gli studi di adam raine

Cosa distingue un santo da un criminale? Il ruolo del cervello e dell’ambiente



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Gli scienziati studiano da tempo i fattori psicologici, genetici e sociali che distinguono i santi dai criminali. Cesare Lombroso identificò caratteristiche fisiche nei criminali, mentre Adrian Raine ha utilizzato tecniche di neuroimaging per esplorare le anomalie cerebrali. Le scoperte di Raine indicano che un malfunzionamento del cervello, oltre a un ambiente sfavorevole, può causare comportamenti devianti

Pubblicato il 28 giu 2024

Vincenzo Lusa

Professore di Antropologia Forense presso l’Università Pontificia in Roma e Professore di Diritto Penale presso l’Università UNISED in Milano



sn-brain

Che cosa distingue un santo da una persona malvagia, in altre parole da chi è incline a perpetrare azioni devianti caratterizzate da efferatezza e crudeltà su i propri simili?

Scienziati e giuristi, com’è noto, da tempo immemore studiano per comprendere quali fattori psicologici, genetici o sociali possano indurre una persona a commettere atti in contrasto con la legislazione penale sino a giungere ad attuare il reato tra tuti più grave: ovvero uccidere un proprio simile.

A Killer's Brain: Scans Look for Clues to Violence

I fattori che predispongono all’attività deviante

Tra i fattori predisponenti all’attività deviante sono stati riconosciuti come indici indicatori (quindi sintomatici): aver subito un’infanzia caratterizzata da maltrattamenti (quindi traumatica) o aver sofferto di violenze di natura sessuale perpetrate in ambito endo-familare, in altre parole da terzi financo essere cresciuti in ambienti degradati o deficitari delle cure parentali ovvero educative-scolastiche.

Ad esempio, nella genesi del criminale seriale (serial killer) è stato diagnosticato che un numero superiore al 50% dei seriali ha sofferto in periodo adolescenziale di enuresi notturna, è stato autore di atti di piromania e ha commesso torture o vari sadismi nei confronti di animali.

Il determinismo biologico nel crimine: le origini

La genesi del determinismo biologico, connesso quest’ultimo all’eziologia che insiste tra individuo e il prodotto delle sue azioni criminali, nasce dagli studi del medico veronese Cesare Lombroso (1835-1909) che fu psichiatra, antropologo e medico-legale.

Cesare Lombroso tentò di dimostrare, nonostante gli esigui strumenti scientifici dei quali disponeva all’epoca in cui visse, che era possibile comprendere la genesi dell’homo criminalis servendosi a tal uopo dell’ Antropologia e dello studio dell’apparato biologico umano. Agendo in tal modo, il Lombroso definì il criminale in conformità a delle “stigmate” fisiche che costui annoverava a se, ovverosia sul proprio soma e che erano ben visibili e riconoscibili, come ad esempio: una particolare statura anormale, zigomi appartenenti a una determinata tipologia fisica, andatura e postura come se il deviante incedesse su dei trampoli, uso dei tatuaggi ecc.

Invero, il prefato Autore per primo mise in luce per le motivazioni criminogenetiche di natura deterministica connesse alla personalità del deviante che cambiarono per sempre la visione dello studio relato all’uomo criminale, contribuendo così alla nascita dell’Antropologia Criminale e dell’odierna Criminologia.

Il Lombroso coniò la sua personale Antropologia del deviante (come delinquente nato) tenendo separato quest’ultimo dal costui che è alienato e pertanto non delinquente. A ogni buon conto il Lombroso, così come fece Francis Galton, (1822-1911) considerato quest’ultimo il padre delle scienze comportamentali, fu intimamente convinto che il “delinquente” e il “genio” fossero condizionati più dai fattori biologici ereditari, che dai comportamenti socio-economici.

In un certo senso il Lombroso fu il precursore dell’osservazione delle anomalie fisiche a carico di persone devianti, le quali prefate anormalità erano in grado di distinguere il criminale da una persona onesta. Va da sé, che il medico torinese non poteva avere cognizione delle attuali conoscenze anatomiche a carico dell’encefalo oggi note grazie all’utilizzo della diagnostica per immagini di natura digitale. In questo senso il Lombroso e le sue intuizioni fanno di costui un vero genio innovatore nel campo dell’Antropologia criminologica e dell’odierna criminologia.

