L’Italia, culla della prima centrale geotermoelettrica al mondo a Larderello, oggi mostra una cautela sorprendente verso lo sfruttamento del suo ricco patrimonio geotermico. Nonostante il potenziale abbondante per una produzione energetica verde e sostenibile, il paese affronta ostacoli significativi che ne limitano lo sviluppo. Tra questi, spiccano i costi iniziali elevati, le incertezze normative e la mancanza di accettazione sociale.
Questi fattori contribuiscono a mantenere l’ambizione italiana per la geotermia sorprendentemente modesta, nonostante le sue capacità intrinseche di contribuire significativamente al mix energetico nazionale e alla transizione verso fonti rinnovabili.
La storia della geotermia in Italia
La storia dell’utilizzo industriale della geotermia per la produzione elettrica inizia in Italia nel 1913, quando fu inaugurata la prima centrale geotermoelettrica al mondo, a Larderello in Toscana, in una zone dove da secoli si sfruttavano le manifestazioni idrotermali. Non è dunque un caso che l’Italia abbia dato alla luce questa promettente tecnologia, visto che i primi rapporti delle popolazioni italiche con le manifestazioni del calore terrestre risalgono addirittura al Neolitico medio-superiore: una storia di 5000 anni.
Come il petrolio, l’energia geotermica proviene dal sottosuolo, ma a differenza dei combustibili fossili, la sorgente di base è il calore delle rocce e dei fluidi nei primi chilometri del sottosuolo (per saperne di più sulla geotermia : Cos’è l’Energia Geotermica? Pubblicato dall’Istituto di Geoscienze e Georisorse, CNR, Pisa). Mentre i combustibili fossili derivano dalla decomposizione, nel corso di milioni di anni, di depositi di sostanze organiche, come alghe, protozoi e piante, il calore alla base dell’energia geotermica risale in parte alla formazione stessa del nostro pianeta (e qui parliamo di miliardi di anni), ed in parte al decadimento radioattivo di isotopi di Uranio, Torio o Potassio.
In teoria basta quindi scavare per trovare del calore da sfruttare, o direttamente o per generare dell’energia elettrica tramite apposite turbine. Un limite delle tecniche geotermiche classiche è che richiedono temperature che mediamente sono raggiunte solo a partire da profondità tali da renderle non redditizie. La produzione industriale di elettricità a partire dalla geotermia ha senso solo in zone particolari, dove si raggiungono temperature intorno ai 150°C a profondità che permettono di rientrare nei costi. La geotermia si è sviluppata in Italia appunto perché l’area intorno a Larderello è particolarmente propizia per le sue caratteristiche geologiche. In realtà, ancora prima dello sfruttamento della geotermia per produrre elettricità, il calore veniva astutamente utilizzato per processi industriali di produzione di acido borico, che altrimenti in Europa doveva essere importato dalla Persia, l’India o la Cina. Insomma, a Larderello per quel che riguarda la geotermia, hanno inventato proprio tutto, dalla produzione di energia elettrica e termica all’estrazione di minerali rari dai vapori geotermici. Un altro problema degli impianti classici è che rilasciano vapori che portano nell’atmosfera prodotti estratti dalle viscere della terra, come anidride carbonica (CO2), metano (CH4) e idrogeno solfidrico (H2S), e che sarebbe bene vi rimanessero. Le tecniche sviluppate negli ultimi decenni permettono di sfruttare differenze di temperatura ridotte e di evitare qualsiasi fuoriuscita di gas nocivi o a effetto serra. Queste tecnologie sono state applicate ad esempio in Turchia, che ci ha ormai superato in termini di potenza geotermica installata.
