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Realtà virtuale e formazione: il metaverso ha (forse) trovato il suo spazio



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Il metaverso offre nuove opportunità nella formazione. Case study di Hilton, Enel e Olivetti mostrano applicazioni reali. Ma è necessaria una normativa specifica per gestire rischi e opportunità del lavoro virtuale

Pubblicato il 9 ago 2024



Geoscienza digitale

Lo sviluppo delle nuove tecnologie è un processo inarrestabile che si evolve ormai giorno per giorno: intelligenza artificiale, software di deep-learning e metaverso sono solo alcuni esempi delle nuove frontiere virtuali.

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Il legislatore, con particolare riguardo al mondo giuslavoristico, ha dunque l’onere di stare al passo con le novità che emergono dall’uso di questi nuovi strumenti.
Per quanto riguarda l’AI, la situazione è ben delineata: il nuovo Regolamento europeo (AI Act), di prossima pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, disciplina in modo preciso e puntuale la programmazione e l’utilizzo dei nuovi sistemi informatici, garantendo una normativa unitaria e favorendo lo sviluppo di un mercato unico europeo in materia.

Di cosa parliamo quando parliamo di metaverso

Il Metaverso non ha invece avuto la stessa fortuna: il fortissimo sviluppo dei chatbot di AI (vedi ChatGPT) ha “oscurato” la diffusione di questo nuovo spazio virtuale online, che ad oggi non ha ancora una disciplina, né a livello europeo, né a livello nazionale. Ma che cos’è davvero il Metaverso?
L’evoluzione di Internet, quale luogo di incontro e comunicazione tra soggetti molto distanti nel globo, ha portato alla diffusione di nuovi spazi virtuali paralleli, interconnessi tra di loro.
Il Metaverso è dunque un “nuovo mondo”, o meglio un “mondo parallelo” in cui, tramite la mediazione di alcuni speciali devices come computer, visori o controller, ognuno di noi può vivere una second life[1].
Gli avatar, ovvero la rappresentazione virtuale degli utenti[2], possono interagire tra di loro liberamente, avendo a disposizione un’infinita gamma (simulata) di ambientazioni, situazioni, scenari e possibilità.

L’uso del metaverso per la formazione

Da qui nasce un primo e fondamentale interrogativo: quale può essere l’utilizzo più efficiente e sicuro di questa tecnologia?
Le prime esperienze in campo imprenditoriale ci dicono che il settore più avanzato nella fruizione di servizi di realtà virtuale o aumentata è quello della formazione[3].

Il training nel metaverso

Il training nel Metaverso è già una realtà affermata in alcuni settori ultra specialistici, come l’aviazione o l’automobilismo: i piloti possono sperimentare l’esperienza di volo o di guida grazie a simulatori che riproducono in tutto e per tutto l’abitacolo di un vero mezzo, permettendo di svolgere esercitazioni, anche le più rischiose, in un ambiente sicuro e perfettamente funzionante.
Grazie anche alla diffusione ed agli investimenti delle grandi aziende tecnologicamente più avanzate, i dispositivi di realtà aumentata sono ormai alla portata di tutti: da ultima, anche Apple ha lanciato sul mercato il suo nuovo visore “Apple Vision Pro”, grazie al quale si può passare da un ambiente virtuale ad un altro in tempo reale, proiettando il tutto direttamente davanti agli occhi dell’utente.

Formazione con la realtà virtuale: i chiarimenti del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Anche l’Italia cerca di stare al passo: è di pochi giorni fa l’Interpello n. 3/2024 al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, tramite il quale sono arrivati i primi chiarimenti in tema di formazione ed utilizzo di software di realtà virtuale.
Nel merito, il Ministero concede un sostanziale nulla osta all’utilizzo delle nuove tecnologie nel campo della formazione obbligatoria prevista dal Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro, a patto che venga sempre rispettata la metodologia di insegnamento ed apprendimento già prevista, ovvero: equilibrio tra lezioni frontali ed esercitazioni, sviluppo di metodologie interattive, previsione di simulazioni e dimostrazioni pratiche e, laddove possibile, l’impiego di modalità eLearning.

