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Come l’IA plasmerà il mondo: più opportunità o problemi?



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L’intelligenza artificiale sta evolvendo rapidamente, promettendo prestazioni simili a quelle umane entro il decennio. Questo cambiamento offre opportunità e presenta rischi in ambiti economici, politici e sociali. L’influenza tecnologica e sociale dell’I.A. solleva interrogativi sulla possibile sostituzione dell’uomo, richiedendo una riflessione sulle criticità e le prospettive future

Pubblicato il 2 lug 2024

Marino D'Amore

Docente di Sociologia generale presso Università degli Studi Niccolò Cusano



intelligenza artificiale pc

Intelligenza artificiale: il connubio di queste due parole, che si risolve nell’acronimo IA, inscrive in sé e, al contempo, elargisce delle traiettorie semantiche che abitano lo scenario della simulazione, della riproducibilità, attraverso un processo imitativo nei confronti dell’intelligenza umana da parte di macchine e sistemi informatici.

L’IA e il futuro delle prestazioni “umane”

L’IA raggiungerà livelli di prestazioni “umane” entro la fine del decennio, accompagnata da opportunità ed incognite in ogni ambito di attività e di organizzazione umana economica, politica e sociale. Tale processo impone un cambio di visione: una visione che abbandoni catastrofismi distopici e glorificazioni fideistiche, ma invece intraprenda una riflessione seria, obiettiva su un fenomeno che ormai già è parte integrante delle nostre vite e che, nel prossimo futuro, attualizzerà una presenza sempre più immanente e invasiva.

Quello che ci proponiamo di seguito, allora, è di analizzare l’influenza, al contempo tecnologica e sociale, dell’intelligenza artificiale al netto di una riflessione squisitamente etica, che ci pone la seguente domanda: quanto e se l’uomo sia sostituibile in quelle attività che prima erano una prerogativa prettamente antropica.

Uno sguardo sinottico sulle criticità e le possibilità di una nuova dimensione che mostra costantemente i prodromi del futuro prossimo che ci apprestiamo a vivere, attraverso un processo evolutivo inarrestabile che, inevitabilmente, ha già cambiato e continuerà a cambiare le nostre vite.

Tutte le declinazioni dell’intelligenza artificiale

“È difficile pensare ad una singola tecnologia che nei prossimi 50 anni plasmerà il nostro mondo più dell’Intelligenza Artificiale”. Queste parole pronunciate da Barack Obama durante la sua presidenza mostrano oggi tutto il loro potenziale di verità.

La prorompente innovazione del processo evolutivo catalizzato dall’IA comprende l’articolazione di numerose capacità quali il ragionamento, l’apprendimento, la percezione, il problem solving, la comunicazione e, come diretta conseguenza, la comprensione dei codici e dei sottocodici di un linguaggio condiviso (Fanizza 2022).

IA ristretta e IA generale

Tra le varie categorizzazioni a cui può essere sottoposta l’IA esiste un prima, embrionale e propedeutica, polarizzazione:

  • l’IA ristretta o debole: una tecnologia progettata e finalizzata a realizzare compiti specifici (come il riconoscimento facciale, la ricerca su Internet, la gestione di sistemi interconnessi),
  • l’IA generale o forte, che comprende la prima e annovera una quantità significativa di funzioni diverse, che non sono solo subite ma che possono essere utilizzate direttamente e attivamente dall’utente finale.

L’Invasività dell’IA nella quotidianità

Attualmente l’intelligenza artificiale sta diventando sempre più invasiva nella quotidianità antropica, tale immanenza tecnologica si caratterizza attraverso diverse modalità che esperiamo regolarmente e che, a volte, non attribuiamo direttamente a tale innovazione: dagli assistenti vocali come Alexa e Siri fino gli algoritmi che ci suggeriscono cosa guardare su piattaforme come Netflix, Prime o Disney. Infatti esistono delle tipologie di IA cosidette “specialistiche”, la cui limitata libertà di azione è finalizzata a un determinato scopo, come quelle dedicate al riconoscimento facciale, a generare testi o ad attualizzare simulazioni previsionali di situazioni reali.

