Quanto è difficile scoprire l’indirizzo di residenza di un individuo? Non impossibile, ma di sicuro nemmeno semplice.
In Gazzetta Ufficiale del 22 novembre 2023 è stato pubblicato un provvedimento che ha meritevolmente semplificato il quadro di riferimento, ma prima di esaminarne il contenuto appare necessario fare un passo indietro e ricostruire il contesto di fondo.
Indirizzo di residenza e giustizia
Una premessa, per quanto banale, è d’obbligo: quello di cui si discute è un dato essenziale per il buon funzionamento della nostra macchina giudiziaria: se non è noto l’indirizzo di residenza di una controparte, sono da mettere in conto serie difficoltà nel notificare gli atti giudiziari, un pesante allungamento delle tempistiche dei procedimenti, maggiori rischi nel buon esito degli stessi.
Forse per questo motivo, il Regolamento Anagrafico (DPR n. 223/1989) storicamente prevede: “L’ufficiale di anagrafe rilascia a chiunque ne faccia richiesta, fatte salve le limitazioni di legge, i certificati concernenti la residenza e lo stato di famiglia”.
Questa chiara affermazione di principio, tuttavia, si è negli anni scontrata con la farraginosa organizzazione decentralizzata delle anagrafi e con una serie di comprensibili problemi tecnici che hanno reso tutt’latro che fluida la fruibilità dei servizi.
La svolta dell’ANPR
Un passo in avanti è stato compiuto grazie all’istituzione dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), la banca dati nazionale contenente tutte le informazioni personali riferibili ai cittadini italiani residenti sul territorio dello Stato o all’estero.
Questa piattaforma è stata introdotta dall’articolo 62 del D.lgs n. 82/2005 “Codice dell’Amministrazione digitale”, poi integrato dalle disposizioni dei successivi Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri.
In particolare, il DPCM del 23 agosto 2013, n. 109 ha determinato le modalità di funzionamento dell’ANPR e il seguente DPCM del 10 novembre 2014, n. 194 ha definito il piano graduale del subentro delle anagrafi locali alla banca dati nazionale, nonché ulteriori misure di attuazione e funzionamento della piattaforma stessa.
Nel 2022 tutti i comuni italiani si sono adeguati alle disposizioni legislative già menzionate, facendo confluire i dati personali detenuti dalle anagrafi locali nella banca dati nazionale.
Effettuato l’accesso con autenticazione tramite Spid, Carta d’Identità elettronica o CNS, è finalmente sorta la possibilità di prendere visione e scaricare quattordici diverse tipologie di certificati (anagrafico di nascita; anagrafico di matrimonio; di cittadinanza; di esistenza in vita; di residenza; di residenza AIRE; di stato civile; di stato di famiglia; di residenza in convivenza; di stato di famiglia AIRE; di stato di famiglia con rapporti di parentela; di stato libero; anagrafico di unione civile; di contratto di convivenza).
Le restrizioni del Garante privacy
Nella sua versione originaria, l’ANPR offriva questa possibilità a chiunque, nei confronti di chiunque, senza limitazione alcuna.
Sul punto, tuttavia, il Garante per la Protezione dei dati personali si è espresso negativamente e, nel parere del 15 settembre 2022 sullo schema di decreto del Ministero dell’Interno recante “Modalità di aggiornamento della piattaforma di funzionamento dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione residente per l’erogazione dei servizi resi disponibili ai comuni per l’utilizzo dell’Archivio Nazionale informatizzato dei registri dello Stato Civile”, ha disposto un divieto generale di estrazione dei certificati per conto terzi.
Da quella data in avanti, pertanto, i richiedenti accesso all’ANPR hanno avuto la possibilità di scaricare solo i propri certificati, e quelli dei componenti il proprio nucleo famigliare.
Tale limitazione, seppur giustificata dall’esigenza di tutelare la riservatezza dei dati personali dei singoli cittadini italiani, ha portato numerosi disagi, soprattutto agli operatori del diritto.
Come rintracciare una parte inadempiente, se non se conosce l’indirizzo di residenza?
