Negli ultimi anni, la Nato ha intensificato le sue strategie di protezione delle infrastrutture critiche, in particolare quelle sottomarine, alla luce di una serie di sospetti sabotaggi ai cavi in fibra ottica.
Questi episodi hanno evidenziato la vulnerabilità delle dorsali di telecomunicazione, portando l’Alleanza Atlantica a sviluppare nuove misure di sicurezza e a rafforzare la collaborazione con il settore privato e la ricerca accademica.
Tra le iniziative più recenti spiccano il lancio della Critical Undersea Infrastructure Protection Cell e del NATO-EU Task Force on Resilience of Critical Infrastructure, oltre a un progetto innovativo per reindirizzare il traffico Internet via satellite in caso di emergenze. Questi sforzi riflettono l’impegno della Nato a garantire la sicurezza delle comunicazioni nell’area euro-atlantica, in un contesto di crescente minaccia cibernetica e geopolitica.
Sicurezza delle comunicazioni: cavi sottomarini sotto attacco
Partiamo dagli episodi più recenti: nella notte tra il 19 e 20 ottobre del 2022 tre importanti cavi in fibra ottica che passano al largo di Marsiglia vengono danneggiati in quello che inizialmente sembra un incidente. Le dorsali interessate sono quelle che collegano la città francese con Lione, Milano e Barcellona, ma rallentamenti e problemi di connessione conseguenti all’incidente si verificano in vari Paesi del mondo.
L’eventualità di danni accidentali ai cavi sottomarini esiste ed è dovuta soprattutto a manovre errate da parte di imbarcazioni da pesca oppure dragaggi di ancore. Ma dai primi rilevamenti qualcosa non torna nella dinamica dell’incidente e comincia a farsi strada l’ipotesi del sabotaggio volontario. A insospettire le autorità è in particolare la simultaneità con un altro episodio.
Il sabotaggio al cavo sottomarino Shefa-2
Poche ore prima, il cavo sottomarino Shefa-2, che collega per circa 1.000 km le isole Faroe alla Scozia viene tranciato contemporaneamente in due differenti punti lasciando senza connessioni le isole danesi, le isole Shetland e parte della Scozia, con linee telefoniche fuori uso, servizi pubblici bloccati, bancomat non funzionanti e attività economiche interrotte. I due incidenti fanno tornare alla memoria un altro episodio sospetto.
La scomparsa di parte del cavo LoVe Ocean
Ad aprile del 2022, a largo delle isole artiche Svalbard, contese tra Norvegia e Russia, spariscono misteriosamente quattro chilometri e mezzo del cavo LoVe Ocean, che collega l’arcipelago a Oslo. Tranciati di netto e rimossi. Le indagini delle autorità scandinave rilevano che proprio il giorno dell’incidente diversi pescherecci russi avrebbero solcato le acque nel punto in cui il cavo è stato tagliato. Di fronte a queste coincidenze, gli analisti cominciano a ricondurre tutti questi episodi ravvicinati in uno scenario più ampio e a inquadrarli come possibili attacchi non convenzionali da parte di uno Stato nemico.
La controffensiva Nato
È proprio questo scenario a preoccupare oggi la NATO, che negli ultimi mesi ha intensificato le sue attività di protezione delle infrastrutture di telecomunicazione, in particolare in Europa, dove finora non è mai stata definita una linea di difesa comune. Sia i cavi che le landing station sono soggetti a diverse possibilità di incursioni: da attacchi con navi da guerra a sabotaggi tramite finte imbarcazioni da pesca o da diporto, dall’uso di sottomarini o robot subacquei al posizionamento di mine, fino a ciò che è avvenuto in Ucraina, ovvero il lancio di missili contro i data center più importanti del Paese. A volte i danni derivanti dall’annientamento delle infrastrutture possono risultare addirittura inferiori rispetto a operazioni ancora più letali come l’intercettazione dei dati che passano per cavi e stazioni di atterraggio.
Ma minaccia russa alle infrastrutture
Su entrambi i fronti, distruzione delle infrastrutture e intercettazioni, la Russia negli ultimi anni è divenuta una minaccia molto concreta. Il monitoraggio delle attività marine di Mosca ha visto un aumento delle operazioni in prossimità delle rotte dei cavi più importanti. Nel febbraio del 2022, ad esempio, la Russia ha condotto una serie di esercitazioni navali a Sud-Ovest dell’Irlanda, in una zona adiacente a vari cavi per le connessioni tra Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti.
Le esercitazioni militari servono sempre per inviare dei messaggi e in quell’occasione il contenuto era piuttosto chiaro, così come i due destinatari principali: Europa e NATO, che hanno risposto con la creazione di due nuovi organismi.
