l’accusa degli usa

Cina, l’AI potenzia lo spionaggio: ecco perché è minaccia per tutti



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Gli Usa accusano la Cina di utilizzare l’AI e i suoi segreti per scopi di spionaggio. La rivalità tecnologica tra Cina e Stati Uniti si aggrava, dunque, con crescenti preoccupazioni riguardo alla possibilità che Pechino possa rubare i segreti della tecnologia per potenziare le sue operazioni di hacking e spionaggio

Pubblicato il 16 gen 2024

Marco Santarelli

Chairman of the Research Committee IC2 Lab – Intelligence and Complexity Adjunct Professor Security by Design Expert in Network Analysis and Intelligence Chair Critical Infrastructures Conference



sorveglianza cina

Gli Stati Uniti tornano a sospettare della Cina, la quale potrebbe sfruttare l’intelligenza artificiale e i suoi segreti a fini di spionaggio. Dall’ex dipendente Apple di origini cinesi fermato nel 2018 in aeroporto al caso della Mattson Technology, ai timori americani Pechino ha sempre risposto negando le proprie responsabilità in merito.

Spionaggio, l’AI al centro del contendere

Dall’amministrazione degli Stati Uniti emergono nuovi timori nei confronti della Cina in merito a un suo potenziale furto dei segreti dell’intelligenza artificiale per potenziare le attività di spionaggio.

Cina e Stati Uniti sono eterne rivali sul piano tecnologico mondiale e non meno per la supremazia nell’intelligenza artificiale che, come è noto, è una tecnologia che ha il potenziale di rimodellare le economie, la geopolitica e la guerra.

Entrambe le potenze mondiali hanno inserito l’intelligenza artificiale tra le tecnologie a cui prestare attenzione: l’FBI per garantirne la sicurezza, Pechino per accrescerne i progressi entro il 2025. Le potenzialità già elevate dell’intelligenza artificiale cinese non destano preoccupazione solo per la minaccia di furto della proprietà intellettuale, ma per la possibilità di arrivare, tramite i suoi segreti commerciali, ai dati sensibili degli americani su una scala mai vista prima.

L’accusa: AI amplificatore delle attività di hacking di Pechino

Non è la prima volta, come sappiamo, che gli USA puntano il dito contro la Cina con l’accusa di aver rubato dati personali, ma, secondo il direttore dell’FBI Christopher Wray, ora l’intelligenza artificiale potrebbe agire come “amplificatore” alle attività di hacking e spionaggio cinesi, usando la tecnologia americana contro i suoi stessi creatori.

Dalla Cina, nella risposta del Ministero degli Esteri Wang Wenbin per respingere le accuse sulla violazione di sistemi di posta elettronica non classificati di diversi funzionari di alto livello del governo Biden, la definizione degli Stati Uniti come “il più grande impero di hacking e il più grande ladro informatico globale”.

Nell’occhio del ciclone sono state poste maggiormente le società produttrici di chip, che permettono l’elaborazione di programmi di intelligenza artificiale, rispetto alle stesse aziende di intelligenza artificiale.

Il caso Zhang e Mattson Technology

Tra i casi degli ultimi anni che hanno dimostrato l’attività di spionaggio cinese nei confronti degli Stati Uniti va citato quello che ha visto coinvolto l’ex dipendente Apple Xiaolang Zhang, di origini cinesi, bloccato nel 2018 dagli agenti federali una volta superato il checkpoint del Terminal B dell’aeroporto di San Jose, in California.

