L’innovazione è un processo che ha una natura fondamentalmente sociale. Si realizza attraverso interazioni tra individui che si scambiano esperienze e punti di vista, interagiscono con la tecnologia per testare, adattare e far evolvere il proprio bagaglio di conoscenze.
In questo processo, abilitato dalla disponibilità di capitale finanziario, identificano soluzioni inedite alle sfide e ai problemi che fare innovazione comporta, producendo tecnologia, che altro non è se non una forma di conoscenza applicata alla risoluzione di casi concreti e alla realizzazione di nuovi prodotti, servizi, modelli operativi e processi.
Di fatto, l’innovazione si produce attraverso un continuo processo di alimentazione e sviluppo del capitale tecnologico, innescato dalla disponibilità di capitale finanziario.
Il ruolo insostituibile del capitale relazionale
Questa modellizzazione concettuale trascura tuttavia il ruolo insostituibile che il capitale relazionale gioca nell’abilitare e innescare i meccanismi in gioco. Il capitale tecnologico si accresce e si sviluppa attraverso relazioni personali e professionali che permettono a ricercatori, ingegneri, designer e innovatori di entrare in contatto l’uno con l’altro, lavorare insieme e generare nuova conoscenza attraverso la condivisione e il confronto. Le relazioni personali e professionali sono fondamentali per garantire accesso al capitale finanziario, che è il carburante che innesca il processo di innovazione. L’innovazione accresce a sua volta il capitale tecnologico dell’impresa attraverso la condivisione di esperienze e meccanismi di apprendimento e di assimilazione e trasferimento delle conoscenze che si realizzano a livello umano. La quantità e la qualità delle relazioni personali e professionali di chi si fa promotore ed è parte attiva di un processo di innovazione – di fatto, il suo capitale relazionale – costituiscono dunque una risorsa indispensabile per garantire che esso produca i risultati sperati.
Gli studi sul rapporto tra capitale relazionale e innovazione
E partendo da questa consapevolezza che negli ultimi anni sono stati condotti molteplici studi sulle relazioni tra capitale relazionale e innovazione. Ricerche che hanno inequivocabilmente mostrato come la quantità, la qualità, la tipologia di relazioni personali e professionali di cui dispone chi si fa parte attiva di un progetto di innovazione giochino un ruolo incomparabile nel garantire il raggiungimento dei risultati previsti. Uno studio pubblicato nel 2002[1] mostra come la disponibilità di risorse relazionali contribuisca alla capacità di generare innovazione più di qualsiasi altra possibile variabile esplicativa. In particolare, la capacità di generare innovazioni radicali, indispensabili per contribuire significativamente al vantaggio competitivo di medio-lungo periodo di un’azienda, è profondamente influenzata dalla disponibilità e dalla qualità del capitale relazionale detenuto da chi promuove questo tipo di progetti. Secondo un’altra ricerca[2], il capitale relazionale contribuisce all’innovazione riducendo i costi di transazione tra gli attori coinvolti nel processo innovativo, e in particolare i costi associati alla ricerca di informazioni, alla presa di decisioni e al controllo dell’avanzamento del progetto.
Altri autori[3] affermano che il capitale relazionale è in grado di favorire l’innovazione accelerando la condivisione delle conoscenze, semplificando la comunicazione e amplificando la collaborazione e la condivisione di risorse.
Un altro studio[4] enfatizza invece il beneficio garantito dal capitale relazionale in fase di generazione di idee che alimentano i processi di innovazione. In una recente ricerca[5] si enfatizza poi come, per affrontare sfide innovative complesse finalizzate a risolvere problemi che impattano su molteplici variabili socioeconomiche e ambientali, ricercatori e ingegneri abbiano bisogno non solo di specifiche conoscenze tecnologiche, ma di una spiccata competenza relazionale e di un forte bagaglio di connessioni personali attraverso cui valorizzare la loro partecipazione all’interno delle comunità di esperti.
Il capitale relazionale nell’open innovation
Alla luce di queste considerazioni, è intuitivo comprendere come il ruolo che il capitale relazionale gioca nei processi innovativi diventi ancora più importante quando un’impresa adotta una strategia di Open Innovation.
L’Open Innovation presuppone che il capitale umano e tecnologico che un’azienda detiene si alimenti attraverso un continuo scambio con soggetti esterni ai propri confini. I flussi di idee e competenze che interconnettono l’impresa con fonti esterne di conoscenza devono essere abilitati da un network di relazioni personali e professionali che consentano di identificare il partner di maggior valore per il problema specifico che si sta affrontando. Anche nei casi in cui ci si rivolga a degli intermediari […], esiste la necessita di conoscerne nel profondo il modo di lavorare, le peculiarità dei servizi che erogano e le opportunità specifiche che offrono. Queste relazioni devono garantire il raggiungimento di un elevato livello di fiducia, dato che tramite esse si realizzano scambi di beni intangibili, con potenziali rischi di spillover e perdita di controllo di competenze distintive. L’impresa che per innovare si apre all’esterno ha bisogno di un network di relazioni estremamente più fitto, più variegato, più articolato e più complesso da attivare e gestire rispetto a un’impresa che conduce i propri progetti di innovazione secondo una strategia closed.
