La guerra fredda economico-tecnologica che oppone gli Stati Uniti alla Cina crescerà nei prossimi mesi in vista delle elezioni americane. I due contendenti stanno seguendo la stessa politica in questo ambito, ma l’intensità dopo le elezioni è destinata a cambiare. La rielezione di Joe Biden potrebbe portare ad un aggiustamento concordato delle tensioni, mentre il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump potrebbe portare all’apertura di nuovi fronti di scontro.
Le tensioni economico-tecnologiche tra Stati Uniti e Cina
Per la Cina l’obiettivo è di mantenere il ritmo di crescita che le ha consentito negli ultimi venti anni di passare da paese sottosviluppato a paese leader nelle tecnologie di avanguardia.
Spiegano David Dorman e John Hemmings in Digital China: The Strategy and Its Geopolitical Implications: “Mentre il mondo era distratto dai lunghi sconvolgimenti economici e sociali causati dal coronavirus, Pechino ha colto l’opportunità offerta dalla crisi per accelerare la propria strategia digitale nazionale, titolata senza pretese Cina digitale. Con la guida personale decennale del segretario generale Xi Jinping, la strategia è progettata per aumentare la competitività e l’efficienza sociale della Cina attraverso una trasformazione digitale globale. Per lo più sconosciuta in Occidente, Cina digitale ha profonde implicazioni per il percorso di sviluppo della Cina, per la competizione tra grandi potenze e per le norme che saranno alla base del sistema internazionale per i decenni a venire”[1].
Il rapporto del Pacific Forum sulla strategia cinese è stato preso seriamente in considerazione dal Dipartimento di Stato Usa, che lo ha discusso pubblicamente.
La strategia punta alle tecnologie e alle loro applicazioni, decisive in tre aree: militare, sicurezza interna, economia. Dove per sicurezza si intende quella serie di applicazioni digitali volte ad assicurare un controllo puntuale sulle attività e sulle attitudini politiche dei cittadini e dove l’estensione dei confini della Cina digitale avviene, secondo Xi Jinping, in tutte le “cinque sfere”: “La tecnologia digitale si sta pienamente integrando in tutti i campi e nell’intero processo dell’economia, della politica, della cultura, della società e della civiltà ecologica (le Cinque Sfere) portando nuove idee, applicazioni, forme e modelli, con ampi e profondi impatti sulla produzione e sulla vita dell’umanità”.[2]
La competizione è anche sulle regole
La guerra fredda tecnologica si è estesa dalle infrastrutture 5G (Huawei), ai semiconduttori (Chips Acts negli Stati Uniti ed in Europa), mentre il sistema di regolazioni internazionali relativo alla privacy, all’uso dell’intelligenza artificiale, ai contenuti digitali porta ad un complessa situazione in cui si affermano aree geopolitiche di regolazione, che frammentano il mercato globale in sistemi parzialmente segregati, ma al contempo offrono un terreno di competizione anche tra le regole, come dimostra il dibattito sull’effetto Bruxelles[3].
L’entrata in vigore del Digital Market Act, con l’individuazione delle piattaforme gatekeeper, sta portando ad aggiustamenti nei servizi offerti nell’area europea: ma è difficile che questo porti ad una perdita di polivalenza dei terminali, che rimarranno strumenti globali per la navigazione e per i servizi internet, nonostante le barriere alzate dalla regolazione[4]. Permane, infatti, una integrazione crescente dell’offerta di servizi e soprattutto una dimensione mondiale della domanda, dimensione aperta dall’estensione della rete e del suo accesso, come dimostra il caso TikTok. Il mercato continua, insomma, a premiare la tendenza alla globalizzazione delle app di successo, mentre le autorità cercano di introdurre separazioni artificiose, come l’imposizione della “nazionalità” della proprietà della app.
I tre “imperi digitali” e le loro influenze sull’economia mondiale
Le trincee vengono scavate per separare i mercati e continuamente esse vengono scavalcate dalle forze globali della digitalizzazione e di internet[5].
I tre “imperi digitali” che oggi offrono al mondo una propria via per regolare l’accesso e la distribuzione dei servizi digitali condizionano lo sviluppo dell’economia mondiale.