Gli studi di Adrian Raine: la PET e i cervelli criminali

E circa proprio per ciò che concerne quest’ultimo comparto scientifico che andremo a discorrere circa gli studi neuro scientifici di Adrian Raine, figura di scienziato sulla quale s’incentra il presente lavoro, il quale ha proseguito in un certo senso l’opera del Lombroso. Adrian Raine è un docente universitario presso la Pennsylvania University (USA) il cui campo di studi è dedicato alle neuroscienze di marca forense e alla criminologia. In particolare, il Raine ha dedicato gran parte della sua ricerca universitaria improntandola a comprendere se le azioni dell’uomo e le sue scelte fossero contraddistinte in virtù di una base biologica tale da definirsi come “determinismo biologico“ e in questo, come è evidente, riecheggia l’opera di Cesare Lombroso, anche se il Raine si è servito di metodiche moderne e strumenti di indagine sofisticati tramite neuroimaging (con tale termine s’intende l’attuazione, nello studio del comportamento criminale, di alcuni esami afferenti al settore radiologico come la diagnostica per immagini in digitale).

Come è noto agli studiosi di settore, sin dai primi anni 90 dei neuro scienziati dell’Università californiana di Irvine individuarono le prime dissomiglianze di natura anatomica a carico dell’encefalo di soggetti devianti e non; e in particolare tali risultati scaturirono dall’esame valutativo che furono effettuati sul cervello di un criminale paragonando quest’ultimo a quello di una persona ligia alla legge, e ciò si verificò mediante l’utilizzo di strumenti informatici dedicati alla rilevazione di diagnostica per immagini. Lavori similari sono stati peraltro effettuati da un altro scienziato neuroforense Kent Kiehl (tramite diagnostica con PET- f MRI) il quale ha compiuto negli Stati Uniti degli esami su alcuni criminali psicopatici notando che in costoro manca la connessione o oltremodo sottosviluppata tra: il sistema limbico (zona encefalica sede naturale delle emozioni), il sistema prefrontrale (deputato controllo emozioni anche di natura aggressiva) e il sistema paralimbico (gruppo encefalico deputato all’elaborazione delle emozioni).  Adrian Raine, in uno dei suoi più famosi studi esaminò un campione umano composto da d41 criminali e 41 soggetti ‘normali onesti. Per tale scopo utilizzò la diagnostica per immagini con sistemi digitali tramite PET. Detto esame tramite PET (Positron Emission Tomography) si sviluppa tramite  imaging funzionale e rileva la concentrazione locale di isotopi che, nel loro decadimento, emettono positroni permettendo di ricavare con tale metodica informazioni attinenti a processi fisiologici e ricavando al contempo mappe digitali relative ai processi funzionali all’interno del corpo umano. Anche l’attività di metabolizzazione del glucosio (il cui afflusso tramite trasporto ematico è maggiore nelle aree del cervello ove questo è richiesto) è monitorata a livello cerebrale.

Il ruolo della corteccia prefrontale e del mesencefalo nelle azioni devianti

In virtù della PET si è studiata  l’attività metabolica della corteccia prefrontale, zona encefalica importantissima a livello di contenimento degli atti di natura aggressiva. Con la PET inoltre, si misurano quindi i livelli di glucosio  che si manifesta dove il metabolismo glucidico è maggiormente elevato, e dove la corteccia prefrontale era maggiormente sollecitata.

Raine utilizzando quindi la PET sui cervelli criminali notò, rispetto a quelli onesti, un ridotto funzionamento prefrontale e una scarsa attivazione orbito frontale. Se ne deduce che l’atto criminale può essere originato da un difettoso funzionamento del cervello. Adam Raine sottolinea l’importanza di esaminare il network cerebrale pertinente alla corteccia prefrontale mediale, la corteccia prefrontale ventrale, la circonvoluzione angolare, la corteccia cingolata posteriore e l’amigdala.

Gli studi condotti dal Raine dimostrano che le elencate aree anatomiche del cervello, essenziali per la decisione di un dilemma, sono le stesse coinvolte nel comportamento antisociale a carico di psicopatici; le suddette infatti si sovrappongono a livello anatomico con inquietante verosimiglianza. Mediante l’uso di tecniche di diagnostica per immagini, si è poi evidenziato che gli atti omicidiari sono commessi da coloro che evidenziano un deficit di funzionamento al livello della corteccia prefrontale che, come già esplicitato, serve a contenere  i comportamenti impulsivi e le emozioni di natura veemente.

