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Scienza partecipativa e modello cynefin: strumenti per una democrazia più forte



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Le teorie del complotto sono diffuse, ma la scienza partecipativa e il modello Cynefin offrono soluzioni per una comprensione razionale della complessità moderna. Progetti come Eurosense mirano a coinvolgere i cittadini nella ricerca di soluzioni collettive, promuovendo un dibattito politico inclusivo e basato su dati reali

Pubblicato il 21 ago 2024

Roberto Bonino

Volt Europa, Bruxelles e LUSVAL, Parigi



digitale

Sondaggi recenti mostrano che circa il 53% degli americani crede in almeno una teoria del complotto, ad esempio che la Nasa avrebbe falsificato lo sbarco sulla Luna o che le vaccinazioni Covid-19 avrebbero impiantato un microchip. In Europa va appena un po’ meglio, per esempio in Francia la penetrazione del complottismo arriva a circa il 40%.

Tuttavia, le teorie del complotto non sono un fenomeno nuovo; esistono da secoli come risposta umana a eventi inquietanti e complessi.

Proviamo allora a capire in che modo la scienza della complessità e la scienza partecipativa possono offrire strumenti efficaci per affrontare la disinformazione e promuovere una comprensione più razionale e collettiva delle sfide moderne. Attraverso l’analisi del modello Cynefin e progetti innovativi come Eurosense, vedremo come queste metodologie possano rafforzare la democrazia e migliorare la presa di decisioni in contesti complessi.

Le teorie del complotto permettono di “dare senso” a eventi inquietanti

Si sente spesso dire che con l’avvento di Internet e delle reti sociali lo sviluppo delle teorie del complotto si è accelerato al punto che si è cominciato a parlare di “età d’oro” del complottismo. In realtà studi dedicati all’argomento non hanno messo in luce nessuna accelerazione recente: probabilmente assistiamo a un incremento dell’uso politico e dell’impatto sociale della disinformazione.

Ad esempio l’uso spregiudicato dei media da parte di Donald Trump nel diffondere false informazioni su immaginarie frodi elettorali, ampiamente confutate da numerosi di procedimenti giudiziari, è risultato nell’insurrezione del 6 gennaio 2021 con l’occupazione violenta di Capitol Hill a Washington.

In realtà le teorie del complotto sono sempre esistite, basta ricordare le pagine del Manzoni sulla peste del ‘600 a Milano, e la descrizione della caccia agli untori accusati di diffondere il contagio spalmando unguenti venefici sulle porte e sui muri della città. Tesi cospirative fioriscono regolarmente anche nel microcosmo aziendale, spesso su presunte intenzioni del management di gestire l’impresa a proprio beneficio. È stato dimostrato che i dirigenti che danno voce ai loro dipendenti quando devono prendere decisioni importanti e che prendono sul serio i loro input e le loro opinioni suscitano meno teorie cospirative rispetto ai leader non partecipativi.

Secondo gli studiosi del tema (Prooijen, 2018) è sbagliato disprezzare chi adotta le teorie del complotto, in quanto queste emergono naturalmente dal nostro modo istintivo di capire il mondo: abbiamo tutti tendenza a ricercare schemi ricorrenti e ad immaginare eventi eccezionali siano il risultato della volontà di qualche individuo. Questo bisogno sarebbe all’origine di molte credenze e, secondo il filosofo delle scienze Karl Popper, le tesi complottiste non sono altro che la forma secolare delle superstizioni religiose.

In situazioni di stress, questo bisogno di “dare senso” al mondo che ci circonda diventa ancora più impellente. Infatti un gran numero di teorie del complotto nascono in seguito ad eventi eccezionali, come la pandemia Covid o l’attentato dell’11 settembre.

La portata politica e sociale delle teorie del complotto

Anche se la fantasia di alcune tesi cospiratorie può far sorridere, non bisogna sottovalutare la loro portata politica e sociale. Molte persone rinunciano a proteggersi e proteggere la loro famiglia coi vaccini, esponendosi a gravi malattie. La caccia alle streghe, nei secoli, ha causato decine di migliaia di morti. Le teorie del complotto riguardanti gli ebrei, veicolate dal nazismo tedesco e dal fascismo italiano, sono poi sfociate nell’olocausto. Storicamente, molte guerre sono state giustificate con teorie del complotto.

