L’inarrestabile processo di digitalizzazione e automazione delle attività umane ha posto sempre più al centro del dibattito pubblico l’importanza di avere una rete di telecomunicazione avanzata e diffusa capillarmente sul territorio. A rimarcare il ruolo cruciale delle tlc nello scenario competitivo globale è intervenuto lo scorso febbraio anche un white paper della Commissione Europea, dal titolo “How to master Europe’s digital infrastructure needs?”, che ha sottolineato la necessità di accelerare lo sviluppo e la diffusione delle infrastrutture di ultima generazione per tenere il passo con le altre principali economie mondiali.
Nonostante ciò, lo scenario attuale, in particolare a livello italiano, non appare particolarmente confortante, con evidenti ritardi nel deployment soprattutto sul versante della copertura delle aree rurali e in 5G standalone. Al fine di dare un nuovo impulso alla realizzazione delle nuove opere nel nostro Paese, il Consiglio dei Ministri su proposta del MIMIT ha approvato l’aggiornamento del Codice delle Comunicazioni elettroniche che prevede importanti misure di semplificazione a sostegno del settore.
Codice delle comunicazioni elettroniche, cosa cambia
La settimana scorsa il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al decreto legislativo proposto dal MIMIT che modifica il Codice delle comunicazioni elettroniche (D.Lgs. n. 207/2021, di attuazione della direttiva 2018/1972, che modifica il D. Lgs. n. 259/03, recante il Codice delle comunicazioni elettroniche). Si tratta di un intervento molto importante che, nella logica di recuperare il ritardo accumulato nella realizzazione delle reti, si concentra tra l’altro, su interventi che puntano ad accelerare il deployment delle infrastrutture di TLC sul territorio nazionale agendo, da un lato, sulle attività di mappatura e monitoraggio e, dall’altro, introducendo semplificazioni delle procedure autorizzative.
Mappatura e pianificazione degli investimenti
Rispetto alle attività di mappatura e pianificazione degli investimenti infrastrutturali, in particolare, l’esperienza dei piani nazionali Italia a 1 Giga e Italia 5G ci ha infatti insegnato quanto siano importanti, in una logica di pianificazione degli interventi pubblici, l’accuratezza e la costanza delle attività di mappatura e monitoraggio e l’affidabilità delle dichiarazioni rese dagli operatori circa i propri programmi di investimento e sviluppo delle infrastrutture di tlc.
In tale logica, il decreto riduce da tre ad uno il periodo entro cui il Mimit e Agcom, ciascuno per gli ambiti di propria competenza, aggiornano le informazioni raccolte nelle mappature geografiche della copertura delle reti di comunicazione elettronica in grado di fornire banda larga sempre considerando la distinzione tra aree nere, grigie e bianche ma con specifico riferimento a reti ad altissima capacità che garantiscano prestazioni pari a una velocità di download di almeno 300 Mbps) e includendo anche un’analisi del relativo grado di utilizzo di tali reti.
Si prevede, inoltre, che i dati concernenti la mappatura siano resi disponibili anche in formati aperti, standardizzati e interoperabili e, per il tramite della Piattaforma digitale Nazionale dati (PDND), resi accessibili a Regioni ed enti locali. Lo stesso decreto, per favorire una maggior efficacia dell’attività di mappatura e monitoraggio, afferma la vincolatività delle dichiarazioni rese dagli operatori, prevedendo anche specifiche sanzioni amministrative pecuniarie da euro 240.000 a euro 5.000.000 – sebbene riconoscendo la possibilità di riduzione degli importi nel caso di pagamento entro 10gg. dalla contestazione – a presidio degli impegni assunti nel caso in cui, a seguito di verifica da parte dell’Autorità, emerga un caso di mancata attuazione non sorretto da alcuna causa di giustificazione.
Le procedure di autorizzazione
Dal punto di vista delle procedure di autorizzazione, il decreto ribadisce come le istanze di autorizzazione per l’installazione delle infrastrutture debbano essere presentate all’ente locale tramite portale telematico e, in assenza di quest’ultimo, mediante posta elettronica certificata. Inoltre, per le installazioni di impianti mobili rilevanti ai fini sismici che tuttavia richiedono interventi di minore rilevanza non è più prescritto il deposito del collaudo a firma del professionista abilitato; si estende il diritto di accesso alle parti comuni degli edifici (art. 52) per l’installazione (oltre che della fibra) della rete mobile e delle opere accessorie (elementi di rete, cavi, fili).
