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Videogame, Palworld vs Pokémon: ispirazione o plagio?



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L’ascesa di Palworld, un nuovo titolo che incanta il pubblico con la sua mescolanza di familiarità e novità. Mentre le comparazioni con Pokémon aprono un dibattito sulla linea tra ispirazione e plagio, Palworld promette un gameplay diversificato che potrebbe rappresentare la chiave del suo successo

Pubblicato il 14 mar 2024

Lorenza Saettone

Filosofa specializzata in Epistemologia e Cognitivismo, PhD Student in Robotics and Intelligent Machines for Healthcare and Wellness of Persons



Immagine che contiene testo, grafica, barriera corallina, Cartoni animati Descrizione generata automaticamente

Recentemente interessati o meno ai videogame avranno sentito parlare di un gioco che ha letteralmente fatto appassionare milioni di utenti in pochissimi giorni, accendendo dibattiti intorno a questioni relative al plagio. Mi riferisco a Palworld. Di seguito vedremo di cosa si tratta e che altro videogame famoso avrebbe imitato.

Palworld: i motivi del successo

Palworld, dalla sua uscita in preview, è stato scaricato da 8 milioni di utenti in soli sei giorni. Un boom straordinario. Non solo ha suscitato un interesse immediato, ma sta mantenendo gli utenti collegati, con canali su Discord molto attivi. Questo significa che, al di là del download, esso non ha tradito le aspettative di chi l’ha comprato su Steam o provato sul game pass, diventando già un cult. Steam conferma che la percentuale di utenti a cui è piaciuto questo videogioco è del 90%. Certo, i motivi di questo successo sono da rintracciare anche nel giusto effetto nostalgia che suscita, richiamando i personaggi di un altro cult: Pokémon.

La dinamica di gioco è molto diversa dal videogame per Game Boy di quando noi Millenial eravamo piccini. Com’è ovvio che sia: anche Final Fantasy non è più a turni. I gusti degli utenti e il tempo del flow sono dinamici, hanno un incedere diacronico; pertanto, l’offerta necessariamente si deve adattare all’audience che cambia. Anche l’etica con cui filtriamo i messaggi dei media è mutata radicalmente da quella degli anni ’90- primi Duemila. Ecco, dunque, che Palworld emerge come necessaria modifica della narrazione e del game play di questi anni, conservando ciò che resta imbattibile di Pokémon: la bellezza dei personaggi.

Comparazioni inevitabili: Palworld e Pokémon

Certo, osservando anche solo l’immagine di copertina si possono vedere le innegabili somiglianze con i pokémon che popolavano l’ambiente in cui Ash “doveva prenderli tutti” (sono certa che anche voi, coetanei, state cantando in questo istante insieme al Giorgio Vanni inciso nelle vostre memorie: “… Viva i Pokémon! Sempre più frizzanti, magici e sgargianti. Gotta catch ’em all! (catch ’em all!)”). Tuttavia tra la liceità di esprimere un’opinione (“E’ Pokémon con le armi”) e la legalità c’è un mondo. Spesso il sentire comune coincide con quello che anche in sede di tribunale viene valutato come giusto, tuttavia questo non è sempre vero: in particolare nella materia del plagio la questione è sempre molto complicata.

Il plagio nel mondo dei videogiochi: questioni legali

Infatti proprio su gamesindustry si è espresso un avvocato specializzato in videogame, Peter Lewin, dicendo quanto segue: “Il modo in cui si sentono i giocatori è una questione completamente diversa dal fatto che si sia verificata o meno una violazione della proprietà intellettuale da un punto di vista legale.

La materia legale in termine di software, brevetti, copyright, design e chi più ne ha più ne metta è molto complessa. A maggior ragione che Palworld coinvolge cento diversi Paesi, il che, come dice anche l’avvocato, è ancora più difficile da regolamentare.

Parlando con una mia amica di questo gioco, mi ha detto una frase che mi ha colpito. Anche lei, dall’Olanda, ovviamente conosce il titolo in questione e l’ha caratterizzato in questi termini: “E’ super popolare e tutti i mostri assomigliano ai pokémon o sono ispirati ai pokémon”. Come le ho fatto notare, lei ha centrato il punto sollevato anche dai legali. Al di là di brevetto sul design, copyright, usi esclusivi, in che confini, l’ispirazione non è illegale. Quindi, nonostante Nintendo abbia voluto approfondire la questione, pare che quelli di Pocket Pair, Inc. possano dormire sonni sereni e godersi il successo.

La potenza del marchio: la tutela di Pokémon

La cosa molto interessante in tutta questa storia è come si sta tutelando (indirettamente) The Pokémon Company. Recentemente l’outlet Tokyo Sports ha fatto trapelare un’indiscrezione. Sembrerebbe che le agenzie di intrattenimento hanno impedito agli influencer di menzionare Palworld, per paura di inimicarsi l’enorme compagnia appena lesa. Perché è interessante? Perché se la legge non tutela le idee, il manuale d’uso, il plagio se non è un copia incolla dell’originale, il software, il potente è comunque tutelato dal timore. Se questa fosse una favoletta alla Esopo si concluderebbe con la massima: Ubi maior minor cessat.

