Il pensiero sistemico, che consiste in una visione globale della complessità, rappresenta una materia di studio che meriterebbe particolare attenzione all’interno di ogni tipo di organizzazione al fine del superamento di antichi modelli di governo delle organizzazioni.
Proviamo ora a mettere in evidenza come la ricerca indipendente, quando è fondata su solide basi scientifiche, può arrivare a risultati di eccellenza attraverso i suoi percorsi autonomi privi di qualsiasi costrizione esterna. Si spiegherà come la conoscenza profonda di una materia complessa può condurre a soluzioni nuove, molto diverse da quelle comunemente utilizzate, al fine del monitoraggio dei risultati della gestione delle attività di una organizzazione.
La domanda con la quale il precedente articolo si è concluso è la seguente: se lo scenario dei contesti attuali è complesso e in sempre più numerose occasioni addirittura caotico e gli attuali paradigmi di governo dei sistemi non sono più utili per affrontare tali domini della conoscenza, come prospettare un modo diverso per affrontare tale complessità?
Affrontare la complessità col pensiero sistemico
Una risposta decisamente interessante viene dal pensiero sistemico. Questo è un modo olistico di interpretare la realtà basato su entità, flussi e loro relazioni.
Si contrappone alla concezione meccanicistica e riduzionista diffusa che pretende di dominare la realtà scomponendo ogni sistema in parti sempre più piccole, fino ad identificare quelle non più scomponibili, tanto da poter essere perfettamente analizzate e conosciute, con la convinzione che l’intero sistema sia completamente comprensibile avendo piena conoscenza delle sue singole parti. Tale modo di concepire la realtà manca completamente di considerare le relazioni che legano le singole parti tra loro e al tutto e questa mancanza determina come conseguenza che l’intero sistema non può essere completamente conosciuto.
Secondo il pensiero sistemico è l’osservazione di tutte le relazioni tra gli elementi di un sistema l’unica via per “cercare” di comprenderne il funzionamento. Quel “cercare” è spiegato perfettamente da Donella Meadows, scienziata esperta di pensiero sistemico applicato alle questioni ambientali, quando afferma che non è possibile “controllare i sistemi o capirli” ma è possibile “danzare con loro”[1].
Per comprendere questa affermazione bisogna considerare che la maggior parte dei pensatori sistemici sono fisici quantistici e che per questi l’osservatore è parte del sistema stesso e questa appartenenza, ovviamente se concepita, modifica il sistema stesso, tanto che in molti considerano la possibilità di influenzare un sistema solo come “perturbamento” piuttosto che in termini di reale comprensione.
Ma se un sistema si può solo perturbare allora come possiamo mettere in atto delle azioni concrete finalizzate ad un cambiamento atteso?
Osservare il sistema per cambiarlo
La risposta data dal pensiero sistemico è quella di osservare il sistema. Secondo i pensatori sistemici un sistema reagisce ad una perturbazione con reazioni definite feedback che possono condurre anche a risultati completamente imprevedibili.
Nei sistemi complessi l’agente fonda il suo operato su di una successione ben diversa da quella dei sistemi semplici basati su best practices: analizzare, pianificare, agire e controllare perché, la dinamicità spesso irruenta dei sistemi non consente di attingere in nessun modo dalle previsioni passate. Per questo la successione è azione, apprendimento e adattamento.
Ma se tutto si basa sull’osservare il sistema evidentemente si deve agire proprio per osservare la sua perturbazione. Infatti, solo attraverso l’osservazione dell’andamento del sistema e della ricorsività dei meccanismi di feedback è possibile individuare la cosiddetta “leva” ovvero quella possibilità di una azione di minimo cambiamento e massimo risultato. E, per quanto detto in merito alla complessità delle relazioni, ovviamente questa leva sarà ricercata e trovata solo avendo osservato tutte le variabili che influenzano un sistema.
Come prospettare un sistema di facilitazione per osservare i flussi di cambiamento
Come prospettare dunque un sistema di facilitazione per l’osservazione dei flussi di cambiamento dei sistemi organizzativi?
La risposta è venuta da una intuizione illuminante.
L’intuizione
In e-Metodi, la società della quale sono socio fondatore oltre che direttore, per anni abbiamo applicato il “metodo analitico delle transazioni”[2] attraverso diagrammi in modalità grafica unificata (UML) con indicazione di una serie di numeri progressivi per indicare la sequenza dei flussi.
e-facility – rappresentazione delle transazioni cliente/fornitore in modalità grafica unificata
L’utilizzo Business Process Management (BPM)
Ma dal 2011 in poi, approfittando di un prestigioso incarico di consulenza per conto di una delle più importanti società multinazionali del settore IT, abbiamo iniziato ad utilizzare il Business Process Management (BPM), come sistema di rappresentazione del funzionamento dei processi organizzativi, considerando il vantaggio della corretta interpretazione delle sequenze offerta dalla notazione standard internazionale Business Process Model and Notation (BPMN 2.0).