I diversi tipi di energia geotermica e il potenziale Italiano
Per capire meglio la situazione, vale la pena dare un’occhiata alle varie tecniche di utilizzo del calore del sottosuolo attualmente disponibili. La temperatura all’interno della Terra aumenta con la profondità, generalmente al ritmo di 30°C/km (questo è chiamato “gradiente geotermico normale”). In poche parole, gli impianti geotermici per la produzione di energia elettrica sono possibili quando la temperatura è sufficientemente alta per utilizzare del vapore che aziona le turbine collegate ai generatori. Gli impianti convenzionali usano direttamente il fluido proveniente dal sottosuolo che deve avere una temperatura di almeno 150°C. Negli impianti detti a doppio circuito o a ciclo binario, un fluido secondario di lavoro riceve calore dal fluido geotermico attraverso uno scambiatore di calore. Il fluido secondario è scelto in modo da poter produrre vapore a temperature intorno a 90°C.
Le centrali a ciclo binario offrono l’ulteriore vantaggio di evitare l’emissione di gas nell’ambiente. Le aree in cui si arriva rapidamente ad elevate temperature nel sottosuolo (che dispongono quindi di un “gradiente geotermico elevato”) come a Larderello, hanno un forte potenziale per produrre elettricità grazie alla geotermia. Notiamo, per inciso, che l’impianto di Larderello è di tipo convenzionale.
Con lo sviluppo tecnologico, le risorse geotermiche possono essere impiegate per produrre calore per teleriscaldamento, applicazioni agricole, termali e industriali, come nel caso della centrale di Rittershoffen in Francia che produce calore (24 MW termici nominali con due pozzi che raggiungono 2600 metri di profondità) per un vicino impianto di produzione di amido. Grazie all’utilizzo di pompe di calore, la geotermia può essere utilizzata anche a piccole profondità, fino a qualche centinaia di metri con basse temperature del suolo per la climatizzazione domestica e di edifici pubblici (riscaldamento e raffrescamento) e per la produzione di acqua calda. Questi tipi di impianti con pompe a calore fanno parte della cosiddetta geotermia di superficie per distinguerla dalle altre applicazioni già citate che fanno parte della geotermia profonda.
I vantaggi del geotermico nel passaggio alle rinnovabili
Un vantaggio particolarmente importante nel contesto della transizione dalle energie fossili e dell’intermittenza dell’energia solare ed eolica, è che la geotermia fornisce energia 24h/24 – 7giorni/7 – e, grazie all’impiego di nuove, adeguate tecnologie, senza dispersione di gas inquinanti o a effetto serra nell’atmosfera. Inoltre l’uso del suolo per gli impianti geotermici è relativamente limitato.
Il potenziale geotermico in Italia
Per avere un’idea del potenziale geotermico in Italia, guardiamo alcuni dati pubblicati dall’Enel (vedi L’energia geotermica in Italia: dove viene prodotta e come ). Attualmente l’Italia produce 6 terawattora l’anno, il 5% dell’energia verde nazionale. Secondo l’Enel l’Italia ha un potenziale di energia geotermica estraibile e sfruttabile tra i 5.800 e i 116mila terawattora di energia, a fronte di un fabbisogno annuo di poco superiore ai 300 terawattora. Ipoteticamente si potrebbe addirittura pensare di soddisfare la domanda interna con una frazione di questa energia, ovviamente la realtà è più complessa.
Per quel che riguarda il teleriscaldamento (district heating), il potenziale italiano è enorme: l’EGEC (European Geothermal Energy Council) ha stimato nel 2014 che il 50% della popolazione italiana vive in aree che potrebbero beneficiarne. Una percentuale superiore o equivalente a quella di paesi in cui questa pratica è molto più diffusa.
Anche nell’uso delle pompe a calore geotermiche per il riscaldamento residenziale, l’Italia ha accumulato un ritardo notevole. In Svezia, campione europeo in materia, vi sono 118 pompe a calore geotermiche per mille famiglie, mentre l’Italia ne conta meno di una.
