L’uso dei social network da parte delle amministrazioni pubbliche può comportare significativi benefici in termini di accessibilità dell’informazione e partecipazione attiva dei cittadini, ma solleva anche questioni critiche legate alla gestione dei dati e al rispetto della normativa vigente.
Per affrontare queste sfide, le PA sono chiamate a definire policy efficaci per una corretta gestione delle informazioni, così da sfruttare al meglio le potenzialità dei social media senza compromettere la privacy degli utenti.
L’importanza della trasparenza nella Pubblica Amministrazione
Trasparenza e pubblica amministrazione sono un binomio “classico” e ormai talmente tanto radicato da essere entrato a far parte anche del sentire comune, e non soltanto di quella nicchia di operatori giuridici e tecnici consapevoli degli obblighi di comunicazione e trasmissione propri di un’attività pubblica. Come noto, già nel 1908 Turati arringava la Camera dei Deputati, dichiarando che “dove un superiore pubblico interesse non imponga un momentaneo segreto, la casa dell’amministrazione dovrebbe essere di vetro”.
Questo concetto, così lungimirante per l’epoca ede oggi oggi forse ancora più attuale, deve per forza di cose confrontarsi con nuove istanze ed esigenze, in particolar modo la tutela della privacy – non più e non solo, quindi, la difesa dell’interesse pubblico, bensì quella del diritto della persona fisica alla riservatezza. Questa necessità viene resa, però, ancora più problematica non tanto dal concetto di trasparenza e pubblicità, quanto dalla potenza dei mezzi a disposizione delle PA (e di conseguenza dei suoi operatori) nel riuscire a raggiungere i consociati.
Tutela della privacy e trasparenza: un equilibrio difficile
Quello che sembrerebbe un controsenso è, invece, davanti agli occhi di chiunque abbia sperimentato la fenomenale, e a volte preoccupante, capacità dei social network di diffondere notizie, immagini, video, testimonianze di qualsiasi tipo.
Ancora, è evidente che la normativa in vigore, pur se orientata alla regolamentazione delle modalità di diffusione e trasmissione della pubblica conoscenza (in particolare, il d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 e le sue successive modificazioni, cd. decreto trasparenza) non è realmente in grado di assicurare un utilizzo consapevole e sinergico del mezzo online. Conseguentemente moltissime PA si sono dotate di strumenti e linee guida, non sempre ben implementati tra loro, per incentivare una fruizione più coerente di determinate piattaforme di diffusione dei dati.
Linee guida e strumenti per una gestione efficace dei dati
Emergono nel novero di questa serie di tutorial e consigli soprattutto le Linee guida di design per i siti internet e i servizi digitali della Pubblica Amministrazione adottate dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) con determinazione n. 224 del 26 luglio 20228 e il Vademecum “Pubblica Amministrazione e social media” pubblicato da FormezPA10 nel 2009.
Entrambi questi documenti, pur rappresentando un ottimo sforzo di modernizzazione e regolamentazione non possono essere considerati sufficienti ad assicurare quel risultato necessario per arrivare alla completa uniformazione – stante le ovvie differenze del caso concreto – dei comportamenti delle PA nel mondo digitale. Già in un precedente articolo si era affrontato, tra l’altro, il tema del contenuto delle Linee guida AgID, che su molti argomenti rivelavano una certa mancanza di focus.
Tra l’altro, bisogna far notare che gli sforzi fin qui effettuati nell’ottica di rendere maggiormente sinergico l’operato delle PA “digitali” si è dedicato quasi esclusivamente al sito istituzionale, ossia allo spazio web strutturato e costruito dalla pubblica amministrazione per la propria utenza. Un approccio certo fondamentale, ma profondamente ancorato sia al servizio di riferimento che a modelli comunicativi formali o comunque correlati a tematiche già piuttosto incardinate.
Il ruolo dei social network nella comunicazione pubblica
Il social network rappresenta, invece, un terreno molto diverso da quello del sito istituzionale, prestando il fianco a interazioni più rapide, più coinvolgenti, più numerose e quindi più confuse e “pericolose”. Il social come luogo di aggregazione virtuale è al giorno d’oggi un dato di fatto e, come tutti i luoghi di aggregazione, non può mancare di avere una forte rappresentanza anche da parte delle Istituzioni e della PA, che come noto si snoda e ramifica partendo dall’alto, fino ad arrivare alle realtà territoriali più piccole ma egualmente importanti per il cittadino.
