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Come adattarsi al lavoro con l’IA: reskilling e nuove professioni



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Il mercato del lavoro deve adattarsi alle trasformazioni dell’intelligenza artificiale favorendo il reskilling e la formazione di nuove competenze. Esperienza, empatia, contatto umano, saranno i veri turning point di cui le aziende devono tenere conto

Pubblicato il 23 set 2024

Francesco D'Amora

Avvocato, co-responsabile Dipartimento Lavoro Qlt Law & Tax

Ilaria Uletto

Avvocato, componente Dipartimento Lavoro, Qlt Law & Tax



L'impatto dell'IA nell’economia e nel lavoro: più produttività, ma anche più disuglianze

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’AI Act, in data 12 luglio 2024, è stata ufficialmente introdotta nell’ordinamento comunitario la regolamentazione dell’intelligenza artificiale con approccio “risk-based”. È, dunque, arrivato il momento che il mercato del lavoro inizi ad adattarsi e a rimodellarsi per integrarsi al meglio con una tecnologia dai dirompenti ritmi di sviluppo e di diffusione.

Ogni giorno si sentono voci preoccupate per l’impatto che l’avvento dell’intelligenza artificiale avrà sul mercato del lavoro. Si parla di sostituzione dell’uomo nell’esecuzione della prestazione lavorativa, di effetto ottundente dell’intelligenza artificiale, di svilimento del lavoro dell’uomo. Tuttavia, è bene ricordare che è proprio l’essere umano il creatore stesso dell’IA e, in quanto tale, è colui dotato delle capacità per, al contempo, governare l’algoritmo, sfruttando da esso solo le sue infinite potenzialità e limitando i rischi connessi. Sta all’essere umano capire come introdurre e implementare la macchina nel mercato per far sì che la stessa possa migliorare le condizioni di lavoro e non depauperare l’attività lavorativa quotidiana.

L’impatto dell’IA sul mondo del lavoro: visioni a confronto

Ad oggi, momento in cui gli algoritmi di intelligenza artificiale sono solo agli esordi della loro dirompente e rapida evoluzione, si possono fare solo delle stime e delle vaghe previsioni su come l’IA scuoterà (in chiave positiva o negativa) il mercato del lavoro.

Tuttavia, essendo l’hot topic del momento, se ne sente parlare in ogni settore e in ogni ambito: dai più scettici ai più ottimisti, tutti fanno stime su come l’IA impatterà il mercato del lavoro.

Da un iniziale approccio pessimista che vedeva l’intelligenza artificiale come il nuovo “ladro” delle professioni e colei che ridurrà l’uomo a mero sottoposto della macchina, di conseguenza svilendo la pregevolezza della sua attività lavorativa, si sta passando sempre di più a una lettura positiva dell’ingresso nel mercato del lavoro di un altro performante collega: l’algoritmo.

Infatti, sulla base di uno studio qualitativo condotto da AIRIA (Associazione Italiana per la Regolamentazione dell’IA), l’impatto che l’intelligenza artificiale potrà avere sul mercato varia a seconda della parte del rapporto lavorativo considerata: la visione più ottimista e positiva è quella delle aziende datrici di lavoro, il cui 77% delle intervistate ritiene che l’impatto dell’IA possa apportare più benefici che pregiudizi; i lavoratori rimangono, invece, più scettici e solo il 55% di quelli intervistati crede nel futuro impatto positivo dell’intelligenza artificiale.

Da una valutazione generale, si stima che vi sarà un impatto diretto dell’IA sul 40 % delle attuali professioni.

Volendo, dunque, fare un bilancio complessivo l’approccio sembra essere ottimista e fiducioso circa i benefici che i sistemi di intelligenza artificiale possono apportare al mercato del lavoro e, più in generale, alla società.

Reskilling, formazione e adattamento: le parole chiave per cogliere le opportunità dell’IA

L’approccio positivo riscontrato nella maggior parte delle imprese considerate non è sufficiente se viene abbinato a un atteggiamento passivo-remissivo. Per far sì che l’IA possa essere non il nemico che si teme bensì l’abile coadiuvante è necessario adottare un approccio interventista, in primis, indirizzando le risorse presenti verso una diversa e nuova formazione (reskilling) e, in secundis, acquisendo risorse già in grado, grazie a enti formativi adattatisi di conseguenza, a interfacciarsi con la macchina artificiale.

Dunque, due step si pongono come fondamentali nel mercato del lavoro del prossimo futuro: reskilling delle risorse già presenti e introduzione nell’organico di risorse già formate in ottica “articifial intellingence performer”, dunque, già capaci di approcciarsi ai nuovi sistemi di intelligenza artificiale.

Interventi per evitare la sostituzione uomo-macchina

Sotto il primo versante, ci si chiede come sia possibile formare da zero risorse già introdotte e già da tempo aventi una certa impostazione del lavoro. Tali individui devono ricevere una formazione specifica da parte dell’azienda in cui sono collocate affinché possano comprendere come elaborare gli input corretti da inserire nella macchina di intelligenza artificiale affinché l’algoritmo possa generare il miglior output possibile (c.d. attività di prompting, che sarà una mansione la cui diligente esecuzione acquisirà una sempre maggiore rilevanza).

