Siamo vicini ad una definizione globale di di copyright delle opere generate dall’intelligenza artificiale.
La svolta più importante arriva dalla Cina, dove una sentenza del 27 novembre emanata dal Tribunale di Pechino ha permesso una tutela giuridica per l’autore di un’opera grafica generata dal software AI Stable Diffusion.
Questo sviluppo è davvero significativo se si considerano le decisioni globali dei vari Uffici del Copyright e Tribunali nazionali avvenute nel corso di quest’anno, che hanno permesso di delineare un filo conduttore su come nasca il diritto d’autore sui contenuti creati dalle app di intelligenza artificiale generativa.
Il caso apripista di Kris Kashtanova e ‘Zarya of the Dawn’
Chi ha seguito gli sviluppi nel campo dell’intelligenza artificiale generativa ha incontrato numerose difficoltà nel comprendere i confini del copyright e della tutelabilità dei lavori creativi ottenuti con l’assistenza di IA, considerando anche la vigenza di leggi e normative preesistenti alla diffusione dei modelli generativi.
Ha assunto per questo grande rilievo agli inizi del 2023 la vicenda di Kris Kashtanova e della consentita e poi parzialmente negata registrazione del fumetto ‘Zarya of the Dawn‘ presso lo U.S. Copyright Office.
“Zarya of the Dawn” è noto per essere stato il primo fumetto creato tramite assistenza dell’IA (in quanto graficamente generato dal software Midjourney), alla cui titolare è stato concesso negli Stati Uniti un copyright “ibrido”, con una tutela cioè limitata al testo del fumetto e al concept dell’opera, ma non alle singole immagini generate dall’IA.
La Kashtanova sosteneva che l’originalità delle opere grafiche era riscontrabile nell’utilizzo di “centinaia” di prompt e dall’ aver affrontato “centinaia di iterazioni” per creare la propria visione artistica digitale. L’Ufficio statunitense per il Copyright, seguito anche da successivi decisioni della Corte federale che si sono espresse su questioni equiparabili, ha chiarito che lo strumento di lavoro utilizzato dal creatore (Midjourney) non poteva garantire in quel contesto il copyright sulle immagini.
Veniva però ribadito il principio che un’opera, per essere tutelabile, dovesse avere un “sufficient amount of original authorship”, cioè prevedere, al netto del mezzo utilizzato, un concreto apporto autoriale.
La recente decisione del Tribunale di Pechino
In Cina, paese che ha visto negli ultimi anni uno sviluppo sostanziale del concetto di Proprietà Intellettuale, un Tribunale di Pechino è arrivato ad una conclusione simile, anche se da un’altra prospettiva. La Beijing Internet Court ha infatti riconosciuto il diritto d’autore di un’immagine generata dall’intelligenza artificiale in una controversia che coinvolgeva il Sig. Li, che aveva utilizzato il software Stable Diffusion per la generazione delle immagini su cui rivendicava tutela. Il convenuto, un blogger, aveva utilizzato l’immagine di Li generata dall’IA per accompagnare un articolo on line, provocando la nascita della lite giudiziaria.
Il Tribunale di Pechino ha osservato che Li ha “effettuato un certo grado di investimento intellettuale” nella selezione dei testi di richiesta, i cosiddetti prompt, oltre che nell’impostazione dei parametri e nella progettazione della presentazione. L’“originalità” dell’immagine, come ha dichiarato il Tribunale, consta quindi nella selezioni con cui Li ha regolato ripetutamente i parametri per ottenere un’immagine che riflettesse la sua “scelta estetica e il suo giudizio personalizzato”.
L’intricatezza del prompt utilizzato da Li ha giocato quindi un ruolo fondamentale nella decisione del tribunale. La richiesta comprendeva elementi, scritti in inglese e che riportiamo per comodità di lettura in italiano, come “foto RAW a colori di altissima qualità e con dettagli elevati, idolo del Giappone, viso attraente simmetrico altamente dettagliato, occhi neri sognanti, capelli castano-rossicci”, oltre a indicazioni negative per escludere caratteristiche indesiderate come “3d, render, cg, pittura, disegno, cartone animato, anime, fumetto”.
Su Midjourney il numero di variabili per personalizzare il risultato è piuttosto ridotto rispetto a Stable Diffusion, che invece funziona come una camera raw avanzata con un grado di personalizzazione dei parametri maggiore.
Questo potrebbe essere uno degli elementi da tenere in considerazione per comprendere perché, pur in presenza di un principio globale corrispondente, alcune registrazioni potrebbero essere consentite, o meno, in base ai modelli generativi utilizzati.
Principi globali per il copyright nell’arte IA
Anche volendo considerare l’attuale e prospettico quadro normativo dell’ UE, in linea di principio una prima regola generale globale parrebbe quindi essere stata stabilita: per essere tutelata dal diritto d’autore, un’opera d’arte generata dall’IA deve avere una quantità sostanziale di lavoro intellettuale fornito dall’autore.
Questa conclusione è discutibile? Certamente, poiché solleva interrogativi su come prompt simili possano portare a risultati sostanzialmente diversi o su quanto dettagliati debbano essere i prompt per rendere l’applicazione di questa regola generale interpretabile nei singoli casi.
Tuttavia, dopo il primo anno di impiego globale di massa dei software di IA generativa, possiamo quantomeno dedurre delle linee guida generali ed identificare un approccio globale per il deposito di una richiesta di riconoscimento di copyright di un’opera la cui creazione ha usufruito dell’assistenza di modelli di intelligenza artificiale generativa.
IA generativa e copyright nei modelli di testo e di linguaggio
Mentre quanto appena discusso riguarda principalmente l’arte generativa visiva, principi simili potrebbero risultare rilevanti anche per i contenuti testuali generati dall’IA, come quelli creati da modelli linguistici quali ChatGPT. Anche in questo casi l’apporto creativo umano, inclusa la specificità dei prompt e il contesto fornito dall’utente, sarebbero in grado di determinare l’originalità e la potenziale duplicabilità del contenuto generato.
D’altra parte, nei modelli linguistici risulta ancora difficile riconoscere se un testo sia stato generato artificialmente o meno; di conseguenza, la questione pratica di dover dimostrare la paternità di un’opera di ingegno testuale, in termini applicativi e di riconoscimento del Copyright, potrebbe incardinarsi diversamente negli sviluppi giurisprudenziali.
In caso di opere testuali dichiaratamente generate dall’AI, la sequenza di prompt, più che il prompt singolo, potrebbe infatti giocare un ruolo importante nel determinare la tutelabilità di un’opera ma anche la complessità intrinseca del processo creativo.
In ambito di copyright giornalistico o letterario, ad esempio, lo stile dell’output generato da un modello di IA come ChatGPT o Bard è fortemente influenzato dal prompt iniziale, che tende ad essere molto più elaborato rispetto a quello comunemente utilizzato in ambito grafico. Questo porta a una maggiore complessità nel determinare in che misura un dato contenuto testuale sia stato effettivamente “creato” dall’autore umano oppure generato dall’IA.
Conclusioni
In questo contesto, stabilire a posteriori la percentuale di contributo creativo umano in un’opera testuale, e quindi l’ambito di tutelabilità, resta in ogni caso un compito delicato. La valutazione del copyright su tali opere richiederebbe un’analisi approfondita del processo creativo, considerando non solo il testo finale, ma anche il grado di specificità e la complessità dei prompt forniti dall’utente, così come le eventuali iterazioni e modifiche apportate al contenuto generato dall’IA.