Come proteggere i giovani dai pericoli del mondo online senza comprometterne l’autonomia? In tutto il mondo governi e organizzazioni affrontano questa sfida seguendo strategie differenti, ma in ogni caso rispecchiando la complessità e l’urgenza della questione.
Minori online: le mosse di Francia e UK
In Francia, ad esempio, è stata introdotta una legge che limita l’uso dei social media agli utenti al di sotto dei 15 anni, sulla scia di una crescente preoccupazione sulle modalità di autenticazione sui social network, spesso ritenute inadeguate, in quanto facilmente eludibili dai più giovani.
Parallelamente in Inghilterra è stato bandito l’uso degli smartphone nelle scuole.
Ma questa soluzione sembra essere solo un cerotto su una ferita più profonda.
Campagne per la sicurezza in internet, guidate da figure come Ian Russell e Beeban Kidron, hanno evidenziato come il divieto non affronti le criticità intrinseche delle piattaforme tecnologiche, che possono esporre i nostri bambini a contenuti dannosi come pornografia, incitamento al suicidio e disturbi alimentari.
In questo contesto il Primo Ministro del Regno Unito, Rishi Sunak, sta valutando la possibilità di vietare l’accesso ai social media agli individui al di sotto dei 16 anni.
Questa porposta emerge nonostante l’introduzione dell’Online Safety Act, che impone alle piattaforme di social media di proteggere i bambini da contenuti nocivi, pena multe sostanziose.
Ma rimangono dele questioni aperte.
È prevista una consultazione per esplorare i rischi che i bambini affrontano sui social media. Sebbene si sia discusso, appunto, di un potenziale divieto per gli under 16, un portavoce del governo ha spostato i riflettori sull’empowerment dei genitori, e ha sottolineato la necessità di ulteriori ricerche prima di finalizzare qualsiasi proposta.
La Molly Rose Foundation, fondata dopo il suicidio della quattordicenne Molly Russell dopo che era stata esposta a contenuti nocivi online, propende per maggiori poteri regolatori per proteggere i bambini dai rischi online.
Beeban Kidron, attivista per la sicurezza online dei bambini, ha espresso preoccupazione per il design delle piattaforme social media e ha epslicitato perplessità circa la totale esclusione dei bambini dagli spazi digitali come misura reattiva.
Il panorama qui descritto ci porta in un viaggio attraverso le sfide e le strategie adottate a livello globale, alla ricerca di un equilibrio tra la protezione dei più giovani e la preservazione della loro autonomia digitale.
È un viaggio complesso in cui ogni passo, ogni scelta, ogni misura adottata apre nuove domande ma anche nuove opportunità, testimoniando l’importanza cruciale di un approccio bilanciato e riflessivo in questo mondo digitalmente intrecciato.
Le questioni della sfida digitale
Nell’era digitale, dove le tecnologie avanzano più rapidamente delle politiche di regolamentazione, emergono questioni cruciali riguardanti i controlli genitoriali e l’autonomia dei giovani.
Parental control: serve davvero?
Se si accenna al tema della sicurezza digitale per i nostri ragazzi emerge istantaneamente un pensiero: Parental Control Software.
Ma è davvero così facile?
Una realtà incontestabile è che i bambini, soprattutto quelli più determinati, spesso trovano modi per aggirare i controlli digitali imposti dai genitori. Questa abilità non solo dimostra la loro astuzia, ma solleva anche interrogativi sull’efficacia reale di queste misure di sicurezza.
In uno scenario dove la tecnologia è una costante nella vita quotidiana, i tentativi di restrizione possono trasformarsi in una sfida stimolante per i più giovani, portandoli a sviluppare metodi sempre più sofisticati per eludere le regole.
I rischi privacy del Parental control
Un altro aspetto da considerare è l’invadenza di alcuni metodi di monitoraggio. Controlli eccessivamente intrusivi possono minare la fiducia tra genitori e figli, creando un divario di comunicazione.
Questi metodi suscitano anche preoccupazioni riguardo alla privacy dei bambini, un diritto fondamentale che dovrebbe essere rispettato anche nell’ambito familiare. La privacy e la fiducia sono elementi chiave nello sviluppo di un rapporto sano e rispettoso tra genitori e figli.