Un aspetto poco noto della geotermia è rappresentato dal reimpiego dei pozzi non più utilizzati per l’estrazione di idrocarburi, altra risorsa da prendere in conto! In Italia ci sono circa 7000 pozzi, di cui 1500 sono ufficialmente attivi con circa 500 effettivamente in produzione. In funzione del loro stato di mantenimento e delle caratteristiche tecniche, per esempio il diametro della trivellazione, una percentuale non trascurabile dei pozzi in disuso può essere valorizzata tramite installazioni geotermiche a ciclo chiuso senza emissione di gas nell’ambiente. Secondo alcuni esperti del settore circa il 20% dei pozzi in disuso può essere utilizzato in questo modo e alcune startups nel mondo si stanno lanciando su questo mercato. In questo modo, la geotermia fornirebbe una seconda vita ai pozzi in disuso e un incentivo economico agli operatori che potrebbero cosi’ erogare energia rinnovabile ritardando allo stesso tempo i costi delle misure di dismissione e delle connesse procedure di riabilitazione dei siti. Inoltre, poiché si utilizzano pozzi già esistenti, questo approccio riduce il rischio associato all’esito della trivellazione, tipico di un progetto geotermico profondo.
Un altro contributo essenziale della geotermia alla transizione energetica è nella produzione associata di minerali rari, come avevano cominciato a fare i pionieri di Larderello nel primo 900’. In Italia, ad esempio, è stato individuato un notevole potenziale per la produzione di Litio, metallo indispensabile nella produzione di batterie, che viene importato principalmente da Cile, Australia e Cina.
Ambizioni italiane stranamente modeste
Insomma, disponiamo di un potenziale ragguardevole, in una tecnologia praticamente inventata in Italia. Stranamente gli italiani non ne sono coscienti e la politica ha ambizioni estremamente modeste al riguardo.
Nel Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC) si prevede una crescita irrisoria della geotermia al 2040. Nella “Strategia italiana di lungo termine sulla riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra” che parte dal PNIEC, per estenderlo al 2050 in un’ottica di decarbonizzazione, la geotermia è largamente ignorata. Addirittura quando si parla di teleriscaldamento, il documento si limita ad auspicare di “diversificare e sfruttare diverse fonti energetiche (anche rinnovabili)” senza menzionare il grande potenziale italiano in materia. In contrasto, un peso notevole viene dato alle tecnologie di cattura del Carbonio che sono attualmente a uno stadio di sviluppo ben più rudimentale della geotermia. In tutto il documento la geotermia è citata appena 5 volte, per lo più per notare, giustamente, il fatto che è sottoutilizzata e auspicando l’avvento di tecnologie che potrebbero favorirne la progressione, senza però fornire chiare indicazioni programmatiche. Essendo chiaro che la speranza non è una strategia, possiamo constatare che, chiaramente, la geotermia non fa attualmente parte del quadro strategico italiano all’orizzonte 2050.
Gli ostacoli allo sviluppo della geotermia
Gli ostacoli allo sviluppo della geotermia, e non solo in Italia, sono vari.
La scarsa consapevolezza del potenziale e dei vantaggi della geotermia
Una prima ragione è probabilmente la scarsa consapevolezza del potenziale e dei vantaggi offerti dalla geotermia, in particolare tra i leader politici, che sono storicamente abituati a ragionare in termini di combustibili fossili e ora preferiscono puntare la loro attenzione verso energie tipo solare ed eolica. E’ chiaro che la geotermia da sola non può risolvere la problematica energetica nazionale e inoltre richiede una più approfondita conoscenza delle realtà economiche e del territorio.
Ovviamente è molto più facile comunicare sui rinnovabili classici e sul nucleare, incluse ricorrenti fantasie sulla fusione che purtroppo non disporrebbe in ogni caso dei tempi tecnici e industriali per contribuire significativamente a limitare il riscaldamento del pianeta all’orizzonte 2050. Per non parlare di alcuni politici che, senza negare esplicitamente la crisi climatica, sottovalutano sistematicamente l’urgenza di prendere misure efficaci.
L‘accettazione delle installazioni da parte delle comunità locali
Una difficoltà importante è l’accettazione delle installazioni da parte delle comunità locali. L’IRENA (International Renewable Energy Agency), identifica come possibili ragioni di diffidenza del pubblico gli interessi conflittuali sull’uso del suolo, le informazioni limitate sulla tecnologia geotermica e le preoccupazioni sugli impatti ambientali e sociali potenzialmente generati da uno sviluppo geotermico. Una particolare diffidenza comprende l’uso e la contaminazione delle acque sotterranee, i problemi di salute pubblica associati alle emissioni di gas, e i rischi di sismicità indotta. È un fatto che quasi tutti gli impianti di produzione di energia, dal nucleare alle grandi pale eoliche, si confrontano con reazioni tipo NIMBY (Not In My BackYard – Non Nel Mio Giardino) un po’ in tutto il mondo.