Posa condutture e tubazioni
Per quanto riguarda l’attività di posa delle condutture di energia elettrica e tubazioni metalliche sotterrate (art. 56) è previsto il deposito di una dichiarazione dettagliata asseverata da un professionista abilitato da cui risulta l’assenza o la presenza di interferenze con le reti di comunicazione elettronica, che sostituisce qualsiasi atto di assenso del Ministero sui relativi progetti anche nell’ambito delle Conferenze di servizi e degli elaborati progettuali che attestino la conformità degli impianti, unitamente all’atto di sottomissione ove previsto dalla normativa vigente. È fatta salva l’azione di verifica e controllo successiva del Ministero e la possibilità per lo stesso, in caso di interferenze tra cavi di comunicazione elettronica sotterrati e cavi di energia elettrica sotterrati, di promuovere, sentite le predette autorità, lo spostamento degli impianti o di adottare i provvedimenti idonei ad eliminare i disturbi.
Molto rilevanti le previsioni che pur ribadendo la facoltà di Regioni ed Enti locali di negare l’installazione di un impianto per tutelare le aree di particolare pregio storico-paesaggistico o ambientale o per proteggere dall’esposizione ai campi elettromagnetici siti sensibili, obbligano gli stessi ad individuare, con provvedimento motivato, sentiti gli operatori una soluzione alternativa che assicuri l’installazione dell’impianto in un altro punto del territorio garantendo il medesimo risultato. Si tratta evidentemente di una disposizione di cruciale importanza in quanto impone la localizzazione di impianti in luoghi consoni rispetto alla domanda di connettività e dunque in grado di garantire investimenti efficaci ed efficienti.
Limiti di esposizione ai campi elettromagnetici
In considerazione dell’innalzamento dei limiti di esposizione ai campi elettromagnetici entro il 30 aprile 2024 ed in una logica di garanzia di un più efficiente impiego dello spettro frequenziale nonché degli impatti sugli investimenti infrastrutturali che ne discendono, il decreto dispone che nel procedimento di autorizzazione all’installazione o all’ampliamento dell’impianto, il limite emissivo assentibile per singolo richiedente sia calcolato in conformità ai criteri previsti dalla Norma Tecnica CEI 211-10 e commisurato al rapporto tra la banda acquisita dal soggetto richiedente sulla base dei diritti d’uso, e la banda totale disponibile per il servizio, intesa quale sommatoria delle bande acquisite da tutti gli operatori infrastrutturati.
Al fine di garantire efficienza nello sfruttamento dei limiti emissivi, lo stesso decreto prevede che nei siti per i quali non vi siano domande in numero tale da saturare il limite massimo previsto, gli operatori autorizzati, decorsi sei mesi dall’autorizzazione, possono richiedere in via temporanea un incremento pro quota del valore assentito, sino al raggiungimento di quello massimo compatibile per l’area, finchè gli altri operatori infrastrutturati, aventi titolo in base al primo periodo della presente disposizione, non abbiano conseguito l’autorizzazione. Nel caso di variazioni di servizi preesistenti o di assegnazione di nuove bande, il limite assentito viene ricalcolato sulla base dei criteri indicati, e le autorizzazioni già rilasciate sono rimodulate in conformità.
Reti fisse in Italia, lo stato dell’arte
Per comprendere perché si sia reso necessario l’aggiornamento del Codice è utile andare ad analizzare lo stato attuale delle infrastrutture di telecomunicazione sul territorio italiano. Riguardo le reti fisse, gli ultimi dati pubblicati nel DESI 2023 mostrano come il nostro Paese presenti una copertura NGA (Next Generation Access, che comprende le tecnologie FTTH, FTTB, Docsis 3.0 VDSL e altre tecnologie che garantiscono almeno 30 Mbps in download) quasi completa, con un valore notevolmente superiore alla media UE (97% e 90%).
Al contrario, i dati relativi alle connessioni VHCN (Very High Connection Network comprende FTTH, FTTB and Cable Docsis 3.1 ed esclude la copertura VDSL) e FTTP (Fiber To The Premises) sono decisamente meno confortanti. Per quanto riguarda il VHCN, l’Italia si posiziona al terzultimo posto in Europa con una copertura pari al 44%, inferiore a tutte le grandi economie europee.
