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I dati, motore di innovazione per le aziende: come sfruttarli col cloud



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La gestione ottimale dei dati e la strategia adottata per il loro utilizzo sono fondamentali per il successo del business. Eppure, solo l’1% dei dati viene analizzato, sprecando un potenziale enorme. Il cloud computing emerge come soluzione chiave, permettendo alle aziende di sfruttare i dati per rimanere competitive e innovare

Pubblicato il 22 mag 2024

Mauro Capo

Responsabile Cloud First di Accenture per Italia, Centro Europa e Grecia



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iaas

Nell’era degli algoritmi e del boom di Intelligenza Artificiale, machine learning e deep learning, si è finito quasi per dimenticare qual è la linfa e condizione principale di esistenza di tutte queste tecnologie: i dati. Sono i dati, infatti, a rendere possibile l’apprendimento, da parte di questi software, di abilità come quella di conversare o di creare un’immagine, che fino a ieri erano appannaggio soltanto della specie umana. Questo è il motivo per cui si sente dire ogni giorno che i dati sono il “nuovo petrolio”. Possiamo allora permetterci di “dimenticarci” di una risorsa così preziosa?

Ogni persona utilizzando la tecnologia induce la produzione di circa 50 gigabyte al giorno di dati. Moltiplicando questo numero per 8 miliardi di individui sul pianeta Terra si ha un’idea della sconfinata mole di dati a disposizione delle aziende per creare nuove applicazioni e opportunità di business. Tuttavia, solo l’1% di questi dati viene analizzata da chi li possiede per creare valore, il che vuol dire che il 99% viene sprecato.

Al tempo stesso, le aziende hanno l’esigenza di rimanere competitive sul mercato e al passo con le società “native digitali”, che hanno rivoluzionato interi settori facendo affidamento sui dati. E l’unica strada per farlo è la trasformazione data-driven.

Oggi le tecnologie cloud mettono a disposizione delle aziende un’enorme capacità computazionale che rende gestibile questa sovrabbondanza di dati, ma al contempo le imprese si trovano a dover rispondere a una domanda fondamentale: qual è il modo più efficace di usare tutti questi dati per migliorare il business?

Cosa sono e a cosa servono i dati

I dati possono essere di vari tipi: numeri, testi, valori numerici e così via. Ma sono grezzi almeno fino a che non sappiamo a cosa si riferiscono; solo a quel punto generano informazioni e sono utili al business. La capacità dei dati di generare nuove opportunità di business è strettamente correlata con la capacità dell’organizzazione di trarre informazioni dalla loro analisi. Queste informazioni possono essere trasformate poi in conoscenza solo con un passaggio ulteriore, ossia stabilendo tra di esse delle correlazioni. A questo punto, però, manca ancora un passaggio fondamentale per far sì che questo processo generi valore per l’azienda: è la “saggezza”, cioè l’insieme di intuizioni necessarie per sfruttare la conoscenza in chiave trasformativa.

Gestione ottimale dei dati: i vantaggi per le aziende

Quali sono i vantaggi per l’azienda? Ce ne sono diversi, a seconda del tipo di dato e del tipo di azienda: si possono modificare i processi affinché siano più economici, rendendo ad esempio la supply chain più efficiente o riducendo spese e tempistiche; oppure migliorare prodotti e servizi, offrendone anche di innovativi; oppure operare in maniera più intelligente, prendere decisioni più efficaci e basate su una comprensione più profonda delle esigenze dei clienti, dei dipendenti o dell’attività stessa.

Il ruolo del cloud nella gestione dei dati

I database esistono fin da quando si registrano nascite, morti, matrimoni e altre attività umane. Ma con l’avvento del computer è stato possibile mettere in relazione le informazioni che ne derivano per rileggere i dati sotto una luce diversa, estraendo così deduzioni sempre più profonde. I DataBase Management System, software di gestione dei dati, hanno reso possibile estrarne significati utili al business, ma per molto tempo le aziende non si sono rese conto delle potenzialità inespresse derivanti dall’utilizzare tanti sistemi scollegati tra loro in diversi reparti, i cosiddetti “Data Silos”, cioè depositi di dati sigillati e non comunicanti tra loro.

Il successo del cloud ha trasformato tutte le fasi della catena del valore classica dei Big Data:

  • la creazione, o Data Capture, ha avuto una accelerazione con la diffusione delle soluzioni Edge, che amplificano la capacità di raccolta e di analisi dei dati in periferia, fuori dai Data Center;
  • lo storage dei dati è diventato elastico con il cloud, superando le classiche limitazioni di capacità delle infrastrutture tradizionali;
  • la fase del processing o Data Mining ha visto il prevalere di soluzioni cloud-based per i software di analytics, di machine learning e di intelligenza artificiale. Si pensi ad esempio all’intensità di calcolo necessaria per le fasi di addestramento e di inferenza dei modelli di intelligenza artificiale generativa, per rendersi conto di come la flessibilità del cloud e la possibilità di allocare le risorse solo quando necessarie sia condizione necessaria alla performance e sostenibilità dei modelli;
  • il consumo o Data Usage/Sharingè stato rivoluzionato con le logiche di marketplace e Data Space con i quali si stabiliscono degli ecosistemi digitali i cui partecipanti condividono i dati, per sviluppare nuovi modelli di utilizzo, su piattaforme cloud protette e sicure;
  • infine, la fase di monetizzazione è sempre più legata alla esperienza del cliente o utente finale e alle feature di personalizzazione che hanno le piattaforme cloud di front-end.

