intelligenza artificiale

Pizzetti: “L’IA va governata con le competenze. Bene la Strategia italiana”



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Mentre l’AI Act dell’Ue enfatizza la necessità di evitare danni da IA, focalizzandosi sui rischi e sulla vigilanza, la Strategia Italiana per l’IA 2024-2026 offre una visione equilibrata, promuovendo innovazione e competitività e l’uso dell’IA in vari settori, anche negli enti pubblici

Pubblicato il 30 lug 2024

Franco Pizzetti

professore emerito in diritto costituzionale, Università di Torino, ex Garante Privacy



intelligenza artificiale, manutenzione predittiva e machine learning

L’AI Act dell’UE evidenzia l’importanza di mitigare i rischi associati all’intelligenza artificiale attraverso una regolamentazione rigorosa e uniforme. Tuttavia, è cruciale anche sfruttare i benefici della IA per migliorare competitività e innovazione, come sottolineato nella Strategia italiana per l’IA 2024-2026. Questa strategia promuove l’uso della IA in vari settori – nel tessuto produttivo, imprenditoriale, formativo e sociale, nonché nella Pubblica Amministrazione – e richiede il coinvolgimento attivo degli stakeholders per una pianificazione efficace.

Partiamo quindi da un’analisi dell’impostazione europea per inquadrare gli obiettivi e le prospettive della Strategia italiana, in particolare rispetto all’uso della tecnologia nelle amministrazioni pubbliche.

AI Act, un’impostazione troppo difensiva?

L’enfasi con la quale è stata sottolineata l’esigenza di evitare che la IA e le sue applicazioni possano essere dannose per gli individui ha fatto sì che sia l’AI Act della UE che i commenti ad esso dedicati abbiano prestato attenzione soprattutto alla valutazione dei rischi che le tecniche di AI proposte dai fornitori e utilizzate dai prestatori di beni o servizi possono determinare e sull’esigenza connessa di apprestare modalità efficaci di vigilanza sull’uso delle tecnologie di volta in volta adottate.

Per la verità questa impostazione difensiva e in qualche modo “omologante”, almeno dal punto di vista dei controlli dell’IA, è alla base dello AI Act della UE. Essa del resto è pienamente compatibile con lo scopo di fondo e principale della normazione europea nel campo del digitale, incentrata essenzialmente nel garantire la solidità del mercato unico europeo anche nell’epoca digitale.

In questo senso è del tutto comprensibile che la preoccupazione essenziale dell’AI Act sia quella di regolare la AI in modo che su tutto il territorio della UE i rischi del suo uso siano per le persone conoscibili, controllabili e omogenei. Solo a queste condizioni, infatti, può valere anche in un mondo digitale che applica la IA a scala continentale il rispetto della regola fondamentale che è alla base della digitalizzazione e dell’uso dei dati scambiati con modalità digitali nell’ambito UE e che quello è già al centro del GDPR, e cioè la possibilità concreta garantita agli utenti di potersi scambiare dati o di poter usare dati ricevuti o inviati con modalità digitali mantenendo il controllo dei propri dati (considerando 8 del GDPR) e comunque potendo contare su una protezione delle persone fisiche neutrale dal punto di vista tecnologico e indipendente dalle tecnologie impiegate (considerando 15 del GDPR). Solo a queste condizioni, infatti, la fiducia dei cittadini europei circa l’uso di tecnologie digitali può evitare la fuga dei cittadini stessi dal mondo digitale e può incrementare invece lo sviluppo, anche nel mondo digitale, del mercato unico digitale europeo.

IA e capacità concorrenziale dell’Unione

Merita tuttavia osservare che l’atteggiamento che vede nella nuova regolazione europea del mondo digitale solo un elemento di rafforzamento dell’uso delle tecnologie digitali nello spazio unico europeo (che pure è chiaramente alla base del decennio digitale della UE) rischia di essere fortemente limitativo.

Non si deve mai dimenticare, infatti, che lo sviluppo della società digitale europea, che è certamente alla base anche della recente regolazione digitale UE, ha come finalità principale quello di sviluppare la capacità concorrenziale dell’Unione nella competizione globale anche attraverso investimenti ingenti in infrastrutture digitali quali quelli previsti nel PNRR.

Questo aspetto deve essere tenuto particolarmente presente quando ci si misura con i temi connessi all’uso delle tecnologie di IA.

IA: benefici economici, ambientali e sociali

Non dobbiamo mai dimenticare, infatti, che, come chiarisce il Considerando 4 dell’IA Act della UE, “l’IA consiste in una famiglia di tecnologie in rapida evoluzione che contribuisce al conseguimento di una ampia gamma di benefici a livello economico, ambientale e sociale, nell’intero spettro delle attività industriali e sociali”.

Inoltre, sempre lo stesso considerando specifica anche che: “l’uso dell’IA, garantendo un miglioramento delle previsioni, l’ottimizzazione delle operazioni e dell’assegnazione delle risorse e la personalizzazione delle azioni digitali disponibili per i singoli e le organizzazioni, può fornire vantaggi competitivi e fondamentali alle imprese e condurre a risultati vantaggiosi sul piano sociale e ambientale, ad esempio in materia di assistenza sanitaria, agricoltura, sicurezza alimentare, istruzione e formazione, media, sport, cultura, gestione delle infrastrutture, energia, trasporti e logistica, servizi pubblici, sicurezza, giustizia, efficienza dal punto di vista energetico e delle risorse, monitoraggio ambientale, conservazione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi, mitigazione dei cambiamenti climatici e adattamento ad essi”.

