Strumenti onnipresenti della vita quotidiana, gli smartphone hanno trasformato profondamente le abitudini di comunicazione, intrattenimento e accesso alle informazioni.
Le trasformazioni della nostra quotidianità sono del tutto evidenti: molto meno chiari sono i dati, a oggi disponibili, sull’effetto di questi strumenti sulla salute fisica e mentale dei loro utilizzatori, in particolar modo se bambini o adolescenti.
Smartphone in età evolutiva: numeri e tendenze
Uno sguardo ai numeri del fenomeno smartphone in età evolutiva: una recente analisi su bambini e ragazzi di 8-18 anni negli USA (The Common Sense Census, 2022) ha evidenziato un aumento esponenziale nel numero di minori possessori di smartphone nel corso degli ultimi anni.
In particolare, nella fascia dei più piccoli, se nel 2015 solo un bambino di 8 anni ogni dieci possedeva uno smartphone, nel 2021 il rapporto è diventato di un bambino ogni tre. La stessa indagine ha evidenziato come i preadolescenti (età 8-12 anni) trascorrano 5 ore al giorno in media davanti ai vari media digitali (le femmine circa 5 ore in media, i maschi 6,11 ore), con un tempo ancora maggiore relativo ai teenager (12-18 anni). Per quanto riguarda una delle tipologie più diffuse di utilizzo dei media, ovvero l’uso dei social media, circa il 57-70% di tutti i bambini e ragazzi li utilizza per almeno 2 ore al giorno, con un incremento progressivo tra i più giovani, nell’età compresa tra 8 e 12 anni.
Raccomandazioni internazionali sull’uso dello smartphone dai più piccoli
Questo massiccio aumento dell’uso degli schermi digitali tra i bambini ha suscitato accesi dibattiti tra le agenzie istituzionali per la promozione della salute infantile. Ciò si è recentemente tradotto in una serie di raccomandazioni rilasciate da parte di Enti quali l‘American Academy of Pediatrics che scoraggia l’esposizione a qualunque tipo di schermo digitale nei bambini prima dei 2 anni di età e sostiene l’utilità di un limite massimo di 1 ora al giorno per i bambini dai 2 ai 5 anni.
In Italia, tra le raccomandazioni emerse, un registro analogo è stato adottato dalla Società Italiana di Pediatria in collaborazione con Meta e Fondazione Carolina onlus, che hanno diramato nel 2022 l’iniziativa “Connessioni Delicate”, specificando limiti orari e tipologie raccomandate di utilizzo dei media digitali per bambini in diverse fasce d’età.
Queste raccomandazioni perseguono dei chiari obiettivi di protezione dei minori dai rischi connessi all’uso eccessivo di schermi digitali in età evolutiva, ma nella comunità scientifica il dibattito circa la stima degli effetti dei media sui vari domini del benessere infantile – tra cui il sonno, le funzioni esecutive, il benessere fisico e lo stile alimentare, il benessere psicologico e la salute mentale – è a dir poco aperto.
L’impatto dello smartphone sulle funzioni esecutive
Una delle tematiche più controverse riguarda l’impatto degli smartphone su alcune funzioni cognitive in via di sviluppo: l’attenzione, la memoria, le capacità di pianificazione e di decisione strategica. Nel loro insieme, queste competenze prendono il nome di funzioni esecutive (FE): raggruppano processi cognitivi diversi, per lo più inconsapevoli, che agiscono costantemente al servizio dell’organizzazione e della regolazione del comportamento in base all’obiettivo che ci poniamo nell’eseguire un’azione, oppure alla necessità di adattare il nostro operato a quanto richiesto dalle situazioni esterne.
Le FE sono fondamentali per affrontare le attività di tutti i giorni, sono utilizzate di continuo negli scenari della vita quotidiana: organizzare lo studio per una verifica a scuola, programmare le attività da fare nel pomeriggio, oppure il dover stabilire modi alternativi per raggiungere casa se la metro viene chiusa per un guasto tecnico.
