L’acronimo ESG, (Environmental, Social and Governance), si riferisce a quei fattori che consentono di valutare l’impegno di un’azienda in termini di sostenibilità e, più nello specifico, le risorse impiegate per il raggiungimento di standard di efficienza riguardo gli aspetti ambientali, sociali e di governance aziendale.
L’attenzione delle società al tema ESG risulta quanto mai crescente ed attuale sia in ragione degli ultimi interventi normativi che dell’odierno contesto socioculturale. Tra agli ultimi interventi legislativi, la Direttiva 2022/2464/UE – Corporate Sustainability Reporting Directive (“Direttiva CSRD”), per la quale, lo scorso 10 giugno, il Consiglio dei Ministri ha approvato, in esame preliminare, il decreto legislativo per il suo recepimento nell’ordinamento italiano. Nel merito, la Direttiva ha istituito l’obbligo per le aziende di redigere il Bilancio di sostenibilità che consiste in una vera e propria rendicontazione delle scelte aziendali rispetto ai fattori sociali, ambientali e di governance. Oltre che per questi adempimenti, il tema della sostenibilità assume un’importanza sempre maggiore anche alla luce della reputazione di un’azienda sul mercato. In altri termini, le aziende sono sempre più incentivate a privilegiare investitori che orientino la propria condotta più che alla massimizzazione del profitto pura e semplice, alla valorizzazione della sostenibilità, intesa come attenzione al rispetto dei diritti umani, della tutela dell’ambiente e al potenziamento di una governance trasparente e integrata. La ragione di questa preferenza è facilmente intuibile, le aziende orientate ai fattori ESG sono considerate più virtuose e, nel lungo periodo, sono destinate ad ottenere maggiori profitti, generando risparmi nei costi di corporate governance e promuovendo un ambiente di lavoro più etico e sostenibile.
I fattori ESG
Il fattore Environmental si può inquadrare nel contesto dei cambiamenti climatici e consente di misurare l’impegno di un’impesa relativamente, tra le altre, all’utilizzo delle risorse naturali, al rispetto della biodiversità, alla gestione dei rifiuti e al contenimento delle emissioni dei cosiddetti GES (Gas effetto serra). Pertanto, tale impegno prevede una particolare attenzione all’inquinamento in termini di impatto sul suolo, risorse idriche e qualità dell’aria consentendo, di conseguenza, di misurare gli impatti sulla biodiversità e gli ecosistemi.
Il fattore Social
Il fattore Social può tradursi nel valore generato dal capitale umano presente in azienda ed anche al di fuori della stessa; ossia, lungo la catena del valore, nei confronti delle comunità interessate e dei consumatori finali. Il fattore social, il cui rafforzamento passa dalla promozione di un ambiente di lavoro etico, dove si rispettino la parità di trattamento, le condizioni e i diritti connessi al lavoro, contribuendo così al benessere dei dipendenti e delle comunità interessate, è un valore che, se nutrito correttamente, può generare risultati inestimabili.
La Governance
Seppur riportato come ultimo fattore, la Governance riveste, ad avviso di chi scrive, un ruolo fondamentale nel dettare le scelte dell’azienda anche al fine di garantire il soddisfacimento dei due fattori precedenti. Ne deriva che, una buona governance implica trasparenza, etica ed integrità nelle decisioni aziendali ed ha il compito di assicurare che le politiche di sostenibilità siano integrate in tutte le operazioni aziendali.
I punti di connessione tra l’ESG e i Modelli di organizzazione, gestione e controllo
I punti di contatto tra lo sviluppo sostenibile dell’impresa e l’implementazione dei Modelli di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D.Lgs. 231/2001 sono molteplici, sia sotto il profilo delle aree di interesse sia per ciò che attiene al sistema di controllo interno. Ciò è emerso chiaramente nel presente passaggio del documento “Modello 231 e fattori ESG: l’importanza di una virtuosa connessione” redatto dalla Commissione di studio “Gruppo interdisciplinare ESG – 231” del Consiglio dei Commercialisti e degli Esperti Contabili in cui è riportato che: “il sistema di controllo interno implementato con il modello organizzativo ex d.lgs. 231/2001, impattando su attività sensibili anche sul fronte ESG, può contribuire al perseguimento generale di molti degli obiettivi di sostenibilità. In tale ottica, il modello 231 può rappresentare un punto di partenza significativo per una governance che voglia supportare l’azienda in termini di sostenibilità e, allo stesso tempo, uno strumento di compliance utile a rafforzare l’implementazione delle procedure aziendali in chiave ESG.”
Le convergenze relative al sistema di controllo interno
Le convergenze relative al sistema di controllo interno riguardano l’assunto secondo cui le aziende che puntano al successo sostenibile non possono prescindere da una corretta individuazione dei rischi e dalla relativa implementazione di un controllo interno volto alla loro gestione. Questo medesimo approccio caratterizza anche le attività di implementazione dei Modelli 231, che consistono nell’identificazione prima e nella gestione poi dei rischi a cui la società risulta esposta prevedendo idonee misure di prevenzione degli stessi rischi.
