La NATO ha lanciato un ambizioso Fondo per l’Innovazione, destinando 1 miliardo di euro alle start-up tecnologiche di difesa in Europa.
L’obiettivo è colmare il divario tecnologico con gli Stati Uniti e rafforzare la sicurezza dei cittadini europei. Questo investimento mira a sostenere progetti di deep tech, promuovendo lo sviluppo di tecnologie dirompenti e garantendo un vantaggio competitivo nel contesto geopolitico globale.
Un fondo NATO per la difesa
Rispetto agli Stati Uniti, l’Europa sarebbe un po’ indietro dal punto di vista delle tecnologie pensate per la difesa. Parte da qui e dalle tensioni geopolitiche e i conflitti in atto nel mondo il Fondo per l’innovazione della NATO, un grande investimento di 1 miliardo di euro destinato alle startup di tecnologia per la difesa affinché possano nascere aziende multimiliardarie che riescano a competere con quelle americane.
Il Fondo ha avviato il programma di investimenti già all’inizio dell’anno, partendo con quattro startup, tra cui Space Forge, che ha sede in Galles e che si occupa della produzione di nuovi materiali nello spazio (il suo satellite di ricerca è progettato per aiutare la startup sostenuta dalla NATO a sviluppare la produzione a gravità zero), e investendo in quattro fondi di capitale di rischio con focus sulla deep tech, ossia robotica, intelligenza artificiale, spazio ed energia.
Risolvere un fallimento di mercato
Andrea Traversone, socio amministratore del Fondo per l’Innovazione della NATO, ha dichiarato al Financial Times che il Fondo ha l’obiettivo di risolvere un “fallimento di mercato”, in cui la maggior parte delle società di capitale di rischio tradizionali non riesce a investire in tecnologie più ambiziose e a lungo termine. Traversone ha affermato che “La missione del fondo è investire in tecnologie dirompenti che migliorino la sicurezza dei cittadini dell’Alleanza e il vantaggio tecnologico della NATO”. I settori su cui vuole investire sono le biotecnologie, le comunicazioni, la sicurezza e l’informatica quantistica.
Rispetto ai fondi delle società di capitale di rischio, che prevedono la restituzione delle somme entro 10 anni, questo Fondo ha una tempistica più lunga, di 15 anni, che, come lo stesso Traversone ha dichiarato, permetterà di impiegare la grande quantità di capitale durante i cicli di ricerca e sviluppo.
Secondo Traversone, dietro alla vertiginosa crescita tecnologica per la difesa c’è, ovviamente il quadro geopolitico degli ultimi anni, dal conflitto russo-ucraino alle tensioni tra Stati Uniti e Cina. Dagli Stati Uniti, questa tendenza si è poi diffusa anche in Europa, con un certo ritardo che ora si sta cercando di recuperare attraverso grandi investimenti mirati proprio alla tecnologia per la difesa.
I destinatari del Fondo
Tra le startup che stanno ricevendo aiuti dal Fondo possiamo menzionare ARX Robotics, uno sviluppatore tedesco di sistemi terrestri autonomi dual-use per la sorveglianza e il trasporto, Fractile, con sede a Londra, che rende più efficienti i sistemi di intelligenza artificiale, e iCOMAT, uno spinout dell’Università di Bristol che sta sviluppando materiali più leggeri e resistenti per veicoli aerospaziali e automobilistici.
I fondi che ricevono il capitale NATO sono Join Capital, Vsquared Ventures, OTB Ventures e Alpine Space Ventures.
Traversone ritiene che il concorrente statunitense “da battere” sia lo sviluppatore di AI e robotica Anduril, anche produttore di droni e sistemi di sorveglianza, che ha raccolto 1,5 miliardi di dollari con una valutazione di 7 miliardi di dollari alla fine del 2022 e che presto potrebbe avere il giusto corrispondente europeo. Le parole di Traversone: “Ci sono molti candidati a diventare l’equivalente di Anduril nelle regioni che copriamo […] E stiamo investendo in alcune di esse. Quindi sono molto fiducioso che la situazione stia cambiando e che stia cambiando molto velocemente”.
La crescita del settore della difesa
Se da una parte molti sono gli imprenditori europei che si stanno dedicando alla tecnologia dual-use, con applicazioni sia commerciali che di difesa, dall’altra molti investitori hanno ancora perplessità sulle aziende del settore della difesa, soprattutto in Europa, a causa delle diverse norme ambientali, sociali e di governance.
Tuttavia, la guerra russo-ucraina e gli investimenti governativi in droni, cibernetica e intelligenza artificiale hanno contribuito a cambiare la percezione del settore, tant’è che lo scorso maggio, la Banca europea per gli investimenti, uno dei principali finanziatori delle imprese di capitale di rischio nel continente, ha concesso una serie di operazioni nelle imprese di tecnologia della difesa, eliminando una soglia minima di ricavi da applicazioni civili per le imprese di tecnologia dual-use che ricevono i suoi fondi.
Gli investimenti nelle aziende di tecnologia per la difesa hanno subito un’accelerazione anche grazie al “cambiamento culturale”, come lo ha definito Traversone, negli appalti, processo lento e difficoltoso per le startup: “L’Ucraina ha cambiato tutto […] L’Ucraina sta dimostrando a tutti gli alleati che è possibile adottare la tecnologia e sperimentare a un ritmo molto più veloce”.
Una lezione servita dall’Ucraina all’Occidente già a poca distanza dallo scoppio del conflitto con la Russia, di rapidità e ingegno, con cui è stato messo in piedi in poco tempo un sistema virtuale di comando e controllo con attrezzature e mezzi economici molto ridotti, grazie anche ai tanti esperti informatici senza bagaglio militare, che hanno contribuito alla crescita dell’industria dell’outsourcing tecnologico ucraino.
Gli investitori in aziende europee di tecnologia della difesa
Tra i recenti investitori in aziende europee di tecnologia della difesa figurano General Catalyst e Prima Materia del fondatore di Spotify Daniel Ek, che hanno sostenuto lo sviluppatore tedesco di AI Helsing. Air Street Capital, invece, ha guidato una raccolta fondi di 6 milioni di euro nella greca Lambda Automata in ottobre.
Tra i 24 Paesi che contribuiscono al Fondo per l’Innovazione della NATO ci sono, oltre al nostro Paese (con una spesa di 6,6 milioni di euro), la Germania, il Regno Unito, la Spagna e la Turchia, mentre si sono rifiutati di partecipare Stati Uniti, Canada e Francia.
Il Fondo, tra l’altro, non solo agisce per il ritorno finanziario, ma fa anche da ponte tra gli acquirenti governativi di tecnologia e le start-up che sviluppano nuovi prodotti.