Zhang, ingegnere hardware dipendente di Cupertino dal 2015 e parte del progetto dei veicoli autonomi per il test delle schede dei circuiti per i sensori, doveva partecipare a corsi di formazione sulla segretezza. Nell’aprile 2018 è tornato nella madrepatria con un congedo di paternità per la nascita del figlio. Il 27 aprile Apple ha registrato un significativo aumento dell’attività di rete di Zhang rispetto agli anni precedenti di lavoro e il 30 aprile sono arrivate le sue dimissioni per ragioni familiari. Il licenziamento effettivo risale al 5 maggio del 2018 e solo due giorni dopo Zhang ha avviato una nuova esperienza lavorativa presso la Xpeng, concorrente cinese di Apple. Nel corso delle indagini, è stato ritrovato un pc nascosto in casa di Zhang contenente segreti commerciali sulla tecnologia Ethernet di Marvell Technology, in cui Zhang aveva lavorato precedentemente, e 24 GB di dati riservati trasferiti da Apple al pc della moglie tramite AirDrop. Il 7 luglio 2018 è scattato l’arresto all’aeroporto di San Jose prima di imbarcarsi per Pechino con l’accusa di aver rubato i file interni di Apple sul progetto delle auto elettriche, compresa la documentazione sui prototipi.

Altro caso, ancora in fase di contenzioso, quello del 2022, in cui la società tecnologica Applied Materials, che produce chip, ha citato in giudizio il competitor di proprietà cinese, la Mattson Technology, acquisita nel 2016 da un braccio di investimento cinese per il 45%, sostenendo che un ex ingegnere di Applied aveva sottratto segreti commerciali ad Applied prima di passare alla Mattson. Non ci sono prove in merito, né ci sono stati contatti da alcuna agenzia federale verso la Mattson. Nel frattempo, la Mattson ha accusato gli ingegneri di Applied di aver presentato una domanda di brevetto utilizzando la proprietà intellettuale sviluppata mentre lavoravano per Mattson.

La doppia faccia dell’AI

Lo spionaggio cinese nei confronti degli Stati Uniti riguarda una lunga lista di soggetti che secondo l’amministrazione Biden ne sono stati vittime nell’ultimo decennio, dalle centinaia di milioni di clienti di Marriott International, all’agenzia di credito Equifax e all’assicurazione sanitaria Anthem (ora Elevance Health), oltre a più di 20 milioni di file personali di attuali ed ex lavoratori del governo degli Stati Uniti e delle loro famiglie, provenienti dall’Office of Personnel Management. La stessa Hillary Clinton, allora candidata democratica alla presidenza, di fronte alla frequenza e all’importanza dei furti, additò la Cina sul “cercare di hackerare tutto ciò che non si muove”.

Secondo funzionari statunitensi, la Cina è riuscita a incamerare miliardi di dati che starebbe setacciando attraverso l’intelligenza artificiale. Questi dati, prelevati da assicurazioni sanitarie o banche, comprendono impronte digitali, contatti con l’estero, debiti finanziari, cartelle cliniche personali, di cui la Cina si servirebbe, secondo le autorità USA, per scovare spie sotto copertura e funzionari con autorizzazioni di sicurezza. L’hacking al Marriott, ad esempio, sarebbe stato utile a Pechino per controllare gli spostamenti di funzionari governativi attraverso le informazioni rubate dei passaporti.

Come la Cina sfrutta l’AI per costruire dossier sugli americani

Brad Smith, presidente della Microsoft, ha dichiarato che “Inizialmente la domanda principale era se qualcuno, compresi i cinesi, avesse la capacità di utilizzare l’apprendimento automatico e fondamentalmente l’IA per federare questi set di dati e utilizzarli per il targeting […] Negli ultimi due anni abbiamo avuto la prova che ciò è effettivamente accaduto”.

Secondo Glenn Gerstell, ex consulente generale della NSA, National Security Agency, “La Cina può sfruttare l’intelligenza artificiale per costruire un dossier su quasi tutti gli americani, con dettagli che vanno dalle cartelle cliniche alle carte di credito, dai numeri di passaporto ai nomi e agli indirizzi di genitori e figli”. Se a questi dossier aggiungiamo “qualche centinaio di migliaia di hacker che lavorano per il governo cinese […] ecco una potenziale minaccia alla sicurezza nazionale che fa paura”. Dall’altro lato, però, va ricordato che l’intelligenza artificiale ha potenzialità anche virtuose, che, se sfruttate per individuare e mitigare gli attacchi, possono renderla “uno scudo difensivo più potente di quanto possa essere usato come arma offensiva”.

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