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Raccontare la salute creando valore pubblico: il caso della Regione Lazio



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Il progetto Salute Lazio utilizza la comunicazione crossmediale per promuovere i servizi presenti sul territorio e ricordare l’importanza della diagnosi precoce. I risultati sono incoraggianti

Pubblicato il 10 mag 2024

Anna Laura Consalvi

Ufficio stampa ASL Roma 1, Tavolo nazionale sanità Associazione PA Social



salute lazio

Raccontare la salute creando valore pubblico, attraverso strumenti che riescano ad abbattere le distanze tra i cittadini e le istituzioni. Salute Lazio è un progetto di comunicazione verticale con cui la Regione Lazio porta avanti iniziative volte a promuovere i servizi presenti sul territorio e di sostegno all’awareness di patologie per ricordare l’importanza della diagnosi precoce.

Un obiettivo che porta avanti attraverso un piano della comunicazione crossmediale che amplia il lavoro fatto negli anni precedenti, alternando campagne offline e online a un piano editoriale digitale che viene implementato quotidianamente.

Sessanta secondi per raccontare un servizio

La sfida raccolta dalla Regione Lazio è una diretta eredità del Covid: l’accelerazione data dalla pandemia all’uso sistematico e “aperto” della comunicazione in ambito sanitario, è il patrimonio da cui si è partiti per continuare a costruire una mappa di servizi accessibile e utile agli utenti e per consolidare la reputation dell’istituzione pubblica che si racconta ai cittadini anche con i suoi testimonial migliori: gli operatori sanitari. La scelta strategica è quella di far parlare direttamente medici, infermieri e i protagonisti del microcosmo che rappresenta la sanità pubblica, per rendere il messaggio più efficace e quindi aumentarne il tasso di penetrazione.

Gli screening oncologici sono un primo esempio: la Regione Lazio, come molte in Italia, ha un tasso di adesione ai programmi di prevenzione dei tumori basso rispetto a quello che sarebbe auspicabile. Si tratta non soltanto di un problema legato alla diffusione dell’informazione nelle fasce in target ma di educazione sociale, per cui l’istituzione pubblica è chiamata a favorire la costruzione di una coscienza collettiva che veda la cura di sé stessi come una priorità e non solamente un’incombenza. L’altro tema, non secondario, è quello della fiducia che si ripone nella cosa pubblica: rivolgersi ad una azienda sanitaria locale vuol dire, nell’immaginario collettivo, attendere molto per un appuntamento che si immagina potrebbe non arrivare mai. La prima barriera da abbattere quindi è questa: far passare il messaggio che è possibile avere una diagnosi precoce fatta con strumenti all’avanguardia e da personale altamente professionalizzato che garantisca una corretta presa in carico e quindi le cure migliori in caso di necessità. Per farlo la scelta è ricaduta sul personale che ogni giorno lavora negli ambulatori e nei reparti degli ospedali presenti sul territorio, che non solo conoscono bene l’argomento ma sono essi stessi parte integrante del sistema che viene raccontato e descritto in poco più di sessanta secondi.

Un lasso di tempo breve che deve ottenere un duplice risultato: catturare l’attenzione di un utente medio e fare in modo che il messaggio passi in maniera semplice, diretta e rassicurante.

Influencer sì o no? Il caso della campagna “Facciamoli funzionare”

La presenza dei social network come strumento di comunicazione utile a garantire una copertura maggiore del messaggio che si vuole veicolare e la conseguente scelta da parte delle pubbliche amministrazioni di presidiare anche canali decisamente più orizzontali di quelli scelti fino a qualche anno fa, lascia aperto l’interrogativo sull’opportunità di usare anche gli influencer. In sanità il tema è ancora più delicato, perché la scelta non si basa solo sul numero di follower e sul target ma anche sulla qualità dei contenuti che vengono veicolati.

Cercare un influencer in grado di promuovere la salute è una scelta strategica che mette insieme più di un aspetto e che può avere ricadute importanti sul successo del messaggio che viene veicolato, legato anche alla storia personale di chi si sceglie e alla sua narrazione. Tra le campagne promosse dalla Regione Lazio negli ultimi mesi c’è “Facciamoli funzionare”, legata all’antibioticoresistenza, ovvero alla capacità del nostro organismo di resistere all’uso degli antibiotici compromettendone l’efficacia, che ha visto l’uso di microinfluencer legati al mondo della sanità pubblica e a quello sociale. La scelta di far veicolare il messaggio da due medici di base, Beppe Ravasi e Maria Elena Lorenzetti di “Pediatalk”, che quotidianamente interagiscono con una fanbase consolidata attraverso reels con un altissimo tasso di interazione, è stata premiata come raccontano i numeri registrati: una reach di 334mila, oltre 435.500 impression, oltre 37.600 interazioni e un engagement rate dell’8%. Si tratta di un precedente importante che supera in qualche modo il concetto di testimonial, supportando con la forza dei numeri la strategia che vede la pubblica amministrazione usare, con tutti i distinguo del caso, uno strumento più pop e, per il momento, meno istituzionale.

Un passaggio per alcuni versi obbligato, se si pensa alla comunicazione come chiave di volta reale per convertire messaggi in servizi e quindi con ricadute concrete sulla vita dei cittadini, che possono trovare risposte e informazioni dove passano di fatto più tempo. Per questo un ruolo importante in questa architettura social viene svolto anche dal community management.

Community management: “prendere in carico” il cittadino iniziando con “ciao”

“Ciao! Grazie per averci scritto, puoi prenotare il tuo screening direttamente andando sul sito salutelazio.it”. Questa è una delle risposte ai numerosi messaggi che ogni giorno vengono lasciati sia sulle pagine social di Salute Lazio.

La scelta è stata quella di non limitarsi a rispondere soltanto privatamente ma, nel rispetto della privacy dell’utente, di creare un dialogo visibile a tutti, per poter essere utile a più persone che hanno lo stesso quesito o lo stesso problema. In linea con questo obiettivo il tone of voice scelto è caldo, quindi colloquiale e amichevole, per far emergere il tema della “presa in carico” dell’utente che usa i canali social molto spesso con un senso di sfiducia, convinto che dall’altra parte ci sia una voce registrata o che non ci sarà nessuna risposta. Abbattere la burocrazia vuol dire ridurre le procedure, avvicinare le risposte e cercare darle nel modo in cui le persone le cercano. Anche questo è servizio pubblico.

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