È sorprendente come il settore della nutrizione sia ancora poco interessato dalla diffusione degli applicativi dell’intelligenza artificiale (AI).
Tra i tanti prodotti e servizi che usiamo tutti i giorni, come la casa con i suoi oggetti, l’automobile e in generale i mezzi di trasporto, i farmaci e i prodotti medicali, la scuola sono radicalmente innovati o stanno subendo trasformazioni importanti.
Il campo della nutrizione che è forse il più timido ma è certamente il più importante perché riguarda l’energia che assumiamo per vivere non sembra avere ancora beneficiato della trasformazione digitale e in particolare dell’evoluzione esponenziale dell’AI e degli oggetti connessi (IoT).
“Il dispositivo digitale che portate al polso o sulla maglietta vibra e si illumina catturando la vostra attenzione, ci informa che alla porta di casa stanno per consegnarci una barretta proteica al sapore di cioccolato e fragola accompagnata da un centrifugato di frutta e verdura, più precisamente carote, fragole, mela rossa e zenzero con una dose aggiunta di vitamina C ed E, come piace a noi. Non abbiamo ordinato nulla. O meglio, non abbiamo acquistato niente direttamente e coscientemente, ma abbiamo dato (ex ante) il nostro consenso affinché tutto avvenisse tramite una app intelligente. Il nostro ordine è partito autonomamente dal nostro dispositivo e dal software di AI con cui monitoriamo e gestiamo il nostro benessere psicofisico. Il software ha scelto per noi cosa, come e quando; anche se sarebbe più opportuno affermare che ci ha assistito nell’acquisto, e naturalmente sarebbe anche pronta a fornire tutte le spiegazioni necessarie, se volessimo sapere le ragioni di questo acquisto. Suona il campanello.” Tratto da iFood: come sottrarsi all’ideologia alimentare? (Guerini e Associati).
Gli investimenti in tecnologie agrifood
Secondo una ricerca di AgFunder, «2022 AgFunder AgriFoodTech Investment Report», nel 2021 i venture capital hanno investito 51,7 miliardi di dollari nelle tecnologie agrifood, registrando un aumento dell’85% rispetto al 2020. I primi tre per investimento sono l’e-grocery (negozi online), 35,8% degli investimenti, i cibi innovativi e l’infrastruttura di rete e cloud (su cui si reggono le attività di servizio e vendita, come e-grocery o il delivery) con il 9,3% degli investimenti.
L’e-grocery ha registrato una crescita del 188% anno su anno, ma grazie a quattro round di finanziamenti a nove cifre. L’infrastruttura di vendita al dettaglio basata su cloud ha visto i suoi finanziamenti crescere del 97,5% a 4,8 miliardi di dollari. I cibi innovativi hanno ricevuto maggiori investimenti per il 103% con oltre 430 aziende che hanno raccolto fondi. Nel report non si fa riferimento a investimenti in app per la dieta o per una nutrizione migliore, a dimostrazione del fatto che il mercato è ancora scarso o di poco interesse.
Questa lentezza non è dovuta alla tradizionale reputazione del settore alimentare e in particolare dell’agrifood che è erroneamente dissociato dalla tecnologia. Il settore della produzione alimentare come quello agricolo non è così arretrato rispetto all’industria del Tech, come si potrebbe pensare. Sono semplicemente più sobri e felpati nel comunicare l’innovazione perché il consumatore è prudente con tutto ciò che riguarda la propria salute.
AI, perchè nel settore alimentare è ancora in fase di rodaggio
Nell’equazione alimentare l’innovazione è spesso in conflitto con la tradizione che ha garantito, fino ad ora, la salute. Perciò, l’apparente timidezza dell’alimentare con l’AI va interpretata come una fase di rodaggio di un processo di trasformazione radicale che cambierà per sempre l’umanità. Non va dimenticato che qui non si tratta di un’automobile o di altri oggetti e del nostro rapporto con essi. Qui si tratta di ciò che assumiamo per darci energia, gioia, benessere, e di come bruciamo calorie. Si tratta di noi, del nostro stato psico fisico più intimo. Così mentre il consumatore ricerca l’auto a guida autonoma e qualsiasi gadget che possa semplificargli la vita, rifugge, almeno per ora, la tecnologia che può dirgli cosa e quando mangiare.
