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Divieto di smartphone: se la scuola abdica alla sua funzione educativa



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A luglio 2024, il ministro Valditara ha vietato l’uso degli smartphone nelle scuole primarie e secondarie di primo grado. Questo provvedimento ha sollevato polemiche riguardo all’autonomia scolastica e all’efficacia educativa di tale divieto, mentre le famiglie e gli educatori si interrogano su come affrontare l’uso dei dispositivi digitali tra i giovani

Pubblicato il 24 lug 2024

Pietro Alviti

giornalista pubblicista, già animatore digitale presso il Liceo Scientifico e Linguistico di Ceccano



ragazzi smartphone scuola

L’uso degli smartphone tra i giovani e il loro impatto sull’educazione è al centro di un acceso dibattito. Un recente provvedimento ministeriale ne ha vietato l’uso nelle scuole primarie e secondarie di primo grado, suscitando questioni sia formali che educative. Ma il divieto è la soluzione giusta o sarebbe da prediligere un approccio educativo più inclusivo e regolamentato?

Qualsiasi sia la strada, il noccioolo della questione è che i ragazzi vanno preparati a utilizzare consapevolmente le tecnologie, coinvolgendo famiglie, scuole e altri attori del territorio per promuovere una cultura digitale responsabile

Genitori impreparati di fronte alle sfide del digitale?

Una coppia di genitori ha scoperto, proprio nel momento in cui leggevo la circolare del ministro sul divieto degli smartphone nella scuola italiana, che il loro pargoletto di 5 anni aveva creato e condiviso su TikTok un video della sua vita dentro casa, con tanto di musica in accompagnamento, utilizzando tranquillamente il telefono della madre, che neppure sa cosa sia quell’applicazione. 

E un collega, ieri, mi diceva di come, nella scuola superiore, i genitori chiedano ai prof di interrompere la connessione continua dei loro figli con la rete internet: mia figlia è sempre on line, diceva la mamma preoccupata al collega. Queste due notizie si aggiungono alle migliaia di altre che ormai si affollano a chiedere un intervento regolatorio sul rapporto tra i telefonini, come li chiamavamo una volta, e le giovani generazioni, anzi le giovanissime, anzi i bambini e chiedono alla scuola di intervenire, ristabilendo la “serietà”.

Il provvedimento del ministro Valditara: problemi formali ed educativi

Da mesi, il ministro Valditara aveva annunciato un provvedimento che è arrivato l’11 luglio, appunto: è fatto divieto alle scuole primarie e secondarie di primo grado di utilizzare smartphone anche se per uso didattico, possono però utilizzare tablet e computer. Al di là della difficoltà di distinguere esattamente tra uno smartphone e un tablet, e al di là ancora del fatto che ci sono tablet che possono collegarsi da soli alla rete internet tramite SIM incorporata e che quindi sarebbero esclusi dal divieto,  la circolare del ministro pone immediatamente due problemi, uno di ordine formale e l’altro di ordine educativo.

Norme in contrasto con l’autonomia scolastica

Cominciamo dalle norme: può un ministro imporre alle scuole una scelta didattica? Non contrasta con il  principio, costituzionalmente garantito, dell’autonomia scolastica che affida alle scuole la potestà regolamentare e l’autonomia appunto delle scelte didattiche?

Un divieto è davvero efficace?

E poi c’è la questione educativa: vietare l’uso di uno strumento è davvero efficace nel momento in cui quei bambini e quei ragazzi lo useranno tranquillamente appena varcato il cancello della scuola? Ancora una volta è stata scelta la strada più semplice, probabilmente mediaticamente più efficace, mettendo al bando strumenti che invece appartengono all’uso quotidiano e che possono costituire efficaci ausilii nel lavoro educativo. 