Numeri simili emergono per la copertura di FTTP, in questo caso l’Italia, pur con la stessa percentuale di copertura (44%), si posiziona al 19° posto in UE. Inoltre, l’Italia si posiziona nella metà più bassa in Europa per copertura di VHCN e FTTP nelle aree rurali, con quote entrambe pari al 26%.
Reti mobili, la situazione italiana
Spostando l’attenzione sullo stato di sviluppo delle reti mobili, e in particolare di quelle 5G, gli ultimi dati del 5G Observatory (pubblicati a ottobre 2023) indicano come nel 2022 gli operatori italiani abbiano dichiarato una copertura pari al 99,7%, il quarto valore più alto a livello europeo. Peraltro, è interessante notare come la percentuale di popolazione coperta dalla rete 5G in Italia risulti nettamente superiore sia alla media europea (81%) che rispetto alle altre principali economie UE, come Spagna (80%), Francia (84%) e Germania (91%).
Tuttavia, una visione più critica emerge quando si esamina l’allocazione delle base station installate per bande di frequenza. Infatti, dai dati del 5G Observatory emerge come le stazioni 5G che sfruttano le bande 4G attraverso la condivisione dinamica dello spettro (DSS) siano la maggioranza, rappresentando circa il 50% del totale. In ogni caso, l’Italia spicca nel contesto europeo con un numero significativo di stazioni base 5G operative, raggiungendo un totale di 60.601 (quinto valore più alto in UE), il che riflette un impegno considerevole nell’adozione e nello sviluppo di questa tecnologia. Inoltre, l’Italia risulta prima nell’Unione Europea per dispiegamento di stazioni nella banda 3,4-3,8 GHz, con quasi 19.000 stazioni. Complessivamente, in Europa sono attive oltre 330.000 stazioni base 5G nei 27 stati membri; sia le stazioni in banda 700 MHz che in banda 3,4-3,8 GHz sono più di 80.000, mentre sono quasi 156.000 quelle in bande di spettro condivise con il 4G.
Strategia BUL, quali piani
Nell’analizzare lo stato delle infrastrutture di telecomunicazione italiane è certamente importante prendere in considerazione l’avanzamento delle pianificazioni previste dalla Strategia Banda Ultra Larga volte alla copertura delle aree a fallimento di mercato, nello specifico il Piano BUL, Italia a 1 giga e Italia 5G.
Il primo ad esordire in ordine cronologico è stato il Piano Banda Ultralarga (Piano BUL), che ha visto la luce nel 2016 con l’obiettivo di coprire i comuni nelle aree bianche in fibra ottica o in FWA, con prestazioni fino a 100 Mbit/s. Dal punto di vista economico, a febbraio 2024 il Piano aveva raggiunto un tasso di avanzamento dell’88%, che si traduce in 4.822 comuni completati in fibra e 3.225 cantieri con CUIR in FWA.
Piano Italia a 1 Giga
Per ciò che riguarda il piano Italia a 1 Giga, esso mira a fornire connettività ad almeno 1 Gbit/s in download e 200 Mbit/s in upload alle unità immobiliari che, a seguito delle attività di mappatura eseguite da Infratel Italia nel corso del 2021, sono risultate non coperte da almeno una rete in grado di fornire velocità di connessione in download pari o superiori a 300 Mbit/s. I civici che sono risultati collegabili attraverso l’intervento al termine della fase di walkin (il periodo in cui gli operatori aggiudicatari verificano sul campo il numero civici effettivamente raggiungibili) sono circa 3,52 milioni in tutta Italia. Secondo gli ultimi dati diffusi da Infratel sul portale connetti.italia.it, al 29 febbraio 2024 i lavori appaiono essere ancora lontani dall’essere ultimati. A livello nazionale risultano essere stati connessi il 15,8% dei civici, mentre un ulteriore 31,7% è in lavorazione.