Se una persona scrive un’immagine poetica e quell’immagine viene rubata e diventa un’altra forma artistica (che ne so, un quadro?) non è plagio indicabile in sede forense. Anche se quasi tutti gli esseri umani vedessero una somiglianza, quella somiglianza è tutta da dimostrare, e la legge sul plagio funziona come un algoritmo e all’algoritmo non insegni la somiglianza lecita e illecita: qual è la soglia di tolleranza? La caricatura è identica al personaggio a cui si riferisce, senza coincidere in nessuno dei tratti; è più identica di ritratti che coincidono al 90 percento senza cogliere l’anima. Insomma, è una questione di percezione alla Gestalt, non riguarda il cane di Pavlov. La somiglianza pertiene alla decisione (e sensibilità) umana. Certo, questa rigidità della legge sul plagio tutela le coincidenze, le quali capitano molto di frequente (l’essere umano è ciò che mangia e se mangiamo le stesse cose è molto probabile che produciamo espressioni artistiche simili). Quindi molto meglio una legge algoritmica sull’uguale perfetto, che una legge che si basa sul simile e quindi sull’opinione. Però è anche vero che i Pokémon li conosce pure mio nonno e quindi è chiaro che ci sia un riferimento, quasi una citazione: e la citazione è lecita (e per fortuna, altrimenti la pop art e l’uso del viso di Marylin non sarebbero state possibili, o footage come quelli di Blob)! Tuttavia, ciò che merita di essere analizzato filosoficamente è quando una azienda potente e conosciuta come Pokèmon è la parte lesa: le bastano la sua fama, il suo potere economico, la sua fanbase a tutelare il suo marchio. La vicenda di Palworld, insomma, finisce solo per far riparlare di Pokémon. La favoletta si conclude con un: “Gotta catch ‘em all!”, pronunciato da Pokémon.

Oltre le somiglianze: la diversità di gameplay in Palworld

Concludendo, Palworld è essenzialmente un gioco di sopravvivenza. Il gameplay, infatti, è molto diverso da quello di Pokémon. Come afferma anche Forbes, il vero successo di Palworld sono le molteplici possibilità di agire con i Pal. Non è una collezione; non si catturano semplicemente bestie selvatiche per allenarle al fine di partecipare a tornei. In questo caso i Pal possono pure essere mangiati, gettati da dirupi, lasciati morire di fame. Molto più cinico? Certo. Il cinismo, la libertà di azione e di intenzione sono uno specchio del realismo di ciò che davvero gli umani fanno agli animali, senza sdolcinare quelle che nei Pokémon erano cattività forzata e scontri tra animali. Quell’aspetto di cattiveria e di sadismo diventano un’occasione di dibattito, una critica nei confronti delle scelte alimentari e quindi un laboratorio di etica espresso dal videogioco. Sì, si può sacrificare un animale virtuale, ma sono convita che (SK a parte) non sia piacevole farlo. Anzi, sia da un punto di vista pragmatico (è più utile è trattarli nel modo corretto) e sia deontologico (massima di comportamento universale che ci impone di non applicare sofferenza come non la vorremmo subire noi), Palworld ci insegna a essere migliori. La via dell’amore e dell’amicizia è anche la via della potenza: anche Naruto insegna lo stesso principio.

Il successo di Palworld tra strategia e affetti

Il successo di Palworld, come afferma anche Falconero, deriva anche da un principio psicologico: la paura di restarne fuori, di non essere al passo con gli altri, in breve la FoMO, fear of missing out. I social hanno portato a recrudescenza questo disturbo, che prende le mosse dall’omologazione e dalla moda. Il punto è che per non restare esclusi da qualcosa, ormai, serve l’ubiquità. Il mondo della cultura pop è piattaforme streaming, console, pc, la nuova mania beauty, il brand di moda, quel colore, questa e quel influencer, il singolo di quel ragazzetto che fa trap… Insomma, un ammasso di informazioni in crescita vertiginosa, esponenziale, con cui si spiega il principio dell’entropia. Restare a galla significa non vivere. Ormai il punto è: o sai o vivi. Palworld è diventato un caso internazionale e questo ha destato la curiosità. E chi non vuol restare indietro rispetto ai videogame, beh, non può che prendere il suo game pass e testarlo, per poi trovarci anche del buono, sia chiaro! Ti fai una base, metti a lavorare un simil-pokémon, fai le tue armi, cresci, di scontri, ti incontri. Un MMO survival a tutti gli effetti, ma con il plus del famiglio. Laddove la strategia e la cognizione fredda si intersecano con aspetti emotivi, affettivi, amicali, lì si trova il successo di un gioco.

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