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Sociocrazia in azienda: la rivoluzione della governance partecipativa



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La cultura collaborativa e la diversità nel team, integrate con piattaforme digitali e apprendimento continuo, promuovono innovazione e resilienza nelle aziende. Il modello sociocratico, introdotto da Gerard Endenburg, offre una gestione partecipativa e distribuzione del potere decisionale. Esperienze come Morning Star dimostrano i vantaggi di una struttura aziendale non gerarchica

Pubblicato il 13 giu 2024

Roberto Bonino

Volt Europa



sociocracy

Cultura collaborativa, diversità nel team, piattaforme digitali e apprendimento continuo, tutti elementi importanti per le aziende. Un ambiente aperto promuove innovazione e resilienza, contribuendo al successo a lungo termine. Sono concetti ormai generalmente noti, anche se la messa in pratica può lasciare spesso a desiderare.

Alcune imprese cercano di portare l’idea ancora più in avanti, ponendo il collettivo al centro della struttura organizzativa. Non stiamo parlando di kibbutz o comuni hippy, ma di imprese commerciali attive su mercati concorrenziali.

Sociocracy. The Operating System Of The New Economy

Il concetto di sociocrazia

Il movimento, noto con il nome di Sociocrazia, fu lanciato negli anni ’70 da Gerard Endenburg, un ingegnere olandese che ha applicato i principi della cibernetica e dell’ingegneria sistemica per creare un modello organizzativo incentrato sulla gestione (“governance”) partecipativa e sulla distribuzione del potere decisionale in funzione delle competenze e del raggio di azione delle parti. Quali sono gli elementi chiave di questo approccio e cosa ne pensa chi lavora in organizzazioni che lo hanno adottato?

Si sente spesso affermare che i giovani sono irresponsabili e non rispettano la gerarchia e l’autorità: un’affermazione emblematica dell’attuale rapporto tra le generazioni, in particolare nell’ambito professionale. A parte il rischio, per chi ha superato I sessanta, di sentirsi rispondere un semplice e sprezzante “OK boomer” , vale la pena soffermarsi a riflettere se per caso non sia effettivamente possibile un ambiente di lavoro privo di gerarchie.

Morning Star: un caso di studio

Andando in auto da Los Angeles a San Francisco via la Interstate 5, arrivati all’altezza di Los Banos, quando manca circa un’ora e mezza a San Francisco, si passa vicino a un sito eccezionale: la fabbrica di salsa di pomodoro “The Morning Star“. A prima vista appare come un qualunque sito industriale, con grandi capannoni, impianti fumanti, e un brulicare di camion. All’interno, montagne di pomodori, che vengono trasformati in salsa di pomodoro. La vera particolarità dell’azienda sta nelle relazioni del personale: alla Morning Star, non ci sono capi. O, se vogliamo, tutti sono capi. La gestione dell’azienda, secondo Doug Kirkpatrick , uno dei primi “non managers” dell’azienda e ora autore e consulente internazionale nel campo del futuro del lavoro, si basa su due principi fondamentali: nessuno dovrebbe imporre la propria volontà agli altri e ciascuno deve onorare gli impegni presi con gli altri (Minnaar, n.d.).

Il dittatore benevolo

Morning Star è una delle organizzazioni pioniere del rifiuto della gerarchia in impresa. Nel suo libro “Reinventare le Organizzazioni,” Frederic Laloux ne ha incontrate varie, dalla FAVI francese, attiva nella meccanica, alla Buurtzog Olandese, nel campo delle cure a domicilio o la Semco Brasiliana, un’azienda manifatturiera. Ogni impresa ha una storia diversa, alcune sono ancora attive, altre sono state riacquistate da organizzazioni classiche, altre ancora hanno dato nascita ad agenzie di consulenza per promuovere il loro approccio, come il Semco Style Institute, presente anche in Italia Un aspetto ricorrente nella loro storia, è che la decisione di lavorare senza gerarchia emerge spesso dalla volontà di un individuo, che sia fondatore o manager chiamato a risollevare le sorti di un’organizzazione in serio pericolo di tracollo. Una forma paradossale di “Dittatore Benevolo”, che usa il proprio potere per dare il massimo di libertà ai suoi subordinati, con il rischio che, alla sua partenza, l’organizzazione si riorienti verso metodi di gestione tradizionali.

Nel caso di Morning Start l’impulso è stato dato da Chris Rufer nel 1970, fondatore, e ancora oggi unico proprietario, sin dalla messa in funzione del primo impianto (Kirkpatrick, 2023), con la volontà di creare una struttura organizzativa perfettamente piatta avente come unico “capo” la missione comune. Partita inizialmente con un solo camion, oggi l’azienda rifornisce oltre il 40% del mercato USA con concentrato di pomodoro e pomodori a cubetti generando un fatturato di oltre 800 milioni di dollari l’anno (Morning Star, n.d.).