In età evolutiva, le FE si organizzano e si perfezionano seguendo le incredibili trasformazioni nello sviluppo cerebrale in questa fase di vita. Come per gran parte delle funzioni cerebrali, le FE vanno incontro ad una maturazione protratta nel corso dello sviluppo infantile, con un consolidamento maggiore in età scolare-preadolescenziale, al passo con la progressiva maturazione della corteccia prefrontale del nostro cervello (Wu et al., 2011; Xu et al., 2013).
Le FE sono più o meno sviluppate da persona a persona e sono estremamente influenzate dall’ambiente di crescita, da quanto cioè il bambino venga più o meno adeguatamente stimolato nel consolidamento di queste abilità (Best & Miller, 2010).
Screen time e sviluppo delle funzioni esecutive nei bambini
Nell’esplorare gli effetti degli smartphone sulle FE in età evolutiva, la letteratura scientifica è stata dominata da studi che hanno preso in esame la questione del tempo di utilizzo degli schermi digitali, il cosiddetto screen time. Tra questi, alcuni studi hanno correlato uno screen time maggiore a peggiori prestazioni nelle FE in età prescolare (Li et al., 2022; McHarg et al., 2020; Nathanson et al., 2014; Paulich et al., 2021), altri hanno rilevato che è soprattutto il perdurare durante l’infanzia di uno screen time elevato, in contrapposizione a periodi isolati di elevato utilizzo, a determinare effetti deleteri sulle FE(Best, 2012; McHarg et al., 2020).
Diversi Autori hanno ipotizzato diversi possibili meccanismi attraverso i quali l’eccessiva esposizione ai media digitali potrebbe influire sullo sviluppo delle FE: la sostituzione ad attività più appropriate per lo sviluppo e l’apprendimento, l’aumentato rischio di esposizione a contenuti inappropriati, la destrutturazione del sonno notturno e il ridotto accesso ad esperienze di relazione/caregiving che promuovono e sostengono le FE (Kirkorian et al., 2008; Ponti, 2023; Radesky & Christakis, 2016).
Oltre agli studi di tipo comportamentale, che hanno cioè misurato le varie FE in bambini e adolescenti, abbiamo a disposizione sempre più dati di tipo morfo-funzionale, che riguardano gli aspetti di maturazione e modificazione dei network cerebrali coinvolti nelle FE in base allo screen time. Nei bambini di 3-5 anni, è stato osservato che uno screen time elevato si associa a una minore organizzazione delle aree cerebrali del linguaggio, dell’attenzione e dell’apprendimento (Hutton et al., 2020, 2022).
Da dati emersi da un altro studio su una vasta popolazione di bambini di 10 anni, è emerso che un maggiore screen time si associa nel 37% dei casi a modifiche in aree importanti per le funzioni cognitive di ordine superiore (corteccia prefrontale) (Paulus et al., 2019). Tuttavia, nell’interpretare queste modifiche, gli Autori del lavoro scientifico hanno enfatizzato come esse non siano ascrivibili in maniera unilaterale a processi di ritardata maturazione, quindi di ordine “negativo”, ma che, anzi, per alcuni bambini, le modifiche osservate sono indicative di un aumento specializzato dell’organizzazione strutturale della corteccia cerebrale.
In sintesi, il rapporto tra FE e screen time è ancora complesso da decifrare e quando si guarda alla sintesi dei dati esistenti in letteratura, ovvero alle metanalisi, le evidenze sono tutt’altro che conclusive. Da una recente metanalisi che racchiude i risultati di svariati studi comportamentali sulle FE in bambini di 0-6 anni sulla base dello screen time (Bustamante et al., 2023), non emerge infatti alcun ruolo significativo del tempo di utilizzo degli schermi digitali sullo sviluppo delle FE e sulla loro efficienza.
Appare pertanto evidente la necessità di ricorrere ad un approccio più multi-componenziale per aumentare la nostra capacità di comprendere quali modelli o profili di utilizzo degli schermi digitali siano più strettamente associati a conseguenze positive, negative o neutre sulle FE dei bambini. Inoltre, poiché la maggior parte dei genitori fatica ad aderire alle raccomandazioni sul tempo da far trascorrere ai bambini davanti allo schermo, l’utilizzo di un approccio più articolato all’uso dei dispositivi digitali sembra particolarmente utile per identificare quali usi siano da incoraggiare per promuovere esiti positivi per i bambini.