Effetti educativi e pedagogici del divieto di smartphone

Non sarebbe stato più scolastico, educativo, pedagogicamente corretto spingere le istituzioni scolastiche a prestare attenzione a tutti i problemi che, obiettivamente, l’uso smodato degli smartphone da parte di bambini e ragazzi può suscitare e ad adottare regolamentazioni forti sulla disciplina della presenza  di questi strumenti nelle classi? Perché privare docenti e allievi dell’utilizzo di uno strumento che dal punto di vista delle ricerche, dell’analisi, della cartografia, della disponibilità di tutti i dizionari, ma anche della condivisione di documenti, della pubblicazione, della presentazione dei propri lavori rivela tutta la propria potenza e  versatilità?

Non sarebbe proprio della comunità scolastica capire il mondo dove vivono i ragazzi che le sono affidati e aiutarli ad imparare l’uso corretto degli strumenti che hanno a disposizione, cercando di evitare i rischi e cogliendone piuttosto le grandi opportunità che offrono?

Il ruolo dei genitori e della comunità nella gestione dello smartphone

Sarebbe come se, per evitare i pericoli che si corrono nell’attraversare la strada, invece di insegnare ai bambini a guardare da una parte e dall’altra, si chiudano tutte le strade o si impedisca loro di camminare dove ci sono anche le macchine. Ecco che emerge dunque la necessità di coinvolgere in quest’opera educativa tutti i soggetti che sono presenti in un territorio, a cominciare dagli stessi gestori delle reti internet, dalle famiglie cui si potrebbe offrire consulenza specializzata su quando è opportuno dare ad un ragazzo un telefonino, dagli enti territoriali, dai responsabili dei social.

Altrimenti, la scuola, la Repubblica, rinuncia ad offrire ai  suoi allievi, e prima ancora ai suoi docenti,  quelle competenze che possano permettere loro di con cadere nelle trappole che pullulano nella rete e che sicuramente il divieto di uso a scuola dei cellulari non eliminerà.

Anzi si lasceranno i ragazzi in balìa dell’ignoranza e dell’approssimazione, a tutto vantaggio di coloro che sulla rete e sull’incapacità di governo degli utenti speculano.

Proposte alternative per l’educazione digitale nelle scuole

C’è un modo diverso di affrontare la questione? Certo!  Il ministero in questi ultimi anni ha cercato di sperimentare curriculi digitali che corrispondessero alle competenze che un cittadino del XXI secolo deve possedere per poter esercitare appieno la sua cittadinanza. Basterebbe pensare a quante cose si fanno oggi con il telefonino, a quanti mestieri non possano farne più a meno, per rendersi conto di quanto sia importante conoscerne il funzionamento e soprattutto riuscire ad evitarne le trappole. La cosa più sciocca invece è vietare uno strumento che poi è a disposizione dei bambini in ogni momento della loro vita nelle famiglie e nei luoghi che frequentano.

Il progetto di educazione alla “vita nella rete”

Uno dei progetti approvati dal ministero ha visto oltre 30 scuole del Lazio collaborare per diversi anni alla redazione di un curricolo digitale verticale che dalla scuola dell’infanzia all’ultima classe delle superiori indichi competenze, abilità, obiettivi da raggiungere per ciascun anno di frequenza delle scuole.

È una proposta di educazione alla “vita nella rete” entra nel curricolo a partire dalla scuola dell’infanzia e accompagna fino all’età adulta e oltre con una alfabetizzazione di base cui si aggiungono le competenze digitali, indispensabili per poter partecipare alla società dell’informazione e della conoscenza ed esercitare i diritti di cittadinanza digitale.

Il progetto prevede attività per ogni anno di scuola, diversificate sulla base dell’età degli allievi e del loro rapporto con gli ambienti digitali. Lo si può trovare qui https://crealatuaimprontadigitale.it/  ed è possibile navigare per area di interesse come pure per livello scolastico. È stato presentato più volte nelle varie edizioni di Didacta, all’interno della programmazione del Ministero.

Si tenga anche conto che, qualche giorno prima della firma della circolare, annunciata da mesi, il governo italiano si è impegnato al G7 nella promozione della cultura digitale come strumento essenziale per il cambiamento e per la promozione e il superamento dei ritardi educativi.

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