Va poi evidenziato che le aziende alimentari con capacità organizzativa e finanziaria importante e sufficiente a introdurre innovazioni significative sono davvero poche. Il settore, soprattutto in Italia, ma anche nel resto del pianeta, è caratterizzato da molte medio e piccole imprese con scarsa capacità di investimento e recepimento delle tecnologie più avanzate.
Il potenziale dell’AI nell’industria alimentare
Oltre al settore agrario con l’agricoltura smart o di precisione, già ben argomentato qui su Agendadigitale, anche l’industria alimentare sta per farsi travolgere dall’AI. È ancora difficile però, sapere al momento le trasformazioni e le innovazioni dei processi organizzativi e produttivi, dei prodotti e dei servizi a cui AI e IoT stanno contribuendo.
Nel libro appena pubblicato, iFood, mi sono dedicato (cap. 5) alla parte che riguarda il prodotto e gli strumenti (questi sì, sono una novità) di supporto al consumatore per pianificare la propria dieta, personalizzandola. Questi due fattori sono funzionali al superamento delle attuali politiche – fallimentari – per la salute pubblica, contro l’obesità. Soprattutto, sono strumento essenziale per aiutare i consumatori a conoscere e scegliere liberamente, cioè consapevolmente. Il mio è infatti, un testo che indaga e promuove la libertà di scelta.
Per quanto riguarda i prodotti, c’è ancora poco. Degna di nota, più di marketing che di innovazione strictu sensu, è la nuova Coca Cola Y3000 la cui formula è stata generata da una piattaforma di AI.
D’altronde, presentare a una macchina miliardi di immagini è cosa complessa, ma nulla in confronto al gusto, al sapore, agli odori, e ai colori. La direzione intrapresa è senza dubbio questa.
Il cibo su misura: genetica e nutrigenomica
Nel libro lo chiamo cibo su misura, o tailor-made. La genetica, la nutrigenetica e la nutrigenomica, concetti simili ma distinti, che concorrono a produrre alimenti che per esempio, (i) sono più sostenibili e resilienti, (ii) resistono meglio ai cambiamenti climatici repentini e violenti, (iii) durano di più a scaffale riducendo lo spreco, (iv) concorrono a irrobustire la sicurezza alimentare, (v) sono più nutrienti, saporiti, gustosi, ecc., (vi) rispondono alle esigenze individuali (tailor-made). Se ci sarà anche un’ulteriore (vii) cioè il real time, lo scopriremo strada facendo. Se ci faremo le scarpe dentro casa con una stampante 3D, potremo farci anche alimenti su misura. O lo strumento ci aiuterà a scegliere a scaffale, per esempio, la verdura più adatta ai nostri bisogni, o ce la potremo produrre a casa, su misura, o almeno ordinarla esattamente come serve a noi.
App per la dieta: tra algoritmi e salute
Già esistono una serie di applicativi rudimentali che attraverso l’uso di algoritmi semplici aiutano i consumatori a scegliere. Sono ancora rudimentali rispetto al potenziale tecnologico. Alcuni si limitano grezzamente a presentare il contenuto calorico e di nutrienti degli alimenti, indicandoci la salubrità sulla base di un algoritmo che non contempla alcun parametro personale. Altri calcolano il fabbisogno energetico servendosi di parametri fissi, come peso e altezza, e le nostre preferenze alimentari, e variabili come per esempio la quantità di nutrienti che assumiamo a ogni pasto, il consumo calorico ricavato attraverso il battito cardiaco, il movimento, ecc…
Il nostro corpo è complesso così come la relazione che si stabilisce con l’energia che assumiamo e il contesto con cui ci relazioniamo. È già molto complicato istruire il software di un’automobile che è interessata da migliaia di eventi. Si immagini quanto può essere difficile addestrare un algoritmo che dovrebbe indicarci cosa mangiare per tenerci in salute. Per queste app che riguardano salute e benessere avremmo delle aspettative altissime che difficilmente possono essere soddisfatte. Le variabili che interessano il nostro funzionamento sono difficilmente categorizzabili e prevedibili. L’effetto di un cucchiaino di zucchero preso in questo preciso momento avrà conseguenze molto diverse su ciascuno di noi. La nostra reazione cambierà se dovessimo consumare quegli zuccheri in momenti diversi della giornata. Inoltre, i fattori che influenzano l’accumulo calorico sono davvero tantissimi e in gran parte ancora inesplorati. Non si tratta solo di considerare il movimento che facciamo o la nostra nutrigenomica, ma una serie di variabili che fatichiamo ad immaginare o intorno ai quali la comunità scientifica è spaccata (si vedano gli obesogeni, per esempio).
