Sono numerosi gli avvisi pubblici che garantiscono contributi a fondo perduto per agevolare il processo di certificazione della parità di genere alle aziende.
In particolare, uno dei principali obiettivi del PNRR è proprio l’adozione di una Strategia nazionale 2021-2026 – in coerenza con la Strategia per la parità di genere 2020-2025 adottata dalla Commissione europea per la parità di genere – che si propone di raggiungere entro il 2026 l’incremento di 5 punti nella classifica dell’Indice sull’uguaglianza di genere elaborato dall’Istituto Europeo per l’Uguaglianza di Genere (EIGE), che oggi vede l’Italia classificata al quattordicesimo posto tra i Paesi UE.
In quest’ottica, tra gli strumenti, rientra per l’appunto il Sistema Nazionale di Certificazione della Parità di Genere – per il quale il PNRR ha stanziato 10 milioni di euro – con l’obiettivo di incentivare le imprese ad adottare policy adeguate a ridurre il divario di genere.
Certificazione parità di genere, gli obiettivi
Nonostante la direzione verso la parità di genere in Italia sia da tempo marcata da diversi interventi legislativi, tale obiettivo rimane ancora molto lontano nei fatti. Ecco perché oggi, più che un intervento normativo come in passato, si cerca di impostare diverse strategie trasversali e parallele a livello politico, normativo, educativo, culturale e nell’offerta di servizi, al fine di eliminare, su più fronti, l’impostazione patriarcale ancora attualmente esistente nei diversi settori della società attuale.
La certificazione di genere, dunque, potrebbe essere uno strumento efficace per ridurre il divario attualmente esistente nel nostro Paese.
Secondo il Rapporto annuale del World Economic Forum nel 2022 l’Italia era al 63mo posto su 146 Stati per “gender gap”, ma nel 2023 si è anche registrato un drastico peggioramento. Nel report 2023 del Global Gender Gap, infatti, il Bel Paese si trova al 79esimo posto su 146.
Certificazione parità di genere, perché è un’opportunità per l’Italia
La certificazione della parità di genere è dunque uno strumento per innescare meccanismi dinamici aziendali attraverso il raggiungimento di obiettivi che da una parte generano valore economico, dall’altra mirano a eliminare la disparità di genere ma soprattutto creano cultura aziendale e manageriale.
Può essere considerato infatti un processo di gestione delle risorse volto sia a migliorare l’ambiente aziendale sia ad ottenere riconoscimenti a livello di immagine ed economici.
Tuttavia, mentre la redazione e l’invio del Rapporto biennale delle Pari Opportunità costituisce un obbligo di legge per tutti gli enti e le aziende sopra i 50 dipendenti, la Certificazione della Parità di Genere invece ad oggi è da considerarsi su base volontaria, con ciò comportando l’ottenimenti di diversi incentivi a favore delle aziende che si certificano.
L’esclusione delle PA
A tal riguardo, non si comprende perché il sistema degli incentivi sia stato riconosciuto solo alle aziende e non, come pare, agli enti pubblici. Infatti, esaminato il problema anche dal punto di vista culturale-sociale, non considerare un sistema di incentivi anche per gli enti pubblici, che hanno rapporti continui e diretti con la cittadinanza ed il territorio e possono non solo costituire un modello cui ispirarsi ma anche uno strumento di promozione e di sensibilizzazione locale, equivale a perdere potenzialmente un ulteriore grande bacino utile a generare il cambiamento.
Proprio per questo acquista maggior valore l’esempio virtuoso di alcune pubbliche amministrazioni che hanno comunque deciso di intraprendere questo percorso a prescindere, divenendo dei veri modelli da emulare e ottenendone ritorno anche dal punto di vista dell’immagine. Ad esempio, l’Agenzia per l’Italia Digitale, AGID, è una delle prime Pubbliche Amministrazioni Italiane a ricevere la certificazione per la parità di genere, secondo la UNI PdR125:2022, e a coglierne quindi l’importanza.
Anche molte aziende, va detto, hanno colto questa occasione.
I vantaggi della certificazione per aziende ed enti
L’introduzione di questo nuovo Sistema di certificazione nel nostro Paese, come detto, è agevolata con contributi per le piccole e medie imprese e microimprese destinati sia ai servizi di assistenza tecnica e di accompagnamento alla certificazione, sia alla copertura dei costi della certificazione, nonché attraverso meccanismi di incentivazione.
