La conservazione documentale serve a garantire nel tempo che i documenti digitali siano ancora fruibili nell’ambito dei loro scopi legali e operativi dell’azienda e del professionista.
Se il documento deve essere conservato perché prescritto dalla legge il soggetto privato, a pari di quello pubblico deve utilizzare la conservazione dei documenti informatici allo scopo di raggiungere gli obiettivi di mantenimento nel tempo delle caratteristiche sopra indicate.
Conservazione documentale: che cos’è
La conservazione è definita nell’allegato 1 al documento emesso dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) e intitolato “Linee guida sulla formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici” come “Insieme delle attività finalizzate a definire ed attuare le politiche complessive del sistema di conservazione e a governare la gestione in relazione del modello organizzativo adottato, garantendo nel tempo le caratteristiche di autenticità, integrità, leggibilità, reperibilità dei documenti.”
Questa definizione non comprende una ulteriore caratteristica presente nell’articolo 44, comma 1-ter del Codice dell’Amministrazione Digitale che è l’affidabilità.
Perché la conservazione documentale è importante per aziende e professionisti
La conservazione dei documenti informatici è importante per aziende e professionisti perché il modo di operare è sempre di più in modalità digitale. Non esistono più le macchine da scrivere perché si utilizzano gli strumenti di videoscrittura, la PEC ha ampiamente sostituito la raccomandata A/R e moltissime attività amministrative devono essere condotte in modalità informatica perché in tal modo deve operare la pubblica amministrazione.
Quest’ultimo aspetto è ovviamente trainante anche per aziende e professionisti che per efficienza organizzativa (quindi anche economia di scala) dovrebbero evitare il modo cartaceo o come viene denominato nelle norme, analogico. Nel mondo reale vince il principio dell’obbligo normativo, quindi i documenti digitali più conservati sono le fatture e le ricevute della Posta Elettronica Certificata (PEC). Questo perché ci sono, rispettivamente, gli obblighi fiscali e le necessità di opponibilità ai terzi delle ricevute di invio e ricezione della PEC. Se l’azienda e il professionista utilizzano la firma digitale nasce anche l’esigenza di un riferimento temporale opponibile ai terzi per gestire la scadenza dei certificati di firma e quindi per la necessità di dimostrare che la firma è stata apposta prima della scadenza del citato certificato. La conservazione digitale è il modo più comune per associare ai documenti un riferimento temporale opponibile ai terzi come stabilito nel DPCM 22 febbraio 2013.
In ogni caso non vi sono dubbi sul fatto che la conservazione assicura efficienza gestionale grazie alla rapidità di ricerca di documenti e informazioni e al maggiore controllo dei processi e flussi documentali. La naturale conseguenza è la riduzione di tempi e costi. Non servono spazi fisici per gli archivi, le visite ispettive da parte degli organi competenti sono di minor impatto organizzativo anche in termini di impiego di personale, infine i tempi di svolgimento delle attività relative ai documenti sono ottimizzate.
La conservazione è quindi importante per gli obblighi di legge come il Codice Civile o la normativa fiscale ma anche per l’efficienza che il digitale porta fisiologicamente nelle attività. Il paradosso è che spesso si lavora in digitale, ma poi si stampa e si conserva la copia cartacea duplicando i flussi operativi, incrementando l’inefficienza e aumentando i costi di gestione.
Normativa sulla conservazione documentale
La normativa sulla conservazione documentale è molto vasta come già evidente dall’ambito oggettivo di applicazione riferito al CAD e descritto nel paragrafo 1.3 delle Linee guida emesse da AgID.
Le principali norme sulla conservazione digitale sono il DPR 445/2000 recante il “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa”, il CAD e le più volte citate Linee guida emesse da AgID. L’elenco dei principali riferimenti normativi è pubblicato nel paragrafo 1.5 delle Linee guida sulla formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici che, ovviamente, comprendono anche i sei allegati.
Tipologie di conservazione documentale
La conservazione documentale per i soggetti privati è soggetta alla legislazione primaria come l’articolo 44 del decreto legislativo 8 marzo 2005 recante il Codice dell’Amministrazione Digitale e le già sopra citate Linee guida emesse da AgID. In tali condizioni la conservazione documentale può sempre essere calata nello specifico modello organizzativo che è praticamente e legalmente rappresentato dal Manuale della Conservazione che è “il documento informatico che descrive il sistema di conservazione e illustra dettagliatamente l’organizzazione, i soggetti coinvolti e i ruoli svolti dagli stessi, il modello di funzionamento, la descrizione del processo, la descrizione delle architetture e delle infrastrutture”.
In generale un sistema di conservazione è esterno all’organizzazione aziendale, in particolare nella piccola e media impresa. Il Responsabile della Conservazione (soggetto che definisce e attua le politiche complessive del sistema di conservazione e ne governa la gestione con piena responsabilità e autonomia) coopera con il Responsabile del Sistema di Conservazione (soggetto che coordina il processo di conservazione all’interno del conservatore, in possesso dei requisito professionali individuati da AgID) che è designato dal fornitore. In grandi organizzazioni il sistema di conservazione è generalmente interno e tutti gli obblighi normativi sono da ottemperare in tale ambito.
I rischi della mancata conservazione documentale
Le sopra citate Linee guida emesse da AgID non devono essere intese, come potrebbe far intendere il titolo del documento, delle indicazioni di massima. Le aziende e i professionisti hanno l’obbligo di conformità. I rischi sono quelli di una conservazione errata alla base. Un paio di errori tipici in questo contesto sono la non attenzione alla collocazione temporale dei documenti o alla conservazione “libera”, magari in una cartella del desktop del notebook, di documenti scansionati.