La geotermia è poco conosciuta
La geotermia, benché le nuove tecnologie richiedano un uso del suolo ridotto, emissioni pressoché nulle e in genere un impatto ambientale minimo, soffre particolarmente del fatto di essere poco conosciuta e di evocare forze oscure, di Tolkeniana memoria, che emergono dalle viscere della terra. Non a caso le grandi installazioni italiane di Larderello sono ubicate specificatamente nella Valle del Diavolo. La constatazione dell’IRENA è che, nel complesso, la sensibilità alle questioni sociali è aumentata notevolmente nell’industria geotermica negli ultimi anni. Le inquietudini della popolazione locale rispetto alle emissioni degli impianti geotermici di Larderello, con la loro storia centenaria, non avrebbero probabilmente luogo di esistere con le attuali tecnologie e con un approccio moderno di presa in conto dell’accettabilità sociale.
Il problema del rischio d’impresa
Vi è poi il problema del rischio d’impresa. Un’installazione geotermica profonda richiede consistenti investimenti per lo studio, la perforazione e la messa in opera degli impianti senza avere certezze sul rendimento. Il problema è simile a quello cui sono confrontate le industrie degli idrocarburi con la differenza che il rischio della messa in funzione di un pozzo petrolifero è ripartito attraverso un numero maggiore di impianti con un margine finanziario, in caso di successo, molto più importante.
Le problematiche amministrative e normative
In Italia si aggiungono infine le problematiche amministrative e normative. Il processo burocratico per ottenere le autorizzazioni e le concessioni per progetti geotermici può essere complesso, coinvolgendo diverse fasi che richiedono l’approvazione di autorità a livello comunale, regionale e nazionale, oltre alla competente soprintendenza. Queste complicazioni si svolgono in un quadro di incertezza legata a normative e regolamenti vari. Ad esempio, il decreto FER1 del 2019, destinato a promuovere le fonti di energia rinnovabile ha semplicemente ignorato la geotermia. Nonostante la liberalizzazione del mercato geotermico nel 2010, il decreto FER2, che avrebbe potuto portare ulteriori sviluppi e agevolazioni, è ancora in attesa di approvazione dal 2019. Il risultato è che alcuni progetti pilota geotermici sono intrappolati in un limbo burocratico, con ritardi che superano anche i 10 anni.
Geotermia, Cenerentola non solo in Italia
A onor del vero la geotermia fa figura di Cenerentola un po’ dappertutto, visto che rappresenta appena lo 0.4% della potenza installata mondiale . Poco è cambiato nel mondo da quando nel 2009 Al Gore scriveva nel suo libro “Our choice”: ”L’energia geotermica è potenzialmente la più grande – e attualmente la più incompresa – fonte di energia negli Stati Uniti e nel mondo” . Quello che colpisce, in Italia, è l’incapacità di approfittare di una situazione privilegiata, portando avanti una tecnologia in cui dovremmo avere un vantaggio concorrenziale notevole rispetto ad altri paesi, vantaggio che rischia di disperdersi per mancanza di visione politica? Gli ostacoli che abbiamo elencato e, in particolare il rischio dell’investimento, fanno sì che una politica pubblica decisa è necessaria per lo sviluppo della geotermia. Come menzionato dallo studio dell’IRENA, contrariamente alle altre energie rinnovabili in cui gli investimenti sono prevalentemente privati, gli investimenti in geotermia contano solo sul 32% di capitale privato.
La mancanza di incentivi e normative in Italia è denunciata in una lettera aperta dell’Unione Geotermica Italiana al Ministro della Transizione Ecologica nel 2021 (Think Geoenergy 2021 ). Riprendiamo le parole dell’IRENA: “Il decreto FER1, un sistema di sostegno per il finanziamento di fonti e tecnologie energetiche rinnovabili, ha escluso la geotermia. Insieme al ritardo del nuovo decreto FER2, questo ha congelato il sostegno ai progetti geotermici, secondo l’Unione Geotermica Italiana. Inoltre, il processo di autorizzazione per i progetti geotermici in Italia è complesso e richiede molto tempo.”
