Intelligenza artificiale

L’AI in musica frenata da nodi etici e di copyright: come risolvere



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L’intelligenza artificiale offre nuove possibilità nell’industria musicale, ma solleva anche questioni etiche e legali legate al copyright. Il futuro dell’AI nel campo musicale potrebbe essere segnato da queste sfide, che vanno affrontate per poter cogliere anche in questo ambito i vantaggi della tecnologia

Pubblicato il 29 nov 2023

Anna Zò

Operations Manager presso Music Innovation Hub



Big,Data,Visualization.,The,Musical,Stream,Of,Sounds.,Abstract,Background

L’intelligenza artificiale sta permeando ogni settore della nostra vita e l’industria musicale non fa eccezione.

Se da un lato l’AI offre nuove possibilità di creazione e produzione, dall’altro solleva però serie questioni legate all’etica e al diritto d’autore. Gli attuali strumenti di AI per i creatori musicali, dunque, stanno cambiando il panorama compositivo, ma non sono privi di criticità.

L’evoluzione dell’intelligenza artificiale nell’industria musicale

Ormai ChatGPT è un nome familiare ed è stato integrato nei flussi di lavoro quotidiano di ingegneri, ricercatori e studenti di tutto il mondo. Generatori di immagini come Midjourney e piattaforme di intelligenza artificiale visiva come RunwayML stanno cambiando il modo in cui sviluppatori di giochi, designer e videomaker si avvicinano al loro mestiere. Tuttavia, è solo di recente che le applicazioni musicali sono entrate nei titoli dei giornali.

Perché l’intelligenza artificiale è rimasta indietro sia nello sviluppo che musicale nell’adozione? Uno dei motivi principali è il finanziamento. Nel 2022 sono stati investiti più di 7 miliardi di dollari nell’intelligenza artificiale generativa, di cui meno del 5% è andato a progetti legati alla musica.

Un altro fattore è il collo di bottiglia dei dati: trovare volumi sufficienti di dati di qualità e autorizzati su cui effettuare l’addestramento è molto difficile. Molti dei popolari generatori di immagini e LLM (Large Language Models) sono stati addestrati su vaste aree di materiale protetto da copyright, violando i diritti dei legittimi proprietari: anche nel mondo della musica, l’utilizzo legale di dati per addestrare le intelligenze artificiali è un tassello fondamentale nello sviluppo di nuovi tool e piattaforme.

L’accelerazione dell’AI anche in ambito musicale

Nell’ultimo anno tuttavia, l’hype attorno ai modelli di intelligenza artificiale musicale e audio sta guadagnando sempre più terreno. Solo nel 2023, ricercatori indipendenti e grandi aziende tecnologiche come Google e ByteDance hanno rilasciato oltre 10 diversi modelli di intelligenza artificiale musicale, consentendo agli utenti di generare tracce personalizzate in pochi secondi utilizzando un semplice messaggio di testo. Se tale accelerazione tecnologica porta l’ambito musicale al pari di quelli del linguaggio e delle immagini, solleva non poche preoccupazioni  sulla over-saturazione delle piattaforme digitali, attribuzione e monetizzazione dei contenuti per l’industria musicale in generale.

Così, tante aziende di intelligenza artificiale musicale interessate a commercializzare i loro prodotti stanno utilizzato set di dati open source (concedendo qualche dubbio sulla qualità dei dati), commissionando dati proprietari ad artisti, producer e compositori o prendendo in licenza librerie di suoni: le ultime due strade aprono, a mio avviso, infinite possibilità di sviluppo, sperimentazione e anche monetizzazione sia per le aziende tech sia per la filiera musicale, partendo dai creators, fino a etichette, publisher, CMOs ecc.

Gli attuali strumenti AI per i creatori musicali

Le piattaforme/tool al momento disponibili sono numerose, di più e meno recenti. C’è una panoramica molto interessante che mappa oltre 80 tool, sviluppata da Cherie Hu nel suo blog Water&Music. Si tratta di applicativi che supportano artisti/creators in varie fasi del processo produttivo: dalla scrittura dei testi (es. Amper), alla sintesi vocale o dell’audio (es. Mubert), al mixing e mastering (es. Landr), alla divisione degli stems (es Audioshake), alla ricerca dei sample (es. Splice) e così via.