In sintesi, il cloud computing ha innescato un cambio di paradigma. La capacità di acquisire e archiviare una mole di dati molto maggiore rispetto al passato, grazie all’elasticità dello storage offerto dal cloud, ha aperto le porte alla raccolta di dati di ogni tipo – non strutturati, grezzi, provenienti da fonti diverse, acquisiti con tempi e modalità differenti. Persino quei dati con utilità potenziale ma non ancora definita, amplificando così le opportunità accessibili nelle fasi successive, a loro volta potenziate da un’ampia disponibilità di strumenti avanzati di analisi. Non va dunque sottovalutata l’importanza di acquisire sempre tutti i dati possibili, non solo quelli utili ai processi aziendali, ma anche quelli utilizzabili per restituire servizi migliori ai clienti.

Gli stessi cloud provider leader di mercato, i cosiddetti hyperscaler, basano il loro modello di business sulla capacità di estrarre valore da ogni singolo segmento della catena del valore, per esempio riprogettando o riconfigurando i servizi applicativi che offrono a catalogo in base ai metadati di utilizzo dei clienti, e l’insegnamento per tutte le altre aziende è che quanto maggiormente si adottano soluzioni cloud, tanto più si riesce ad andare in profondità nella valorizzazione del parco dati che si gestisce.

Non solo Big Data: le opportunità offerte dai dati per tutte le aziende

Avere molti dati vuol dire avere molte opportunità di analizzarli e metterli in correlazione per scoprire nuove idee di business. Non bisogna però pensare che queste opportunità nascano solo dalla disponibilità di dati interni e proprietari, perché come detto sopra anche quantità di dati più ristrette possono essere sfruttate per creare valore aziendale, accoppiando ai propri dati quelli esterni, acquisiti sul mercato da terze parti. Ogni azienda, dunque, non solo le megacorporation digitali, ha l’opportunità di trasformarsi in una data-driven company.

Inoltre, quando si parla di dati, non conta solo il volume, cioè la quantità a disposizione, ma anche la velocità, ossia la rapidità con cui vengono raccolti i dati, la varietà, che dipende da quali fonti, sistemi o tecnologie derivano, e l’affidabilità, cioè la relativa qualità, che fa sì che questi dati abbiano un significato e una rilevanza per l’azienda. In merito a questo aspetto, il cloud gioca un ruolo fondamentale grazie all’agilità operativa che introduce, alla possibilità di sviluppare e lanciare servizi digitali con approccio di prototipazione rapida e di fail fast e quindi di validare immediatamente se il modo con cui si stanno usando ed integrando i dati produce i risultati attesi, senza bisogno di ingenti investimenti iniziali.

Il concetto di Digital Core nell’era dei dati

I dati rappresentano quindi un asset fondamentale per aziende, ma per sfruttarli c’è bisogno di una strategia che risponda a molteplici quesiti: come ottenere i dati, proteggerli e sfruttarli al meglio? Tuttavia, secondo un recente sondaggio di Accenture, più del 70% delle aziende non ha ancora attivato una strategia per l’utilizzo dei dati, o se l’ha fatto, questa non è sufficientemente articolata e dettagliata. Inoltre, il patrimonio dati costituisce, insieme alle soluzioni cloud e di intelligenza artificiale, il Digital Core di una organizzazione per la trasformazione digitale. Per questo motivo le tre fasi tradizionali in cui è articolata una strategia sui dati, ovvero la raccolta, la preparazione e l’analisi, oggi vanno interpretate in maniera olistica e coordinate con lo sviluppo di un portafoglio di servizi di piattaforma e di modelli AI, con un focus sempre più spinto anche sulla compliance ai principi aziendali e ai regolamenti normativi. In questo senso la figura del Chief Data Officier, e coerentemente quella dei Data Scientist che lo supportano, si espandono con competenze storicamente associate al Chief Technology Officier e si profila la definizione del nuovo ruolo del Chief Digital Core Officier.

Conclusioni

In conclusione, i dati sono sì il “nuovo petrolio” dell’era digitale, ma, proprio come il petrolio, devono essere estratti, raffinati e trasformati per creare valore e il cloud computing sta emergendo come la tecnologia chiave per abilitare questa trasformazione. Le organizzazioni che sapranno riconoscere il valore dei dati e sfruttare il cloud computing adeguatamente saranno le leader dell’economia digitale del futuro.

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