Netics

Ristrutturare la spesa sanitaria per migliorare la cura: una via possibile

Ristrutturare la spesa ospedaliera e quella per assistenza specialistica, incrementando la spesa farmaceutica, l’assistenza ambulatoriale e domiciliare, l’assistenza semi-residenziale e le attività di prevenzione. In questo modo il Sistema sanitario nazionale può migliorare davvero

Pubblicato il 03 Nov 2016

Paolo Colli Franzone

presidente, Osservatorio Netics

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La digital transformation (e non la semplice “informatizzazione della sanità”) abilita, facilita e velocizza un percorso di ristrutturazione della spesa sanitaria nazionale.

Ristrutturazione, si badi bene. Non “riduzione”.
La sanità digitale non produce risparmi. I risparmi si ottengono ridisegnando processi, non introducendo fascicoli sanitari elettronici e cartelle cliniche informatizzate.
Peraltro, a un risparmio conseguito in un singolo silos tra quelli che compongono la spesa sanitaria nazionale (112 miliardi di euro), consegue un incremento di spesa in uno o più altri silos.
Anche perché, com’è arcinoto, la domanda di salute è in aumento e l’innovazione ha il suo costo: 7.000 nuovi farmaci in arrivo, i notevoli progressi dell’elettronica biomedicale, la robotica chirurgica, le piattaforme e i servizi per la telemedicina, e via di seguito.

Il tema quindi non è tanto “proclamare risparmi” alimentando false aspettative, quanto piuttosto tentare di disegnare un nuovo modello di SSN attraverso un ripensamento complessivo dei processi di prevenzione, diagnosi e cura anche (non “solamente”) facendo leva sulle opportunità offerte dal paradigma della digital transformation.
Il duplice obiettivo è presto detto: “reggere l’urto” provocato dagli investimenti necessari a innovare, non scendendo a compromessi sulla quantità e qualità delle prestazioni garantite dal SSN.
Una sorta di grande partita di giro, dove i numeri complessivi rimangono invariati nella migliore delle ipotesi ma dove non si toccano i diritti del cittadino/assistito/paziente. E – cosa non trascurabile – non si mettono in discussione posti di lavoro: perché la digital transformation in Sanità, forse in controtendenza rispetto ad altri comparti, non impatta sull’occupazione se non in termini positivi.

L’Osservatorio Netics ha proseguito nel 2016 una ricerca iniziata nell’ormai lontano 2013, finalizzata a comprendere in profondità i principali processi di erogazione delle prestazioni sanitarie ospedaliere e territoriali e di valutare l’impatto in termini gestionali ed economici della loro reingegnerizzazione.
I risultati sono interessanti: il SSN può attuare una sua profonda trasformazione, abilitata da una rivisitazione radicale dei processi “core” anche (non “solo”) in chiave digitale, reggendo senza particolari problemi l’impatto degli investimenti necessari all’innovazione e dei maggiori costi correnti derivanti ad esempio dall’ingresso sul mercato dei farmaci innovativi.

La figura sopra riportata rappresenta un possibile scenario: fatta 100 la spesa del SSN 2015, in un anno definito “X” (il valore di X dipende ovviamente dalla data di avvio della digital transformation) essa può diventare 102-103, ristrutturando in misura significativa alcuni dei silos dove si concentrano la maggior parte dei processi suscettibili di reingegnerizzazione con particolare riferimento alla spesa ospedaliera e a quella per assistenza specialistica e incrementando la spesa farmaceutica, l’assistenza ambulatoriale e domiciliare, l’assistenza semi-residenziale e le attività di prevenzione.
Nessun posto di lavoro in pericolo, piuttosto il contrario: un forte incremento delle ospedalizzazioni domiciliarizzate o “reindirizzate” in RSA provocherà un aumento della domanda di prestazioni infermieristiche; la nascita di strutture complesse di cura primaria di dimensioni ragguardevoli (nei centri ad elevata urbanizzazione) renderà possibili ulteriori posti di lavoro destinati ad attività di supporto dei medici di medicina generale; ulteriore occupazione verrà alimentata dall’industria farmaceutica, dal biomedicale e dai service provider di ingegneria clinica e telemedicina. E così via.

Criticità?
Non poche, è bene dirselo.

A partire dal commitment politico, non così decisamente orientato a riconoscere nella digital transformation un potenziale formidabile alleato.
E dalle notevoli resistenze frapposte da parte di chiunque (non pochi) su una sanità pesante ed inefficiente, governata per silos non comunicanti fra loro, ci campa serenamente.
Quello che ci vuole, è una classe politica – a livello governativo e parlamentare – capace di far capire che la ricreazione, in Sanità, è finita per sempre.

Ne parleremo a Milano il 10-12 novembre a S@lute 2016.

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