Per quanto siano pericolose, le teorie del complotto rappresentano solo la punta dell’iceberg della tendenza a cercare soluzioni semplici a problemi complessi. L’assenza di un approccio razionale, adeguato alla complessità delle società moderna, si risolve spesso nella diffusione di opinioni estremiste, di radicalizzazioni di vario e genere e di polarizzazioni che finiscono per rendere sterile il dibattito politico

Scienza della complessità e modello cynefin

Anche se la diffusione delle teorie del complotto non è in crescita è sorprendente che non vada sparendo, visto che il livello di educazione è andato a crescere in tutti i paesi del mondo negli ultimi decenni. Ci si potrebbe aspettare che sempre meno persone sentano il bisogno di ricorrere a spiegazioni irrazionali per dare senso a eventi eccezionali. Forse l’aumento della complessità del mondo è andato più in fretta della crescita della cultura e le spiegazioni complottiste rimangono un modo per “dare senso” a una realtà che sembra sfuggire alla nostra comprensione.

Fortunatamente, anche la scienza dei sistemi complessi ha fatto molti progressi, e, applicata al contesto delle organizzazioni, ha dato origine a metodologie pratiche che permettono di prendere decisioni razionali in situazioni che sembrano sfuggire a spiegazioni lineari di causa ed effetto. Uno di questi approcci, il modello Cinefyn, è stato sviluppato per aiutare i manager a comprendere le loro sfide e a prendere decisioni appropriate al contesto in cui si trovano ad operare.


The Cynefin Co (2021)

In azienda si spesso sorpresi dal fatto che approcci di leadership precedentemente vincenti falliscano in nuove situazioni.

A ogni problema il suo contesto

Contesti diversi, infatti, richiedono risposte diverse e il modello aiuta i dirigenti a suddividere i problemi in cinque contesti principali:

  • I contesti semplici sono caratterizzati da stabilità e relazioni causa-effetto chiare a tutti. In queste situazioni è facile, una volta valutati i fatti scegliere la risposta adeguata. Ad esempio, se un macchinario si guasta è in genere facile decidere se è utile ripararlo o è meglio comprarne uno nuovo.
  • I contesti complicati possono contenere più risposte giuste e, sebbene esista una chiara relazione tra causa ed effetto, non tutti riescono a vederla. In questo caso può essere utile rivolgersi ad un esperto. Ad esempio, una campagna pubblicitaria viene affidata ad un’agenzia esterna, specializzata nel campo. In un contesto complesso, è difficile trovare le risposte giuste nelle esperienze passate; piuttosto, emergono opzioni interessanti se si conducono esperimenti che possono fallire senza gravi conseguenze. Questo è il regno delle “incognite”, in cui opera gran parte del business contemporaneo. I manager in questo contesto devono prima sondare e poi decidere in funzione dei risultati. Consulenti esterni possono aiutare, ma sarebbe rischioso adottare soluzioni predefinite. Ad esempio, prima di lanciare un nuovo prodotto un’impresa può sviluppare vari prototipi e verificare le diverse possibili risposte del mercato.
    • In un contesto caotico, non c’è tempo per sperimentare. Le relazioni tra cause ed effetti sono impossibili da determinare perché cambiano continuamente e non esistono modelli gestibili (gli eventi dell’11 settembre 2001 rientrano in questa categoria). In questo ambito, un manager deve innanzitutto agire per stabilire l’ordine, percepire dove è presente la stabilità e poi lavorare per trasformare la situazione dal caos alla complessità. E’ relativamente facile cadere da un dominio semplice al caos, ad esempio se, in un’azienda altamente automatizzata, il sistema informatico va improvvisamente in tilt.
    • La zona di confusione si applica quando non è chiaro quale degli altri quattro contesti sia predominante. Una via d’uscita è quella di scomporre la situazione nelle sue parti costitutive e assegnare ciascuna di esse a uno degli altri quattro contesti. Si possono quindi prendere decisioni e intervenire in modo appropriato a ogni contesto.
    • Vi è infine un zone liminale, in verde nell’immagine, che è importante nelle transizioni da un contesto all’altro

Il modello non è destinato a spiegare i meccanismi in atto in ciascun contesto, ma ad aiutare a categorizzare i contesti in cui si devono prendere decisioni, identificare l’approccio più adatto alla situazione ed adottare gli strumenti pertinenti.

