Per anni il gaming non è stato considerato come un canale pubblicitario efficace. Uno dei principali ostacoli nel bloccarne gli investimenti lato brand, è l’idea che la “persona” del gamer non sia rilevante. In realtà, c’è una piacevole sorpresa per gli inserzionisti: nel 2024, non esiste più la “persona” del gamer, almeno non nel modo in cui era stata tradizionalmente intesa.
Siamo tutti gamer
Il primo errore è considerare tutti i gamer come membri di una ristretta coorte di “smanettoni”, di età compresa tra i 15 e i 20 anni, prevalentemente di sesso maschile e che giocano nelle loro stanze. In realtà, corrispondono al pubblico target degli inserzionisti in un modo molto più completo di quanto si possa immaginare, coprendo una fascia demografica ben più ampia. L’idea che gli inserzionisti hanno del gamer è, infatti, obsoleta.
Con l’esplosione delle app di gioco per dispositivi mobili, ora tutti gli utenti sono potenziali giocatori: dai frequentatori della palestra che giocano a Candy Crush, alle nonne con gli occhi puntati su SuDoKu. E l’opportunità di raggiungere i consumatori attraverso questo canale altamente coinvolgente è in continua espansione.
A differenza dei canali mediatici più tradizionali, come la TV o il cinema, i gamer che utilizzano i dispositivi mobili sono abituati agli annunci pubblicitari ed in particolare alle inserzioni che forniscono incentivi all’interno del gioco durante una partita. E poiché le persone si dedicano ai video giochi soprattutto durante il tempo libero, tendono a essere più curiose e disponibili nei confronti dei brand.
I giocatori non sono ristretti a un particolare gruppo demografico, e ciò rende il mondo gaming un’opportunità estremamente scalabile. Chiunque abbia uno smartphone possiede una potenziale console di gioco. Infatti, a oggi circa la metà della popolazione mondiale – 3,4 miliardi di persone – gioca ai videogiochi.
Considerando l’ampio pubblico di questo canale, è chiaro quindi il grande potenziale di coinvolgimento per i nomi di punta nel mondo giochi, come il Solitario.
Tuttavia, molti CMO non sono ancora convinti della bontà di questi canali. Non esistono, infatti, solo i giochi d’azione o FIFA. Alcune aziende ora qualificano l’idoneità dei giochi in relazione ai valori del brand, e la qualità diventa fondamentale per gli inserzionisti man mano che il numero di titoli di gioco prolifera. Storicamente, questo processo è stato più difficile da attuare rispetto ai canali mediatici più tradizionalmente accettati.
Il “Game over” è storia
In passato, gli inserzionisti hanno addotto diverse ragioni per non includere i video giochi nel loro media mix. Uno dei motivi è dovuto alla natura globale delle aziende di gaming, mentre i mercati pubblicitari sono maggiormente locali dal punto di vista degli investimenti, e l’assenza di una forza commerciale dedicata sul campo a livello locale per creare consapevolezza e credibilità determina così l’impossibilità di creare relazioni con i potenziali clienti. Anche la tecnologia stessa ha rappresentato un ostacolo, poiché le DSP tradizionali non sempre dispongono di connessioni adeguate con le piattaforme di mediazione utilizzate per la monetizzazione degli spazi pubblicitari all’interno delle app di gaming, è venuta a mancare la possibilità da parte dei clienti di attivare questo tipo di inventory.
Gli inserzionisti devono anche porre attenzione al fatto che i video incentivati nel mondo gaming hanno prestazioni superiori rispetto ai siti Web e ai contenuti in-app tradizionali. L’engagement di questi formati è elevato e gli utenti non percepiscono questi video come invadenti.
Bisogna pensare a questi formati pubblicitari di gioco con la stessa rilevanza con cui si considerano i banner a bordo campo nel calcio o agli spot pubblicitari di uno show televisivo. Gli utenti sono coinvolti in modo attivo con gli annunci perché la loro presenza è organica all’interno del gioco, e gli inserzionisti possono persino impostare campagne pubblicitarie con una logica simile a quelle televisive. Gli inserzionisti hanno un’opportunità simile a quella che hanno con la pubblicità da mobile, sfruttando il gioco come un secondo schermo con la TV accesa allo stesso tempo.
Il canale gaming offre anche una valutazione efficace del coinvolgimento del pubblico, sfruttando, ad esempio, una metrica rilevante come con il tempo trascorso giocando. In effetti, il gioco è il primo canale in base a questa metrica, con valori superiori a quelli della TV. L’attenzione, che sta diventando sempre più una metrica centrale, ottiene risultati superiori ai parametri di riferimento all’interno di questi ambienti di gioco e può essere misurata anche accedendo alle informazioni fornite dagli SDK e rilevando, tra le altre, il movimento degli occhi rispetto agli annunci erogati.
Quali sono le novità nel gaming
In questa nuova era di ingenti investimenti negli strumenti di intelligenza artificiale, ci possiamo aspettare una spinta al loro utilizzo per accelerare la personalizzazione di nuove creatività, in modo da generare nuovi messaggi e mantenere il coinvolgimento degli utenti elevato. Inoltre, è già possibile erogare annunci audio nei giochi, ampliando così la platea di nuovi inserzionisti. Anche campagne di e-commerce all’interno dei giochi mobile, se ben pianificate ed eseguite, avranno un potenziale enorme: ogni giocatore dovrà solo premere un pulsante per acquistare un paio di jeans o ottenere un codice sconto per ordinare una pizza. E mentre l’open web dovrà fare i conti con l’IA generativa e con un numero crescente di piattaforme create per la pubblicità, gli sviluppatori di giochi non saranno toccati nello stesso modo da queste dinamiche.
Queste crescenti opportunità arrivano in un momento in cui il settore dell’advertising mobile in-app lotta per mantenere alti i ricavi delle proprie attività in un mondo sempre più privo di identificatori.
Quando Apple ha implementato il protocollo ATT (App Tracking Transparency), tutte le app per iOS sono state obbligate a chiedere agli utenti il permesso di condividere i loro dati personali e questa dinamica ha portato a un significativo calo del tasso di opt-in. Inoltre, dal 4 gennaio Google ha finalmente iniziato a dismettere i cookie di terze parti su Chrome e l’impatto sulla perdita del contatto con gli utenti si fa sentire negli ambienti del web. Nei prossimi anni, questa big tech potrebbe eliminare gradualmente anche gli ID pubblicitari di Android.
Conclusioni
Il 2024 si preannuncia come un anno cruciale per il settore. Gli inserzionisti dovranno necessariamente far fronte ai segnali di cambiamento, trovando nuovi modelli e canali capaci di garantire il targeting, rispettando però la privacy degli utenti. I giochi attirano sempre di più l’attenzione del pubblico e svolgeranno un ruolo sempre più importante nel supportare il passaggio dei brand e degli editori verso un mondo basato sempre di più sulla privacy e senza ID.