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Codice appalti, correzioni in corso: ecco su cosa si sta lavorando



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Il rapporto con la legge sull’equo compenso, le tutele per i lavoratori, il Bim e la qualificazione delle stazioni appaltanti: vediamo su cosa si concentrano gli sforzi durante il percorso di correzione del Codice dei contratti pubblici

Pubblicato il 21 ott 2024

Stefano De Marinis

Of Counsel Studio Legale Piselli&Partners

Pierluigi Piselli

Founding Partner Studio Piselli & Partners



piattaforme digitali (1)

Entra nel vivo il processo di correzione del Codice dei contratti pubblici, adottato con decreto legislativo n.36 del 31 marzo del 2023 ma operativo dal successivo primo luglio, al netto del cosiddetto pacchetto digitale partito solo lo scorso primo gennaio.

Trattasi di un vero e proprio tagliando da effettuare al nuovo quadro di regole applicabile da poco più di un anno, scelta che peraltro non costituisce anomalia per la legislazione italiana in genere, tantomeno per quella destinata a regolare i contratti pubblici; allo stesso modo si era infatti operato con il precedente Codice (di cui al decreto legislativo n.50 del 2016) e, all’epoca, con la stessa legge Merloni. La riforma della legge fallimentare (rectius sull’insolvenza), che data 2019, proprio in questi giorni del resto registra l’adozione del suo terzo Correttivo.

Perché correggere il Codice appalti

La stessa legislazione comunitaria prevede la possibilità di aggiustare il tiro di regola decorso un anno dall’applicazione delle nuove Direttive, regolando espressamente la possibilità di intervenire in tal senso all’interno delle nuove normazioni; così dispone anche la legge delega, n.78 del 2022 da cui origina il nuovo codice.

In tal senso il Governo si appresta a sfruttare detta previsione, che in questo caso registra una finestra temporale di ben due anni, non solo per corrispondere a quello che l’articolo 1, comma 4, della legge delega espressamente consente ma, soprattutto, per tener fede all’accordo raggiunto con la Commissione a fine 2023, nel senso che dopo aver semplificato le regole che rallentavano l’assegnazione delle commesse per l’Europa occorre intervenire anche su quelle che ostacolano l’esecuzione dei contratti, procrastinando la cosiddetta messa a terra degli investimenti.

Dato peraltro che anche su questo secondo fronte il nuovo codice è già intervenuto, la circostanza rileva soprattutto per il fatto che l’impegno per un nuovo intervento normativo risulta preso con la Commissione per essere onorato addirittura entro fine anno, con ciò garantendo tempi celeri per  l’adozione del Correttivo.

In questo scenario da tempo il Ministero delle Infrastrutture ha avviato il processo destinato a raccogliere i suggerimenti degli operatori con l’obiettivo di definire un primo elaborato entro il mese di ottobre 2024; il punto è con quali contenuti e prospettive.

Gli obiettivi

Al riguardo è evidente che adottare un Correttivo non significa mutare presupposti e logiche sulle quali si fonda la disciplina di base. In questo senso si deve considerare che i principi che hanno ispirato l’attività compilativa del Consiglio di Stato, artefice a tutti gli effetti del testo oggi vigente, non potrebbero essere rimessi in discussione, non foss’altro per il fatto che il codice stesso li colloca al vertice del nuovo articolato, imponendone la conforme lettura ed applicazione.

Codice appalti, il nodo degli allegati

In questo senso gli Uffici del Ministero hanno già chiarito che l’intervento Correttivo si concentrerà sui contenuti degli allegati, che sono ben 47 e rappresentano il completamento operativo di quanto definito nel Codice vero e proprio ed il cui aggiornamento, con conseguente degradazione a livello di regolamento, è già previsto dal Codice stesso; anzi, per alcuni di tali allegati era già fissata la data di settembre 2023 per intervenire in tal senso.

Molti allegati regolano aspetti tutt’altro che secondari, in alcuni casi, peraltro, riproponendo intonse discipline in vigore nella vecchia codificazione: valga per tutti il caso dell’allegato II.12 che, in tema di qualificazione delle imprese appaltatrici o concessionarie di lavori riporta pedissequamente la normativa risalente addirittura al d.p.r 207/2010, attuativo del codice del 2006. Allo stesso modo, seppur in questo caso con modifiche che in parte tengono conto del nuovo assetto conferito alla figura del RUP, quale nuovo Responsabile Unico del Progetto, è da dire per l’allegato I.2 non regola in modo adeguato il rapporto con gli altrettanto innovativi Responsabili di fase, specie ma non solo, nel caso in cui una stazione appaltante operi come centrale di committenza a favore di altre amministrazioni.