Sensemaker, uno strumento per dare senso a situazioni complesse

Uno strumento adatto ai contesti complessi sviluppato nel quadro del modello Cynefin è Sensemaker©, che permette a un gruppo di persone di adottare un approccio inclusivo per dare collettivamente senso ad una situazione particolare procedendo in modo razionale ed evitando interpretazioni semplicistiche. SenseMaker® permette di combinare grandi quantità di dati con il ricco contesto della narrazione, basata sugli aneddoti di persone reali, mettendo in valore le voci e le interpretazioni fornite dalle persone stesse. Non sono richieste competenze specialistiche per accedere alla sintesi dei dati, solo curiosità.

L’adozione di Sensemaker nel sociale: i progetti

Inizialmente sviluppato per i bisogni delle imprese ed impiegato ad esempio nel campo della gestione del cambiamento, dell’analisi strategica o ancora della gestione delle risorse umane, Sensemaker può essere adottato anche nel campo sociale.

Ad esempio il governo del Galles ha lanciato un progetto di tre anni, dal 2018 al 2020 (Measuring the Mountain) per raccogliere ed analizzare le esperienze dei cittadini nell’utilizzo dei servizi di assistenza sociale e in particolare l’esperienza nell’accudire nel lungo termine i propri familiari malati. Utilizzando Sensemaker per raccogliere le storie e conducendo due giurie di cittadini per esaminare le questioni in modo più approfondito, Measuring the Mountain ha generato una grande quantità di informazioni e approfondimenti critici sulle esperienze delle persone. Il progetto ha creato un’ampia banca di storie, analisi e raccomandazioni che sono state in larga parte recepite e messe in atto dal governo.

In un altro progetto, due ONG tedesche, Pocket Project e “Mehr Demokratie”, hanno organizzato un workshop online basato su Sensemaker sul tema “Trauma collettivo e democrazia”, su situazioni come la pandemia COVID o la guerra in Ucraina. Durante un fine settimana, 350 partecipanti si sono impegnati nel dialogo e nella riflessione come parte di un processo di integrazione del trauma collettivo, lavorando sulle complessità della percezione e della comprensione del conflitto, della polarizzazione e della divisione, oggi troppo comuni nelle nostre democrazie. Nel complesso, l’esperienza di “democrazia” dei partecipanti è diventata più positiva nel corso del processo di integrazione collettiva del trauma. All’inizio del processo, nelle narrazioni predominavano sentimenti contrastanti, che andavano dalla distanza e dal disincanto nei confronti della politica alla fiducia e al desiderio di contribuire a plasmare la società. Alla fine del processo, hanno prevalso la fiducia nell’autoefficacia, la compassione e il coraggio di sviluppare la democrazia. Attraverso il processo, concetti astratti come politica, partecipazione, democrazia e società sono diventati concretamente tangibili e vivi per i partecipanti.

Scienza partecipativa: dare a tutti le chiavi per interpretare il mondo

Purtroppo, questi approcci non sono alla portata del cittadino qualunque che cerca di capire il contesto sociale ed economico in cui vive. Confrontato a situazioni sempre più complesse, si trova spesso sollecitato da soluzioni politiche semplicistiche con risultati nulli o addirittura contrari agli obiettivi enunciati. Le recenti elezioni in Gran Bretagna hanno messo in luce le frustrazioni causate da una soluzione semplicistica come la Brexit, a situazioni complesse come immigrazione e competitività internazionale.