In anticipo sulle teorie di management

A questo punto la domanda che sorge legittima, come la pone Hamel in un articolo di Harvard Business Review del 2011 è: “Come diamine si fa a gestire un’azienda in cui nessuno dà ordini e nessuno li prende? “

Un aspetto importante è la missione personale in cui ogni “collega”, l’unico titolo usato in azienda, descrive esplicitamente come intende contribuire alla missione generale dell’azienda.

Un altro dei principali strumenti di autogestione è la Lettera d’intesa tra colleghi (CLOU: Colleague Letter of Understanding): essenzialmente, un contratto di prestazione tra colleghi. Il CLOU ha diversi scopi. In primo luogo, definisce le responsabilità generali di ciascuno in termini di Visione, Missione e Principi. Poi identifica le responsabilità e gli impegni specifici. Infine, documenta le relazioni tra colleghi. Il CLOU é firmato generalmente con i clienti interni e i fornitori implicati nei processi aziendali con il titolare. Un tipico collega di Morning Star avrà probabilmente circa sei o sette firmatari del suo CLOU.

L’approccio di costruire una struttura in assenza di gerarchia va nella direzione delle strategie manageriali moderne, che, negli ultimi decenni, hanno portato alla riduzione sistematica dei livelli di management nelle imprese. Estrapolando la tendenza di ridurre sempre più le gerarchie manageriali, perché non provare ad eliminarle del tutto? In fondo anche Peter Drucker, considerato uno dei luminari del management moderno, spiegava che l’obiettivo è quello di costruire un’organizzazione “in cui ogni uomo (sic! Drucker era in visionario di management, ma non di parità di genere) si consideri un ‘manager’ e accetti per sé l’intero onere di ciò che è fondamentalmente una responsabilità manageriale: la responsabilità per il proprio lavoro e per il proprio gruppo di lavoro, per il proprio contributo alle prestazioni e ai risultati dell’intera organizzazione e per i compiti sociali della comunità lavorativa”. E se provassimo a prenderlo alla lettera?

La visione di Gerard Endenburg

Gerard Edenburg é un altro pionere. Da bambino ha seguito una scuola un po’ particolare, gestita da un pacifista olandese, Kees Boeke. Nella sua scuola, frequentata tra l’altro dalla futura regina Beatrix e le sue sorelline principesse, Boeke ha cercato di rendere gli studenti corresponsabili del proprio programma di studi, in collaborazione con gli insegnanti. Corresponsabilità a scuola non significa anarchia: i bambini, oltre a stuiare, devono svolgere compiti come la pulizia della scuola, la coltivazione di frutta e verdura e l’aiuto nella preparazione del pranzo. L’approccio, che Boeke chiamó Sociocrazia, era un’implementazione laica degli ideali quaccheri e della filosofia di Auguste Comte, applicati all’istruzione in modo tale che i bambini fossero trattati comeindividui responsabili.

Nel 1968, diventato amministratore delegato della società di ingegneria elettrica di famiglia, la Endenburg Electric, Gerard decise di adattare i principi di Sociocrazia praticati a scuola per gestire l’azienda. Probabilmente si é detto che se dei bambini possono essere trattati come individui responsabili, forse anche degli adulti possono essere trattati come tali.

Da buon ingegnere Edenburg ha affinato il metodo, che ha chiamato “Metodo organizzativo del circolo sociocratico”, ispirandosi ai principi della teoria dei sistemi e alla cibernetica, facendone anche il tema della propria tesi di dottorato: “Sociocracy as social design“. Anche Edenburg ha voluto promuovere il proprio metodo gestionale, fondando un’organizzazione dedicata: il Sociocratish Centrum.

Un metodo alla portata di tutti: la sociocrazia

Gli elementi base della Sociocrazia gestionale di Edenburg sono

I cerchi

Decisioni e responsabilità sono delegate a gruppi (chiamati cerchi) di circa 4-8 persone che lavorano insieme condividendo un obiettivo comune. I cerchi tra loro sono connessi tramite ruoli di collegamento, che permettono un libero flusso di informazioni e la comunicazione. Nell’ambito di un cerchio vengono definite aree di responsabilità chiare, chiamate ruoli, assegnate poi ai vari membri. Un membro può avere vari ruoli, all’interno di uno o più cerchi dell’organizzazione

Decidere con l’assenso

Le decisioni sono adottate quando nessuno dei membri ha un’obiezione fondamentale e ben fondata. Questo modo di prendere decisioni viene detto “assenso”. L’assenso non va confuso con il consenso: non significa che tutti sono d’accordo. Significa che nessuno ha identificato un rischio che mette in pericolo la mssione del cerchio. Il cerchio decide la politica e ne delega l’esecuzione ai membri. Anche l’assegnazione dei ruoli a specifici individui, viene decisa utilizzando il metodo dell’assenso.