Ed in particolare, in base all’art. 5, comma 2, della legge 5 novembre 2021 n. 162, alle aziende private che siano in possesso della certificazione della parità di genere in applicazione della prassi UNI/PdR 125:2022 rilasciata da un organismo di certificazione accreditato è concesso un esonero dal versamento di una percentuale dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro.
Ad esempio, per l’anno 2022 sono stati stanziati 50 milioni di euro e l’esonero è stato determinato in misura non superiore all’1% e nel limite massimo di 50.000 euro annui per ciascuna impresa. L’art. 1, comma 138, della legge 30 dicembre 2021 n. 234 ha stanziato ulteriori fondi per finanziare la misura a regime, prevedendo 50 milioni di euro dal 2023.
Inoltre, alle aziende che, alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento, siano in possesso della certificazione, è riconosciuto un punteggio premiale per la valutazione di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti.
Un’ importante agevolazione è da considerare poi anche per tutte quelle realtà aziendali che lavorano con la pubblica amministrazione: con l’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023 n. 36, infatti, le amministrazioni pubbliche aggiudicatrici indicano, nei loro avvisi e bandi di gara, un maggiore punteggio legato al possesso della certificazione di genere. L’art 106, comma 8, del nuovo codice dei contratti pubblici prevede, inoltre, per tutte le tipologie di contratto una diminuzione della garanzia fideiussoria del 20% laddove richiesta.
Sono poi previsti contributi a fondo perduto (es. in Regione Lombardia il bando per la domanda di accesso al contributo è aperto sino al 13.12.2024) per l’acquisto dei servizi di consulenza a supporto delle imprese che intendano avviare le attività propedeutiche al conseguimento della certificazione di genere nonchè per le spese sostenute dalle imprese per ottenere la certificazione della parità di genere.
I benefici della parità di genere in azienda
Oltre a quanto detto, altri vantaggi legati alla certificazione sono:
- un ambiente di lavoro maggiormente premiale per la promozione di politiche di inclusione ed eliminazione delle differenze, con ciò rendendo rapporti più stabili con il personale ed un clima lavorativo più sereno;
- un aumento dell’occupazione femminile;
- un miglioramento della competitività delle aziende certificate UNI/Pdr 125:2022, che possono vantare una reputazione virtuosa sia come “best place to work” per i dipendenti, sia a livello di immagine per i clienti.
- team di lavoro in cui coesiste la diversità e quindi punti di vista differenti che possono contribuire a trovare soluzioni e idee più innovative, arricchenti, coinvolgenti e funzionali.
Come ottenere la certificazione della parità di genere
La certificazione avviene su base volontaria e su richiesta dell’impresa.
La prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022, pubblicata in data 16 marzo 2022 da UNI – Ente italiano di normazione, prevede l’adozione di specifici indicatori, Key Performance Indicator (KPI), in relazione a 6 aree di valutazione per le differenti variabili che contraddistinguono un’organizzazione inclusiva e rispettosa della parità di genere, ed in particolare:
- Cultura e strategia
- Governance
- Processi Human Resources
- Opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda
- Equità remunerativa per genere
- Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro
Ogni area è contraddistinta da un peso percentuale, per un totale pari a 100, che contribuisce alla misurazione del livello attuale dell’organizzazione e rispetto al quale è misurato il miglioramento nel tempo: è previsto il raggiungimento del punteggio minimo complessivo del 60% per determinare l’accesso alla certificazione da parte dell’organizzazione.
La certificazione ha validità triennale ed è soggetta a monitoraggio annuale.
Al rilascio della certificazione della parità di genere alle imprese provvedono i soli organismi di certificazione accreditati ai sensi del regolamento CE 765/2008: in Italia tali organismi sono solo quelli accreditati da Accredia, l’Ente italiano di accreditamento.
Tutte le informazioni sul Sistema di certificazione della parità di genere sono disponibili al portale: https://certificazione.pariopportunita.gov.it
Conclusione
L’Italia, che attualmente aderisce ad un meccanismo basato su incentivi, non può che cercare di mantenere il passo con politiche mondiali sempre più stringenti su questo fronte. Per questo, l’adozione di politiche pubbliche e aziendali che prevedono, da una parte, obblighi giuridicamente vincolanti e, dall’altra, chiari meccanismi sanzionatori, potrebbe mostrare forse un grado di efficacia maggiore rispetto ad altre strategie, instaurando un processo di evoluzione più rapido e virtuoso.
La certificazione sulla parità di genere deve essere considerata, quindi, tra le diverse azioni in campo, non solo uno strumento di eguaglianza, ma anche una grande opportunità per aziende ed enti, nonché un’occasione di rilancio e un asset per la nostra società ed economia.