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Pubblicità online: il ritorno ai banner contestuali arma scaccia crisi?



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L’advertising online è in crisi: inserzioni fuori target e ridotta precisione compromettono l’efficacia delle campagne. Ritornare ai banner contestuali potrebbe essere la soluzione. Pubblicità mirate al contenuto garantirebbero interazioni di qualità, migliorando l’esperienza degli utenti e i risultati per gli inserzionisti, riducendo al contempo la pressione pubblicitaria

Pubblicato il 16 ott 2024

Gabriele Gobbo

Consulente e docente in digital marketing, divulgatore della cultura digitale



adverstising online (1)

Già da diverso tempo si assiste a un fenomeno fastidioso nell’advertising online: post sponsorizzati e messaggi pubblicitari lontani dai nostri interessi, se non addirittura contrari al nostro pensiero generale. Le volte in cui hanno a che fare, anche blandamente, con ciò che ci interessa, diventano insistenti e ripetitivi.

Le cause dei problemi attuali dell’advertising online

Certamente questo fenomeno è legato alla tendenza, sempre più marcata, dei produttori di dispositivi di cavalcare la privacy come leva di acquisto, limitando il famoso tracciamento continuo. Credo però dipenda anche dalla necessità di aumentare i numeri delle piattaforme per fare contenti gli inserzionisti.

Al di là delle aziende che non targetizzano correttamente il pubblico da colpire, tutti gli altri hanno assistito, negli anni, a due cambiamenti importanti: il primo è la drastica diminuzione delle performance e il contestuale aumento dei costi; il secondo è la riduzione dei parametri di interessi selezionabili per verticalizzare il target. In poche parole, da un lato otteniamo sempre meno risultati (visualizzazioni interessate, reazioni, click, lead, conversioni); dall’altro non possiamo più restringere il target in modo preciso.

Targetizzazione poco efficace: effetti sulle piattaforme e sugli utenti

Ovviamente, meno possiamo essere precisi nella targetizzazione, più pubblico vedrà le nostre inserzioni, e questo è uno degli aspetti principali che interessa alle piattaforme che vendono pubblicità, soprattutto quella social. Tuttavia, ciò porta al fenomeno sopra descritto: molte persone vedranno inserzioni di cui non gli interessa nulla, aumentando le visualizzazioni ma abbattendo la “reach di valore” e, quindi, il risultato sperato. Quando invece l’inserzione raggiunge il pubblico corretto e interessato, e quest’ultimo reagisce a quell’annuncio, esso si ripeterà all’infinito, rendendo l’inserzionista quasi antipatico al suo potenziale cliente.

Pubblicità insistente e inutile: l’esempio delle scarpe

Facciamo il classico esempio di un eCommerce di scarpe: se ho la sfortuna di aver appena comprato un paio di scarpe su un sito, per settimane vedrò decine, se non centinaia, di inserzioni di scarpe, da uno, due, dieci inserzionisti diversi. Se decido di nascondere un post sponsorizzato di scarpe, per la piattaforma sarà considerata una “interaction” e, quindi, le scarpe diventeranno un argomento dominante per l’algoritmo di adv. La mia speranza di vedere meno post di scarpe, avendoli nascosti, sarà vana. Questa è una situazione controintuitiva e, secondo me, dannosa per gli inserzionisti, oltre che inutile per gli utenti.

Inserzioni stravaganti e non contestuali

Poi ci sono tutte le inserzioni stravaganti di molti siti di informazione e blog, soprattutto di cronaca locale e costume, che sfruttano network adv diversi da Google e Meta, e che sono infarciti di banner, popup, popunder, interstitial, video adv, frame e “articoli consigliati”, con un miscuglio di programmatic, profilazione e pesca a strascico. Incontriamo spesso pubblicità di creme miracolose, cure dimagranti ultraveloci, foto di piedi con calli nel prima e dopo, video di persone diventate miracolosamente miliardarie in 12 ore. In questo caso, forse la figuraccia peggiore la fanno i gestori del sito web, che, in mezzo a notizie spesso anche serie, pubblicano (a loro insaputa o meno) inserzioni di cattivo gusto che cozzano con il contenuto dell’articolo.

Questa, per mia esperienza, è la situazione odierna, e personalmente ritengo che non sia molto rosea, perché crea problemi a tutte le parti in gioco. Abbassa i risultati dell’inserzionista, danneggia l’immagine dei publisher e rende le inserzioni fastidiose per gli utenti, che sono i potenziali clienti.

I banner contestuali al contenuto: la risposta a inserzioni insistenti, ripetitive e fuori target

Da qui nasce un ragionamento che coinvolge un vecchio sistema di fare pubblicità, su cui i primi sistemi di advertising hanno costruito solide basi e iniziato a generare introiti: i banner contestuali al contenuto. Se pensiamo a Google Adwords agli inizi degli anni 2000, molti ricorderanno come ha rivoluzionato completamente la pubblicità sui siti web, e la parte più innovativa era proprio la possibilità per i publisher di scegliere banner, inserzionisti e pubblicità contestuali al contenuto della pagina, non più solo messaggi promozionali casuali. Ricordo molto bene che fu una novità dirompente, che mandò in pensione, in breve tempo, diverse altre piattaforme di advertising generiche o con selezione manuale degli inserzionisti, favorendo la nascita di blog di ogni tipo e permettendo guadagni migliori per tutti i gestori di siti web.