In realtà siamo esperti di automazione di processi organizzativi e utilizziamo il BPM, come premessa della conoscenza del dominio dell’organizzazione, con uno scopo di grande interesse scientifico. Infatti, la nostra modalità di produzione di sistemi digitali è basata sullo sviluppo incrementale e, come è noto, questo tipo di ingegneria dei sistemi software non viene quasi mai applicato per la difficoltà di stimare il costo di un progetto. In questo tipo di sviluppo dei sistemi informativi, infatti, le funzionalità non sono conosciute all’inizio e spesso non sono completamente note nemmeno in corso di realizzazione tante sono le articolazioni completamente diverse che lo sviluppo per priorità può prendere.
La metodologia basata su “il calcolatore”
Per risolvere questa alea insormontabile, la nostra metodologia si basa su “il calcolatore” un sistema di pesatura degli oggetti presenti come simboli nei diagrammi BPMN, una sorta di analisi per function points basata sulla ponderazione del peso dei simboli stessi.
Naturalmente il peso di ogni simbolo dipende dal numero di istanze di ciascun processo e questo a sua volta comporta un numero di stati contemporaneamente attivi in un dato momento, che vengono visualizzati in alto a destra dei relativi task in appositi badge di colore rosso.
Nella stessa visualizzazione gli stati dei processi sono evidenziati attraverso il colore delle linee di collegamento tra i diversi simboli del diagramma.
XCASE© – diagramma BPMN 2.0 con evidenza del numero di istanze e stato del processo
Uno strumento operativo per osservare i sistemi
L’idea è nata dall’immaginare come poteva divenire possibile interpretare gli oggetti shape e le loro relazioni edge dei diagrammi BPMN per implementare un sistema di visualizzazione dell’andamento nel tempo degli stock e dei flussi del pensiero sistemico.
XCASE© – andamento mensile degli stock di stato del processo
Attraverso la visualizzazione degli andamenti delle due grandezze, gli stock rappresentano il numero delle istanze di ogni singolo stato del processo, mentre i flussi sono dati dalla media del tempo di trasferimento tra uno stato e l’altro, è possibile realmente osservare il sistema.
Nel grafo sono poi visibili le azioni realizzate al fine della perturbazione che vengono posizionate nel tempo in base alla loro applicazione. Lo scopo della soluzione è consentire di monitorare il sistema per verificare quale reazione subisce rispetto alla sua perturbazione tramite la volontà del decisore. In particolare, lo strumento serve per evitare due effetti ben noti nella pratica del pensiero sistemico.
Il fenomeno dell’omeostasi
Il primo è l’omeostasi ovvero il fenomeno per il quale ogni sistema tende spontaneamente a tornare alla situazione precedente la perturbazione come segno di resilienza. L’omeostasi come fenomeno da solo dovrebbe far intuire la difficoltà di immaginare un’azione di miglioramento continuo che non sia apportata con una corrispondente attività di perturbazione dell’omeostasi stessa.
L’archetipo del ritardo
Il secondo invece è definito archetipo del ritardo e si riferisce alla tendenza del sistema di manifestare il cambiamento con un certo ritardo rispetto all’azione compiuta. Tale ritardo comporta grandi squilibri che rappresentano le principali minacce della stessa sopravvivenza delle organizzazioni. Quello della rinuncia, dovuta all’incapacità di attendere i cambiamenti attesi dalle azioni che determina l’impossibilità di comprendere le dinamiche poi verificatesi perché considerate come non esistenti. E il vero e proprio archetipo che si verifica quando, proprio a causa del ritardo negli effetti, si compiono azioni aggressive e insistenti che necessitano di successivi aggiustamenti opposti tanto da generare la totale assenza di controllo nell’oscillazione della grandezza di riferimento.
Esempio dell’andamento nel tempo di una variabile fuori controllo come effetto dell’archetipo del ritardo
L’archetipo del ritardo spiega come spesso le aziende possano ridursi in gravi difficoltà a causa di veri e propri collassi organizzativi dovuti all’incapacità di controllo dei flussi dei processi.