L’eccezione concessa agli avvocati: accesso all’ANPR per finalità professionali
Un nuovo cambio di paradigma sul tema si è registrato con il parere del Garante Privacy sullo schema di decreto del Ministero dell’interno recante “L’aggiornamento dei servizi resi disponibili dall’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR)” del 22 giugno 2023.
L’Autorità, pur ribadendo il limite precedentemente imposto per l’estrazione dei certificati, ha concesso un’eccezione al generale divieto previsto, consentendo agli avvocati, nei limiti del mandato conferitogli, di scaricare i certificati di cui necessitano per lo svolgimento delle proprie attività giudiziali, stragiudiziali o di notifica.
Il Garante, inoltre, ha avallato il meccanismo di controllo sancito nello schema di decreto analizzato, volto a mitigare i rischi di accessi non autorizzati o utilizzi non consentiti.
Le operazioni di verifica, difatti, prevedono che l’ANPR, tramite un processo automatizzato, estragga ogni 6 mesi un campione di avvocati individuati secondo i criteri previsti dall’articolo 2, comma 7, del decreto ministeriale in questione.
Tale campione sarà poi trasmesso, nuovamente tramite procedura automatizzata, al Consiglio nazionale forense che inoltrerà i dati identificativi dell’avvocato, insieme alle registrazioni degli accessi e delle operazioni compiute nel periodo di riferimento, ai Consigli dell’Ordine competenti per l’esercizio dei compiti di vigilanza.
Il 6 ottobre 2023, in conformità alle disposizioni sancite dal Garante, il Ministero dell’interno ha approvato il decreto recante “Aggiornamento dei servizi resi disponibili dall’Anagrafe nazionale della popolazione residente di cui all’articolo 62, comma 3 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, (di seguito ANPR), al fine di consentire agli avvocati iscritti nel relativo albo o elenco di cui all’articolo 15, comma 1, lettere a) e b), della legge 31 dicembre 2012, n. 247 di richiedere, per finalità connesse all’esecuzione del mandato professionale, i certificati anagrafici in modalità telematica resi disponibili tramite l’ANPR” (GU Serie Generale n.273 del 22-11-2023).
Dunque, è stata definitivamente concessa agli avvocati la possibilità di accedere all’ANPR e scaricare tredici tipologie di certificati di cui necessitano per lo svolgimento della propria attività professionale (anagrafico di nascita; anagrafico di matrimonio; di cittadinanza; di esistenza in vita; di residenza; di residenza AIRE; di stato civile; di stato di famiglia; di residenza in convivenza; di stato di famiglia AIRE; di stato libero; anagrafico di unione civile; di contratto di convivenza).
Smarcato il problema degli avvocati, ne resta un altro ancora aperto, non senza significativi risvolti pratici.
Interessati agli indirizzi di residenza delle controparti inadempienti, difatti, non sono solo i professionisti dell’ambito giudiziale.
La posizione delle società di recupero del credito
Una esigenza egualmente sentita appartiene anche alle società munite di licenza ex art. 115 TULPS, che operano nel settore della gestione e recupero stragiudiziale del credito.
L’effetto deflattivo del recupero stragiudiziale, difatti, risulta ostacolato, in primis, proprio dalla sempre più diffusa irreperibilità dei debitori inadempienti.
Marcello Grimaldi, Presidente Unirec (Unione Nazionale Imprese a Tutela del Credito), ha così commentato l’ultimo decreto del Ministero degli Interni: “l’accesso alle banche dati pubbliche da parte delle aziende di tutela del credito, per finalità di accertamento dei recapiti di contatto dell’obbligato (cd. rintraccio) risolverebbe a monte i casi di irreperibilità che determinano, di fatto, l’impossibilità di gestire stragiudizialmente l’inadempimento dell’obbligazione pecuniaria. Non potere accedere a queste fonti, in particolare all’ANPR, aumenta il contenzioso e aggrava l’ingolfamento delle aule giudiziarie. La nostra attività rema nella stessa direzione di quella svolta dagli avvocati, e ci auguriamo che, almeno in questo contesto, saremo messi presto nelle condizioni di utilizzare gli stessi strumenti”.