Migliorare la qualità delle inserzioni, non la quantità

Questa regressione temporale però non è casuale, perché penso possa essere la risposta alla grande crisi dell’advertising online di oggi, in cui assistiamo a inserzioni insistenti, ripetitive e fuori target. Gli utenti si sentono perseguitati da una sorta di “advspam” che ha trasformato il web in un campo di erba gramigna, dove raggiungere il contenuto è una corsa a ostacoli tra banner in sovrimpressione, video a pieno schermo, popup con “X” piccolissime ed elementi online. Ora le piattaforme hanno bisogno di generare miliardi di visualizzazioni per ottenere pochi click, quindi, invece di migliorare le inserzioni, si tende a moltiplicarle. Ho visto articoli di 50 righe contenere 10 o più banner e inserzioni (oltre all’ormai immancabile banner per i cookie, che sembra diventato una navicella spaziale comprensibile solo da scienziati della NASA, ma di questo parlerò forse in un altro articolo).

I vantaggi delle inserzioni contestuali

Da qui un ragionamento piuttosto semplice, data la lunga premessa: se la mia inserzione è in perfetto target con lutente in quel dato momento, ho più possibilità che venga notata e, soprattutto, cliccata. Questo potrebbe anche portare a una diminuzione del numero di inserzioni presenti sui siti web e sui social. Basti pensare a cosa succede oggi quando guardiamo un reel: quasi metà dello schermo del nostro smartphone è occupato dall’interfaccia e dalle inserzioni, e il contenuto diviene fruibile in una parte molto ristretta del display (tanto che TikTok ad esempio ha insistentemente stimolato i creator a caricare contenuti orizzontali, forse perché occupano meno schermo verticale).

Esempi pratici di advertising contestuale

Ognuno di noi, mentre usa internet, che sia per scrollare un social network o per visitare un sito web, ha un obiettivo specifico. Se in un determinato momento cerco informazioni su scarpe lussuose, probabilmente starò visitando un sito web di scarpe, magari guardando un influencer che parla proprio di scarpe pregiate, sebbene io possa essere anche interessato alle uova di quaglia e ai videogame. In quel preciso istante, però, sono interessato alle scarpe pregiate e concentrato nel ricercare informazioni su di esse. Quale momento migliore per mostrarmi una inserzione di bellissime scarpe pregiate? Se la pubblicità fosse contestuale al contenuto, probabilmente vedrei i banner di un eCommerce di scarpe, un popup di un produttore di scarpe o una video adv di un esperto di scarpe. Se vedessi pubblicità di uova di quaglia, quante possibilità ci sarebbero di farmi fare click? E quante invece di farmi reagire all’inserzione di scarpe pregiate?

Riduzione della pressione pubblicitaria

Allo stesso modo, alla fine della mia ricerca di informazioni sulle scarpe pregiate e dopo il conseguente acquisto delle calzature, quante possibilità ci sono che nell’arco di quella settimana ne compri altre? Magari ho appena speso 700 euro per un paio di scarpe per il matrimonio di mia cugina, che senso avrebbe perseguitarmi con inserzioni pseudoprofilate di scarpe su ogni sito web, su ogni social e su ogni video che guardo nei giorni successivi all’acquisto? Personalmente, ritengo nessuna.

Quando ho terminato il mio viaggio digitale per l’acquisto delle scarpe, il mio interesse cala vertiginosamente e non diventerò un appassionato di scarpe per sempre; o, se lo diventassi, forse non avrei denaro a sufficienza per comprare un paio di scarpe al giorno. Ma di sicuro posso prima o poi essere interessato ad acquistare le uova di quaglia per organizzare una bella cena a casa con amici. Come possono capirlo le piattaforme di adv? Semplice, mostrandomi la pubblicità contestuale al contenuto. Se mi ritrovo su un sito di ricette e sto leggendo come cucinare al meglio le uova di quaglia, preferirei vedere pubblicità relative a quell’argomento, piuttosto che essere interrotto da un popup di scarpe costose, ormai fuori tempo massimo.

Advertising contestuale: verso una nuova era per la pubblicità online

Ovviamente, gli esempi che ho fatto sono estremi, perché essere super specifici nelle inserzioni contestuali è più difficile; “uova di quaglia” è un argomento molto verticale, ma di sicuro, mentre leggo la ricetta, preferirei vedere banner relativi a cibo e cucina, piuttosto che la foto di un brufolo con l’invito a comprare una crema magica antibrufoli.

Questo, secondo me, è un ragionamento che va fatto. Potrebbe non essere la risposta definitiva alla crisi delladvertising online, ma potrebbe essere una buona strada per rendere nuovamente utile la pubblicità (una volta si diceva proprio che la pubblicità doveva essere utile, e, anzi, lo era davvero: un momento quasi informativo che aggiornava i cittadini). Ma non solo, è la strada che potrebbe far tornare vivibile il web, ridurre il numero esagerato di banner e post sponsorizzati e liberare i nostri schermi dalla ragnatela di stimoli che ci vengono imposti, a partire dai banner popup ripetitivi.

Credo che diminuire la pressione pubblicitaria a favore della qualità possa portare grandi benefici a tutti gli attori coinvolti: inserzionisti, piattaforme adv, utenti e publisher. Sono altresì convinto che il costo nominale di un’inserzione potrebbe aumentare, ma, contestualmente, il costo dell’interazione potrebbe certamente diminuire. Meno pubblicità, ma di più alto valore, significa più interesse da parte dei potenziali clienti.

Quello di cui sono certo è che, con gli strumenti di oggi, con la quantità immensa di dati che vengono raccolti e con l’uso dell’intelligenza artificiale e degli algoritmi super performanti, trovare la giusta combinazione tra il contesto del contenuto e i (probabili) gusti dellutente potrebbe portare a una nuova era delladvertising online. Un’era in cui si mostra l’inserzione giusta al momento giusto, senza stressare o esasperare l’utente.

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