E così in definitiva, uno strumento di controllo dei flussi dei processi diviene di vitale importanza per imparare a danzare con i sistemi
XCASE© – andamento mensile dei flussi delle relazioni temporali degli stati del processo, livelli di servizio e azioni
Per governare tale complessità, come si nota nell’immagine dell’interfaccia del sistema, nello stesso grafico dell’andamento dei flussi temporali degli stati del processo, vengono riportati sia i livelli di servizio (indicati con una linea orizzontale pari al tempo espresso dal parametro e con icone a triangolo) che le azioni intraprese nel mese di competenza (indicate come punti con gli asterischi rossi).
La potenza di controllo dello strumento si evidenzia con il suo utilizzo nel contesto organizzativo, quando in occasione dei momenti di condivisione dell’avanzamento dei progetti, che si possono realizzare attraverso apposite sessioni di design thinking aperte alla partecipazione di tutti i soggetti interessati, si riesce ad investigare perfettamente sulle cause che generano i feedback rafforzanti o bilancianti dei flussi stessi.
L’organizzazione che apprende
Sono questi momenti che generano l’organizzazione che apprende. Non si tratta più di reagire agli effetti dei sistemi ma di imparare a scoprire, a partire da quel disordine nel quale ogni sistema è immerso, le loro cause e a saperle trasmettere a tutti i portatori di interesse al fine di una evoluzione consapevole.
Dal global service allo smart contract
Uno strumento di controllo dell’andamento dei flussi di stato delle attività è estremamente utile in particolar modo dove la reazione agli effetti di situazioni inattese produce solo conflitti difficilmente sanabili in modo positivo, come sono tutti quei processi che sono sottoposti ad un controllo delle performance dei loro risultati.
È il caso di molti processi strategici di ogni tipo di organizzazione, ma vale soprattutto in tutti quei casi nei quali nell’ambito dello stesso processo intervengono più soggetti diversi con obiettivi non sempre comuni.
È questo il caso dei rapporti di outsourcing per i quali alcune attività prima svolte internamente vengono terziarizzate. Si tratta dei cosiddetti contratti di global service per i quali a fronte del pagamento di un servizio si garantiscono determinati risultati.
XCASE© – report smart contract per servizio, anno e trimestre
Il livello di qualità dei risultati (Service Level Agreement SLA) viene determinato nella gran parte dei casi attraverso la definizione dei tempi decrescenti della prestazione che variano a seconda dell’urgenza della necessità.
I parametri di misura delle prestazioni (Key Performance Indicator KPI) sono invece delle soglie di raggiungimento del numero dei casi di rispetto dei livelli di servizio.
Nel sistema è anche possibile attivare la scrittura di questi dati in blockchain attraverso il collegamento ai servizi web della piattaforma Polygon. In questo modo i risultati dei KPI sono assicurati dal punto di vista della certezza e trasparenza dei dati.
Interoperabilità OAS 3.0
Qualsiasi applicazione terza disponibile sulla rete internet può utilizzare questo sistema attraverso la serie di interfacce di interoperabilità realizzate con la specifica OpenAPI che consentono di ricevere le tracciature dei passaggi di stato dei propri processi (log).
XCASE© – interoperabilità vs altre applicazioni
L’interoperabilità da e verso l’esterno è una caratteristica fondamentale per un’applicazione che genera conoscenza con modalità completamente nuove. La soluzione è autonoma ma, grazie all’interoperabilità, può funzionare anche come concentratore dei flussi e/o smistatore dei risultati digitali (smart).
Molte organizzazioni non saranno in grado di utilizzare simili sistemi innovativi.
Molte, infatti, utilizzano software basati su best practices, acquisiti sul mercato per effetto modale. Si tratta di soluzioni diffuse acquisite per impulso commerciale dell’offerta, una azione spesse volte decisamente aggressiva e realizzata con risorse ben superiori a quelle tecniche destinate allo sviluppo e supporto del Cliente.
Altre saranno impedite da simili modalità di lavoro che necessitano momenti di condivisione dell’esperienza costituiti da vere e proprie aperture di delega operativa verso tutti i livelli organizzativi anche quelli strettamente operativi.
Ma esistono anche organizzazioni che, non operando sopravvivendo sul mercato della guerra dei prezzi ma realizzando capacità distintive di competizione, possono avere necessità di comprendere come interpretare la complessità e imparare a danzare con i sistemi.
Note
1) Rif.: https://www.extrabyte.info/2017/03/17/la-risonanza-in-un-oscillatore-armonico-ideale/ ↑
2) Donella H. Meadows, Pensare per Sistemi, Guerini Next, 2019. ↑
3) Andrea Tiveron, e-facility – modelli organizzativi di e-business per il facility management, 2a edizione, Legislazione tecnica editrice, Roma, 2009. ↑