La Strategia italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026

In sostanza già nei suoi primi considerando il Regolamento europeo sull’IA mette in risalto che l’IA può essere usata per molte finalità diverse. È questa una delle ragioni che spiegano alcuni punti essenziali della Strategia italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026, pubblicata dalla Agenzia per l’Italia digitale (Agid) e adottata allo scadere del precedente “Programma strategico Intelligenza Artificiale” curato a suo tempo dal Ministero dell’Università e della ricerca scientifica, dal Ministero dello Sviluppo Economico e dal Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale.

Tra questi punti innovativi meritano particolare attenzione, soprattutto dal punto di vista imprenditoriale e formativo, quelli che invitano “a realizzare e promuovere l’utilizzo di soluzioni di IA nel tessuto produttivo, imprenditoriale, formativo e sociale, nonché nella Pubblica Amministrazione”, nella consapevolezza che “la promozione dei tratti distintivi e la disponibilità di dati e modelli di IA in grado di rappresentare e del nostro Paese passerà sempre di più attraverso la codifica e la disponibilità di dati e di modelli di IA in grado di rappresentarne e valorizzarne le specificità”.

Macro-obiettivi strategici

La Strategia specifica poi alcuni macro-obbiettivi strategici e sottolinea anche che la pianificazione e la realizzazione di progetti in grado di orientare il Paese e i protagonisti del suo sviluppo economico e sociale richiede anche “la presa di coscienza del ruolo chiave giocato dall’IA sul fronte geopolitico” nonché “la necessità del varo di un progetto unitario in grado di coordinare gli staheholders.

In sostanza su questi punti la Strategia 2024-2026 è in sintonia con il quadro italiano in materia di IA già approvato dal Parlamento italiano, che trova il suo tratto più significativo nella istituzione di Fondazioni deputate a promuovere e vigilare l’attuazione della IA ai diversi livelli, prevedendo anche una diretta partecipazione, anche con proprie risorse economiche, da parte degli stakeholders interessati sul piano produttivo alla massima efficienza della IA per quanto riguarda lo sviluppo economico e produttivo del Paese nei diversi specifici ambiti di applicazione.

Proprio questi aspetti, ampiamente ribadititi nella Strategia 2024-2026, meritano di essere fortemente sottolineati in questa sede.

L’importanza di una strategia chiara per l’IA nella PA

Si tratta infatti di obbiettivi che presuppongono che la costruzione della IA affidabile debba avvenire, a ciascun livello di applicazione, sulla base di una strategia chiara, adottata dai titolari della PA specificamente responsabili dell’attività dell’ente o della struttura coinvolgendo di volta in volta gli stakeholders interessati al settore di attività.

Questa strategia deve essere coerente con una più generale strategia operativa dell’Amministrazione interessata e deve essere definita con un dibattito chiaro e trasparente che coinvolga appunto gli stakeholders ma anche –dico io- le organizzazioni politiche e sindacali interessate, alle quali appartengono gli eletti che svolgono l’incarico di decisori politici nell’ambito dell’amministrazione, soprattutto locale, interessata.

Questa strategia, che nella nuova prospettiva diventa la fase di produzione del documento anche politico fondamentale per l‘attività dell’ente o dell’Amministrazione, è essenziale perché è in coerenza con essa che dovranno essere definiti anche gli elementi decisivi per il buon funzionamento della IA al fine della realizzazione del programma dell’ente o della struttura amministrativa così come definito.

È evidente infatti che a partire dalla raccolta dei dati usati dalla IA per la sua attività, passando per la verifica della loro esattezza e della loro attualità e valorizzando una analisi non solo formalistica o eticamente centrata del modo di applicazione della tecnologia AI, tutto il sistema di funzionamento di un ente o di una struttura amministrativa che faccia ampio uso della tecnologia IA si basa anche su una strategia programmatica che abbia chiare le finalità da perseguire e le modalità tecnologiche della IA usata.

La necessità di conoscenze specialistiche

Diventa chiaro, allora, che nelle azioni e nel modus operandi delle strutture amministrative diventano sempre più essenziali conoscenze specialistiche adeguate da parte degli operatori, e sedi decisionali alle quali possano partecipare i soggetti interessati. Soggetti, questi ultimi, che vedono però fondare la loro legittimazione a intervenire non solo sul loro incarico istituzionale e, se eletti, sul mandato espresso dagli elettori secondo modalità di tipo democratico, ma anche –necessariamente- sul possesso di competenze tecniche adeguate a un dibattito che non potrà non avere un alto tasso di tecnicismo oltre che una elevata lucidità di tipo politico circa le finalità che si vogliono perseguire e il progetto di società e di sviluppo economico al quale tanto la IA di volta in volta usata quanto gli obiettivi dell’Amministrazione devono essere armoniosamente orientati.

Conclusioni

Insomma passo dopo passo si rende sempre più evidente che siamo ormai entrati davvero in un mondo nuovo, del quale anche la IA è parte fondamentale non solo come tecnologia ma anche come modalità di assumere informazioni in un contesto che, di conseguenza, condiziona anche le modalità di scelta degli obiettivi e, in definitiva, le modalità di azione politica, compresi i requisiti necessari per essere in grado di esercitare il diritto di partecipare al dibattito e alle decisioni conseguenti.

Proprio la costante espansione della società digitale comporta anche una rivisitazione delle regole democratiche e delle modalità organizzative degli enti territoriali e delle organizzazioni pubbliche. Si è ormai innescato un processo che appare inarrestabile e che sta mutando e sempre più muterà le nostre strutture pubbliche e le regole che ne disciplinano il funzionamento.

Il contributo offerto dalla strategia Agid 2022-2024 è sotto questo profilo particolarmente stimolante.

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