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Adozione del cloud in azienda: quanto e come influiscono i bias decisionali



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I servizi in cloud forniscono risorse online condivise, come software, riducendo i costi di acquisto e manutenzione. Per garantire che queste soluzioni siano realmente adottate, è essenziale comprendere i fattori comportamentali e psicologici che ne influenzano l’utilizzo

Pubblicato il 28 mar 2024

Chiara Cilardo

Psicologa psicoterapeuta, esperta in psicologia digitale



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Secondo i dati dell’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano (2023) lo scorso anno il mercato cloud è cresciuto del 19% con un valore di 5,51 miliardi di euro. Dati destinati a lievitare nei prossimi mesi: i servizi di cloud computing consolideranno sempre più il loro ruolo di asset strategici delle imprese. 

Questi servizi consentono di ridurre i costi, come quelli delle specifiche applicazioni, e rimodellare struttura e processi organizzativi, ottimizzandoli. Si può accedere in qualsiasi momento e luogo e da qualsiasi dispositivo, le funzionalità di backup e ripristino sono integrate, le misure di sicurezza sono avanzate e accurate, la capacità di archiviazione è flessibile: insomma, hanno un insieme di funzionalità che li rende molto efficienti e pratici (Shuraida e Titah, 2023).

Cloud computing: fattori comportamentali e psicologici che ne determinano l’utilizzo

Se l’utilità del cloud computing è indubbia, a questa consapevolezza non fa sempre seguito l’azione. Riconoscere il valore di queste soluzioni non implica che vengano effettivamente utilizzate, anzi: in molte organizzazioni l’adozione è lenta nonostante gli investimenti fatti (Hassan et al., 2022).
Perché? Come si può spiegare questa riluttanza? Quali sono i fattori che spingono a utilizzare servizi in cloud?

Anche in presenza di investimenti aziendali che generano benefici obiettivi e quantificabili, le decisioni potrebbero non essere completamente guidate dalla razionalità. Per comprendere questa contraddizione è necessario identificare gli elementi comportamentali e psicologici che ne determinano l’utilizzo (Song e Sohn, 2022).

Cloud computing: definizione e funzionamento

Il cloud computing rappresenta un modello di erogazione dei servizi, come quelli offerti da Salesforce, Adobe o Microsoft Office 365, in cui risorse come archiviazione, server e applicazioni, vengono fornite da server esterni, situati nel cloud, attraverso la connessione Internet (Song e Sohn, 2022). Questa modalità di fornitura consente ad un’intera organizzazione di accedervi in qualsiasi momento e da qualsiasi luogo (Hassan et al., 2022).
Esistono diverse tipologie di modelli di servizio: IaaS (infrastruttura come servizio), utilizzati soprattutto dai responsabili IT/IS; PaaS (piattaforma come servizio) destinati principalmente ai dipendenti dei dipartimenti IT/IS; infine SaaS (software come servizio), applicazioni dedicate a specifiche attività svolte da utenti aziendali che non fanno parte dei dipartimenti IT (Song e Sohn, 2022).
I prodotti, sia hardware che software, sono generalmente di proprietà dei fornitori di servizi cloud (CSP, cloud service provider) e vengono convertiti in servizi mediante l’adozione della tecnologia di virtualizzazione; gestione, manutenzione e sicurezza sono demandate ai CSP.
In sintesi, indipendentemente dal modello adottato, le organizzazioni possono esternalizzare servizi accedendo a un pool condiviso di risorse IT on-demand attraverso Internet (Shuraida e Titah, 2023).

Bias nell’utilizzo del cloud computing

Grazie al cloud computing, le aziende possono ridurre i costi e ottimizzare l’infrastruttura tecnologica rendendo i processi più efficienti, trasparenti e affidabili. L’utilizzo effettivo però non è determinato solo dalle funzionalità in sé: è influenzato significativamente anche dalla percezione che ne hanno gli utenti. In particolare, quanto e come ritengono che siano strumenti utili e facili da usare (Song e Sohn, 2022).
Come si spiega la differenza fra l’intenzione e il comportamento? Ovvero, l’essere consapevoli dell’utilità e dei vantaggi di soluzioni che, però, in molti casi non si adottano? Cosa spiega la discrepanza tra le intenzioni dichiarate dagli utenti e il loro effettivo utilizzo della funzionalità cloud?

Secondo Ciriello e Loss (2022) questa divergenza è generata da due bias, quelli di acquiescenza e di conferma. Il primo è la tendenza a rispondere in modo affermativo indipendentemente dal contenuto di una domanda o affermazione, mentre il secondo è la tendenza a cercare, interpretare ed enfatizzare le informazioni che confermano le convinzioni preesistenti.

Questi bias inducono le persone a dare risposte socialmente desiderabili, quelle ritenute più accettabili in un dato contesto, a discapito poi della reale opinione; quindi per esempio dichiararsi assolutamente favorevoli e disponibili ad usare uno strumento salvo poi non utilizzarlo davvero. Shuraida e Titah (2023) evidenziano che anche un altro bias influisce sulle decisioni adottate in merito alle applicazioni di cloud computing: il bias dello status quo, cioè la tendenza a preferire l’opzione già in essere e che è una forma di resistenza al cambiamento.

Quali implicazioni per i provider di servizi cloud

Hassan e colleghi (2022) hanno proposto delle variabili predittive che spiegano l’adozione dei sistemi in cloud. Queste variabili sono la percezione di sicurezza, vantaggio e credibilità: salvaguardia dei dati aziendali, riduzione dei costi, trasmettere fiducia e affidabilità, sono fattori che incentivano la percezione positiva di validità e utilità dei servizi. Proprio quest’ultima è il fattore più rilevante nella percezione del beneficio della tecnologia da parte dei manager, oltre alla percezione di affidabilità, disponibilità, sicurezza e aggiornamento (Song e Sohn, 2022).
Dal punto di vista delle imprese, questo ha delle implicazioni pratiche. In primo luogo, i fornitori di servizi cloud (CSP) dovrebbero focalizzarsi sull’utilità rispetto alla facilità d’uso: a parità di servizio, è la prima dimensione ad essere più determinante (Song e Sohn, 2022). L’altro aspetto è garantire servizi altamente personalizzabili in base alle specifiche esigenze della singola azienda: infatti, il tipo di servizio è più rilevante rispetto al settore di appartenenza. I decision maker valutano come un servizio risponde ai loro specifici scopi e obiettivi, non in relazione alla bontà del servizio in sé. I fornitori di servizi cloud dovrebbero quindi adottare strategie di comunicazione e promozionali differenziate in base al mercato e alle peculiarità di ciascun servizio.

Bibliografia

Ciriello, R., & Loss, S. (2022). Cognitive Biases in User Acceptance Testing of Cloud Software: A Vicious Cycle of User Disengagement?. Available at SSRN 4102953.

Hassan, A., Bhatti, S. H., Shujaat, S., & Hwang, Y. (2022). To adopt or not to adopt? The determinants of cloud computing adoption in information technology sector. Decision Analytics Journal, 5, 100138.

Osservatorio Cloud Transformation (2023). Cloud (e)volution: il tempo della consapevolezza. Politecnico di Milano.

Shuraida, S., & Titah, R. (2023). An examination of cloud computing adoption decisions: Rational choice or cognitive bias? Technology in Society, 102284.

Song, C. H., & Sohn, Y. W. (2022). The influence of dependability in cloud computing adoption. The Journal of Supercomputing, 78(10), 12159-12201.

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