Ciò arrecherebbe un vantaggio sia per la singola risorsa in sé, che si vedrebbe agevolata di parte del lavoro – in particolare, delle attività a basso valore aggiunto, quelle più routinarie e ripetitive che si prestano alla automatizzazione – che per il datore di lavoro, il quale vedrebbe aumentata la propria produttività tramite risorse che impiegano il proprio QI su attività di alto livello, lasciando eseguire i compiti monotoni e ripetitivi ai sistemi di IA.

Al contrario, sotto il secondo versante, è necessario che si ponga in attuazione una formazione antecedente all’immissione della persona nel mercato del lavoro; persone che si presentano al colloquio lavorativo con un CV che includa l’indicazione di maturate capacità nell’utilizzo dell’IA. In altri termini, l’approccio positivo-passivo non è sufficiente per la proficua introduzione dell’IA nella società ma deve essere accompagnato da

Nuovi lavori e le nuove skill per mantenere la competitività con l’IA

In concreto, quali saranno le nuove professioni nascenti dall’introduzione e diffusione nel mercato dei sistemi di IA?

Lo stesso art. 14 dell’AI ACT pone la sorveglianza umana come requisito necessario per implementare all’interno di un’organizzazione aziendale un sistema di IA.

Già solo tale previsione legislativa è in grado di creare, potenzialmente, un ventaglio inimmaginabile di professioni, necessarie per garantire il rispetto di tale disposizione: dalla risorsa richiesta e assunta per controllare la veridicità e l’accuratezza degli output prodotti dall’IA, a quella che dovrà verificare tecnicamente il funzionamento della macchina – con la contemporanea capacità di intervenire sulla stessa, bloccandola, in caso di malfunzionamento – fino ad arrivare alla persona competente nella tutela della privacy.

Come tutelare la privacy dei dipendenti

Il Garante della Privacy ha emanato delle linee guida per allertare e tutelare i cittadini dalla pratica di webscraping. E le aziende? Oltre all’utilizzo di appositi firewall, come potranno tutelare la privacy dei dipendenti? Esiste, ad oggi, un ruolo aziendale dotato delle competenze e della formazione per comprendere, tramite l’ausilio degli idonei presidi informatici, quando l’algoritmo applica questa tecnica di intrusione illegittima nella sfera personale dell’individuo?

Le nuove professioni che colmeranno il lavoro “rubato” dall’IA

Domanda dal carattere evidentemente provocatorio per veicolare il messaggio che, per mezzo di una formazione diversa e specifica, da impartirsi nelle scuole e nelle università, si potrebbero creare una serie innumerevoli di professioni – si pensi, anche, a programmatori informatici, sviluppatori di IA, risorse specializzate nel prompting – che andrebbe a colmare (se non a superare) il numero di lavori sottratti dall’IA.

Il mercato del lavoro potrebbe vedere, altresì, un incredibile aumento della quota dei lavoratori autonomi e degli imprenditori, tramite la sempre maggiore diffusione di lavori home-made basati sull’utilizzo dell’IA generativa non come “aiutante” bensì come vero e proprio creatore del prodotto oggetto dell’attività esercitata. Sarà, infatti, una nuova era per gli Influencer, i Tiktoker, etc., figure professionali già ampliamente diffusasi nell’ultimo decennio e che, con l’avvento dell’IA, potrebbero acquisire nuove potenzialità, ampliare la gamma e la qualità dei contenuti multimediali pubblicati e rafforzare il loro potere di mercato.

L’introduzione dell’IA in azienda e l’impatto sui lavoratori

Non è evidentemente possibile inserire un sistema di IA in una realtà aziendale senza una preparazione delle risorse interne, anche dal punto di vista psico-attitudinale.

È necessario, al contrario, che il datore di lavoro comunichi con i propri lavoratori, ascoltando e facendo propri i loro timori e le loro sensazioni – positive o negative che siano – sull’implementazione dell’IA in azienda, rendendoli, cioè, partecipi del processo. Ciò è fondamentale per il mantenimento di un sereno ambiente lavorativo, evitando che i lavoratori percepiscano l’introduzione di tali nuove tecnologie come un’imposizione dall’alto e che si sentano sviliti nella propria professionalità, sostituita dalla macchina.

Il datore di lavoro non deve ignorare che le sensazioni che l’avvento dell’IA provocherà nelle risorse interne possono essere le più diverse e la tutela psichica del dipendente deve passare dalla trasmissione e diffusione nel contesto lavorativo dell’idea che l’algoritmo rafforzerà le competenze dell’uomo, senza privazione di professionalità alcuna.

Conclusioni

In conclusione, l’ottica che deve diffondersi all’interno del mercato del lavoro, in ogni tipo di settore, è che il pensiero critico e l’empatia sono le tipiche capacità umane necessarie in ogni professione che l’IA difficilmente potrà sovrastare e che, in ragione di ciò, dobbiamo mantenere vive e rafforzare per mantenere saldo l’antropocentrismo del mondo del lavoro.

In sintesi, l’IA dovrà rafforzare l’umanità che è in noi stimolando le soft skills che non potranno mai essere sostituite dalla macchina. Esperienza, empatia, contatto umano, umanità saranno i veri turning points del mercato del lavoro e i datori di lavoro dovranno incrementare l’attenzione verso tali nuovi pilastri per rendere, con l’introduzione dell’IA, le proprie organizzazioni ancora più produttive e performanti.

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