L’Intelligenza Artificiale Generale: una prospettiva futuristica

Tuttavia, nell’ambito di questa riflessione, occorre considerare che non è ancora operativa la sopracitata Intelligenza Artificiale Generale. Un’intelligenza che sarà in grado di svolgere qualsiasi compito, imparando e adattandosi autonomamente alle situazioni più diverse, con un’evidente capacità di adattamento alle contingenze e alle circostanze contestuali più diverse in un’ottica learning by doing (Palmieri, Iozzia 2023).

Modalità di apprendimento dell’IA

L’intelligenza artificiale può essere educata, ossia addestrata a raggiungere uno scopo determinato attraverso tre principali modalità (Contucci 2023):

  • una detta “non supervisionata” in cui l’IA analizza grandi quantità di informazione e di dati, interpretandoli, per poi utilizzarli come background esperienziale finalizzato all’attuazione di schemi comportamentali, reattivi, autonomi, da porre in essere in qualunque situazione lo richieda. La lentezza di concretizzazione di tale processo di apprendimento è inversamente proporzionale alle possibilità di sviluppo che offre.
  • La seconda è speculare rispetto alla prima ed è definita come “supervisionata”: alla macchina viene fornita una grande mole di dati e viene resa edotta delle tecniche relative alla loro gestione per raggiungere i risultati prefissati in un tempo minore, ma all’interno di un vincolo di conoscenza prettamente legato al fattore umano di cui è al completo servizio.
  • Il terzo modo è basato sul cosidetto “rinforzo”, ossia sul processo analitico delle conseguenze che derivano dalle decisioni adottate. Alla macchina, a differenza della modalità precedente, non viene fornita nessuna informazione aprioristicamente, ma viene premiata o sanzionata in base all’eventuale congruenza tra risultato aspettato e quello raggiunto. Tale modalità è molto indicata per ottimizzare qualsiasi processo decisionale: dalla resa di investimenti in campo economico alla scelta delle terapie più efficaci e personalizzate in campo medico.

Sinergia delle modalità di apprendimento

Tuttavia, tali modalità non agiscono in modo esclusivo ma possono attualizzare forme di commistione e agire sinergicamente, inoltre gli algoritmi utilizzati sono molto complessi e si basano sulle reti neurali, ossia catalizzano processi che non seguono una linearità, ma possono agire secondo traiettorie di ragionamento divergenti e articolate, assecondando dinamiche imitative nei confronti del cervello umano (Badino, D’Asaro, Pedrazzoli 2024). Tale meccanismo palesa però una dicotomia di fondo: a una potenza di elaborazione maggiore che consente all’IA di migliorarsi continuamente corrisponde la creazione di percorsi mentali a volte incomprensibili sia agli sviluppatori sia all’utenza finale.

L’unicità dell’intelligenza antropica e l’IA Generale

L’intelligenza antropica palesa i caratteri della diversità, diretta conseguenza dell’unicità, esteriorizzata e percepita, di ogni individuo, in realtà tale apparente diversità rappresenta una declinazione di una medesima modalità di pensiero, quella squisitamente umana, che però non è l’unica possibile. Un’IA Generale, detta A.G.I., molto probabilmente strutturerebbe schemi cognitivi molto diversi rispetto a quella sopracitata e a volte incomprensibili.

L’impianto meccanicistico sotteso alla dinamica azione-reazione sarebbe interpretabile, ma rimarrebbe nebuloso il processo decisionale posto alla sua base. Una peculiarità, questa, già riscontrabile nelle IA specifiche, settoriali e più facilmente analizzabili: le loro decisioni sembrano assurde, ma spesso conducono ai risultati desiderati.

