Negli ultimi anni, il dibattito riguardo alle criptovalute non si è limitato alla loro tecnologia, alla sicurezza o ai mercati finanziari, ma ha coinvolto anche in una certa misura l’ambito religioso, in particolare quello musulmano, inserendosi all’interno di quei servizi e prodotti che costituiscono la moderna finanza islamica.
Dalle criptovalute halāl all’Islamic Coin
A partire dal 2017 sono quindi nate le prime criptovalute dichiarate halāl (lecite), con l’intento di inserire all’interno del mercato cripto degli asset che potessero essere considerati “più affidabili” da un punto di vista sharaitico. Tali valute virtuali, infatti, si differenziavano dalle cripto tradizionali per il fatto che il valore delle singole unità era legato a determinate quantità di oro.
Questa tendenza sembra essere stata interrotta qualche settimana fa dall’ingresso di un nuovo prodotto sul mercato: Islamic Coin.
Prima di illustrare quali sono gli aspetti che vorrebbero essere innovativi di questa valuta virtuale conforme ai principi islamici, è opportuno partire da una serie di concetti fondamentali.
Criptovalute e finanza islamica: un connubio che fa discutere
Il termine Shari’a indica quell’insieme di norme, consuetudini e pareri giuridici che a partire dalla prima comunità islamica regolano tutti gli aspetti della vita di un credente musulmano, tanto pubblica quanto privata. Con l’avanzare dello sviluppo tecnologico, il discorso nell’ambito della Shari’a si è evoluto a sua volta, per includere aspetti che non potevano essere previsti nei primi secoli dell’Islam. Si è iniziato così a domandarsi, all’interno delle diverse scuole giuridiche, se l’utilizzo di determinate tecnologie fossero conformi a questi principi, e le criptovalute non sono state esenti da questo dibattito.
Il Corano, principale fonte del diritto sharaitico, contiene delle disposizioni di natura finanziaria. Da queste disposizioni sono stati nel tempo estrapolati una serie di concetti che costituiscono la base della finanza islamica attuale.
In questo contesto si inserisce la necessità per i giuristi musulmani di riflettere sul fatto che le criptovalute siano o meno compatibili con i principi della finanza islamica e, di conseguenza, della Shari’a.
Tali principi, infatti, prevedono che la transazione finanziaria sia legata a risorse reali. Inoltre, sono da considerarsi proibite attività quali la speculazione (gharar) l’ambiguità delle transazioni (jahl) e l’accumulo di interessi (ribā’).
La letteratura sull’argomento presenta un ampio dibattito. Alcuni studiosi ritengono che le cripto siano illecite, nello specifico a causa della mancanza di valore intrinseco, del fatto che il proprietario precedente sia sconosciuto e dell’instabilità dei criptoasset. Altri studi sostengono che il denaro “islamico” debba essere sostenuto da un’attività reale, requisito che le criptovalute non soddisfano.
D’altro canto, alcuni studiosi sostengono che le criptovalute siano invece halāl. Ad esempio, lo Sharyah Review Bereau in Bahrain ha riconosciuto nel 2018 le criptovalute e i token come valute accettabili.
Le criptovalute halāl: GoldX e OneGram
Questi pareri sono stati probabilmente la causa dell’iniziale esitazione dei paesi islamici riguardo al trading di criptovalute. A tal motivo sono emerse nel 2017 le prime criptovalute dichiarate conformi alla Shari’a, come Goldx e OneGram, entrambe, come accennato, legate all’oro.
GoldX è una criptovaluta introdotta da HelloGold (HGF), una società di tecnologia finanziaria con sede a Singapore. Si tratta di un token basato sulla tecnologia Smart Contract e sulla blockchain Ethereum. Ogni token GoldX è rappresentato da un grammo di oro fisico custodito e assicurato a Singapore da Bullion Star International. L’acquisto di GoldX è possibile utilizzando Bitcoin o Ethereum. Un anno dopo il lancio, la criptovaluta ha ricevuto la certificazione di Shari’a compliance da parte di Amanie Advisors, una società di consulenza finanziaria islamica con sede in Malesia.
OneGram è nata negli Emirati Arabi Uniti, anch’essa con la specifica intenzione di essere conforme alla Shari’a. Utilizza la tecnologia blockchain Proof of Stake e, in base a quanto dichiarato sul proprio sito web, è completamente indipendente da Bitcoin. Ogni token è supportato da un grammo d’oro al momento del lancio e, a seguito di ogni transazione OneGram genera una piccola commissione che viene reinvestita per acquistare più oro e aumentare la quantità di metallo prezioso che supporta ciascun token.
Islamic Coin: la nuova frontiera delle cripto halāl
Il caso più recente, come anticipato, è invece Islamic Coin (ISLM), una criptovaluta basata sulla blockchain Proof of Stake. ISLM è prodotta dall’azienda Haqq e, a differenza dei due token appena citati, è quotata sulle principali piattaforme di scambio.
