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Collaborare, non competere: così l’Italia può diventare vero hub di innovazione



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Innovazione digitale e geopolitica rappresentano due fattori che, messi a sistema, possono trasformare l’Italia in un player centrale del sistema europeo e mondiale. Occorre però un cambio di mentalità per passare da un’ottica di competizione tra territori a una maggiore collaborazione tra università, centri di ricerca e imprese

Pubblicato il 5 dic 2023

Marco Becca

direttore IFAB – International Foundation Big Data and Artificial Intelligence for Human Development



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La possibilità di utilizzare efficacemente i dati è il driver di sviluppo delle imprese e dell’economia, a livello globale. Questo vale più che mai per l’Italia, che può diventare una vera piattaforma nel Mediterraneo per un sistema di grandi aziende e Pmi capaci di connettersi e creare ecosistemi di sviluppo a livello sovranazionale.

La diffusione dei data center e la creazione di poli tecnologici

Stiamo assistendo ad una sempre maggior diffusione dei data center e alla nascita di poli tecnologici, che rappresentano le infrastrutture di base per questo tipo di sviluppo 4.0.

Tuttavia, è fondamentale evitare di cadere, ancora una volta, in un errore tipicamente nostrano: mettere in competizione i territori, le singole “aree vaste”, come se partecipassimo ad un gioco a somma 0 nell’attrarre gli investimenti. La logica deve essere quella di fare sì che ciascun tecnopolo rappresenti un’opportunità di attrazione di investimenti a livello sovraterritoriale.

La competizione deve trasformarsi in una compartecipazione all’allargamento della torta, non alla sua spartizione.

Il caso del Tecnopolo di Bologna

Prendendo il caso del Tecnopolo di Bologna, la sua vocazione è quella di diventare un hub per tutte le imprese che intendano investire nelle potenzialità dell’intelligenza artificiale e nell’utilizzo dei big data, in ottica di creazione di valore a livello nazionale e vedendo l’interazione con altri ecosistemi dell’innovazione come un fattore abilitante di sviluppo.

Nel contesto attuale, drammatico, il ruolo dell’Italia nel contesto geopolitico passa anche e soprattutto dalla capacità di diventare un ecosistema strategico per l’innovazione. Innovazione digitale e geopolitica rappresentano due fattori che, messi a sistema, possono trasformare l’Italia in un player centrale del sistema europeo e mondiale.

Nel Centro Nazionale di Supercalcolo di Bologna il mondo della ricerca e le aziende stanno lavorando assieme su tematiche di innovazione che potrebbero portare significativi balzi in avanti. Per citarne solo alcuni, pensiamo allo sviluppo di nuovi prodotti tramite i dati (che si tratti di un veicolo, di un farmaco, un servizio, l’utilizzo di dati e di algoritmi di IA consente di accelerare i processi e migliorare qualità riducendo sprechi e perdite di tempo) o la creazione dei cosiddetti “digital twins”, ovvero modelli software che reagiscono in tempo reale a informazioni provenienti dal campo, le cui applicazioni sono in ambito produttivo (manutenzione predittiva), medico (medicina di precisione), agricolo, ma anche in contesti sociali più ampi (si pensi al potenziale di un gemello digitale di una città). L’impatto sulla competitività delle imprese è, potenzialmente, enorme. Potremo integrare sempre di più lo spazio fisico con quello digitale, costruendo così modelli interattivi della realtà che permettono di comprendere, monitorare ed agire in maniera sempre più efficace sulla realtà fisica; ridurremo tempi, sprechi ed errori.

Ricerca e trasferimento tecnologico per vincere la sfida dell’innovazione

L’Italia e l’Europa, per vincere queste sfide, devono riuscire a fare massa critica in ambito ricerca, evitando duplicazioni ed incoraggiando il trasferimento delle “best practice”, garantendo il coinvolgimento diretto delle aziende e creando infrastrutture al servizio del Paese e del tessuto industriale, anche quello potenzialmente più debole delle PMI.

Il nostro Paese investe ancora poco in ricerca, ed è spesso inefficace nel portarne i risultati “sul campo” nel mondo delle aziende. Sulle nuove tecnologie del futuro questo può e deve cambiare.

L’infrastruttura italiana in alcuni ambiti è di primo livello (si pensi al supercalcolo, o al quantum computing dove nel giro di un anno avremo, sempre a Bologna, una delle primissime macchine a disposizione della ricerca e delle aziende. Infrastrutture di questo tipo rappresentano la base per permettere un accesso ampio al nostro sistema di piccole e medie imprese ai vantaggi di una digitalizzazione pervasiva e su larga scala. I prossimi decenni saranno testimoni di cambiamenti importanti guidati dalla progressiva accelerazione della digitalizzazione, abilitata dal supercalcolo oggi e, chissà, dal quantum computing un domani.

L’importanza di controllare le tecnologie emergenti

Il controllo delle tecnologie emergenti, in particolare dell’IA e di quelle strettamente associate alla sua applicazione industriale, avrà un ruolo determinante non solo sotto il profilo economico e finanziario, ma anche sotto quello strategico e geopolitico.

La sfida principale per l’Italia consiste nell’accesso ai dati per le PMI, nella loro capacità di sfruttare i vantaggi dell’economia dei dati e nell’assenza di competenze di base e professionisti specializzati. I dati sono il petrolio del presente, oramai, e rappresentano un vero e proprio mercato. Uno studio portato avanti da I-COM stima che il valore del mercato dei dati degli Stati Uniti nel 2022 abbia raggiunto i 289,5 miliardi di euro, poco meno del quadruplo del valore dell’UE, pari a 73 miliardi di euro, e sette volte quello della Cina, che si attesta sui 40 miliardi di euro.

Avere un sistema-Paese performante da questo punto di vista, significa riportare l’Italia al centro dell’asse geopolitico, come polo di attrazione di investimenti e opportunità di lavoro e sviluppo. Accelerare la trasformazione digitale di imprese, istituzioni e territori è una delle più grandi leve strategiche per la competitività, l’innovazione e la sostenibilità. Per questo, la Commissione Europea ha posto il digitale al centro degli obiettivi strategici dell’Unione Europea e del Next Generation EU, il piano da oltre 800 miliardi di euro per il rilancio dell’economia europea.

Conclusioni

Il digitale è un abilitatore chiave per una società più efficiente e produttiva, ma anche più sostenibile e inclusiva grazie alla sua capacità di monitorare, efficientare e automatizzare i processi e connettere individui e territori. Di qui, le considerazioni sulle potenzialità che potrebbero essere messe a frutto nei nostri distretti industriali.

Partire ora sulla conoscenza e sull’utilizzo delle nuove tecnologie (oggi il supercalcolo, domani il Quantum Computing) è fondamentale anche per formare una nuova forza lavoro e riqualificare il personale delle aziende per sviluppare la tecnologia e gestirne l’operatività in futuro.

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