Il problema dell’obiettivo nell’IA Generale

Inoltre, è opportuno definire con precisione lo scopo primario perseguito da un’IA generale. Se alla sua attivazione, i programmatori dovessero accorgersi di un errore o della necessità di cambiare obbiettivo, essa si opporrebbe al cambiamento perché ha una mentalità forte, puntata, e lo scopo per cui è stata impiegata non annovera modifiche (Contucci 2023). Questo rappresenta un aspetto molto complesso, un punto critico, proprio perché le intelligenze artificiali ragionano in modo molto diverso rispetto a quelle umane, sono regolate da rapporti e logiche che molto spesso, si discostano dal senso comune generalmente inteso, ad esempio il carattere di astrazione semantica di alcune parole, immediatamente comprensibili per un essere umano in base a una convenzione linguistico-simbolica condivisa, potrebbero essere non interpretabili per un’IA e quindi generare comportamenti reattivi non conformi alle aspettative, immotivati, a volte irrazionali e potenzialmente pericolosi (Fanizza 2022).

Le narrazioni distopiche e la realtà dell’IA

Le narrazioni distopiche, letterarie e cinematografiche, che raccontano di minacce all’esistenza antropica da parte delle IA vanno ridimensionate, perché ciò che determina e determinerà il comportamento di queste ultime sarà, come spiegato, l’ottenimento di uno scopo, al netto, ovviamente, dalla natura del medesimo. Esse adotteranno dei comportamenti deprecabili solo se ritenuti necessari a raggiungere lo scopo suddetto, se, insomma, non verranno educate adeguatamente secondo dettami etico-morali, intesi come prodromi di un’azione socialmente accettata; in mancanza di tale background formativo non avranno strumenti adeguati a bilanciare le loro scelte e le loro azioni (Moriggi, Pireddu 2024).

L’intelligenza artificiale sostituirà il pensiero e l’azione umana?

La comunità scientifica si divide tra coloro che pensano che l’IA potrà solo coadiuvare e valorizzare le capacità umane, contribuendo alla loro evoluzione in tutti i settori: della medicina della scienza e della tecnologia, e altri che la demonizzano e ne sostengono la pericolosità, che porta con sé un processo di sostituzione antropica sostanziale, che soppianti l’uomo e ogni sua azione. Per quando riguarda questa seconda corrente di pensiero si ipotizza, attraverso uno sforzo preconizzante, anche delle date. Infatti, entro il 2047 l’intelligenza artificiale potrebbe superare, in termini di capacità decisionali, di selezione e di ragionamento l’intelligenza umana, ed entro il 2120 potrebbe addirittura sostituire gli esseri umani nel mondo del lavoro.

L’inarrestabile diffusione dell’IA e delle sue declinazioni come l’ormai popolare ChatGPT di OpenAI o Sora che consente di generare video partendo da semplici comandi testuali oppure Gemini Ultra 1.0 e Pro 1.5, tecnologie multimodali competitor del primo, in grado di analizzare richieste più lunghe e complesse, rappresenta il vero enzima catalizzatore di tale dicotomia: quella che si dipana tra un futuro ottimistico e uno distopico, in cui L’IA viene percepita come un potenziale pericolo per l’estinzione umana (Contucci 2023).

Ricerca AI Impacts 2023: prospettive e previsioni

Questo è ciò che emerge dalla ricerca condotta nel 2023 da AI Impacts[1], un progetto condotto su un campione di 2778 esperti, selezionati tra gli autori di pubblicazioni scientifiche sul tema, che ha come finalità lo studio dell’indotto e dell’influenza, tecnologica e sociale delL’IA sulla società. Lo studio ha palesato differenze sostanziali rispetto quello condotto l’anno precedente, infatti, le risposte del campione hanno evidenziato un impatto dell’IA molto più veloce di quanto non pensassero nel 2022, in obbedienza a una dinamica di cambiamento, sottesa a quella fluidità baumaniana che lo velocizza e ne impedisce qualsiasi inferenza previsionale.