Correlazioni tra fattori ESG e reati presupposto del D.Lgs. 231/2001
Per quanto concerne le aree di interesse, risulta evidente come a ciascun fattore ESG possano ricollegarsi diversi illeciti previsti quali reati presupposto del D.Lgs. 231/2001. Partendo dall’ambiente, risulta lampante la connessione di una specifica norma contenuta nella 231/2001, che riguarda proprio quelle fattispecie inerenti illeciti ambientali, ma anche con gli articoli del Decreto relativi ai reati contro il patrimonio culturale, laddove si pensi alla tutela dell’ambiente in senso ampio, ricomprendendovi le condotte a danno dei beni paesaggistici. Analogamente, pensando alla tutela dei diritti umani non possono non essere richiamati i reati contro la personalità individuale, tra cui i reati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, oggi al centro della cronaca in tema di responsabilità amministrativa degli enti, passando per le condotte integranti razzismo e xenofobia, ai reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro fino ad approdare ai reati informatici connessi al trattamento illecito dei dati. Infine, il fattore della governance, che risulta strettamente connesso ai reati societari, a quelli associativi e transnazionali e alle condotte connesse al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
Allineamento con gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile
L’interconnessione tra i Modelli 231 ed i fattori ESG, inoltre, si evince dalla lettura degli obiettivi previsti nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, sottoscritta da 193 Paesi delle Nazioni Unite, tra cui l’Italia. Per citarne alcuni: lotta contro il cambiamento climatico, consumo e produzione responsabili, parità di genere, riduzione delle disuguaglianze, lavoro dignitoso – crescita economica e imprese, innovazione e infrastrutture. Dalla lettura di questi obiettivi risulta evidente la loro stretta correlazione con i medesimi obiettivi perseguibili dalle società attraverso l’implementazione dei Modelli di organizzazione, gestione e controllo.
Prevenzione di condotte illecite e promozione di comportamenti etici
I Modelli 231, difatti, mirano alla prevenzione delle condotte illecite realizzate nell’interesse o a vantaggio della società attraverso la previsione di regole comportamentali e procedure che minimizzino la realizzazione dei reati presupposto richiamati nel paragrafo precedente, ciò in vista del perseguimento principi quali, tra gli altri, la tutela dell’ambiente, la salute e sicurezza dei lavoratori ed il miglioramento della struttura aziendale.
Il valore della compliance integrata
Gli investimenti delle aziende nell’ottica di un approccio sinergico tra i fattori ESG ed i capisaldi del Modello 231 creano innanzitutto valore, promuovendo la cultura della compliance all’interno dell’azienda e contrastando fenomeni come l’ESG-washing o greenwashing.
Creazione di valore e promozione della cultura della compliance
Il valore generato dalla compliance integrata si declina in diversi aspetti:
- Aumento dei ricavi: le imprese oggi sono valutate non soltanto per le loro performance economico-finanziarie ma anche per la loro capacità di produrre risultati etici quali l’inclusione sociale e il rispetto dell’ambiente; tutto ciò consente di distinguersi dai concorrenti, attraendo i consumatori più sensibili alle tematiche ESG;
- Diminuzione dei costi: attraverso l’efficientamento dei consumi ed il risparmio dei costi di corporate governance generato dalla possibilità di garantire adeguati assetti organizzativi mediante una risposta unitaria dell’impresa, evitando la dispersione di costi e risorse;
- Aumento della produttività: le imprese attente alla compliance attraggono maggiormente talenti e aumentano la motivazione dei dipendenti, fidelizzando il personale e migliorando così la produttività complessiva;
- Maggiori probabilità di accedere a contributi e benefici fiscali: le aziende che integrano i principi ESG ed i Modelli 231 sono meglio organizzate ed appaiono più solide, con ciò aumentando la loro possibilità di ottenere supporti finanziari e agevolazioni fiscali. In tal senso la rendicontazione di sostenibilità consente alle imprese di comunicare in modo adeguato le loro performance ESG, migliorando la probabilità di default ed il rating creditizio.
Implementazione di una compliance integrata
Per raggiungere una compliance integrata tra normativa 231/2001 e fattori ESG è necessario che le aziende adottino standard operativi ispirati ai principi di sostenibilità, la cui implementazione può essere ben supportata dall’adozione di Modelli di organizzazione, gestione e controllo orientati alla creazione di protocolli e procedure applicabili anche in chiave ESG.
Ruolo dei Modelli 231 nell’implementazione dei fattori ESG
In altre parole, i Modelli 231 possono svolgere un ruolo fondamentale nella piena realizzazione dei fattori ESG nelle imprese poiché, prevedendo regole di comportamento rivolte alla totalità degli attori aziendali, consentono di coinvolgerli tutti, in modo trasversale, nelle strategie di sostenibilità. Questo coinvolgimento, indispensabile per il raggiungimento di obiettivi comuni, può essere garantito altresì mediante la formazione continua, la comunicazione aperta e il coinvolgimento attivo di tutti i livelli dell’organizzazione, dall’organo amministrativo ai dipendenti, nel rispetto dei protocolli previsti dai Modelli 231, arricchiti da regole di comportamento ESG. Solo così si potrà creare una cultura aziendale in cui la sostenibilità sia integrata sia nelle decisioni strategiche che nelle pratiche quotidiane.
Il ruolo dell’organismo di vigilanza
In questo contesto, anche l’Organismo di Vigilanza assumerà un ruolo cruciale, verificando periodicamente l’adozione dei suddetti standard operativi ed il rispetto dei protocolli e delle procedure implementate per gestire, ridurre o eliminare i rischi. Richiamando ancora il documento elaborato dal “Gruppo interdisciplinare ESG – 231”: “l’Organismo di Vigilanza può divenire il baricentro dei sistemi di compliance integrata, un pilastro del successo sostenibile aziendale e del processo di creazione di valore allargato”.
Conclusioni
Risulta chiara la necessità che le aziende che siano già dotate o che si stiano adoperando per l’adozione di Modelli 231 e di protocolli ESG, lo facciano in maniera integrata, coordinando le misure organizzative previste dalle diverse fonti normative di riferimento. Di contro, le società che non si siano ancora mosse in questo senso dovranno valutare le loro scelte strategiche e fare i conti con un mercato sempre più attento alla prevenzione dei rischi ed alla sostenibilità.