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Algoritmi predittivi per le ADR: come cambia la giustizia civile



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In che modo l’intelligenza artificiale può impattare sulle ADR – Alternative Dispute Resolution, metodologie fortemente innovate dalla Riforma Cartabia: vediamo lo scenario che si prospetta

Pubblicato il 24 nov 2023

Francesca Niola

Fellow – ISLC, Università degli Studi di Milano



processo civile telematico
Giustizia digitale

Nel dichiarato intento di rispondere alle crescenti esigenze di efficienza del processo civile, la legge 26 novembre 2021 n. 206, altrimenti nota come “Riforma Cartabia”, ha introdotto significative innovazioni anche riguardo alla disciplina dei metodi di Alternative Dispute Resolution. Il legislatore ha attribuito loro maggiore rilevanza, declinando diversamente il rapporto di “complementarietà” con il giudizio, non solo più per esigenze deflattive dello stesso, quanto per assicurare – almeno nelle intenzioni – certezza del diritto alle parti. Tale centralità è infatti è testimoniata dall’art 2, lett. b della legge de qua il quale prefigura la disciplina unitaria delle ADR in un «Testo unico degli strumenti complementari alla giurisdizione».

Stante queste novelle ci si chiede se sia possibile spostare l’asticella in avanti e dunque prospettare l’impiego di strumenti di intelligenza artificiale, sub specie l’algoritmo predittivo, a servizio delle ADR interessate dalla riforma, in particolare la mediazione e la negoziazione assistita.

Algoritmi predittivi nel processo civile e nelle ADR: differenze

Molteplici sono le voci che hanno ampiamente esaminato i rischi della decisione robotica sia in rapporto ai principi del giusto processo che alle responsabilità per l’esito della previsione e il suo utilizzo a fondamento di una decisione giudiziaria.

Volendo immediatamente marcare una differenza sostanziale circa l’impiego degli algoritmi predittivi nel processo o nelle alternative dispute resolution va rilevato che nel primo caso esso incontra innanzitutto il limite contenuto nel “principio del giudice naturale” di cui all’art. 25 Cost e nelle garanzie poste al diritto di difesa di cui al 24 Cost. La natura oscura della struttura e dei meccanismi (cd. “black box”) dell’algoritmo che ne producono gli esiti, insieme alla appartenenza privata di tali strumenti, rappresenta una sfida alla trasparenza decisionale, essenziale per garantire l’osservanza del principio del giusto processo e della imparzialità della decisione. Questa intrinseca opacità, unitamente alla tendenza algoritmica di aderire strettamente ai precedenti giurisprudenziali, potrebbe determinare una fossilizzazione della prassi giudiziaria, ostacolando la capacità del diritto di adattarsi e rispondere alle mutevoli esigenze sociali e vincolando il giudice a una presunta certezza.

Proprio per tali ragioni, se all’interno del giudizio, il ricorso all’intelligenza artificiale rappresenta sfide ancora invalicabili motivate dalla ineludibilità dei diritti fondamentali rispetto alle esigenze di efficienza e di celerità processuale, nel caso degli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie tale strumento può rappresentare un utile alleato.

I vantaggi dell’algoritmo

L’adozione di algoritmi basati su dati storici e giurisprudenza pregressa consente un’analisi preliminare delle istanze, facilitando la valutazione delle pretese delle parti senza limitare l’accesso alla giustizia. Questa metodologia promuove una maggiore consapevolezza e inclinazione verso soluzioni bonarie. Sebbene le determinazioni algoritmiche nelle ADR non siano vincolanti, offrono una guida, ma possono essere riviste giudizialmente, garantendo alle parti controllo e tutela. Quanto alla questione della “black box” che caratterizza la struttura algoritmica, essa perde parte della sua rilevanza nel contesto delle ADR: le parti, infatti, pur ricevendo un orientamento basato sull’output algoritmico, mantengono la piena autonomia decisionale, potendo accettare o rifiutare di porre l’esito proposto alla base dell’accordo. L’algoritmo, in questo scenario, non si sostituisce al giudice, ma fornisce un quadro informativo che le parti possono utilizzare come base di partenza per la negoziazione.