L’automazione del lavoro e il futuro dell’IA

Dal sondaggio emerge, in termini statistici, che esiste il 50% di possibilità che entro il 2047 l’IA raggiunga un livello molto alto (HLMI), paragonabile o addirittura superiore all’intelligenza umana, anticipando tale evoluzione di circa 13 anni di anticipo rispetto a quanto avevano preventivato nell’anno precedente. Secondo tale stima e con la medesima percentuale della fattispecie precedente l’automazione totale del lavoro dovrebbe arrivare entro il 2120, questa volta con un anticipo di 5 decenni rispetto alla previsione più recente.

Impatto dell’IA sui settori creativi e produttivi

Tale ricerca ha inoltre evidenziato che entro il 2040 l’IA sarà in grado di sostituire gli operatori dei settori della musica e dell’editoria tout court e delle rispettive filiere produttive, stravolgendoli a un livello strutturale, antropico e economico. Tuttavia questi non saranno gli unici scenari lavorativi sottoposti a un cambiamento così imprevedibile nelle sue modalità e rapido nelle sue trasformazioni: ad esempio, secondo la medesima logica previsionale, i camionisti spariranno entro il 2050 e i medici verranno sostituiti dall’IA entro il 2100.

Tuttavia, tali cambiamenti vanno contestualizzati all’interno delle traiettorie legislative che l’establishment internazionale porrà in essere per affrontare potenziali criticità sociali, politiche ed economiche legate a questa tecnologia. In questo scenario tanto dibattuto occorre annoverare anche i cosiddetti umanoidi, che non solo replicano le apparenze umane ma cercano di riprodurne anche i comportamenti, secondo dinamiche sottese a un processo imitativo.

I robot umanoidi e il caso di Sophia

Ad esempio, la Hanson Robotics, azienda con sede a Honk Kong, ha realizzato Sophia, un robot- umanoide che replica il comportamento umano in modo molto realistico: nel 2017, ha ottenuto la cittadinanza dall’Arabia Saudita; nel 2021 ha realizzato un autoritratto, in seguito venduto all’asta per circa 700.000 dollari. Sophia è in grado di intrattenere una conversazione, di rispondere alle domande, di ricordare ciò che ha sentito, può assumere ben 62 espressioni facciali, quindi esprimere emozioni, ma soprattutto è in grado di cogliere degli insegnamenti da ogni nuova esperienza (Tang, J., LeBel, A., Jain, S. et al. 2023).

L’impatto dei robot IA sulla produttività

Attualmente, ad esempio, i robot guidati dall’IA consentono la reiterazione di operazioni, che per gli esseri umani sono complesse e faticose, senza alcuna interruzione o sosta, attualizzando tassi di produttività inimmaginabile per l’uomo, nel rispetto di uno standard qualitativo alto del prodotto stesso e rendendo l’essere umano sostituibile in molte attività che prima erano una sua prerogativa, rappresentandone una componente identitaria centrale.

Tuttavia, non bisogna cadere in superficiali catastrofismi generalisti. La psicologa Dori Montanaro sostiene che l’idea secondo cui il pensiero umano sarebbe perfettamente riproducibile da questo tipo di tecnologia si basa sul mancato riconoscimento dell’importanza delle dimensioni non razionali e emozionali sottese alla dimensione corporea dell’uomo e alla sua conseguente esteriorizzazione. Tale deficit interpretativo ci conduce all’idea aristotelica di essere umano aggrappato alla dimensione razionale e cosciente come unico mezzo per sopravvivere. Ma la storia ci insegna che l’uomo, come spiegato, nel bene e nel male, non è un essere perfettamente razionale, il suo benessere è legato anche alla dimensione culturale, relazionale e esperienziale, aspetti che non si identificano necessariamente con l’intelligenza artificiale (Moriggi, Pireddu 2024).