L’attività operativa deve essere rigorosamente conforme a tutte le prescrizioni normative, sia in termini di obblighi, che di tempi di conservazione. Se i tempi di conservazione sono lunghi deve essere aggiunto anche il rischio di non leggibilità dei supporti di memorizzazione o dei formati dei documenti. In tal senso devono essere applicate le regole e i suggerimenti presenti nell’Allegato 2 alle Linee guida AgID. Tutto quanto descritto nelle norme deve essere applicato con attenzione, il rischio più probabile è quello di sanzioni da parte di organi di controllo compresi il Garante per la Protezione dei Dati Personali e l’Agenzia delle Entrate. Un documento mal conservato potrebbe diventare un documento inesistente.
Come scegliere il sistema di conservazione documentale
L’offerta di mercato di sistemi di conservazione documentale è molto ampia. Quindi la loro scelta deve essere indirizzata dalle specifiche esigenze aziendali o professionali in termini di tipologia di documenti da conservare oppure di efficienza dei flussi documentali. In questo senso è molto probabile una scelta per una infrastruttura cloud o di virtual server.
Se si conservano fatture e ricevute dei messaggi di PEC la scelta più conveniente, anche in termini economici, è quella di affidare la conservazione rispettivamente, al soggetto che gestisce le fatture o le caselle di PEC. In pratica sono queste le scelte che vengono fatte utilizzando una combinazione dei principi di minimizzazione del numero di fornitori, integrazione di più funzioni su un fornitore e naturalmente la valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Come digitalizzare i tuoi documenti
La digitalizzazione dei documenti dovrebbe essere nativa e di fatto lo è. Non possiamo escludere documenti la produzione di documenti manoscritti, ma i documenti sono tutti prodotti tramite sistemi di video scrittura. Troppo spesso questi documenti sono stampati e così archiviati e in effetti è questo il vero problema da risolvere.
Se, disponendo di un archivio cartaceo da distruggere al fine di ridurre i costi degli spazi di archiviazione la normativa vigente consente di utilizzare la cosiddetta certificazione di processo. Questa è già presente nella norma primaria del CAD agli articoli 22, comma 1-bis “Copie informatiche di documenti analogici” e 23-ter, comma 1-bis “Documenti amministrativi informatici”.
In questa sede dedicata al mondo privato si applica l’articolo 22 e le regole tecniche da applicare sono quelle stabilite nell’Allegato 3 delle Linee guida AgID. L’elemento cruciale da soddisfare è l’efficacia probatoria insieme al valore giuridico della copia prodotta tramite il procedimento di scansione. Se la copia è digitale al mero scopo di gestione interna dei documenti (e ancora disponibile l’originale cartaceo) l’attenzione è sulla qualità del procedimento di scansione documentale. Se l’originale cartaceo è unico bisogna mettere in atto un procedura di certificazione di processo conforme al citato Allegato 3.
L’efficacia probatoria di un documento in copia è legata all’intervento di un pubblico ufficiale o di un privato. Naturalmente l’intervento di un Notaio ha un valore probatorio fino a querela di falso, se l’intervento è privato la conformità all’originale fa piena prova salvo disconoscimento.
Per i singoli passi della certificazione di processo si rinvia al paragrafo 2.3 dell’Allegato 3 delle Linee guida AgID.
Criteri per la scelta di un software di conservazione documentale
Il software di gestione documentale è soggetto alla conformità con la normativa vigente e nessun soggetto terzo ha la responsabilità normativa di verificare che questo sia vero a priori. Ciò premesso è comunque possibile formulare qualche ipotesi sui criteri di scelta. A tutela del compratore si deve esplicitare la richiesta di conformità alla normativa vigente in materia di conservazione digitale con la richiesta di documentazione da parte del fornitore a supporto della asserita conformità.
Un ulteriore elemento possono essere eventuali operazioni di migrazione da un fornitore ad un altro con evidenza delle difficoltà di interoperabilità tra i due soggetti coinvolti nell’operazione.
Comunque è importante sottolineare che un sistema di conservazione non è nativamente interoperabile con un altro sistema a causa di alcune scelte operative consentite dagli standard di riferimento e per fortuna, alla data non sono mai state individuate gravi differenze tra norme tecniche e software in opera.
Costi della conservazione documentale: fattori da considerare
I costi della conservazione digitale sono totalmente dipendenti dal contesto operativo. Possono essere compresi nel servizio primario offerto (Es. la conservazione delle fatture da parte di che le gestisce nel sistema di controllo di gestione) oppure come addendum al servizio (Es. una tariffa forfettaria per la conservazione delle ricevute della PEC proporzionale al traffico di quella casella).
Altre modalità nell’offerta di mercato sono a tariffa fissa per lo spazio di memorizzazione (ma bisogna prestare attenzione al fatto che la conservazione non è e non deve essere gestione documentale o backup intelligente) per il periodo di memorizzazione richiesto.
Un esempio è di 1 GB, 2 classi documentali, 3 utenti abilitati per 25 euro annui + IVA. Per ogni Giga di spazio aggiuntivo ancora 25 euro annui – IVA.
Per ogni classe documentale aggiuntiva 5 euro + IVA in modalità una tantum.
Molte gare sono basate sullo spazio di memorizzazione con conformità alle norme di conservazione vigente e sul periodo di conservazione con aggiudicazione al prezzo più basso.
Seppur seducente, questa soluzione potrebbe offuscare le reali competenze archivistiche del potenziale fornitore che quindi devono essere verificate con attenzione.