La formazione in materia di salute e sicurezza con la realtà aumentata

Non solo. Viene richiamato anche l’art. 20 del decreto legge del 30 aprile 2022, n. 36, rubricato: “Misure per il contrasto del fenomeno infortunistico nell’esecuzione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per il miglioramento degli standard di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”. In tale ambito, l’INAIL si fa promotrice di “appositi protocolli d’intesa con aziende e grandi gruppi industriali” rispetto alla formazione in materia di salute e sicurezza, che possano comprendere anche ricerca e sperimentazione di nuove soluzioni tecnologiche: robotica avanzata, esoscheletri, sensoristica per il monitoraggio degli ambienti di lavoro, materiali innovativi per l’abbigliamento lavorativo, dispositivi di visione immersiva e realtà aumentata sono la nuova frontiera dell’evoluzione in questo campo che, tra l’altro, può contribuire anche a migliorare la sostenibilità, ormai diventata un obiettivo irrinunciabile per qualsiasi organizzazione.

I progetti già avviati dalle imprese

Tutto questo è già realtà in molte aziende nel mondo, nelle quali progetti del genere sono avviati e funzionanti da tempo, ed i risultati più che soddisfacenti.

Il caso della catena di alberghi di lusso Hilton

Negli Stati Uniti, dove lo sviluppo tecnologico è sempre stato molto più avanzato rispetto al Vecchio Continente, i grandi gruppi di imprese fanno già uso di strumenti di realtà virtuale o aumentata per la formazione dei loro migliaia di dipendenti; ne è un esempio la catena di alberghi di lusso Hilton, che grazie al nuovo programma di formazione nella realtà virtuale “Hotel Immersion” permette di simulare le attività svolte da addetti al servizio in camera, alle pulizie ed alla reception[4].

Tramite l’utilizzo di un visore VR, questi lavoratori possono visitare tutti i settori degli hotel, simulare ben 62 compiti da svolgere durante pulizia delle stanze ed interfacciarsi con ospiti insoddisfatti, il tutto senza muoversi dalla loro postazione. In questo modo il gruppo Hilton è riuscito a fronteggiare l’ardua sfida della formazione, resa ancor più logisticamente complicata dai loro più di 6000 hotel e resort sparsi in 119 paesi del mondo.

I casi in Italia: l’esempio del gruppo Enel

L’Italia non è però da meno: il tema dell’innovazione e della formazione sta da sempre molto a cuore alle grandi e storiche aziende del Bel Paese, che non si tirano certo indietro quando c’è da investire sul futuro.
Già dal 2017 il gruppo Enel ha avviato una collaborazione con la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa per lo sviluppo di un “Simulatore di realtà virtuale 3D per il training[5].
Questo dispositivo consente al personale in fase di formazione di applicare procedure e svolgere operazioni in un ambiente virtuale sicuro, immergendosi in situazioni complesse ed accrescendo il senso di responsabilità dei lavoratori. La riproduzione virtuale di condizioni di emergenza consente ai soggetti interessati di acquisire famigliarità con gli strumenti e le attrezzature adeguate, cosicché in futuro essi siano pronti a fronteggiare qualsiasi imprevisto sul luogo di lavoro.

Learning game simulativo in realtà virtuale: il caso Olivetti

Un altro esempio virtuoso è rappresentato da Olivetti, storica società italiana pioniera nel campo delle macchine da scrivere, da calcolo e dell’elettronica e ad oggi facente parte del gruppo Tim. Qui l’apprendimento dei processi di installazione delle stampanti è portato avanti tramite un learning game simulativo in realtà virtuale: il software, basato su un approccio “learning-by-doing”, consente al personale di apprendere le attività da svolgere attraverso esperienze immersive in ambienti realistici, dove possono interagire direttamente con i prodotti e gli strumenti del mestiere.

