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L’impatto dell’IA su produttività e PIL: un futuro di benessere o nuove disparità?



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L’intelligenza artificiale promette di rivoluzionare la produttività e l’economia, ma le sue implicazioni su salari e disuguaglianza sono complesse. Proviamo a comprenderle meglio esaminando le previsioni dell’economista Daron Acemoğlu

Pubblicato il 18 giu 2024

Maurizio Carmignani

Founder & CEO – Management Consultant, Trainer & Startup Advisor



intelligenza artificiale mano

In un suo recente Paper intitolato “The Simple Macroeconomics of AI” Daron Acemoğlu, Professore di economia al MIT, vincitore nel 2005 della John Bates Clark Medal, fra i dieci economisti più citati al mondo, esamina le implicazioni economiche dei recenti sviluppi nell’intelligenza artificiale.

Utilizzando un modello economico preciso, analizza come l’AI può sia automatizzare i compiti che collaborare con i lavoratori, cercando di capire come questi cambiamenti influenzeranno l’economia nel suo insieme.

L’Intelligenza Artificiale e le sue implicazioni macroeconomiche

Di certo, le implicazioni dell’AI per la macroeconomia, la produttività, i salari e la disuguaglianza sono profonde ma difficili da prevedere con precisione. Ciò, però, non ha impedito una serie di previsioni nell’ultimo anno, molte delle quali si concentrano sugli aumenti di produttività che l’AI potrebbe innescare. Alcuni esperti prevedono trasformazioni radicali, inclusa la possibilità di raggiungere un’intelligenza artificiale generale (AGI) capace di svolgere praticamente tutti i compiti umani. Altri, pur più cauti, prevedono comunque notevoli effetti sulla produzione economica.

Le previsioni degli esperti: tra entusiasmo e cautela

Secondo leader del settore tecnologico e molti accademici, l’intelligenza artificiale è destinata a trasformare il mondo attraverso guadagni di produttività senza precedenti. Mentre alcuni credono che le macchine presto faranno tutto ciò che possono fare gli esseri umani, inaugurando una nuova era di prosperità illimitata, altre previsioni sono più realistiche. Ad esempio, Goldman Sachs prevede che l’AI generativa aumenterà il PIL globale del 7% nel prossimo decennio, il McKinsey Global Institute prevede che il tasso di crescita annuo del PIL potrebbe aumentare di 3-4 punti percentuali tra il 2024 e il 2040. Allo stesso modo, The Economist prevede che l’AI creerà una “bonanza per i colletti blu”.

La recente storia della new economy ci insegna che le tecnologie emergenti possono portare a significativi cambiamenti economici e sociali, ma possono anche creare bolle speculative e disuguaglianze, se non gestite correttamente. La bolla speculativa della fine del XX secolo, alimentata dall’euforia per le nuove tecnologie, surriscaldò i mercati finanziari e culminò in una crisi economica.

Allo stesso modo, l’attuale hype attorno all’AI generativa deve essere affrontato con cautela. Mentre l’AI offre enormi potenzialità per migliorare la produttività e creare nuove opportunità economiche, è fondamentale adottare politiche di regolamentazione e formazione continua per i lavoratori. Solo così possiamo assicurare che questa rivoluzione tecnologica sia inclusiva e sostenibile, evitando gli errori del passato.

L’analisi di Acemoğlu: un quadro più complesso

Nell’analisi che ci offre Acemoğlu, il panorama è molto più incerto di quanto suggeriscano la maggior parte delle previsioni e delle stime. Secondo l’economista è praticamente impossibile prevedere con certezza cosa farà l’AI nei prossimi 20 o 30 anni, ma si può dire qualcosa sul prossimo decennio, poiché la maggior parte di questi effetti economici a breve termine dovrebbe coinvolgere tecnologie esistenti e miglioramenti delle stesse.

L’idea di base dell’analisi è che, se l’AI rende certi compiti più economici o migliora la produttività, ciò dovrebbe riflettersi in un aumento del PIL. Tuttavia, gli aumenti stimati della produttività sono modesti. Secondo i suoi calcoli, l’AI potrebbe incrementare la produttività totale di circa lo 0,66% in dieci anni. Questo numero, però, potrebbe essere anche inferiore, intorno allo 0,53%, poiché molti compiti futuri saranno più complessi e difficili da automatizzare.

Gli effetti dell’AI sui salari e la disuguaglianza

Nel paper si discute anche dell’impatto dell’AI sui salari e sulla disuguaglianza. Anche se l’AI potrebbe rendere alcuni lavoratori meno qualificati più produttivi, questo non significa necessariamente che la disuguaglianza diminuirà. Infatti, potrebbe persino aumentare. Mentre l’impatto dell’AI è più equamente distribuito rispetto a tecnologie di automazione precedenti, non ci sono prove che ridurrà la disuguaglianza dei redditi. Piuttosto, si prevede che aumenterà il divario tra i redditi da capitale (chi possiede le macchine) e da lavoro (chi lavora). L’analisi punta l’attenzione anche su alcuni nuovi compiti creati dall’AI che potrebbero avere effetti negativi sulla società, come gli algoritmi progettati per la manipolazione online. È quindi importante considerare anche questi aspetti quando si valuta l’impatto complessivo dell’AI sull’economia.

Il modello di analisi e le evidenze emerse

L’intelligenza artificiale sta rapidamente rivoluzionando il nostro modo di lavorare e produrre beni e servizi. Utilizzando modelli economici avanzati, recenti studi hanno analizzato come l’AI possa influenzare la produttività, gli investimenti, i salari e la disuguaglianza, fornendo stime realistiche sull’impatto di queste tecnologie. Al centro di questa analisi l’autore sceglie un modello economico che esamina come la produzione di beni avvenga attraverso una serie di compiti. Questi compiti possono essere eseguiti da esseri umani o automatizzati grazie all’AI.