A lungo termine dovremmo poter contare sul sistema educativo per dare a tutti le chiavi per interpretare correttamente il mondo moderno. Purtroppo, anche se questo approccio fosse adottato, ci vorrebbero decenni per ottenere risultati. La scienza partecipativa (citizen science in inglese) può essere un modo per diffondere in vasti strati sociali, la capacità di trattare in modo razionale situazioni complesse.

La scienza partecipativa, nota anche come scienza cittadina o scienza comunitaria, è un approccio alla ricerca scientifica che coinvolge attivamente i cittadini non esperti nella raccolta, analisi e interpretazione dei dati. Si tratta di una pratica in crescita in cui scienziati e cittadini collaborano per produrre nuove conoscenze per la scienza e la società. Anche se forme di scienza partecipativa esistono da secoli, il termine “citizen science” è stato coniato negli anni ’90 e da allora ha guadagnato popolarità. Il riconoscimento di questo modello sta crescendo nei settori della scienza, della politica, dell’istruzione e nella società in generale. Grazie ad ambiziosi progetti europei come l’European Citizen Science la scienza partecipativa si sta affermando come campo di ricerca e campo di pratica. Sul sito dell’associazione italiana di scienza partecipativa (Citizen Science Italia) sono elencati moltissimi esempi di progetti di scienza partecipativa su temi che vanno dall’astronomia alla biologia allo studio dell’ambiente

La scienza partecipativa considera la conoscenza scientifica come un bene comune e ha il potenziale di cambiare il ruolo che i cittadini possono svolgere nella società. Applicata alle scienze sociali, infatti, permette a gruppi di cittadini non solo di studiare insieme fenomeni sociali locali, ma di individuare in intelligenza collettiva soluzioni politiche concrete fondate sulla comprensione dei sistemi complessi, cambiando così i rapporti di forza tra poteri istituzionali e cittadini.

Il progetto Eurosense

Volteuropa ha recentemente lanciato il progetto Eurosense utilizzando un approccio basato su Sensemaker e scienza partecipativa. Il progetto evolve nel quadro dei progetti Horizon Europe, si avvale della collaborazione di partner scientifici ed è finanziato da Impetus. Eurosense mira a raccogliere dati di vita reale e micro-narrazioni dai cittadini di tutta Europa L’obiettivo è di permettere ai partecipanti di utilizzare strumenti moderni per meglio comprendere la propria situazione socio economica e far emergere problematiche e soluzioni in maniera collaborativa.

Sfruttando una rete decentralizzata di cittadini, Eurosense consente di dare un senso alle complesse sfide della società e di contribuire alla ricerca di soluzioni, comparando e integrando proposte che emergono da tutto il continente. La visione a lungo termine prevede un panorama politico in cui venga data importanza alla voce dei cittadini, portando a risposte politiche più reattive ed efficaci al servizio del bene comune. Questa visione prevede che i rappresentanti eletti, dal Parlamento europeo ai governi locali, riconoscano l’importanza delle voci dei cittadini e le integrino attivamente in tutte le fasi dei processi decisionali.

L’obiettivo è anche di ispirare ed influenzare altri attori politici e amministrativi ad adottare approcci simili, rendendo il “sensemaking” parte integrante della cultura democratica europea.

Bibliografia

Sulle teorie del complotto :

Prooijen, J.-W. van, 2018. Psychology of conspiracy theories. Routledge, New York, NY.

Uscinski, J., Enders, A., Klofstad, C., Seelig, M., Drochon, H., Premaratne, K., Murthi, M., 2022. Have beliefs in conspiracy theories increased over time?* PLOS ONE 17, e0270429. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0270429

Su Cinefyn :

Snowden, David J, and Mary E Boone. 2007. “A Leader’s Framework for Decision Making.” Harvard Business Review, November 1, 2007. https://hbr.org/2007/11/a-leaders-framework-for-decision-making

Sulla scienza partecipativa

Vohland, K., Land-zandstra, A., Ceccaroni, L., Lemmens, R., Perelló, J., Ponti, M., Samson, R., Wagenknecht, K., 2021. The Science of Citizen Science. Springer Nature. https://doi.org/10.1007/978-3-030-58278-4

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