Il piano Transizione 5.0 introduce nuove agevolazioni fiscali, supportate dal PNRR, volte a incentivare le imprese a lavorare su un doppio binario: da un lato la transizione digitale ereditate da Industria 4.0 e, dall’altro, l’integrazione della transizione ecologica volta alla sostenibilità. Interessante approfondire i tre pilastri su cui si basa il nuovo paradigma: sostenibilità, anche della supply chain, centralità dell’umano e resilienza delle imprese.
Transizione 5.0, i tre pilastri
Il passaggio da Industria 4.0 a Transizione 5.0 è cruciale: il decreto-legge presentato il 2 marzo localizza fondi PNRR nell’articolo 38 per la transizione 5.0, un’evoluzione dell’industria 4.0 del 2016. Le PMI si sono già confrontate con la digitalizzazione, ora è il momento di concentrarsi sulla manifattura e sulla supply chain. La cultura 4.0 ha favorito la connettività delle macchine e ha sostenuto il credito d’imposta; l’asse della sostenibilità mira all’ottimizzazione energetica: per accedere al credito d’imposta, le tecnologie introdotte devono garantire un risparmio energetico del 3% almeno. Questo orienta gli imprenditori verso un mindset ecologico.
Parlando di sostenibilità, EY da quasi 10 anni realizza una ricerca dedicata a questo tema, Seize the Change, che coinvolge un campione di 200 aziende di grandi, medie e piccole dimensioni operanti in diversi settori, analizzandone l’integrazione della sostenibilità nel business. Lo studio ha rivelato che circa il 60% delle aziende italiane, con un fatturato tra i 150-500 milioni di euro, ha un piano di sostenibilità corredato da obiettivi quantitativi e dai tempi di attuazione. Nel dettaglio, il 71% delle aziende con fatturato superiore a 500 milioni di euro ha previsto tali piani, contro il 27% delle PMI con fatturato inferiore a 150 milioni. Questi dati confermano come le aziende italiane stiano accelerando sulla transizione ecologica anche se quelle di grandi dimensioni avanzano a ritmi più veloci. EY ha approfondito il tema, puntando sui tre pilastri di Transizione 5.0, in tre panel dedicati.
Sostenibilità, anche della supply chain
Un obiettivo fondamentale per le imprese è la riduzione della CO2 partendo dalla revisione della propria supply chain, soprattutto in un Paese come l’Italia dove la maggior parte delle aziende sono medio-piccole. Infatti, solo coinvolgendo in un riassetto globale i clienti ed i fornitori è possibile raggiungere risultati significativi. Il 66% delle aziende ha modificato la propria supply chain nel rispetto di alcuni indicatori di sostenibilità (ad esempio nella scelta dei fornitori), sollecitati anche dalle richieste da parte dei clienti e dei consumatori, sempre più esigenti rispetto ai criteri green.
Dotarsi di strumenti e processi attraverso i quali misurare la sostenibilità della propria azienda è dunque sempre più rilevante: attraverso queste misure è possibile integrare tecnologie e prendere decisioni strategiche ponderate, migliorando la capacità dell’azienda anche di adattarsi alle rapide evoluzioni del mercato e ai sempre più frequenti imprevisti.
Centralità della persona
La centralità della persona è il secondo dei tre pilastri di Transizione 5.0. Le risorse umane sono sempre decisive nei progetti di cambiamento in azienda: c’è una grande esigenza di attrarre e mantenere risorse valide e talenti, con le nuove generazioni che sempre più cercano benessere, motivazione e opportunità di crescita.
Assume particolare valore la formazione delle persone, per esempio mediante l’ascolto attivo e corsi di teatro, o con il supporto di tecnologie di ultima generazione, ad esempio nell’ambito delle neuroscienze. In tutti i casi, l’obiettivo è quello di migliorare l’empatia e l’attenzione nei confronti del cliente, rendere piacevole la sua esperienza o gestire il carico emotivo dell’attività svolta. Ai percorsi di training tecnici è sempre più necessario affiancare una formazione rivolta alle soft skills, tanto in azienda quanto nell’ambito del Terzo Settore.
Parlando di Human Centricity, è importante anche il riferimento ai temi della robotica e dell’automazione industriale. Oggi, queste tecnologie a supporto del lavoro umano sono sempre più diffuse e addirittura imprescindibili in molte aziende, indipendentemente dal settore. I robot garantiscono qualità e produttività, riuscendo ad esempio a sostituire o a limitare l’apporto umano nelle lavorazioni particolarmente gravose o pericolose e, d’altro lato, aprono scenari di totale rinnovamento delle dinamiche sociali.
L’Italia è seconda in Europa per numero di robot utilizzati, con una media per abitante superiore a quella della Germania. Questo a dimostrazione di quanto in Italia abbiamo compreso l’importanza della robotica per mantenere competitività e qualità.
Resilienza delle imprese
Il terzo pilastro della Transizione 5.0, dopo i temi della sostenibilità e della centralità dell’umano, è la Resilienza. Resilienza è il termine che misura la capacità di un’organizzazione di adattarsi a situazioni che cambiano repentinamente: ce lo ha insegnato la recente pandemia che ha portato, ad esempio, a una quasi impossibilità di reperire materie prime e semilavorati, costringendo le aziende a inventarsi rapidamente soluzioni alternative, ove possibile. A questo proposito, le tecnologie abilitanti di Transizione 5.0 possono essere combinate per garantire una risposta efficace a situazioni variabili, come l’aumento del costo delle materie prime o il riassetto dell’organizzazione interna.
Ma la resilienza implica adattamenti anche a livello di organizzazione, per esempio attraverso la gestione di passaggi generazionali o la fuoriuscita di posizioni chiave: anche in questi casi, le aziende devono essere in grado di rispondere velocemente per affrontare al meglio le nuove sfide.
Nella fase di trasformazione in atto, di processi e prodotti, che tutte le aziende si trovano a dovere affrontare, la “democratizzazione” della tecnologia rende facilmente accessibili strumenti avanzati anche alle piccole e medie imprese. Questo è decisivo anche per il tema della resilienza, perché sono proprio queste tecnologie a rendere possibili in modo più agile gli adattamenti necessari ad una azienda per fare fronte ai cambiamenti.
Innovazione significa dunque ricerca continua, non solo per migliorare i processi e i prodotti, ma anche per rispondere rapidamente ai cambiamenti del mercato. La struttura familiare di tante aziende italiane è peraltro d’aiuto al tema della resilienza, favorendo la possibilità di prendere decisioni in tempi rapidi e di adattarsi più velocemente di aziende con strutture più complesse.
Gli aspetti culturali
In sintesi, la resilienza è resa possibile o potenziata dall’adozione di tecnologie integrate che permettono una visione olistica dell’impresa. La misura degli impatti energetici, la raccolta e analisi dei dati, l’accesso al cloud e l’adozione di strumenti di intelligenza artificiale, sono tutti elementi abilitanti per una strategia di resilienza efficace.
Ma la resilienza non riguarda solamente le tecnologie: è invece fondamentale soffermarsi anche sull’aspetto culturale. È necessario che le aziende approccino con mentalità aperta e con disponibilità i temi dell’innovazione, con una forma mentis pronta a cogliere le dinamiche della contemporaneità e rispondere alle nuove sfide del mercato.
Un appello alle piccole e medie imprese: non abbiate paura di innovare, Transizione 5.0 è un’opportunità per rinnovarsi e crescere.