Per quanto concerne il mesencefalo, esso è rappresentato dalla corteccia cingolata posteriore e un disturbo a carico di quest’area può scatenare rabbia, essa inoltre distorce la possibilità di comprendere in che modo il comportamento può influire sugli altri. Lo stesso si dica per il cingolato anteriore, zona anatomica cerebellare deputata a inibire i comportamenti automatici e dell’istinto, e inoltre essa regola le reazioni istintive.

Differenze cerebrali di genere nella devianza criminale

Per quanto poi interessa le differenze cerebrali di gender, ebbene Adam Raine  ha evidenziato a tal proposito che le diversità, in termini anatomici, tra il cervello femminile e maschile, mediante studi di imaging digitale, hanno evidenziato una riduzione del 16,7% dei volumi orbito frontali negli uomini rispetto alle donne. Nel richiamato distretto anatomico la riduzione di volume produce la conseguenza di un’attivazione minore durante  esempio l’elaborazione di uno stimolo di minaccia al quale l’uomo reagisce in maniera più vemente rispetto alla sua controparte femminile. Raine ha inoltre dimostrato particolari disfunzioni (o minore funzionalità) del talamo (diencefalo) e dell’ippocampo (sito nel sistema limbico) e dell’amigdala nei sociopatici, ovvero aumento della sostanza bianca del corpo calloso riscontrata nelle personalità antisociali (Raine A. et all.2003) e riduzione sostanza grigia corteccia prefrontale (Raine A. et all.2000).

Alla luce degli studi di Raine, quindi, si evidenzia come non sia solo un ambiente sfavorevole, ma anche un malfunzionamento del cervello a livello biologico a causare azioni devianti.

Le tecniche di neuroimaging nella ricerca di Raine

Sono state inoltre utilizzate tecniche di neuroimaging per identificare le componenti neurobiologiche dei comportamenti decisionali e comportamentali automatici e involontari, caratteristici degli atteggiamenti violenti (Adrian Raine ”The Anatomy of Violence: The Biological Roots of Crime”, Pantheon/Random House, 2013). Per quanto invece concerne lo studio dell’anatomia cerebrale, l’utilizzo di tecniche di neuroimaging  indaga il comportamento violento nell’uomo, e ciò si verifica studiando la particolare anatomia di alcune aree celebrali ove possono sorgere comportamenti antisociali.

Questi sofisticati sistemi di diagnostica si dividono principalmente nelle seguenti aree di ricerca informatica: analisi computerizzata del tracciato EEG, che compie un mappaggio selettivo dell’attività elettrica di specifiche aree cerebrali, la TAC (tomografia assiale computerizzata), la risonanza magnetica funzionale (fMRI), la tomografie a emissione di positroni (PET) della quale si è già discusso, la magnetoencefalografia (MEG), la tomografia computerizzata a emissione di fotoni singoli (SPECT).

Il modello alla base di queste tecniche si basa principalmente sullo scambio di informazioni che si realizza attraverso le connessioni sinaptiche e, perché ciò si verifichi a livello cerebrale, occorre un’energia che nel cervello è prodotta bruciando il glucosio con l’ossigeno. Il nominato meccanismo, come già tracciato, evidenzia che il glucosio affluisce in maggior misura là, dove l’attività cerebrale è in corso.

Le aree cerebrali coinvolte nel comportamento violento

L’indagine di neuroimaging PET misura appunto il consumo di glucosio, mentre la fMRI rileva il flusso ematico. Ciò si rivela fondamentale esplorando alcune aree del cervello come ad esempio il Telencefalo, la quale maggiormente ci interessa a livello di comportamento violento, e dove è insito il sistema limbico che è la sede naturale delle emozioni. La letteratura in materia ha accertato che una ridotta funzionalità dell’ippocampo è associabile ad alti livelli di psicopatia. L’ippocampo inoltre gioca un ruolo primario nel condizionamento alla paura e nella risposta emotiva. L’amigdala invece è coinvolta nella generazione del emozioni.

Implicazioni e prospettive future della ricerca di Raine

Alla luce dalle considerazioni e dell’excursus già tracciato è evidente che la diagnostica per immagini in modalità digitale svolgerà un ruolo primario ed essenziale nello studio delle menti criminali e ciò non soltanto ai fini scientifici, che queste aree di ricerca ricoprono, ma nell’interesse della salvaguardia dell’intera società.

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