato la forza del desiderio di crescita e di cambiamento.
L’inclusione come elemento che sostanzia l’innovazione digitale
In questo contesto confuso, mentre ci interroghiamo su tablet, carta, penna e IA, gli obiettivi del PNRR Italia per la digitalizzazione delle scuole disegnano linee di intervento che coinvolgono ambienti, strumenti e competenze, nella direzione di laboratori e scuole innovative, di piani formazione per i docenti, di scuole connesse. L’utilizzo delle tecnologie è interpretato in chiave sociale di inclusione e abilitazione di competenze, di riduzione dei divari territoriali e di contrasto alla dispersione scolastica.
L’inclusione come elemento che sostanzia l’innovazione digitale emerge tra gli obiettivi nell’aggiornamento del Piano Nazionale Scuola Digitale. “Il PNSD – si legge nel Rapporto del Comitato Tecnico Scientifico – ha l’intento di mettere a sistema un uso inclusivo della didattica digitale, per ridurre tutte le forme di disuguaglianza educativa e la dispersione scolastica”.
Nell’ampiezza di azioni previste per giungere alla “digitalizzazione delle scuole” – che nei diversi documenti di indirizzo nazionali ed europei comprendono il completamento della banda ultralarga, l’allestimento degli spazi, la formazione docenti e, necessariamente, l’apertura alle tecnologie abilitanti per abilitare il pensiero degli studenti – la strada sembra chiara, benché densa di tappe che non possono essere arginate. Per le aree cosiddette a rischio, quelle tappe e quel percorso rappresentano una strategia per avvicinare, accompagnare, prendersi cura degli studenti, delle loro famiglie, dei territori. Anche questa appare retorica, se lo sguardo è rivolto al macro-contesto nazionale senza collocare quegli obiettivi nelle concrete pratiche scolastiche. Le singole esperienze nutrono, infatti, la fiducia che la scuola possa continuare a rappresentare l’ambiente dell’accoglienza, della crescita, dell’inclusione.
La scuola di Caivano è solo una di quelle esperienze, finalmente all’attenzione pubblica dopo i recenti tragici episodi. Nella costellazione del “Parco Verde”, la scuola e i suoi protagonisti emergono come comunità di riferimento per giovani e meno giovani del territorio e suggeriscono una narrazione positiva e di resistenza.
Narrazione vs realtà
Tale narrazione ispira, secondo recenti annunci, la sceneggiatrice della famosa e discussa serie televisiva “Mare fuori” verso un nuovo progetto di fiction che mette al centro Eugenia Carfora, “preside di Caivano”. Probabilmente, anche in questo caso, diverse saranno le polemiche che accompagneranno la rappresentazione di un tema così delicato. Tuttavia, l’immagine – realistica più che verosimile – di ciò che avviene in tante scuole, aule e comunità territoriali, può contribuire a restituire una visione delle opportunità che la scuola può offrire, con al centro una preside che rappresenti le tante e i tanti dirigenti scolastici, docenti, educatrici e educatori che operano nei territori a rischio. Carfora come esempio, Caivano come uno dei luoghi “di frontiera”, che necessita di politiche, di alleanze territoriali, di progettualità. Docenti e dirigenti non tanto come eroi (sebbene questa sia l’immagine che ricorre anche negli studi, quando si ascoltano i diversi partner delle iniziative scolastiche) ma come professionisti che operano nel proprio campo, con metodi e strumenti pedagogici e culturali, e che necessitano di opportune condizioni per raggiungere i migliori risultati.
L’uso innovativo e inclusivo della didattica digitale appartiene a questa visione più ampia, culturale e di sistema, che investe i diversi contesti sociali, da rappresentare anche attraverso i linguaggi cinematografici, televisivi e dell’industria culturale e creativa.
Conclusioni
In questo senso, non appare poi tanto ampia la distanza tra l’obiettivo della digitalizzazione e la realtà della più piccola area a rischio nella quale agiscono quotidianamente docenti e dirigenti scolastici italiani, con “metodo pedagogico”, libri e tecnologie, cura e attenzione sociale ai contesti nei quali operano. Con l’obiettivo della più ampia inclusione e crescita sociale e, lasciandosi andare alla tentazione della retorica, per costruire un percorso nel quale IA e laboratori didattici siano più allettanti della tecnologia delle armi.
Un percorso nel quale la digitalizzazione delle scuole è una piccola parte di un puzzle complesso, un pezzo del quale è tuttavia difficile fare a meno. Un percorso in cui i modelli culturali e valoriali sono centrali sia per interpretare le innovazioni tecnologiche, tra rischi e opportunità, sia per fornire alle nuove generazioni gli strumenti per contrastare i disagi e le forme di devianza che i contesti marginali alimentano.