Tale panoramica ad oggi risulta poco coesa e molto frammentata tra tanti tools, spesso non inter-operabili tra loro, che rispondono ad esigenze/step molto specifici, a discapito della fluidità di utilizzo da parte dei creators.

Le linee strategiche nello sviluppo dei tool di AI per la musica

La facilità di utilizzo da parte del target finale (artisti, autori, compositori, producer, ecc.) rappresenta quindi una delle principali linee strategiche di sviluppo per questi applicativi, con l’obiettivo di creare strumenti di AI che assistano al processo creativo in maniera agile e piacevole per gli utenti finali, non più complicato. La facilità di utilizzo è la punta dell’iceberg di due altre linee strategiche fondamentali: l’utilizzo di modelli che restituiscano risultati distintivi e in grado di rispondere ad esigenze concrete dei creators, anche rendendosi compatibili con gli strumenti già utilizzati e infine, non per importanza, la difendibilità legale – i dati utilizzati per addestrare l’AI sono di qualità e sfruttati secondo il rispetto del copyright?

L’approccio “etico” di DAACI

Un esempio di strategia di sviluppo improntata sulle citate linee è quella messa in atto dalla startup DAACI, che si presenta come un nuovo ecosistema di tool basato su AI, studiato per la composizione, arrangiamento e produzione musicale. L’aspetto più interessante a mio avviso è l’approccio “etico” di DAACI, che basa la propria AI non su database di sample pre-registrati, o musical “royalty free”, bensì allena l’algoritmo in tempo reale, attraverso gli input dei compositori stessi che utilizzano DAACI.

Il mese scorso DAACI è stata tra i main sponsors dell’annuale Global Creator Summit, organizzato dall’ Ivors Academy (la principale associazione UK rappresentante autori e compositori) e supportata dalla PRS, la società di collecting inglese. Durante il summit si è discusso di minacce, opportunità e importanza di mettere al centro del dibattito sull’intelligenza artificiale nella musica, i creators. La discussione (sviluppata attorno alle parole chiavi: consenso, trasparenza, remunerazione e regolamentazione) è accuratamente raccontata in un articolo di Music Ally e ha raccolto intorno al tavolo diversi player de settore (dal compositore, al legislatore, alla startup tech, alle società di gestione dei diritti). 

Il futuro dell’AI in ambito musicale: etica, copyright e cooperazione

In effetti, la strada della collaborazione è secondo molti l’unica per poter far sì che l’AI sia uno strumento a servizio dell’ecosistema musicale, invece che una minaccia: il confronto con startup e nuovi applicativi in ambito dell’AI generativa musicale è importante per definire paradigmi condivisi attraverso cui sviluppare nuove soluzioni che allarghino, non cannibalizzano, gli orizzonti della creatività, diversità e sostenibilità economica dei soggetti della filiera. Allo stesso modo, l’azione delle organizzazioni e aziende consolidate nel settore è fondamentale soprattutto su un piano di lobbying politico nei confronti del legislatore e nel rapporto con i giganti del tech: si veda il ruolo che le major stanno giocando nella battaglia per la difesa del copyright (per esempio con la risposta immediata al dilagare dei “deepfake”,  primo tra tutti quelli di Eminem e Drake, basati su sistemi di voice cloning tipo Voicify.ai), ma anche nel supporto a nuovi tool di musica generativa (per esempio con accordi di licenza dei cataloghi per l’addestramento dell’AI come nella recente partnership tra Universal e Endel), e nel dialogo con le grandi aziende tecnologica (es. Google/Universal).

Conclusioni

La conformazione del panorama di piattaforme e tool di intelligenza artificiale musicale è, come si è detto, in continua evoluzione e siamo in un momento certamente esaltante per seguirne attivamente, con curiosità e consapevolezza, gli sviluppi. La sopravvivenza, successo, dissoluzione, aggregazione, acquisizione (da parte di player più grandi) di queste nuove realtà che si stanno affacciando sul mercato sfruttando l’onda d’hype del momento dipenderà in primis dalla loro capacità di sfruttare al meglio modelli di AI per rispondere a necessità reali e concrete dei propri utenti target, proponendo applicativi intuitivi, inter-operabili e che facilitino i processi, non solo rispettando, ma valorizzando principi etici e di tutela della proprietà intellettuale.

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