Il modello americano, guidato dal mercato, ha segnato il successo iniziale dell’era digitale; la sua forza propulsiva, come conferma anche la vicenda dell’intelligenza artificiale, non è affatto spenta. Ma è offuscata la sua capacità di attrarre emuli, di includere nuove aree, di offrire il modello di accesso indiscusso.
L’area europea è quella dell’economia digitale guidata dai diritti e in questo, nonostante la sua relativa debolezza tecnologica e industriale, l’Europa si è posta al centro dell’attenzione dei paesi e delle economie che giungono alla soglia dell’era digitale, davanti alla scelta del modello di riferimento. L’impatto dell’attuazione del Digital Market Act offrirà materiale decisivo in tal senso. Si noti che questo modello europeo ha guidato in parte anche il sistema normativo cinese, che pure rientra nel terzo tipo di impero digitale, quello guidato da governo o, se preferisce, dal Partito.
La sopravvivenza di un mercato globale incontra difficoltà crescenti a causa di sistemi regolatori che confliggono, poiché ciascuno di questi “imperi digitali” non si limita a regolare le attività al proprio interno, ma influisce in modo decisivo sulle attività a livello globale: la giurisdizione non rientra più nei limiti dei confini statuali.
Un po’ come la sicurezza ha appesantito e reso più costosi i voli internazionali, così le “regole” che si applicano all’economia della rete ne appesantiscono lo sviluppo e ne rallentano la crescita.
Secondo Anu Bradford, questa evoluzione porta con sé la caduta dell’impero digitale americano quale lo abbiamo conosciuto fino ad oggi. Con tale caduta, si apre una questione decisiva sulla possibilità che prevalgano le spinte nazionalista alla creazione di sub-mercati protetti[6]. Infatti, perde attrattività l’idea di un liberalismo positivo, apportatore di benefici e di servizi gratuiti, accessibili a tutti. Il mondo sta cambiando, e non è detto che cambi in meglio. Nonostante il peso ancora dominante delle compagnie Big Tech sull’economia mondiale, è finito il momento storico in cui esse operavano con il pieno sostegno del governo americano e con la sostanziale condivisione dell’approccio liberistico da parte dei paesi delle altre aree del mondo. Anche in America il pubblico comincia ad essere incerto sull’assetto di potere e sul sistema di regole che governano il mercato digitale.
Le sanzioni tecnologiche: una strategia efficace?
Le tensioni si traducono in provvedimenti di limitazione degli scambi tecnologici giustificati da ragioni di sicurezza. Huawei rappresenta una cartina di tornasole di queste pressioni autarchiche. Essa non solo è fornitrice in Cina di terminali e infrastrutture di comunicazione mobile, ma ha quote di mercato importanti nei paesi occidentali e in molte aree rurali degli Stati Uniti. Nonostante l’aperta guerra condotta dalle amministrazioni americane, Huawei è ancora nel 2023 la prima azienda del mondo come numero di brevetti, è la prima compagnia per i nodi che connettono internet e la rete mobile, nonché per gli smartphone, dove – in Cina – si trova in quarta posizione, dopo Apple[7].
Mentre il ministro degli esteri cinese denuncia l’eccesso di scrupoli del governo americano sulla sicurezza, accusandolo di voler colpire le aziende cinesi senza alcuna motivazione, il Dipartimento del Commercio intende limitare l’accesso dell’azienda cinese ai processori Qualcomm e Intel. Huawei sta lanciando modelli di telefoni ad alte prestazioni che competono con gli Apple di ultima generazione, come la serie Pura 70 , con cui sta mettendo in difficoltà Apple in Cina. L’azienda di Cupertino sta perdendo il 19% nel primo trimestre del 2024 mentre Huawei vede un aumento del 70%.[8] Il mercato è stretto: per l’anno in corso le attese sono di una crescita molto modesta in Cina, dell’1,5% anno su anno nel primo trimestre. Proprio l’inserimento di processori più evoluti, come Snapdragon 8 Gen 3 di Qualcomm sono installati nei terminali Xiaomi e Oppo per le applicazioni di intelligenza artificiale.
Uno spinoff di Huawei, Honor, ha dimostrato un device di tracciamento degli occhi che consente all’ultimo modello di Huawei, il Magic 6 Pro, di controllare l’auto con gli occhi. Non si tratta solo di Huawei: sono tutte le aziende cinesi di telefoni avanzati che contano sugli sviluppi dell’intelligenza artificiale applicata ai telefoni cellulari, per rilanciare la domanda.