In tal senso, appare centrale l’identificazione delle circostanze in cui l’uso dei media digitali è favorevole alla salute e allo sviluppo, ampliando l’analisi al di là del fattore screen time e considerando aspetti quali il contenuto dei media ed il contesto del loro utilizzo.
Svariati studi hanno evidenziato che la fruizione tramite media digitali di programmi educativi adatti alla età infantile è positivamente associata alle competenze di FE, indipendentemente dal tempo trascorso davanti agli schermi (Huber et al., 2018; Yang et al., 2017; Zimmerman & Christakis, 2007).
In uno studio su varie tipologie di video di cartoni animati per bambini, sono emerse peggiori FE in bambini esposti prevalentemente a video di intrattenimento (ricchi di stimolazioni sensoriali e di frequenti transizioni nelle trame o nelle scene, che catturano l’attenzione ma che riducono le capacità di tolleranza dell’attesa o di tempi più lenti di svolgimento della narrazione) rispetto a quelle di bambini esposti a video con contenuti più educativi (Fan et al., 2022).
Pertanto, l’assenza di caratteristiche informative e di tempi di narrazione più “lenti” e quindi più consoni al consolidamento delle informazioni nei programmi di intrattenimento può porre i bambini in una modalità passiva di elaborazione delle informazioni quando guardano questo tipo di video (Bryant & Anderson, 1983), determinando risultati peggiori nei compiti di funzionamento esecutivo. Analogamente, altri studi su bambini e uso passivo dei social media, hanno evidenziato come tale utilizzo preannunci la tendenza nel bambino a scegliere ricompense più piccole ma immediate, rispetto a ricompense maggiori ma ritardate (delay aversion) e maggiormente in linea con la fatica dell’apprendimento nella vita quotidiana (Schulz van Endert & Mohr, 2022; Wegmann et al., 2020).
Risultati analoghi rispetto alle conseguenze negative sulle FE dell’uso passivo e di intrattenimento degli schermi digitali, in particolare dei social media, provengono anche da studi condotti con adolescenti. Un gruppo di ricerca coreano ha evidenziato come lo scrolling passivo e ripetitivo sui social, determini una riduzione dell’attività dei network attentivi (network frontoparietale) e faccia entrare il cervello in modalità “stand-by” aumentando l’attività del network “di base” del cervello (default mode network – DMN), ovvero dell’insieme di circuiti neurali (corteccia prefrontale mediale e cingolo posteriore), che si attivano quando non si è impegnati a svolgere compiti specifici (Hu, Cui, et al., 2022).
I ricercatori hanno evidenziato come ciò non accada quando gli stessi adolescenti sono immersi nella lettura di un libro di fantascienza, ad indicare quanto un utilizzo passivo dei contenuti digitali possa avere un impatto significativo sulle funzioni cognitive (Hu, Cui, et al., 2022), anche dopo sole 4 settimane di aumentato utilizzo dei social media in questa modalità (Hu, Yu, et al., 2022). Altri dati confermano tale ipotesi, mostrando che gli adolescenti con uso problematico dei social (la cosiddetta “dipendenza da social media”) presentano alle neuroimmagini una minore capacità di attivare le aree cerebrali deputate all’orientamento volontario dell’attenzione verso una certa attività (dorsal attention network – DAN) (Lee et al., 2021).