Piano Italia 5G
Il Piano Italia 5G ha l’obiettivo di incentivare la diffusione di reti mobili 5G nelle aree a fallimento di mercato (dette aree bianche) al fine di soddisfare il fabbisogno di connettività mobile di cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni. Il Piano si compone di due interventi denominati “backhauling” e “densificazione”. In particolare, il Piano Italia 5G – densificazione prevede di realizzare nuove stazioni radio base 5G in più di 1.200 aree bianche del Paese. Osservando lo stato di avanzamento vediamo come a febbraio 2024 sia stato attivato il 12,7% dei siti, mentre è in lavorazione il 19,2%. L’intervento “backhauling” prevede di rilegare in fibra 9.698 stazioni radio base esistenti. Allo stato attuale sono stati realizzati il 38,3% dei siti mentre un ulteriore 15% risulta in lavorazione.
Lo scenario futuro
Partendo dalla constatazione del ritardo di sviluppo infrastrutturale che l’Italia ha accumulato e della necessità di offrire un’ulteriore accelerazione al deployment delle reti in quanto elementi abilitanti lo sviluppo e la diffusione dei servizi e delle tecnologie di ultima generazione, le modifiche al Codice delle Comunicazioni elettroniche, in un contesto comunque ad elevata complessità che vede gli operatori scontrarsi con carenza di risorse, incrementi dei costi legate alle materie prime e mancanza di manodopera specializzata, sono correttamente focalizzate sulla necessità di garantire un’attività di monitoraggio costante che si concentri sia sullo stato di avanzamento degli investimenti da parte degli operatori che sullo stato di utilizzo delle reti disponibili e che possa far affidamento su impegni assunti dagli operatori che siano muniti della necessaria affidabilità anche in una logica di corretta ed efficiente pianificazione degli interventi pubblici.
Allo stesso modo condivisibili appaiono le modifiche tese a semplificare, ove possibile, le procedure autorizzative che tradizionalmente rappresentano uno dei talloni d’Achille del nostro sistema nonché a responsabilizzare Regioni ed enti locali rispetto alle scelte di localizzazione degli impianti che troppe volte negli anni scorsi sono state lontane dalle effettive necessità tecniche e di mercato.
Si tratta di novità importanti che certamente non risolvono tutte le criticità che hanno originato il ritardo infrastrutturale italiano, ma anche unitamente ad altre azioni di politica industriale più ampie e ad efficaci misure di sostegno alla domanda, indispensabile per garantire un ritorno degli investimenti indispensabile per gli operatori per impegnare risorse nello sviluppo delle reti, possono segnare l’inizio di un cambio di passo.
Conclusioni
Nei paragrafi precedenti è stato evidenziato il ritardo di sviluppo infrastrutturale che l’Italia ha accumulato e la necessità di offrire un’ulteriore accelerazione al deployment delle reti in quanto elementi abilitanti la crescita e la diffusione di servizi e tecnologie di ultima generazione. D’altra parte, va considerato come le modifiche al Codice delle Comunicazioni elettroniche intervengano in un contesto ad elevata complessità, che vede gli operatori scontrarsi con carenza di risorse, incrementi dei costi delle materie prime e mancanza di manodopera specializzata. In quest’ottica, le nuove misure sono correttamente focalizzate sul bisogno di garantire un’attività di monitoraggio costante che si focalizzi sia sullo stato di avanzamento degli investimenti sia sullo stato di utilizzo delle reti disponibili. Questo fa sì che si possa far maggiore affidamento sugli impegni assunti dagli operatori anche in una logica di corretta ed efficiente pianificazione degli interventi pubblici.
Allo stesso modo, condivisibili appaiono le modifiche tese a semplificare, ove possibile, le procedure autorizzative, che tradizionalmente rappresentano uno dei talloni d’Achille del nostro sistema. Molto importante è anche la responsabilizzazione di Regioni ed enti locali rispetto alle scelte di localizzazione degli impianti, che troppe volte negli anni scorsi sono state lontane dalle effettive necessità tecniche e di mercato.
Si tratta di novità importanti che però certamente non risolvono tutte le criticità che hanno originato il ritardo infrastrutturale italiano. Appaiono necessarie anche altre azioni di politica industriale più ampie e ad efficaci, come le misure di sostegno alla domanda. Queste sono infatti indispensabili per garantire un ritorno degli investimenti, aspetto fondamentale per permettere agli operatori di impegnare risorse nello sviluppo delle reti. Tali misure potrebbero però segnare l’inizio di un cambio di passo da parte delle istituzioni verso un quadro normativo che semplifichi la vita delle aziende in uno dei settori chiave per la competitività economica del nostro Paese.