Inoltre, l’imposizione di una mediazione e supervisione restrittive da parte dei genitori può limitare i diritti dei bambini. L’uso di software di controllo parentale, seppur nato con l’intenzione di proteggere, potrebbe risultare controproducente per lo sviluppo dei bambini.
Un approccio, quindi, che secondo alcuni esperti può impedire ai nostri ragazzi (soprattutto i più giovani) di sviluppare competenze essenziali come il pensiero critico, la capacità di prendere decisioni autonome e la responsabilità delle proprie azioni nel mondo digitale.
In questo contesto la questione non è l’impedire ai ragazzi di commettere errori, ma di commettere quei piccoli errori che li aiutano a crescere, a mettersi in gioco, in un ambiente controllato.
Installare un parental control software è più semplice che dialogare con il proprio figlio (ma non è facilissimo)
Ma ne siamo veramente sicuri?
La tentazione di optare per l’installazione di software di controllo genitoriale come soluzione facile e immediata alla navigazione online dei giovani è comprensibile.
Tuttavia questa scelta potrebbe non essere così semplice come sembra.
Il diavolo si nasconde nei dettagli, e quello che potrebbe apparire come un gesto semplice (installare un’App, appunto) può invece rivelarsi l’inzio di un sentiero ben più lungo e tortuoso per un genitore non avvezzo alla tecnologia.
La complessità dei controlli su ciascuna app è un aspetto spesso sottovalutato: ogni applicazione ha un proprio insieme di impostazioni e controlli che possono variare notevolmente da un’App all’altra, rendendo difficile per i genitori comprenderle e gestirle efficacemente.
Questa complessità nel medio-lungo termine può risultare schiacciante per alcuni genitori.
Altro scenario è quando un genitore decide invece di operare a livello di ogni singola App utilizzata da suo figlio, in modo da avere funzioni specializzate e ritagliate ad hoc per la sua situazione.
Sebbene questo possa apparire come lo scenario più ideale, il processo di mantenimento dei controlli attraverso molteplici App richiede un investimento di tempo considerevole.
A questi genitori si chiede di analizzare ogni App utilizzata dai propri figli, comprendere le specifiche impostazioni di ciascuna e regolarle di conseguenza.
Questo può diventare un compito oneroso, che richiede costante aggiornamento e attenzione.
Stiamo quindi parlando di incoerenza tra le App, complice una mancanza di standardizzazione nei controlli genitoriali tra le differenti piattaforme e applicazioni.
Standardizzazione che probabilmente non avrebbe neanche senso, d’accordo, ma che alla fine rischia di risultare un boomerang.
Non tutto il tempo trascorso di fronte ad uno schermo è uguale!
La nostra comprensione del tempo trascorso dai bambini davanti allo schermo necessita di un’analisi più sfumata e meno generalizzante.
Ed è a questo punto che solitamente cadiamo in un falso mito secondo il quale esisterebbe uno Screen Time di serie A e uno Screen Time di serie B.
All’interno di questo falso mito, e dotati delle migliori intenzioni verso i nostri figli, siamo portati a pensare che esista una differenza sostanziale tra un’ora passata a giocare a un videogioco dove si spara a degli zombie, e un’ora dedicata alla composizione musicale online.
In questo ci dimentichiamo che per i nostri ragazzi tutto può avere una valenza educativa e costituire opportunità di crescita.
Quando nostro figlio spara a degli zombie forse lo sta facendo in gruppo con i suoi amici, e quindi sta sperimentando anche dinamiche di lederiship e groupship, e quando riceve le ricompense da spendere per sviluppare il suo personaggio sta sperimentando che cosa vuole dire capitalizzare rispetto allo spendere subito.
E poi rimane sempre la vecchia questione della noia, che nel nostro caso dovremmo invece definire “cazzeggio”, e sono proprio questi momenti di cazzeggio che, implicitamente, permettono ai nostri figli di ascoltarsi e capire chi sono.
Il momento di cazzeggio offre loro una pausa nel rumore di una giornata che, in molti casi, è più organizzata e piena dell’agenda di un top manager.
Non è necessario che ogni attività digitale sia etichettata come “educativa” per fornire un’esperienza arricchente, e un po’ di intrattenimento leggero e senza pretese non è di per sé dannoso, anzi.
Ciò che conta veramente è il modo in cui i bambini si connettono a livello personale con ciò che guardano, giocano o leggono.
Sono coinvolti? Assorbiti? Forse addirittura illuminati?