Infine, proprio l’appartenenza al soggetto privato si atteggia diversamente quando gli algoritmi vengono impiegati nelle forme alternative di risoluzione delle controversie, poiché la responsabilità resta in capo al proprietario della “macchina”. Questa imputazione vale tanto per il merito della decisione algoritmica (nei termini fisiologici della correttezza o conformità dell’output o in quelli patologici dell’errore algoritmico), quanto per il trattamento dei dati, secondo le prescrizioni imposte dal GDPR.

L’algoritmo predittivo nella mediazione e nella negoziazione assistita

Dal punto di vista della mediazione, è importante sottolineare che l’art. 2 lett. c) della l. 201/2021 estende il ricorso a quella obbligatoria per tutte le forme dei contratti di durata (dalle ipotesi già tipizzate in materia di diritti reali, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria, di diffamazione a mezzo della stampa fino a ricomprendere i contratti assicurativi, bancari e finanziari, quelli di associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, di somministrazione, subfornitura e anche società di persone). Stante la natura di tali rapporti negoziali, l’introduzione di un algoritmo predittivo nel contesto della mediazione obbligatoria potrebbe infatti aiutare le parti a valutare preliminarmente l’area della controversia.

Analizzando le informazioni relative a liti passate in specifiche materie, come quelle bancarie e finanziarie, l’algoritmo potrebbe fornire una stima sulla probabilità di successo della mediazione. Un altro aspetto cruciale dell’uso di un algoritmo predittivo riguarda il monitoraggio e la verifica dell’efficacia della mediazione obbligatoria, specialmente nelle nuove materie introdotte. Dopo un determinato periodo, come i cinque anni menzionati nel testo, l’algoritmo potrebbe fornire un’analisi dettagliata basata su dati statistici, facilitando la decisione sull’opportunità della mediazione come condizione di procedibilità.

La lettera i) dell’art. 2 affronta infine l’acquisizione in giudizio delle “consulenze tecniche in mediazione” quando quest’ultima non si concluda con l’accordo conciliativo delle parti. Un algoritmo predittivo potrebbe essere utilizzato per anticipare l’efficacia di tali consulenze nel contesto giudiziario, fornendo alle parti una visione chiara del possibile impatto sul risultato del caso. Inoltre, esso potrebbe aiutare a identificare in quali circostanze la riservatezza della mediazione potrebbe essere compromessa, garantendo al contempo che le trattative e le attività istruttorie siano condotte in modo efficace per raggiungere un accordo conciliativo.

Il vincolo ai precedenti, introdotto dall’analisi algoritmica, non rappresenta una mera riproduzione meccanica della giurisprudenza passata, ma può servire come strumento di orientamento per le parti. Questo, oltre a fornire una certa prevedibilità, contribuisce a formare il know-how dei mediatori, come voluto dalla riforma, specialmente in quelle ipotesi su indicate dei contratti di durata in cui la mediazione è posta dalla legge una condizione di procedibilità.

L’istruzione stragiudiziale

Per quanto sin qui sostenuto l’efficacia dell’algoritmo potrebbe esplicarsi anche rispetto alla modificata attività di istruzione stragiudiziale svolta durante la negoziazione assistita da avvocati. Ciò rileva soprattutto avendo riguardo alla tutela dei diritti dei soggetti coinvolti e si estende alle dichiarazioni dei terzi.

L’adozione di un algoritmo avanzato nell’ambito dell’istruzione stragiudiziale rappresenta un salto qualitativo nella gestione delle controversie. Garantendo la riservatezza delle dichiarazioni attraverso protocolli di sicurezza sofisticati, si assicura che le parti siano protette e che i loro diritti siano salvaguardati. Tale intervento si interseca anche con il  monitoraggio delle dichiarazioni: l’algoritmo, monitorando con precisione le dichiarazioni, può identificare incongruenze o potenziali falsità, attraverso protocolli di cross checks con dichiarazioni precedentemente rese dallo stesso soggetto o da soggetti differenti.

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