In sintesi i social possono rappresentare uno strumento significativo in cui i principi di trasparenza, partecipazione ed efficacia della pubblica amministrazione enunciati dalle norme di carattere programmatico possono trovare effettiva attuazione, nella misura in cui consentono un dialogo più immediato e diretto con la collettività realizzando, al contempo, quel modello di open government auspicato dall’ordinamento Ue.
Social network e PA: una relazione complessa
Il contraltare è che spesso e volentieri i canali social non si prestano al meglio alla tipologia di comunicazione e struttura delle pubbliche amministrazioni. Prendiamo come esempio il caso di Facebook.
Il social di casa Meta impone, per ogni account, il collegamento a una persona fisica. Da qui, la possibilità per l’utente di aprire pagine collegate anche a persone giuridiche. La PA che volesse quindi usufruire di Facebook dovrebbe farlo, gioco forza, attraverso il profilo di un proprio dipendente.
Le conseguenze di questa catena sono molteplici:
- preliminarmente il rapporto tra la PA (vera interessata al mantenimento e sfruttamento della pagina) e Facebook risulta essere esclusivamente quello di terza beneficiaria all’interno di un contratto tra il dipendente e Meta;
- conseguenza diretta di questa struttura è che la PA può efficacemente creare e tutelare la propria pagina solo tramite accordo di mandato con la persona fisica;
- da ciò discende che tutte le azioni contrattuali esercitabili (adempimento, inadempimento, risoluzione,risarcitoria) spettano al titolare dell’account privato del dipendente, salvo – ovviamente – quelle esercitabili direttamente dal terzo beneficiario a tutela dei diritti che lo stesso mutua dal contratto di fornitura di servizi perfezionato dal dipendente
- il rapporto trilaterale così configurato comporta una serie di difficoltà in ordine all’individuazione di responsabilità, in caso di inadempimento o mala gestio del mezzo social da parte del dipendente, della PA o di Facebook, che variano a seconda che sia presente un mandato, che siano state impartite istruzioni documentate e precise o che il dipendente abbia agito come falsus procurator;
- vi è infine il tema dell’onerosità del rapporto, che pur se non previsto dal rapporto lavorativo intercorrente tra ente e dipendente, potrebbe essere opposto da quest’ultimo come arricchimento senza causa.
Quale dovrebbe essere, quindi, l’approccio giusto per i social delle PA?
Alla luce di quanto finora esposto emergono alcune criticità, di ordine formale, giuridico e strutturale, che non possono essere ignorate dalle pubbliche amministrazioni che vogliano offrire un servizio social adeguato e in linea con gli standard di sicurezza, trasparenza e responsabilizzazione propri di un ente pubblico.
Verso una nuova policy per i social media delle Pubbliche Amministrazioni
Un primo punto fermo è quello di creare una social media policy, interna ed esterna, che funga da guida per la PA nell’ambito della comunicazione con il pubblico, nonché nella tutela dell’immagine dei dipendenti coinvolti all’interno delle attività social.
Ferma restando la libertà del soggetto fisico di autodeterminarsi, anche nel mondo virtuale, è evidente che lo stesso non possa manifestare, quando chiamato a rappresentare l’immagine social dell’ente, principi e concetti antitetici agli scopi pubblici del soggetto rappresentato.
Tale policy dovrebbe, inoltre, fissare gli scopi e gli intenti, i principi e le modalità di fruizione del servizio social verso l’esterno, tenendo a mente che sebbene il social non rappresenti il servizio della PA in quanto tale, la commistione di interazione pubblico-privato che si viene fisiologicamente a creare può portare a creare false aspettative sull’effettivo svolgimento dell’azione pubblica.
Come già detto, poi, risulterà necessario normalizzare i ruoli – sia da un punto di vista legale che economico – dei soggetti fisici preposti alla materiale gestione dei canali social. Infine non si potrà prescindere da una valutazione di impatto privacy sui molteplici e diversi trattamenti di dati personali coinvolti, soprattutto nel caso di quelle interazioni – spesso impreviste ed eterogenee – che possono venirsi a creare all’interno del rapporto social tra il cittadino e la PA.