I vantaggi di una strategia Open
La ricerca accademica nell’ambito della gestione dell’innovazione[6] supporta in modo evidente questa conclusione[7]. In un articolo seminale del 1996[8] gli autori mostrano come le imprese immerse in una fitta rete di collaborazioni inter-organizzative hanno maggiori probabilità di raggiungere livelli di innovatività superiori. Un altro lavoro[9] evidenzia il valore delle reti sociali nel favorire le collaborazioni tra team di R&S di imprese diverse, con impatti positivi sulle performance innovative. Emerge inoltre come imprese più interconnesse con altre organizzazioni abbiano una capacità creativa e inventiva superiore[10]. Una ricerca del 2013[11] ha esaminato il ruolo delle relazioni sociali e dei network inter-organizzativi in progetti di innovazione aperta e suggerisce come il capitale relazionale renda più efficace l’adozione di strumenti di Open Innovation in termini di impatti sulla performance aziendale. Ancora, è stato evidenziato come il modello dell’Open Innovation funga esso stesso da strumento di creazione di capitale relazionale[12] ed è stato sottolineato come la disponibilità di capitale relazionale impatti positivamente sulle forme di innovazione più radicali ed esplorative[13].
Non dimentichiamo infine che la disponibilità e l’uso attento del capitale relazionale in progetti di innovazione collaborativa possono consentire di rispondere a sfide di innovazione complesse in tempi rapidi e in risposta a shock che si possono verificare improvvisamente. Un caso emblematico è quello di Isinnova, un centro di ricerca in cui lavorano una ventina di persone e il cui laboratorio si occupa di prototipazione con stampanti 3D, e che à stata protagonista dell’innovazione – diventata poi famosa – che nel pieno della pandemia da Covid-19 portò alla realizzazione di una maschera C-PAP (acronimo di Continuous Positive Airway Pressure) di emergenza, costruita assemblando una maschera da snorkeling già in commercio (venduta da Decathlon) con un raccordo chiamato valvola Charlotte.
Conclusioni
Questo racconto è una perfetta rappresentazione del valore che deriva dalla messa a fattor comune di una rete di relazioni professionali e personali di valore, e di come questa risorsa si possa attivare velocemente ed efficacemente per affrontare anche le sfide di innovazione più complesse.
Nonostante sia evidente come la disponibilità, la dimensione e la qualità del capitale relazionale di chi promuove e realizza progetti di innovazione – specialmente quando si basano su strumenti e iniziative di Open Innovation – sia fondamentale per determinarne il successo, non esistono modelli che indichino come questo importantissimo asset possa essere gestito e valorizzato per favorire la capacità innovativa di un’organizzazione.
Note
[1] R. Landry, N. Amara, M. Lamari, «Does social capital determine innovation? To what extent?», Technological Forecasting and Social Change, 69(7), 2002, pp. 681-701.
[2] P. Maskell, «Social Capital, Innovation, and Competitiveness», in S. Baron, J. Field, T. Schuller, Social capital: critical perspectives, Oxford, Oxford University Press, 2000.
[3] S. Yeşil, I.F Doğan, «Exploring the relationship between social capital, innovation capability and innovation», Innovation, 21:4, 2019, pp. 506-532.
[4] E.C. Martins, F. Terblanche, «Building organizational culture that stimulates creativity and innovation», European Journal of Innovation Management, Vol. 6 No. 1, 2003, pp. 64-74.
[5] H. Love, J. Cross, B. Fosdick, K. Crooks, S. VandeWoude, E. Fisher, «Interpersonal relationships drive successful team science: an exemplary case-based study», Humanities and Social Sciences Communications, 8, 2021.
[6] M. Rass, M. Dumbach, F. Danzinger, A.C. Bullinger, K.M. Moeslein, «Open Innovation and Firm Performance: The Mediating Role of Social Capital», Creativity and Innovation Management, 22(2), 2013, pp. 177-194.
[7] L. Fleming, D.M. Waguespack, «Brokerage, boundary spanning, and leadership in open innovation communities», Organization Science, 18(2), 2007, pp. 165-180.
[8] W.W. Powell, K.W. Koput, L. Smith-Doerr, «Interorganizational Collaboration and the Locus of Innovation: Networks of Learning in Biotechnology», Administrative Science Quarterly, 41(1), 1996, pp. 116-145.
[9] G. Ahuja, «Collaboration networks, structural holes, and innovation: a longitudinal study», Administrative Science Quarterly, Vol. 45, No. 3, 2000, pp. 355-425.
[10] F. Ceci, F. Masciarelli, S. Poledrini, «How social capital affects innovation in a cultural network», European Journal of Innovation Management, 23(5), 2019, pp. 895-918.
[11] M. Rass, M. Dumbach, F. Danzinger, A.C. Bullinger, K.M. Moeslein, «Open Innovation and Firm Performance: The Mediating Role of Social Capital», Creativity and Innovation Management, 22(2), 2013, pp. 177-194.
[12] J. Lao-Phillips, «Open Innovation as Means of Building Social Capital: A Way to Globalization for Traditional SMEs», Journal of Strategic Innovation and Sustainability, 13(2), 2018, pp 115-126.
[13] S. Weerawardane, «The impact of social capital on exploratory innovation activities», International Conference on Business Research, 2021, pp. 100-108.