Nei giorni scorsi alcune iniziative adottate dalla Commissione UE nel quadro di applicazione del Digital Services Package, hanno destato qualche attenzione per le possibili ricadute economiche nei confronti delle imprese che operano nel territorio dell’Unione.
L’ultima, di oggi, la Commissione europea ha informato Apple del suo parere preliminare secondo cui le regole dell’App Store violano il Digital Markets Act (DMA), in quanto impediscono agli sviluppatori di app di indirizzare liberamente i consumatori verso canali alternativi per offerte e contenuti.
Tuttavia, si apre ora il rischio di un’applicazione disomogenea in Europa dei pacchetti normativi digitali per via di una sovrapposizione di competenze con le autorità nazionali, per quanto riguarda l’applicazione.
I due pacchetti digitali
Due sono in particolari gli ambiti su cui si è appuntata l’attenzione degli interpreti, a seguito di alcuni annunci all’azione effettuati dalla Commissione (in via formale, o attraverso notizie fatte circolare dalla stampa): l’effettiva e concreta applicazione del Digital Markets Act, ossia il Regolamento europeo sui mercati digitali, approvato dal Parlamento Europeo il 5 luglio 2022, e le iniziative di esecuzione del Digital Services Act, il regolamento sui servizi digitali, a partire dalla tutela dei minori.
Le due leggi compongono insieme il Digital Services Package.
Le due norme hanno in comune l’attenzione da parte della Commissione nei confronti dei “giganti” del digitale, con particolare riferimento alle aziende transnazionali che non nascono all’origine sul territorio europeo.
I due Regolamenti, infatti, rispetto ai loro “progenitori”, come ad esempio il GDPR, ovvero il Regolamento generale privacy, che aveva previsto una attività di controllo e di sanzione ripartita, con alcuni correttivi, per singoli Stati, sperimentano un’attività di enforcement e di controllo assunta direttamente dalla Commissione, ed una attività “sussidiaria”, nel caso specifico del DSA, da parte dei singoli Stati.
Il Digital Markets Act (DMA) e il suo impatto sui giganti del digitale
Il focus del Digital Services Package è, in altre parole, fortemente eurocentrico, e, assume una valenza esclusiva nel caso del Digital Markets Act (DMA), per il ruolo che la Commissione si è ritagliata, nel perseguire direttamente gli illeciti e le difformità rispetto alla normativa da parte dei cosiddetti gatekeeper.
Questi ultimi sono soggetti che fungono da importante punto di accesso tra utenti commerciali e consumatori ma allo stesso tempo godono di una posizione dalla quale si possono dettare regole e creare eventualmente delle distorsioni nell’economia digitale.
L’applicazione esclusiva del DMA da parte della Commissione UE
La Commissione, al fine di evitare una applicazione a macchia di leopardo da parte dei singoli Stati, o, come accaduto nel caso del GDPR, che le Autorità di controllo nazionali, applicassero ai giganti del web (e non solo a loro), princìpi del tutto differenti tra di loro, ha deciso di riservarsi il potere esclusivo di agire nei loro confronti a tutela della concorrenza, introducendo anche sanzioni molto più elevate che in passato.
Il caso Apple
In questa chiave va letto l’annuncio odierno della Commissione ue su Apple.
La Commissione ha avviato un nuovo procedimento per inottemperanza nei confronti di Apple, perché teme che i suoi nuovi requisiti contrattuali per gli sviluppatori di app e gli app store di terze parti, compresa la nuova “Core Technology Fee” di Apple, non siano in grado di garantire l’effettivo rispetto degli obblighi di Apple ai sensi della DMA.
Non sarebbe la prima volta che questo accade, solo che stavolta i valori in gioco, economici e non solo, sembrano molto diversi che nel passato.
Il Digital Services Act (DSA): protezione dei consumatori e ruolo degli Stati
Nel caso del DSA invece, che è focalizzato sulla tutela dei consumatori ed utenti, e che ha come progenitore la direttiva sull’e-commerce, la Commissione ha “lasciato” ai singoli Stati il compito di vigilare ed eventualmente sanzionare gli illeciti, riservandosi di agire solo nei confronti delle Piattaforme e motori di ricerca molto grandi (Very Large Online Platforms (VLOPs) e Very Large Online Search Engines (VLOSEs): si tratta di piattaforme che raggiungono più del 10% dei 450 milioni di consumatori in Europa. Tra queste rientrano, ad esempio, AliExpress, Amazon, App Store di Apple, Booking e Google Search ma anche X, Facebook, Instagram e Snapchat.
DSA e tutela dei minori: prime azioni della Commissione UE
La Commissione, in tempi recenti, ha designato come gatekeeper anche le note piattaforme Shein e Temu, ed in precedenza anche servizi hard di grande diffusione sul web, come Pornhub, Stripchat e Xvideos.
E, proprio da questi ultimi, sembra aver deciso di partire la Commissione, per verificare, come primo atto concreto di applicazione del DSA, le misure volte a proteggere i minori da contenuti dannosi e a contrastare la diffusione di contenuti illegali.
Rischio di una Europa a due velocità nel Digital Services Package
Come si diceva in precedenza la competenza a vigilare sul tema dei consumatori, rispetto anche al tema della tutela dei minori, è ripartito tra Commissione e singole Autorità nazionali di controllo.
Queste ne hanno, in un quadro però di bilanciamento tra poteri centrali europei, la titolarità esclusiva qualora le piattaforme non rivestano le caratteristiche di Very Large Online Platforms (VLOPs) e Very Large Online Search Engines (VLOSEs).
Questa ripartizione, se non ben calibrata, rischia di riproporre ancora una volta le problematiche sorte con il GDPR, ovvero l’interpretazione difforme di tutela dei consumatori operata in sede nazionale, tra chi, intende adottare politiche più restrittive, a esempio in tema di tutela dei minori, e chi, ne auspica una applicazione più vicina agli interessi delle imprese, anche europee, in grado di divenire a loro volta, ma su base europea, Very Large Online Platforms (VLOPs) e Very Large Online Search Engines (VLOSEs).
Una Europa a due velocità, anche in tema di Digital Packages, di cui francamente non se ne sentiva realmente il bisogno.
I ‘gatekeeper’ del mercato digitale: chi sono e cosa fanno
In particolare, si classificano come gatekeeper i fornitori di piattaforme che:
- hanno un impatto significativo sul mercato interno, qualora abbiano raggiunto un fatturato annuo nell’Unione Europea di almeno 7,5 miliardi di euro o la loro capitalizzazione di mercato sia pari ad almeno 75 miliardi di euro;
- hanno il controllo di uno o più importanti punti di accesso degli utenti, nel caso in cui contino mensilmente almeno 45 milioni di utenti finali e 10.000 utenti commerciali stabiliti nell’Unione Europea; e
- detengono una posizione consolidata e duratura, ossia hanno avuto un impatto significativo sul mercato interno e il controllo dei punti di accesso degli utenti per tre anni consecutivi