In base a quanto riferito dai creatori, il progetto Islamic Coin mira a creare un ecosistema finanziario “etico”. L’obiettivo principale è quello di fornire un’alternativa finanziaria digitale che rispetti i valori e i principi della comunità musulmana, eliminando ad esempio la pratica dell’interesse.
Per garantire la sicurezza delle transazioni nella sua rete, Islamic Coin sembra adottare un approccio multilivello. Ci sono due approvazioni principali coinvolte: l’approvazione “della comunità” e l’approvazione del consiglio della Shariah.
L’approvazione della comunità è concessa dagli stakers di ISLM e consente ai progetti di essere elencati nel Marketplace del portafoglio Haqq. I contratti devono essere proposti e votati dalla comunità per essere inclusi. L’approvazione della comunità intenderebbe ridurre le attività fraudolente e migliorare la sicurezza della rete Haqq, fornendo avvisi ai suoi utenti quando tentano di interagire con contratti non approvati.
L’approvazione del Consiglio della Shari’a concede invece l’etichetta di conformità con i principi islamici ai progetti nel Marketplace e permette agli utenti di interagire con tali contratti senza avvisi.
Inoltre, il sistema implementa avvisi per gli utenti che tentano di interagire con contratti non approvati o non conformi. Questa misura, secondo il white paper di Haqq, sarebbe volta a prevenire eventuali attacchi o trasferimenti di fondi indesiderati.
Principi islamici e blockchain: un connubio possibile?
L’aspetto che rende questo asset interessante rispetto ai due esempi precedenti è che si tratta della prima criptovaluta islamica il cui valore non è legato all’oro.
I creatori, infatti, all’interno del white paper pubblicato sul sito web dedicato alla criptovaluta, affermano che il progetto Islamic Coin cerca di emulare alcune caratteristiche di “stabilità e scarsità” spesso associate a oro e argento, sfruttando la “natura deflazionistica della criptovaluta”.
In sostanza, secondo quanto riportato, sarebbe proprio la tecnologia blockchain a rendere Islamic Coin compatibile con la Shari’a: la criptovaluta, infatti, non può essere creata arbitrariamente, evitando quindi la svalutazione, e il suo valore dipende unicamente dalla domanda e offerta sul mercato, proprio come avviene per l’oro. Le nuove monete, inoltre, vengono prodotte attraverso il mining da coloro che contribuiscono quindi attivamente al funzionamento della rete. Un ulteriore elemento, secondo gli autori, sarebbe costituito dal fatto che operando al di fuori del sistema bancario tradizionale, la criptovaluta evita l’interesse, proibito nell’Islam.
Innovazione o marketing?
Tuttavia, mentre tali aspetti sono presentati come differenzianti rispetto ai criptoasset tradizionali, è plausibile considerare che questi dettagli siano enfatizzati come parte di una strategia di marketing per attirare un pubblico specifico, piuttosto che come caratteristiche intrinseche che realmente distinguono Islamic Coin dalle altre criptovalute. Tanto più che alcuni degli elementi che i creatori di questo asset portano a supporto della liceità dal punto di vista islamico di ISLM, sono considerati da altri studiosi prove della tesi opposta. La percezione di conformità con la Shari’a potrebbe quindi essere un elemento tattico per accrescere l’appeal e la partecipazione degli investitori appartenenti alla comunità musulmana.
Se così fosse, per il momento la strategia sembra non avere funzionato. La nuova criptovaluta halāl infatti è stata lanciata sul mercato a partire da metà ottobre, per un valore corrispondente a 0,1869 dollari (Binance). Nonostante un inizio in positivo, che l’ha portata a raggiungere il picco di 0,3309 dollari nella giornata successiva al lancio, le quotazioni di Islamic Coin hanno continuato a scendere fino a raggiungere, negli ultimi giorni, il valore di circa 0,12 dollari.
Le criptovalute islamiche costituiscono un caso studio interessante nel contesto del mercato cripto, anche in considerazione del fatto che i prodotti e i mercati finanziari Shari’a-compliant hanno visto negli ultimi anni una sempre maggiore diffusione, uscendo dal contesto dei paesi islamici come l’Aarabia Saudita e gli Emirati o dei paesi a maggioranza musulmana come l’indonesia.
L’impatto di Islamic Coin sul mercato delle criptovalute
L’introduzione di valute digitali come GoldX, OneGram e, nel caso più recente Islamic Coin come primo tentativo di introdurre prodotti di questo tipo nei mercati tradizionali, non andrebbe sottovalutata.
Nonostante lo scarso successo sul mercato di questi primi asset e l’assenza, di fatto, di elementi che conferiscono a tali valute una maggiore sicurezza, è plausibile aspettarsi un aumento delle iniziative in tal senso da parte di un numero maggiore di aziende in futuro. In questo senso, una strategia promozionale che enfatizza la conformità alla Shari’a potrebbe essere una mossa rivelatasi non vincente, ma si tratta di un elemento da non sottovalutare.