I vantaggi delle pratiche di gamification in ambito formativo

Le pratiche di gamification sono molto diffuse nell’ambito formativo, poiché riescono a coinvolgere i lavoratori ad un livello emotivo più completo di quanto non faccia la classica formazione in presenza: attraverso meccanismi di premialità, tipici dei videogiochi, il soggetto ha una spinta emotiva più forte verso il raggiungimento del risultato, migliorando così le proprie performance ed apprendendo in modo più efficiente le skills più utili alla propria attività lavorativa.

I cosiddetti “serious game”, ovvero, per l’appunto, giochi progettati a fini educativi, favoriscono la memorizzazione e la conservazione delle informazioni apprese durante le sessioni di simulazione, costituendo un prezioso strumento al servizio del datore di lavoro per rendere più sicura, rapida e conveniente la formazione dei propri collaboratori[6].

I possibili rischi legati all’utilizzo della realtà immersiva


Se da un lato il Metaverso risulta quindi essere un ambiente sicuro e stimolante, dall’altro però non si possono escludere eventuali rischi legati all’utilizzo di queste nuove tecnologie.
Ciò che subito salta all’occhio è la pericolosità legata alla permanenza immersiva dei lavoratori in un habitat digitale: qui i rischi tipici sono prevalentemente quelli legati alle prestazioni svolte da remoto, ovvero le continue sollecitazioni che i devices e la realtà virtuale producono sulla psiche umana[7].
È compito dunque del datore di lavoro prevedere una formazione specifica per i “lavoratori del Metaverso”, che tenga conto dei rischi di tale ambiente, della prevenzione dello stress da lavoro-correlato e del diritto alla disconnessione.
In questa prospettiva il legislatore dovrebbe adattarsi al passaggio da uno spazio bidimensionale, come quello dei computer e dei videoterminali in genere, ad uno spazio tridimensionale generato da realtà virtuale o aumentata, che si sovrappone e si intreccia alla realtà tangibile.

La necessità di una disciplina unitaria e più specialistica


Partendo dal corpus normativo vigente previsto per lo smart working, che potrebbe essere un punto di partenza per tutte quelle prestazioni lavorative rivolte alla progettazione del Metaverso o a quelle che si svolgono anche solo parzialmente in esso[8], è necessario arrivare ad una disciplina unitaria e più specialistica che regoli in tutti i suoi aspetti la prestazione lavorativa svolta nello spazio virtuale, abbracciando anche la formazione obbligatoria prevista per i meta-lavoratori.

Note

[1] M. Biasi, Il decent work e la dimensione virtuale: spunti di riflessione sulla regolazione del lavoro nel Metaverso, in LavoroDirittiEuropa, 2023, n. 1, p. 1 ss.
[2] M. Biasi, Lavoro e soggettività al tempo degli Avatar, in Quad. Biblioteca della Libertà, 2024, n. 3, p. 116 ss.
[3] N. De Angelis, La formazione dei lavoratori nell’ambiente virtuale. Rischi ed opportunità del Metaverso, in AmbienteDiritto, 2023, fascicolo 4, p. 1 ss.
[4] https://www.visualpro360.it/2020/03/31/come-hilton-usa-la-vr-per-insegnare-una-nuova-visione-di-ospitalita/
[5] https://www.santannapisa.it/sites/default/files/enel_-_scuola_superiore_santanna_fc.pdf
[6] R. Pettinelli, La ludicizzazione della prestazione di lavoro: la gamification, in Diritto del lavoro ed Intelligenza Artificiale, 2024, capitolo 28, p. 663 ss.
[7] C. Lazzari, Lavoro senza luogo fisso, de-materializzazione degli spazi, salute e sicurezza, in Labour&Law Issues, 2023, vol. 9, n. 1, p. 21 ss.
[8] M. Biasi, The Labour Side of the Metaverse, in Italian Labour Law e-Journal, 2023, vol. 16, n. 1, p. 1 ss.

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