Verso una dieta personalizzata: l’importanza dei dati
È una questione di tempo, però. Dobbiamo essere ottimisti. L’invasione sempre più massiccia di dispositivi connessi (IoT) ci consentirà di considerare e monitorare un numero maggiore di parametri psicofisici ed esterno a noi (come l’aria che respiriamo, per esempio, nel caso degli obesogeni), riducendo progressivamente il numero delle variabili sconosciute.
Più informazioni sul nostro stato psicofisico e la nostra relazione con l’ambiente esterno, e più le applicazioni di AI saranno in grado di anticipare i nostri bisogni ed elaborare la dieta più adatta che meglio risponde alle nostre più intime esigenze. Si tratta di una dieta personalizzata. Non è condizionata da giudizi esterni di chi vuole stabilire se un nutriente è salutare o nocivo, ma evolve attraverso l’esperienza e la conoscenza del nostro stato psicofisico che evolve nel tempo.
Una trasformazione profonda attende il settore alimentare. Non si tratterà più di produrre cibo in massa ma alimenti personalizzati per rispondere alle esigenze precise di ciascuno. I modelli industriali e di business si dovranno adeguare. Il valore non starà più nel cibo in sé, ma nel processo di personalizzazione degli alimenti.
Una dieta personalizzata significa adattare l’alimentazione alle esigenze specifiche di ogni individuo, piuttosto che aderire a un concetto universale di ‘salute’ o ‘alimentazione sana’. Nonostante ciò, permangono incertezze e preoccupazioni. Oltre alla resistenza conservatrice di chi teme di perdere piaceri culinari tradizionali come la mozzarella o le fragole locali, la personalizzazione alimentare offre l’opportunità di andare oltre le ideologie alimentari e le imposizioni di un alimento rispetto ad un altro tramite etichette, sistemi di classificazione come il Nutri-Score e imposte specifiche. Questi metodi hanno mostrato limiti nella lotta contro l’obesità, un problema in crescita come evidenziato dai dati recenti.
Tuttavia, personalizzare la dieta richiede una consapevolezza individuale e un certo grado di controllo. È fondamentale rimanere consapevoli che i dispositivi che utilizziamo stanno operando scelte basate su parametri e previsioni estremamente accurati, ma non infallibili. La natura umana è imprevedibile e infinitamente complessa. Desideri improvvisi, come quelli per il cioccolato o una bistecca, possono sfuggire alle previsioni dell’AI e dell’IoT. Queste tecnologie possono solo mitigare le conseguenze, suggerendo un minore consumo di grassi o zuccheri in caso di eccessi o incoraggiando l’attività fisica.
Privacy e sicurezza: le sfide della nutrizione 4.0
Inoltre, l’algoritmo dietro a questi sistemi è sempre sviluppato da aziende private e ingegneri, basandosi su principi che possono essere soggetti a dibattito e revisione. Infine, c’è la questione dei dati. Nel contesto della nutrizione personalizzata, stiamo trattando informazioni estremamente personali, che vanno oltre i semplici dati di un veicolo. Parliamo del nostro DNA, delle nostre abitudini di vita, in sostanza, di noi stessi, includendo aspetti della nostra coscienza. Questo solleva importanti questioni sulla privacy e sull’uso responsabile delle informazioni.