La Critical Undersea Infrastructure Protection Cell
Nel febbraio del 2023 è stata costituita la Critical Undersea Infrastructure Protection Cell, una nuova cellula operativa dell’Alleanza Atlantica con il compito di “migliorare le relazioni tra l’industria civile e quella militare, condividendo conoscenze e tecnologie”.
Il lancio del NATO-EU Task Force on Resilience of Critical Infrastructure
Pochi giorni più tardi, a marzo 2022, è stato annunciato il lancio del NATO-EU Task Force on Resilience of Critical Infrastructure che si occupa di protezione delle infrastrutture critiche in quattro settori: energia, trasporti, spazio e digitale.
Il rafforzamento dei rapporti con il settore privato e della ricerca
Nel quartier generale della NATO a Bruxelles è ormai chiaro a tutti che un’efficace protezione delle infrastrutture sottomarine deve passare necessariamente per il rafforzamento dei rapporti con il settore privato e della ricerca. Il 16 e 17 aprile 2024, più di 200 rappresentanti dell’industria e funzionari governativi si sono incontrati presso la sede della NATO per affrontare le sfide più urgenti nel settore marittimo. Hanno esaminato come l’industria possa sostenere meglio gli alleati nell’uso delle nuove tecnologie.
Il simposio sull’industria oceanica digitale
Il Simposio sull’Industria Oceanica Digitale – questo il nome dell’evento – si è concentrato su come aumentare la capacità della NATO di osservare e agire per proteggere meglio le linee di comunicazione marittime, che sono sempre più vitali per la sicurezza dell’area euro-atlantica. L’incontro faceva parte dell’iniziativa Digital Ocean della NATO, che include la protezione delle infrastrutture sottomarine critiche, l’utilizzo di tecnologie per fornire sorveglianza marittima e lo sviluppo di innovative capacità di guerra antisommergibile.
Il progetto Heist
Va nella direzione del consolidamento dei rapporti con i privati anche l’ultima iniziativa annunciata a luglio 2024, ovvero l’approvazione da parte dello Science for Peace and Security Programme dell’Alleanza Atlantica di un finanziamento di 400mila euro per un progetto che ha l’obiettivo di reindirizzare il traffico Internet dai cavi sottomarini ai satelliti in caso di emergenze quali sabotaggi, incidenti e disastri naturali. Sul progetto Heist (Hybrid Space and Submarine Architecture to Ensure Information Security of Telecommunications) sono al lavoro istituzioni accademiche statunitensi, islandesi, svedesi e svizzere, con la collaborazione di vari partner commerciali e governativi. Una delle principali finalità è lo sviluppo di nuove metodologie per rilevare i disturbi sui cavi e automatizzare l’accesso alla larghezza di banda satellitare per reindirizzare i dati. Nelle intenzioni dei ricercatori Heist unirà spazio e mare per fornire alla Nato un sistema completo per tutelare il traffico dati militare e civile.
I partner del progetto Heist
Tra i partner commerciali spiccano l’azienda satellitare statunitense Viasat Inc. (colpita da un attacco hacker presumibilmente di origine russa all’inizio dell’invasione dell’Ucraina), l’azienda di tecnologia spaziale Sierra Space Corp. e l’azienda islandese di cybersicurezza Syndis.
L’operazione Dynamic Manta e il ruolo dell’Italia
Oltre a iniziative di prevenzione, la NATO ha recentemente anche voluto mostrare i muscoli nel Mediterraneo. A cavallo tra febbraio e marzo del 2024 nell’area centrale del Mare Nostrum si è svolta l’operazione Dynamic Manta, una delle più importanti e complesse esercitazioni antisommergibile (ASW – Anti Submarine Warfare) dell’Alleanza Atlantica. Pianificata dal Comando Marittimo Alleato e condotta al largo delle coste orientali e meridionali della Sicilia, la DYMA aveva l’obiettivo di addestrare e affinare le capacità dei Paesi alleati nella protezione del dominio sottomarino. Sette sono stati i sommergibili impiegati da parte delle Marine di Italia, Francia, Grecia, Spagna, Stati Uniti e Turchia, insieme a velivoli da pattugliamento marittimo provenienti da Canada, Germania, Grecia, Regno Unito, Stati Uniti e Turchia.
L’operazione ha visto il nostro Paese schierato in prima linea. La Marina Militare ha partecipato con la fregata anti sommergibile Carlo Margottini, il cacciatorpediniere Luigi Durand de la Penne, il Pattugliatore Polivalente d’Altura Francesco Morosini, due sommergibili e due elicotteri. Inoltre, in qualità di nazione ospitante, l’Italia ha fornito il supporto logistico della base navale di Augusta, del porto di Catania e della base aerea di Sigonella. Ennesima testimonianza del ruolo strategico che il nostro Paese riveste per la sicurezza del Mediterraneo e per la crescente attività di tutela delle infrastrutture sottomarine da parte della NATO.