Doppio legame

Mentre la maggior parte delle aziende ha una struttura organizzativa lineare dall’alto verso il basso, con i manager che forniscono collegamenti da un livello dell’organizzazione a quello sottostante, le organizzazioni sociocratiche utilizzano un secondo collegamento dal basso verso l’alto. Infatti, un circolo ha un legame con il circolo superiore in modo tale che almeno due persone, eader funzionale e rappresentante eletto dal circolo, appartengano anche al circolo superiore e partecipino alle sue riunioni. . Il compito del ruolo “leader operativo” è di fornire indicazioni e priorità dall’alto verso il basso, cioè dal cerchio superiore a quello inferiore, mentre il compito del ruolo “rappresentante” è di portare il punto di vistai del cerchio inferiore verso quello superiore.

La Sociocrazia in Italia: l’esperienza di Tara Facilitazione

Anche in Italia il movimento verso ambienti di lavoro collaborativi comincia a prendere piede, come ci racconta Ilaria Magagna, di Tara Facilitazione, la prima cooperativa ad ottenere lo statuto di società Benefit.

Ilaria accompagna le imprese nella creazione di ambienti di lavoro inclusivi e collaborativi. E’ stato naturale per l’équipe che gravita intorno alla cooperativa di adottare formalmente una struttura di lavoro non basata sulla gerarchia di persone. La scelta della Sociocrazia è venuta naturalmente dalla missione della cooperativa di promuovere ambienti di lavoro collaborativi ed attenti al benessere dei collaboratori. Naturalmente l’implementazione della sociocraziae ora è anche parte dell’offerta commerciale di Tara Facilitazione. La domanda comincia a farsi sentire, anche se ancora un po’ timida per quel che riguarda una trasformazione completa. Un primo passo che riscuote successo presso i clienti, è l’adozione di metodi collaborativi e inclusivi nella gestione delle riunioni, che sono spesso viste come una perdita di tempo e fonte di frustrazione. Uno degli aspetti della sociocrazia infatti consiste nel proporre un metodo strutturato per gestire le riunioni che é allo stesso tempo efficace ed inclusivo.

Secondo Ilaria, i primi benefici dell’adozione della sociocrazia vengono dall’aumentata chiarezza nei ruoli di ciascuno e dalla consapevolezza del proprio impegno. La sua raccomandazione, in particolare alle start-up, è di adottare metodi sociocratici, o comunque a responsabilità condivisa, sin dai primi passi, per ancorare profondamente questo approccio nella cultura dell’impresa.

Conclusioni

Chiaramente la scelta di trasformare radicalmente una struttura aziendale non è banale e richiede un cambiamento di mentalità e di abitudini a tutti i livelli dell’organizzazione. Per esempio un’inchiesta svolta da Lusval a fine 2017 presso organizzazioni in Europa che adottano questo tipo di sistemi di gestione, ha rilevato fra le sfide maggiori per gli impiegatila difficoltà di abbandonare il controllo e quella, speculare, di assumere pienamente l’autonomia e la responsabilità del proprio ruolo. Tutto cio’ richiede un investimento profondo anche a livello personale, prima di tutto da parte di chi è al timone delle scelte strategiche, poiché per ottenere i risultati l’impegno va mantenuto nel tempo.

Notiamo, infine, che non sono solo le aziende ad adottare metodi di gestione a responsabilità condivisa. Ad esempio SONEC (Sociocatic Neighbourhoud Circles, è un’iniziative finanziata dal programma ERASMUS+ ispirata al modello socio-politico dei Parlamenti di Quartiere, attuato con successo in India fin dagli anni ’90. SONEC ha sviluppato ed applicato un metodo sociocratico per coordinare amministrazioni locali, piattaforme scientifiche, istituzioni educative nello sviluppo di iniziative di partecipazione dei cittadini e di quartiere.

Anche in politica alcuni partiti sperimentano la sociocrazia come strumento di democrazia interna. In Danimarca il partito progressista Alternativet l’ha adottata come modo di gestione interna. Anche Volteuropa, sperimenta la sociocrazia, ad esempio nell’ambito di Voltsense un modo innovativo per creare iniziative politiche a partire dalle storie vere vissute dai cittadini.

Trasformare in maniera radicale la vita in azienda richiede un sincero impegno personale , e allo stesso tempo, promuove lo sviluppo personale di tutti i partecipanti. A termine, le imprese che mantengono la rotta, vedono accrescere allo stesso tempo benessere, produttività e benefici.


Ringraziamenti

Sono riconoscente a Sara Tremi Proietti di Sociocrazia Italia per l’aiuto a trovare referenze sociocratiche in Italia, Ilaria Magagna per il tempo che mi ha dedicato e Lucia Levato di LUSVAL per suggerimenti e lettura critica.

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