È evidente per tutti che gli ultimi due anni siano stati decisamente difficili per il mercato del venture capital a livello globale. Un periodo difficile, che alcuni hanno denominato Venture Capital Winter, sia per le startup early stage che per quelle in fase di crescita, alla ricerca di capitali.
Venture Capital Winter: cosa è successo?
Soprattutto queste ultime, ossia le aziende in raccolta in fase growth (dal Series B in su) hanno avuto molte più difficoltà rispetto agli anni precedenti, e non per mancanza di dry powder (capitale da investire) da parte dei fondi di VC, ma soprattutto per il contesto macroeconomico e politico mondiale, fortemente influenzato dal rialzo dei tassi d’interesse, dalla crescita dell’inflazione e in generale una minore propensione al rischio.
Il 2023 in particolar modo è stato un anno, a detta di numerosi professionisti del settore, molto più “investor friendly”, dove quindi il pallino del gioco è stato in mano agli investitori, che hanno potuto fare il bello e il cattivo tempo in questo mercato, facendo in modo di dilatare i tempi di dealflow e quindi di raccolta e riducendo le dimensioni dei round.
Questo ha portato ovviamente ad alcuni “downround” (round di raccolta a valutazione ribassata rispetto al round precedente) per chi proprio non ha potuto fare a meno di ricevere una immissione di liquidità per sopravvivere e seguire i piani di crescita. Nelle situazioni migliori invece si è preferito posticipare il round in un orizzonte temporale più lontano (magari già in questo 2024), concentrandosi sul consolidamento del business e sull’accrescimento delle metriche di business.
E quindi abbiamo assistito, a livello globale, allo “scornamento” di alcuni “unicorni” (startup con una valutazione superiore a 1 miliardo di dollari), al ridimensionamento di alcune realtà che fino a poco tempo fa si credeva potessero essere le future big tech e in alcuni casi anche al fallimento di alcune realtà che negli anni precedenti avevano fatto incetta di investimenti plurimilionari da VC di tutto il mondo. In Italia sono mancati quasi del tutto gli investimenti in round growth stage, che nel 2022 avevano portato la raccolta complessiva del venture capital a oltre 2 miliardi di euro, che invece quest’anno si è attestata poco al di sopra del miliardo.
L’ascesa della finanza alternativa
Ed ecco quindi tornare in auge l’accesso alla finanza alternativa per ovviare ai problemi sopra elencati. Un tipo di finanza tipicamente sfruttata da startup, aziende innovative e brand nella loro fase iniziale, cosiddetta early stage, ma che negli anni in alcuni casi è stata utilizzata anche da aziende in stato più avanzato a completamento di round a 7 zeri fatti con investitori istituzionali e professionali.
L’equity crowdfunding come strumento di raccolta
Nell’ambito della finanza alternativa negli ultimi 10 anni ha preso sempre più piede l’equity crowdfunding, strumento di raccolta di capitali che ha di fatto democratizzato l’accesso a deal di venture capital e di private equity anche a piccoli investitori retail.
Anche se questo strumento di fatto è stato sempre mezzo di raccolta per realtà piccole e alle fasi iniziali, a partire dal 2016 ha iniziato ad avere applicazione anche per startup in fase di crescita esponenziale.
E così se nel 2022 avevamo visto Qonto, unicorno fintech francese, raccogliere capitali dalla propria community B2B, a completamento del round Series D, attraverso una campagna in equity crowdfunding su Crowdcube (uno dei due portali leader a livello mondiale insieme a Seedrs) in cui sono stati raccolti oltre 4,68 milioni di euro da 1.713 investitori, a Febbraio 2024 ecco arrivare il round, sempre su Crowdcube di Vestiaire Collective, un altro unicorno francese però operante nel fashiontech. Una raccolta che ha visto aderire nella prima settimana oltre 2.780 piccoli investitori per un totale raccolto di oltre 3 milioni di euro.
Vestiaire Collective e l’equity crowdfunding
Vestiaire Collective è un marketplace di moda di seconda mano, già sostenuto da importanti fondi VC, Angels e da importanti realtà dell’industria della moda come Kering.
La mossa di aprire il capitale alla propria community di utenti (e non solo) non è stata solo una decisione finanziaria strategica volta al reperimento di fondi, ma si allinea anche all’obiettivo di Vestiaire Collective di raggiungere la redditività entro la fine dell’anno e di esplorare potenzialmente la strada per una futura quotazione in borsa.
Ma in verità uno dei motivi principali che ha portato la piattaforma di moda ad aprire le porte ai piccoli investitori retail in tutta Europa e nel Regno Unito (grazie alla doppia licenza di Crowdcube), è stato, come ha affermato il CEO della scale-up, Maximilian Bittner, quello di coinvolgere i clienti più fedeli nella base azionaria, rendendoli di fatto parte attiva dell’azienda e partecipi dei potenziali futuri successi. Bittner ha inoltre affermato: “L’obiettivo è davvero quello di portare i nostri clienti più fedeli nella nostra base azionaria, e per questo vediamo questa operazione come uno sforzo di marketing per connetterci con la nostra community”.
Ed è proprio così, perché pensandoci bene, non ci può essere livello di fedeltà più alto di quello che possono dare i clienti che diventano anche azionisti, incrementando la “retention” e innescando un effetto network dato proprio dal passaparola e dalla comunicazione diretta che arriva direttamente da questi “superfan” e brand Ambassador.
Inoltre, a garanzia che l’operazione possa essere vantaggiosa anche dal punto di vista finanziario, il fatto che chi partecipa al round tramite la campagna, entra alle stesse condizioni date ai cosiddetti lead Investors, ossia gli investitori professionali e istituzionali che prendono parte al round.