L’asimmetria del rapporto uomo-algoritmo

Altra differenza sostanziale da considerare riguarda il rapporto asimmetrico tra uomo e algoritmi. Questi ultimi hanno molte informazioni sugli utenti per influenzarne comportamento e le scelte di consumo, mentre gli utenti conoscono poco gli algoritmi, neutralizzando qualsiasi forma di biunivocità speculare del rapporto. Tale conoscenza è appannaggio di poche oligarchie imprenditoriali e industriali, sia a un livello tecnico sia infrastrutturale che pongono al centro l’importanza del flusso delle informazioni. Un flusso costante, incontrollato, vettore di fake news concepite e gestite dai sistemi di IA e finalizzate al consolidamento del potere di quelle stesse elìte, che mette a rischio il futuro della libertà antropiche e della democrazia (Contucci 2023).

Il test di Turing e l’intelligenza artificiale

L’intelligenza artificiale può guidare le macchine ad esibire un comportamento come quello umano? Nel 1950 Alan Turing cercò di rispondere a questa domanda ispirandosi al “gioco dell’imitazione”[2] che si basava sulla partecipazione di tre soggetti: un uomo A, una donna B, e un terzo soggetto C. Quest’ultimo venne tenuto separato dagli altri due e, come scopo, doveva stabilire tramite una serie di domande chi fosse l’uomo e chi la donna. Anche gli altri attori coinvolti, A e B, avevano dei compiti: A doveva cercare di ingannare C e indurlo nell’errore della sua identificazione, mentre B doveva aiutarlo e agevolarne il riconoscimento. Affinché C non potesse disporre di alcun indizio, come ad esempio la voce, le risposte degli interrogati dovevano essere scritte.

Il test di Turing, invece, si basava sul postulato che una macchina si sostituisse al primo soggetto A. La sua finalità era dimostrare se il numero di volte in cui C indovinava chi fosse l’uomo e la donna rimanesse lo stesso prima e dopo la sostituzione, in quel caso la macchina sarebbe stata considerata intelligente.

Secondo Hervè Boulard, direttore dell’IDIAP[3], l’istituto di ricerca specializzato in intelligenza artificiale e cognitiva dopo settanta anni: “Al momento, non c’è un solo sistema di intelligenza artificiale, e dico nemmeno uno, che abbia superato il primo test di Turing, nessun sistema ha fatto alcun progresso reale, se non nella potenza dei modelli matematici, né riflette la minima intelligenza umana”.

L’intelligenza artificiale come apprendimento automatico

Inoltre, il professore ha affermato che: “Non c’è alcuna intelligenza nell’intelligenza artificiale. È sbagliato chiamarla così, bisognerebbe parlare piuttosto di apprendimento automatico”. La digitalizzazione delle informazioni, il loro riutilizzo, i database pressoché infiniti che le contengono, i modelli matematici sempre più efficaci e la conseguente potenza di calcolo dei devices: sono questi gli elementi che, secondo Boulard, implementano e migliorano le capacità dei sistemi di IA e la rendono, apparentemente, un competitor credibile di quella umana. Ma esiste una sostanziale differenza che funge da incolmabile discriminate: il buon senso, il libero arbitro e la capacità decisionale, corollari fondativi e prerogative identitarie di quest’ultima.

Affine all’opinione di Boulard è quella di Michael Liebling, direttore del Computional Bioimaging Group dell’IDIAP: “Non siamo di fronte a qualcosa che ha una vita propria, ma a un sistema alimentato da dati”. Ciò non significa che L’IA non palesi delle criticità. Esse dipendono dai dati che gestisce. Secondo Liebling il pericolo reale risiede nel modo in cui vengono selezionati, distribuiti e messi a disposizione delle macchine questi ultimi. Tale aspetto, insieme all’automazione di alcuni compiti umani, è quello che preoccupa di più la comunità scientifica. Il limite dei modelli basati sull’IA, secondo il direttore, risiede in marcato deficit di ragionamento, non confrontabile con quello umano, ossia giungono a dei risultati senza esplicarne il percorso di elaborazione decisionale.