Le macchine e i sistemi di intelligenza artificiale possono sostituire il lavoro umano in molte attività, migliorando l’efficienza e riducendo i costi. L’automazione è un elemento chiave, consentendo alle imprese di affidare più compiti alle macchine, riducendo la necessità di manodopera umana. Questo processo può portare a significativi incrementi di produttività, poiché le macchine possono operare più velocemente e con maggiore precisione rispetto agli esseri umani. Non tutti i compiti sono facilmente automatizzabili. I modelli economici distinguono tra compiti facili e difficili da apprendere per l’AI. I compiti facili, come il calcolo o la classificazione, hanno regole chiare e obiettive e sono quindi più facilmente automatizzabili. Al contrario, i compiti difficili, come l’assistenza sanitaria o l’educazione, come emerge in altri studi, coinvolgono variabili complesse e richiedono l’interazione umana, rendendo l’automazione molto più complicata.

L’impatto dell’IA su risparmio dei costi e incremento del PIL

Utilizzando dati da studi come quelli di Eloundou et al. (2023) e Svanberg et al. (2024), Acemoğlu stima che circa il 20% delle mansioni lavorative negli Stati Uniti sia esposto all’AI. Solo il 4,6% delle mansioni potrebbe essere effettivamente automatizzato nel prossimo decennio. I risparmi sui costi sono una delle principali motivazioni per l’adozione dell’AI, con studi che suggeriscono riduzioni del costo del lavoro fino al 27%. L’incremento del Prodotto Interno Lordo (PIL) dovuto all’AI potrebbe raggiungere l’1,16% in dieci anni, ma considerando i compiti più difficili da automatizzare, questo incremento potrebbe ridursi allo 0,93%.

L’AI non si limita a sostituire il lavoro umano, ma crea anche nuove opportunità. Alcuni di questi nuovi compiti possono avere effetti positivi, come il supporto alla ricerca scientifica o il miglioramento della gestione dei dati. Non mancano però le ombre: emergono anche nuovi compiti “cattivi”, come la manipolazione delle informazioni o la creazione di deepfake, con implicazioni sociali e morali preoccupanti.

L’adozione dell’AI ha un impatto significativo sui salari e sulla disuguaglianza. Sebbene l’automazione possa ridurre la domanda di lavoro per i compiti che l’AI può svolgere, potenzialmente abbassando i salari per quei lavori, dall’altro può aumentare i salari per le posizioni che collaborano con l’AI. Questi effetti non sono distribuiti uniformemente. I lavoratori meno qualificati potrebbero trovare difficoltà a competere, aumentando così il divario tra chi possiede competenze avanzate e chi no. Il modello economico preso a riferimento nell’analisi fornisce una visione chiara di come l’AI possa influenzare l’economia. Sebbene l’intelligenza artificiale prometta significativi incrementi di produttività, i benefici non saranno equamente distribuiti e potrebbero portare a nuove sfide in termini di disuguaglianza e gestione delle nuove mansioni create. Fondamentale sarà governare queste trasformazioni con attenzione, per massimizzare i benefici e minimizzare i rischi associati alla rivoluzione digitale in corso.

Quattro scenari futuri per l’impatto macroeconomico dell’AI

Con il rilascio di ChatGPT nel novembre 2022 e la sua rapida diffusione, l’intelligenza artificiale è entrata prepotentemente nel dibattito economico e sociale. La nuova versione, ChatGPT-4, ha ampliato ulteriormente le capacità della piattaforma, alimentando previsioni di grandi aumenti di produttività.

L’analisi di Acemoğlu individua quattro potenziali scenari per l’impatto macroeconomico dell’AI.

Rivoluzione totale

Una trasformazione radicale di ogni aspetto dell’economia, con massicci miglioramenti della produttività. Questo scenario, seppur possibile, è ritenuto improbabile senza prove concrete a supporto.

Effetti modesti ma significativi

Incrementi di produttività e riduzione dei costi in diverse attività economiche. Previsioni moderate suggeriscono un aumento del PIL tra l’1,5% e il 3,4% annuo per i prossimi dieci anni.

Impatto su salari e disuguaglianza

L’AI potrebbe avere effetti diversi sui salari e sulla disuguaglianza, potenzialmente riducendo i costi per alcune mansioni e aumentando i salari per altre, ma non necessariamente diminuendo la disuguaglianza.

Nuovi compiti negativi

La produzione di deepfakes, disinformazione e altre attività socialmente dannose che potrebbero avere effetti macroeconomici negativi.

Conclusioni

Gli effetti macroeconomici dell’AI sono complessi e variabili. Sebbene l’AI possa aumentare la produttività e il PIL, i benefici saranno probabilmente moderati e dipenderanno dalla capacità di automatizzare compiti complessi e creare nuovi compiti utili.

Sarà cruciale adottare un approccio equilibrato che massimizzi i benefici della produttività aumentata mentre si affrontano proattivamente i rischi di disuguaglianza e manipolazione. Le politiche di formazione continua per i lavoratori, insieme a una regolamentazione attenta e lungimirante, saranno essenziali per assicurare che la rivoluzione digitale sia inclusiva e benefica per tutti. Il futuro dell’AI è promettente, ma richiede una gestione saggia e responsabile per realizzare a pieno il suo potenziale.

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