Al di là della scelta di intervenire prevalentemente sui contenuti degli allegati, va altresì considerata l’opzione, che ci si augura venga confermata, di aggiornare la relazione che accompagna il nuovo codice fin dall’originaria stesura ad opera del Consiglio di Stato, quale strumento di interpretazione qualificata dei relativi contenuti, sia vecchi che nuovi.

Per il resto, alcuni argomenti sui quali è più agevole prevedere fin da ora l’intervento Correttivo del Governo sembrano, al momento, già identificabili.

Codice appalti e legge sull’equo compenso

Trattasi anzitutto del rapporto tra il codice dei contratti e la legge sull’equo compenso (n.48 del 2023) che non poche incertezze, anche in termini di impatto sulla spesa pubblica, o almeno sulla sua ripartizione, senz’altro ha fin qui creato in relazione all’entità dei ribassi di gara applicabili, o meno, sugli affidamenti degli incarichi tecnici; l’ipotesi sarebbe quella di una soluzione mediana tra le posizioni estreme oggi in campo, costituite dall’inapplicabilità assoluta di detta legge ai contratti pubblici da un lato e dalla sua applicazione integrale dall’altro, come la stessa Anac si era avviata a proporre a livello interpretativo.

Tutela dei lavoratori e appalti

Altro tema centrale nel dibattito in corso, le cui soluzioni sono destinate ad interferire su numerosi aspetti della disciplina della contrattualistica pubblica riguarda la tutela dei lavoratori: dall’individuazione del contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento per quotare i appalti da mandare in gara, questione rilevante soprattutto per il caso di forniture e servizi, alla valutazione di congruità delle offerte formulate dagli operatori fino alla gestione della fase esecutiva, con la verifica della corretta applicazione alle maestranze appartenenti all’intera filiera produttiva delle stesse condizioni fissate per l’avvio della procedura e confermate in sede di aggiudicazione.

Come regolare, in concreto, il meccanismo della revisione dei prezzi contrattuali, tornato d’attualità con rilevante impatto economico a seguito delle vicende afferenti, prima la pandemia, poi lo shock energetico legato agli eventi bellici – che ci si augura non debba riproporsi addirittura su più ampia scala – è l’ulteriore tema rilevante sul quale il Correttivo dovrà intervenire con soluzioni che ancora una volta incideranno sulla spesa pubblica con scelte che potrebbero risultare diverse per il caso delle forniture e dei servizi rispetto a quello dei lavori.

Il meccanismo penalità-premi e il PPP

Per quanto attiene all’esecuzione dei contratti, tema sul quale, come detto, si appuntano le aspettative della Commissione europea, l’attenzione sembra concentrata su un ulteriore intervento sul meccanismo penalità/premi di accelerazione già alla base del decreto legge n.77 del 2021, relativamente agli interventi finanziati con il fondi PNRR.

Ulteriori ambiti di intervento si profilano sul fronte della disciplina del Partenariato Pubblico Privato e dell’effettività delle regole in materia di conferimento di effettività all’obiettivo di dar corso in modo efficace all’inclusione lavorativa delle persone svantaggiate.

La qualificazione delle stazioni appaltanti

Ultimo, ma solo in ordine di elencazione, è il tema della qualificazione delle stazioni appaltanti, anche nel quadro dei processi di digitalizzazione afferenti l’intero spettro della relativa operatività.

Per un verso, infatti, nulla finora è stato prodotto sul fronte della qualificazione per la fase di esecuzione dei contratti rispetto ai quali si avvicina la data del 31 dicembre rispetto alla quale ANAC deve dare indicazioni.

Il futuro del BIM

Sotto altro profilo, la metodologia BIM, obbligatoria dal primo gennaio 2025 per tutti gli appalti di lavori di importo superiore al milione di euro se il Correttivo non deciderà di apportarvi modifiche, implica che l’attenzione delle amministrazioni verso la digitalizzazione debba estendersi a considerare  tanto in termini di personale che di dotazioni tecniche, non solo, come finora è stato, le fasi della progettazione e degli affidamenti, ma anche, e soprattutto, quelle dell’esecuzione e della manutenzione delle opere una volta realizzate.

Vedremo se anche su questi aspetti il Correttivo sarà in grado dare adeguate risposte senza passi indietro nel percorso meritoriamente intrapreso.

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