Why Artificial General Intelligence (AGI) Matters — and Why It Doesn’t

Modelli di IA e processi deduttivi

André Freitas, direttore del gruppo di ricerca Reasoning & Explainable AI all’Idiap sta implementando, insieme ai suoi collaboratori, modelli di IA capaci di argomentare i loro processi deduttivi con la finalità di chiarire i tecnicismi e rendere gli algoritmi più accessibili a un livello interpretativo.

In questo senso i sistemi linguistici avanzati diretta derivazione dell’IA, come gli assistenti virtuali o gli strumenti di traduzione automatica sono espressioni rappresentative di un paradosso di fondo che si basa sulla concezione secondo cui l’elaborazione di una struttura articolata come il linguaggio sia guidata da un’intelligenza altrettanto complessa. Tuttavia, l’apparenza può ingannare, l’esteriorizzazione di comportamenti e azioni tipicamente umane, basata su istanze di tipo imitativo non sono necessariamente il frutto di un intelligenza propriamente detta (Palmieri, Iozzia 2023).

Tali strumenti possono emularci attraverso l’implementazione di dati che caratterizzano precisi schemi di comportamento, ma se, in un contesto ludico, analizziamo le capacità di un assistente virtuale e le paragoniamo a quelle di un bambino in età prescolare noteremo che esse risultano inferiori perché il software avrà bisogno di molte più informazioni per arrivare allo stesso livello di comprensione e azione del bambino stesso.

Apporto creativo dell’uomo e innovazione tecnologica

Georg Gottlob, uno dei massimi esperti mondiali di I.A., riflettendo sulla possibilità di un eventuale detronizzazione antropica da tanti scenari ad opera di questa nuova tecnologia sostiene: “Con l’utilizzo sempre più diffuso l’IA non ci sarà alcun rischio di disumanizzazione perché l’apporto creativo dell’uomo, in tutti i processi produttivi, sarà sempre indispensabile. Il rischio di qualsiasi innovazione tecnologica, dalla più semplice a quella più complessa, non è nell’innovazione in sè ma nell’utilizzo che se ne fa. Se si farà un uso corretto dell’I.A, essa potrà rivelarsi di grande utilità per il genere umano in vari aspetti della nostra vita quotidiana, come la medicina ed il settore energetico.”

Benefici e opportunità dell’IA

Attualmente ognuno di noi utilizza l’intelligenza artificiale in modo più o meno consapevole, ad esempio nella traduzione istantanea di un testo scritto con applicazioni come Deepl, grazie ai motori di ricerca come Google o Bing o nella ricerca di un itinerario di viaggio con Waze o Google Maps.

L’IA ormai fa parte integrante della nostra quotidianità in modo invasivo senza che ognuno di noi ne abbia una completa percezione, ma sarà in grado di sostituire l’uomo o comunque di rappresentarne un suo omologo artificiale?

Le utilizzazioni le evoluzioni dell’IA hanno reso molte attività più semplici da eseguire e, al contempo, più sicure, implementando diversi benefici in diversi settori (Floridi, Cabitza 2021). Una delle caratteristiche sue principali è di essere un catalizzatore di produttività, attraverso applicazioni, che vanno dal riconoscimento vocale alla modellazione predittiva delle informazioni, dall’analisi dei dati alla strutturazione dell’offerta, è possibile velocizzare ogni processo sotteso alle dinamiche del nowism, ossia dell’immediatezza, postulato di ogni attività digitale, ridurre le attività ripetitive e, al contempo, la quota e l’indotto dell’errore umano (Chishti, Bartoletti, Leslie 2021).