I fattori di rischio dei social media
Altri Autori hanno evidenziato come la struttura stessa dei social media costituisca un fattore di rischio per l’utilizzo passivo dei contenuti digitali, dati alcuni meccanismi propri della comunicazione e del passaggio delle informazioni su queste piattaforme (Bhargava & Velasquez, 2021; Giraldo-Luque et al., 2020), tra cui:
- l’eccesso di notifiche e messaggi di tipo visivo e uditivo, che possono comportare una cronica saturazione dei network attentivi, con frequente interruzione e dispersione dell’attenzione rivolta ad altre attività;
- il meccanismo dei “mi piace” cioè la conferma dell’accettazione sociale ricevuta dagli altri utenti, che genera una potenziale dipendenza dall’uso dei social;
- i contenuti personalizzati cioè contenuti audiovisivi e testuali individuati dagli algoritmi dei social che creano attivazione del network del piacere tramite rinforzi intermittenti e variabili. Questo si associa alla mancata presenza di segnali naturali di stop come l’orario sullo schermo o la necessità di ricaricare pagine successive possono portare a fenomeni di dipendenza in soggetti maggiormente predisposti;
- la FoMo (Fear of Missing out) cioè il costante bisogno di essere online per timore di perdere eventi, informazioni o contenuti scaturita dall’affiliazione tra utenti e dal bisogno di appartenenza che possono portate ad ansia da controllo, attivazione emotiva negativa e riduzione delle capacità di pensiero orientato alle attività contestuali.
L’impatto del contesto d’uso degli schermi sulla salute dei bambini
Anche il contesto in cui il bambino utilizza gli schermi appare come un fattore importante da considerare. Si stima che quasi il 60% dei genitori nel Regno Unito e a Singapore espongano i bambini all’uso di schermi durante i pasti (Goh & Jacob, 2012; Wright et al., 2007). Secondo vari studi disponibili (Fruh et al., 2021; Neshteruk et al., 2021; Pearson et al., 2018), tale contesto di utilizzo degli schermi contribuisce a un maggiore apporto calorico e a una durata prolungata del pasto, oltre che a un rischio maggiore di avere un BMI (body mass index) nel range degli obesi nei bambini piccoli (Teekavanich et al., 2022). Altre ricerche suggeriscono che il ricorso agli schermi come mezzo per regolare il comportamento dei bambini possa avere un impatto negativo sul loro sviluppo delle capacità di autoregolazione (Azevedo et al., 2022; Radesky, Kistin, et al., 2016; Radesky, Peacock-Chambers, et al., 2016). Ad esempio, se un bambino fa i capricci in uno spazio pubblico, i genitori possono dargli un dispositivo portatile per aiutarlo a distrarlo dalla sua esperienza di emozioni negative, ma l’uso di strategie di regolazione delle emozioni basate sullo schermo è stato collegato allo sviluppo di un uso più problematico dei media (ad esempio, perdita di interesse per attività che non coinvolgono gli schermi) nei bambini piccoli (Coyne et al., 2021).
Verso un uso consapevole dei media digitali: il futuro di ricerca e educazione
In conclusione, la possibile correlazione tra uso di media digitali e funzioni esecutive si rivela un argomento complesso e in continua evoluzione. I dati raccolti fino a oggi dimostrano che esiste un rapporto, influenzato e orientato da una serie di variabili che vanno al di là del semplice tempo totale di utilizzo. Alcune ricerche suggeriscono una correlazione negativa tra l’uso eccessivo dei media digitali e le funzioni esecutive, altre sembrano suggerire che alcune attività digitali possano persino migliorarle. Il mondo scientifico su questo argomento è tutt’altro unanime: sono sul campo diversi punti di vista e risultati controversi, il che sottolinea la necessità di un approfondimento e avanzamento della ricerca.
In un’ottica di riduzione del danno, selezionare attentamente le attività di utilizzo dello schermo in base alle caratteristiche proprie dei bambini (ad esempio, età, interessi, profilo comportamentale) e in base alle caratteristiche del contenuto, alla natura dell’uso e al contesto d’uso potrà aiutare i genitori a fare scelte che massimizzino i benefici e minimizzino i danni derivanti dall’uso degli schermi digitali.
Il futuro della ricerca in questo ambito riguarderà lo studio più approfondito dell’impatto specifico dei vari tipi di media e format digitali, considerando le modalità di utilizzo (passivo/attivo), l’età, il contesto e altri fattori influenti, non ultimo l’educazione al buon uso dei media digitali all’interno delle famiglie.
Conclusioni
Dovremo continuare a interrogarci su come sfruttare al meglio i media digitali per il potenziamento delle funzioni esecutive e per favorire strategie educative che orientino al meglio l’inarrestabile – e irrinunciabile – rapporto di bambini e adolescenti con la tecnologia.
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