Le nuove tecnologie permetterebbero di esplorare altri potenziali, ma, denunciano alcuni operatori innovativi del settore, la discussione si focalizza spesso sulle tecniche più costose e complicate dello spettro delle soluzioni geotermiche con il risultato che, secondo i dati di TERNA, la potenza geotermica installata in ITALIA è addirittura diminuita dal 2014.
La necessità di politiche energetiche chiare
Chiaramente, anche nella situazione particolarmente favorevole dell’Italia, la geotermia non può essere una soluzione miracolo. È triste però vedere come, in situazione di emergenza climatica, la politica trascuri un’opzione che può dare un contributo importante, a prezzi competitivi, rafforzando sia la stabilità del sistema energetico nazionale (in quanto non dipendente da fattori meteorologici, stagionali o orari), che la sicurezza energetica nazionale, sviluppando, inoltre, competenze esportabili. Tanto più che la geotermia, secondo la World Bank, ha un notevole potenziale per sviluppare le economie locali (Vedi. Geothermal Energy. Unveiling the Socioeconomic Benefits) in particolare generando, a parità di potenza installata, più posti di lavoro delle altre rinnovabili (Tutti i vantaggi dell’energia Geotermica).
Per incoraggiare lo sviluppo della geotermia, una politica efficace dovrebbe affrontare le diverse sfide e fornire incentivi che stimolino l’interesse degli investitori e promuovano la crescita sostenibile dell’industria geotermica. Sarebbe necessario un piano integrato, orientato a favorire lo sviluppo della geotermia, prendendo esempio da quello appena pubblicato dal ministero della transizione energetica francese.
Di seguito, alcuni elementi chiave per una politica che incoraggi la geotermia in Italia.
La prima azione più ovvia sarebbe in Italia di sbloccare gli incentivi fiscali, promulgando finalmente l’elusivo decreto FER2 per offrire crediti d’imposta o esenzioni fiscali, per ridurre i costi iniziali di investimento nei progetti geotermici, per fissare tariffe incentivanti per l’energia geotermica, garantendo un prezzo equo e redditizio per l’energia prodotta.
Oltre agli incentivi, un’azione concreta consisterebbe nella copertura del rischio. Molti paesi europei, tra cui la Francia, la Germania, l’Islanda, l’Olanda e la Svizzera, hanno sviluppato schemi nazionali di mitigazione dei rischi associati ai progetti geotermici.
Un’altra urgenza è la semplificazione dell’iter amministrativo per accelerare il processo di approvazione e ottenimento delle autorizzazioni per progetti geotermici. Ridurre la complessità burocratica può incentivare gli investitori a partecipare a progetti geotermici. La certezza normativa, inoltre, riduce i rischi d’impresa e fornisce un ambiente favorevole agli investimenti a lungo termine.
Sarebbe infine necessaria una politica decisa di rilancio della filiera industriale tramite il finanziamento della ricerca, della formazione di base e applicata nonché di progetti strategici e innovativi
Al di là degli interventi economici e normativi, sarebbe poi necessaria una vera campagna di sensibilizzazione e informazione su questa ricchezza nazionale. È importante far capire a chi prende le decisioni politiche da una parte e alle popolazioni implicate dall’altra, le potenzialità di questa tecnologia in termini economici e di sicurezza energetica, in particolare in un momento in cui molte famiglie italiane sono a rischio di povertà energetica, e chiarire che le tecniche moderne hanno un impatto ambientale tra i più bassi sul mercato.
Ringraziamenti
Siamo riconoscenti a Luca Masnaghetti e Giovanni Sosio, esperti di geotermia rispettivamente presso SLB Geosolutions e Celsius energy, e Andy Wood, consulente indipendente in geotermia, per i suggerimenti e le istruttive conversazioni sull’argomento.