Ogni sanzione comporta un costo per l’industria americana più avanzata e perdite, fino ad ora limitate, per l’industria cinese: molti si chiedono se questa sia una strategia efficace.
I rischi del decoupling nel settore dei semiconduttori
Il cavallo di battaglia della strategia americana (ed europea) per contrastare la posizione di eccellenza conquistata dalla Cina nel digitale, sono i sussidi per la produzione dei semiconduttori nelle mura domestiche. TMSC (Taiwan) riceverà 6,6 miliardi di dollari di sussidi per collocare tre nuovi stabilimenti in Arizona; Samsung (Corea) ne riceverà 6,4 per stabilimenti in Texas. Se guardiamo all’intervento di politica industriale precedente, quello per l’ambiente (Inflation Reduction Act), nonostante i crediti di imposta per gli investimenti negli USA e le tariffe all’import del 14% e del 25% rispettivamente su pannelli solari e veicoli elettrici, la Cina rimane protagonista assoluta in entrambi i settori, con Longi maggiore produttore di pannelli, CATL maggior produttore di batterie e BDY che contende il primato delle auto elettriche a Tesla.
L’efficacia delle politiche isolazioniste e di incentivi pubblici sembra scarsa, fino ad ora. Il rischio che diventi efficace nel momento in cui i suoi effetti negativi si estendano all’intero mercato mondiale, non è di grande consolazione.
Il ruolo delle lobby nell’industria digitale
Altri settori sono in attesa di “protezione”: le lobby infatti non dormono mai. Ci sono le tecnologie quantistiche per il computing, quelle dell’intelligenza artificiale, che possono estendersi a diversi campi in modo imprevedibile, le tecnologie per il sequenziamento del genoma, dove, negli Stati Uniti, alcuni rappresentanti repubblicani stanno preoccupandosi che negli ospedali europei vengono installate macchine della MGI Tech, uno spin off del gigante cinese BGI.
La rielezione di Biden porterebbe ad una continuazione dello stop & go che caratterizza le relazioni Cina-Usa: sanzioni, aggiramenti delle medesime, scontri verbali, un po’ di sabbia negli ingranaggi della globalizzazione. Ma se l’eletto fosse Trump l’attitudine americana potrebbe risultare molto più aggressiva e molto più imprevedibile, non necessariamente più efficace. La non prevedibilità è una leva altamente destabilizzante, soprattutto con la Cina, il cui sistema di governo si basa sulla stabilità come prospettiva a lungo termine. Un aspetto poco conosciuto e ancor meno considerato dai policy maker occidentali.
Si correrebbe il rischio di inceppare in modo sistemico la catena degli scambi, con un peggioramento delle prospettive di crescita economica e di sviluppo tecnologico sia per gli Stati Uniti, sia per il resto del mondo, e con rischi che potrebbero estendersi oltre la sfera economica e tecnologica.
Note
[1]) David Dorma, Jouhn Hemings, Digital China: The Strategy and Its Geopolitical Implications, Pacific Forum, Issues and Insights Vol. 23, WP2, February 22, 2023.
[2]) Xi Jinping’s congratulatory letter to the 2021 World Internet Conference (Wuzhen Summit) on Sept. 26, 2021.
[3]) Anu Bradford, The Brussels Effect: How the European Union Rules the World, Oxford University Press, 2020.
[4]) Jess Weatherbed, iOS 17.4 is here and ready for a whole new Europe, The Verge, March 5, 2024.
[5]) Anu Bradford, Digital Empires. The Global Battle to Regulate Technology, Oxford University Press, 2023, in particolare capitolo 5.
[6]) Anu Bradford, After the Fall of the American Digital Empire, Knight First Amendment Institute at Columbia University, Occasional Paper September 21, 2023.
[7]) Joao da Silva, The US government says it has revoked some licences that allowed US chip makers to export certain goods to Chinese technology giant Huawei, BBC, January 9, 2024.
[8]) Ryan Browne, Apple iPhone sales drop 19% in China as demand for Huawei smartphones soars, research says, TECH, CNBC, Aprile 23, 2024.