Immedesimarsi in una storia o identificarsi con i personaggi prepara i bambini ad apprendere di più, sviluppando la loro immaginazione e la loro capacità critica.
Questo tipo di coinvolgimento può stimolare l’apprendimento e la crescita personale, ben oltre ciò che si potrebbe ottenere con un semplice divieto o limitazione del tempo a schermo.
E nella nostra Società moderna questo passa anche attraverso il Digitale.
Il miglior Parental Control Software è il genitore stesso
Quando si parla di navigazione online e uso responsabile della tecnologia, la guida diretta e l’insegnamento dei genitori hanno un impatto molto più efficace e duraturo sul comportamento online dei bambini rispetto al semplice controllo del loro accesso a Internet.
Questo approccio pone il focus sull’importanza dell’interazione umana e della guida consapevole, piuttosto che affidarsi unicamente a fredde soluzioni tecnologiche.
I genitori che insegnano attivamente ai propri figli come navigare in sicurezza e responsabilmente nel mondo digitale seminano valori e competenze che rimangono nei loro ragazzi a lungo termine.
Il concetto di “Co-pilot Parenting”, qui discusso, ci indica la necessità di un cambiamento da un approccio controllante e di monitoraggio a un ruolo più collaborativo e di guida nella vita digitale dei nostri bambini.
Questo nuovo modo di pensare al nostro ruolo di genitori nel digitale coinvolge vari aspetti chiave, tra cui la comunicazione, la comprensione reciproca e la condivisione di responsabilità tra genitori e adolescenti.
Attraverso questo modello i genitori lavorano insieme ai loro figli per stabilire regole e linee guida, promuovendo in questo modo un’atmosfera di fiducia e di apprendimento reciproco.
Questo approccio ci indica di spiegare ai bambini il perché, e quindi di aiutarli a comprendere il motivo delle nostre preoccupazioni e del nostro interesse per la loro vita digitale, e quindi a sviluppare un senso di responsabilità e consapevolezza delle loro azioni online.
È un equilibrio tra l’uso di strumenti tecnologici e il mantenimento di un dialogo aperto e costruttivo, che a sua volta può alimentare ulteriormente l’efficacia dei software di controllo genitoriale.
E a questo punto i nostri “controlli” diventano parte di un approccio educativo più ampio, che enfatizza la sicurezza, la comprensione e la crescita responsabile nel mondo digitale.
Educazione al digitale: una sfida in costante evoluzione
In questa epoca di straordinaria interconnessione digitale, stiamo assistendo a una sfida in continua evoluzione tra la necessità di proteggere i nostri giovani nel mondo online e il loro diritto all’autonomia e all’esplorazione. La situazione però è tutt’altro che risolta: è una partita ancora aperta, un equilibrio delicato tra sicurezza e libertà.
Come abbiamo visto, i pericoli online sono reali e presenti, e le azioni intraprese da diversi Paesi mostrano una crescente preoccupazione. D’altra parte l’imposizione di controlli rigidi può sembrare una soluzione facile, ma non tiene conto della complessità e della resilienza dei giovani nell’ambiente digitale.
Qui il dialogo si configura come una (l’unica?) via per costruire fiducia, comprensione, e soprattutto autonomia critica. I giovani di oggi non sono semplici “utenti” di tecnologia; sono esploratori in un mondo digitale vasto e complicato, un mondo che muta più rapidamente di quanto le politiche e i controlli possano tenere il passo.
Quale strada intraprendere
La risposta non è in una soluzione unica o definitiva, ma in un approccio flessibile che equilibri le misure di sicurezza con il sostegno all’indipendenza e all’apprendimento critico. Un approccio che riconosce i giovani non come vittime passive di tecnologie pericolose, ma come individui capaci di imparare, adattarsi e crescere.
In questa partita ancora aperta, il ruolo dei genitori è fondamentale ma deve evolversi. Invece di limitarsi a essere guardiani possono diventare “co-piloti”, navigatori accanto ai loro figli in questo viaggio digitale.
Insieme possono affrontare sfide, celebrare scoperte, imparare l’uno dall’altro.
Non è né semplice né definitivo. È un costante ed eterno work in progress.
La partita è ancora aperta, e ogni giocata può fare la differenza nel definire il futuro del nostro mondo digitale.
Sitografia e bilbiografia
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