Tra l’altro la valutazione proposta sul crowdfunding è anche più bassa (1,1 miliardo di euro) rispetto a alla post-money di metà 2022, fissata a 1,4 miliardi di euro, riflessiva del mercato attuale dei capitali, come raccontato in precedenza.
L’ingresso di Vestiaire Collective nel crowdfunding, si presenta come l’ennesimo esempio avvincente di come gli unicorni stiano navigando l’ecosistema finanziario sempre mutevole, provando a creare valore, anche senza la benzina dei VC.
L’intreccio tra l’equity crowdfunding e gli unicorni indica un cambiamento nei metodi tradizionali di raccolta fondi, partito già da qualche anno, e sottolinea l’importanza del coinvolgimento della community nel successo di queste imprese ad alto valore. Vestiaire Collective infatti, come già detto, non è il primo unicorno a sfruttare l’equity crowdfunding, o il community funding che dir si voglia, per raccogliere capitali e fidelizzare i propri clienti.
Case study: il successo di Revolut con l’equity crowdfunding
Oltre a Vestiaire Collective e Qonto negli anni passati abbiamo visto seguire lo stesso percorso di raccolta da parte di realtà come Revolut e Monzo Bank, due altri famosissimi unicorni. Tutte le realtà raccontate sono accomunate da un importantissimo fattore, oltre a quello di operare nel fintech, fatta eccezione per Vestiaire Collective: la Community. Ebbene sì perché mentre in molti erroneamente pensano che il distinguo sia sulla tipologia di mercato target, B2C come più adatto anziché B2B, di fatto la caratteristica determinante è caratterizzata dalla presenza o meno di una community di clienti, siano essi consumatori finali o aziende.
Quando Revolut lanciò la sua campagna su Seedrs nel 2017, come parte del suo round Series B, oltre 40.000 dei suoi clienti manifestarono l’interesse a partecipare al round con una piccola quota di investimento. Secondo i dati raccolti dalle manifestazioni, questi avrebbero portato nelle casse dell’azienda oltre 22 milioni di dollari, una cifra stratosferica se sommata agli oltre 66 milioni che la fintech aveva già raccolto da fondi di VC come Balderton Capital, Index Ventures e Ribbit Capital. Per questo la società si limitò, restando nei limiti del regolatore, a raccoglierne 5,3 milioni in meno di 24 ore. Un risultato impressionante che portò cassa e allo stesso tempo un forte afflusso di nuovi clienti e sostenitori. Ai tempi la società non era ancora ufficialmente un unicorno ma lo diventò l’anno successivo grazie al Series C, portando anche gli investitori crowd ad ottenere un’importante rivalutazione delle quote.
Di fatto il crowdfunding ha permesso a Revolut di raccogliere capitali ed al contempo rendere partecipi i suoi clienti dei successi e del percorso di crescita, accrescendo la fedeltà nell’utilizzo dello strumento e nella divulgazione e promozione dello stesso.
Il nuovo regolamento europeo sul Crowdfunding
Da qualche mese è entrato ufficialmente in vigore per tutte le piattaforme di equity crowdfunding europee, il Regolamento Europeo 2020/1503 (Regolamento crowdfunding (consob.it). Una rivoluzione epocale per la raccolta di capitali privati per startup, aziende innovative e brand.
L’Italia è stata una delle ultime nazioni della Comunità Europea a rilasciare le licenze ad operare in questo nuovo mercato agli operatori locali, ma a distanza di circa 3 mesi dalla data ufficiale di apertura del mercato, ben 22 portali sono già stati autorizzati (tra lending ed equity), e quasi tutti hanno già avviato le prime campagne.
In Europa, le grandi piattaforme leader di mercato, originariamente basate in UK, Seedrs e Crowdcube, non si sono mai fermate, avendo ottenuto la licenza in anticipo rispetto alla scadenza ultima fissata per il 10 Novembre 2023. Crowdcube tra l’altro è stata in assoluto la prima piattaforma ad essere autorizzata ad operare con il nuovo regolamento, nel 2021, grazie all’ente regolatore spagnolo, in quanto la piattaforma di Exter ha deciso di basare il suo HQ europeo a Barcellona.
Seedrs invece ha ottenuto la licenza dal regolatore irlandese, ed ha avviato le sue operations europee tra i Nordics, l’Olanda e la Spagna.
Ad oggi le due piattaforme leader, di fatto artefici delle maggiori raccolte di crowdfunding, tra cui quelle degli unicorni, hanno ridotto i ranghi in Europa (è recente l’annuncio di una ristrutturazione di Seedrs in sud Europa, dove ha annunciato 15 licenziamenti tra Spagna e Svezia) a causa della crisi del venture capital, ma stanno comunque concentrando le forze su operazioni con soonicorn e unicorn, di fatto modificando i paradigmi standard delle raccolte in crowdfunding, pivotando l’iniziale modello del crowdfunding, con il community funding, uno strumento di marketing capace di rendere sempre più fedeli i clienti e renderli sempre più partecipi della vita e sviluppo del business.
Il futuro dell’equity crowdfunding in Italia
In Italia si intravedono all’orizzonte alcune operazioni analoghe, seppur senza la presenza di unicorni (molto rari nel nostro ecosistema), ma comunque di scale-up finanziate dai VC con community da monetizzare e da rendere attive e partecipi della propria crescita.
Sarà interessante capire se potranno esserci anche unicorni italiani, con modelli di business community-based, che vorranno sfruttare lo strumento del crowdfunding per accrescere il loro business. Altrettanto interessante capire se lo faranno sulle piattaforme locali, Mamacrowd e CrowdFundMe su tutte, o su quelle internazionali, già dedite a questo tipo di operazioni.