La coesistenza tra l’IA e l’uomo diventerà un conflitto aperto?

L’IA ha cambiato il ritmo e la sostanza dell’esistenza antropica e continuerà a farlo anche in un’ottica prossima e futuribile. Ma la coesistenza tra l’IA e l’uomo diventerà un conflitto aperto?

La comunità scientifica si divide su un tale dibattito, condividendo 3 assunti principali:

  • la negazione della possibilità attuale di una neutralizzazione del dominio umano su molte attività lavorative e di consumo, che presuppongono una quota significative di selezione, elaborazione e scelta,
  • la componente emozionale, prerogative ancora essenzialmente antropica,
  • l’imprevedibilità di ogni evoluzione futura.

Conclusioni

Siamo difronte a un’innovazione epocale, che implica però un’attenta analisi su i suoi sviluppi che ponga in essere una riflessione seria sulle criticità etico-morali che potrebbero concretizzarsi, inficiando un suo utilizzo positivo e sano per l’umanità.

Il modo in cui sarà gestita la convivenza con l’Intelligenza Artificiale decreterà la nascita di una nuova dimensione identitaria per un altrettanto nuovo concetto di società soggetto alla fluidità del cambiamento dei nostri tempi, di cui L’IA rappresenta l’ultima e più rappresentativa espressione (Bauman 2011).

Bibliografia

1. Badino M., D’Asaro F. A., Pedrazzoli F. (2024), Educare all’IA. La sfida didattica dell’Intelligenza Artificiale: ChatGPT e Gemini, Sanoma.

  1. Bauman Z., (2011). Modernità liquida, Laterza: Bari.
  2. Chishti S., Bartoletti I., Leslie A. (2021), Il manuale dell’Intelligenza Artificiale. Guida all’IA per imprenditori, manager e operatori della finanza, Apogeo: Milano.
  3. Contucci P. (2023), Rivoluzione intelligenza artificiale. Sfide, rischi e opportunità, Cedam: Padova.

5. Fannizza F. (2022), Intelligenza artificiale: promesse, attualità, controversie, Franco Angeli: Milano.

  1. Floridi L., Cabitza F., (2021), Intelligenza artificiale. L’uso delle nuove macchine, Bompiani: Milano.
  2. Giddens A., (2000). Il mondo che cambia. Come la globalizzazione ridisegna la nostra vita, Il Mulino: Bologna.

8. Moriggi S., Pireddu M. (2024), L’intelligenza artificiale e i suoi fantasmi. Vivere e pensare con le reti generative, Il Margine: Trento.

9. Palmieri A., Iozzia G., (2023), Intelligenza artificiale. E noi? Una sfida alla nostra umanità, Streetlib: Milano

  1. Tang, J., LeBel, A., Jain, S. et al. (2023), Semantic reconstruction of continuous language from non-invasive brain recordings. Nat Neurosci 26, 858–866, https://doi.org/10.1038/s41593-023-01304-9
  2. Turing A. M., (a cura di Lolli G) (1994), Intelligenza meccanica, Boringhieri: Torino.

12. Uricchio A.F., Riccio G., Ruffolo U. (a cura di) (2021), Intelligenza Artificiale tra etica e diritti. Prime riflessioni a seguito del libro bianco dell’Unione europea, Cacucci: Bari.

13. Ventura A. (2023) Pensiero umano e intelligenza artificiale. Rischi, opportunità e trasformazioni socia, l’asini d’oro edizioni: Roma.


[1] Dati consultabili su https://wiki.aiimpacts.org/ai_timelines/predictions_of_human-level_ai_timelines/ai_timeline_surveys/2023_expert_survey_on_progress_in_ai

[2] Alan M. Turing, Computing machinery and intelligence Archiviato il 2 luglio 2008 in Internet Archive., in Mind, 59, pp. 433-460, 1950.

[3] https://www.idiap.ch/en

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