Quattro nuove ricerche*, presentate alla Remote Work Conference organizzata da Stanford, mostrano chiaramente che il lavoro agile:
- Dimezza la penalizzazione delle donne dopo la nascita dei figli. Infatti il calo delle ore lavorative delle donne dopo la nascita è del 50% inferiore nelle occupazioni che permettono flessibilità di tempo e spazio
- Aumenta l’occupazione femminile.
- Fornisce posti di lavoro a facile accesso e “di transizione” che possono funzionare per cambi di carriera e primo accesso al lavoro.
Questi dati sul lavoro agile comportano poi tre considerazioni suggerite dai colleghi di Stanford in base alle loro ricerche sull’argomento:
- Per le aziende promuove il gender mix, particolarmente importante in settori come quello tecnologico e finanziario.
- Per i governi aumenta la crescita espandendo l’offerta di lavoro, contribuendo a ridurre il deficit e l’inflazione.
- Per la società sostiene le famiglie, fornendo uno strumento per affrontare le problematiche demografiche di lungo periodo.
Questi dati dovrebbero spingere il nostro governo e la nostra classe dirigente a sostenere molto di più il lavoro smart visti i ben noti i problemi in termini di natalità, partecipazione femminile/giovanile al mercato del lavoro e skills mismatch.
La situazione in Italia: siamo in ritardo
Le percentuali di lavoratori che operano da remoto per almeno due giorni a settimana variano significativamente tra i diversi Paesi. In Italia nel 2023, solo il 4,4% dei lavoratori italiani ha svolto la propria attività in modalità smart working per almeno la metà del tempo settimanale.
La percentuale sale intorno al 10% se consideriamo i dati generali sullo Smart Working (Polimi).
In Germania invece, nel 2023, quasi il 25% dei lavoratori tedeschi ha lavorato da casa e negli Stati Uniti circa il 30% dei lavori negli USA viene eseguito da remoto (Fonte Gallup, Stanford)
Siamo quindi abbastanza in ritardo, anche più di quanto la nostra struttura produttiva e di investimenti lascerebbe supporre.
Questa differenza nell’adozione del lavoro da remoto non inficia la produttività del lavoro che anzi sembra seguire la stessa traiettoria della crescita della produttività.
Dal 1995 ad oggi la crescita di produttività del lavoro annuo è stata in Italia: +0,4%, in Germania: +1,3% e negli Stati Uniti: +2,7%. Il ritardo nel lavoro digitale rischia quindi di essere per l’Italia un importante freno alla crescita.
Le resistenze di manager e imprenditori
Uno dei temi a livello globale, come in Italia, è la difficolta della classe dirigente delle aziende nel guidare la transizione digitale.
Il Work Trend Index 2023 di Microsoft offre infatti una panoramica globale sulle dinamiche del lavoro, evidenziando differenze significative tra le percezioni dei dirigenti e quelle dei dipendenti riguardo allo smart working.
A livello globale, l’85% dei dirigenti esprime preoccupazione per la produttività dei dipendenti in modalità di lavoro ibrida o remota.
Il 54% dei leader aziendali ritiene che il ritorno in ufficio sia essenziale per mantenere la cultura aziendale e la collaborazione tra i team.
Invece Il 73% dei dipendenti desidera mantenere opzioni di lavoro flessibili, preferendo un approccio ibrido che combini lavoro in ufficio e remoto. Il 67% de i lavoratori afferma di essere più produttivo quando ha la possibilità di scegliere dove e quando lavorare.
L’impatto sul settore immobiliare
L’adozione diffusa dello smart working ha influenzato in modo significativo il mercato immobiliare in diverse città globali, ma non nello stesso modo.
Negli Stati Uniti per esempio San Francisco ha subito un aumento significativo dei tassi di vacanza degli uffici, raggiungendo il 36,6% nel primo trimestre del 2024, a causa della massiccia adozione del lavoro da remoto da parte delle aziende tecnologiche.
A Milano, Parigi e Berlino invece nonostante la crescente adozione del lavoro da remoto, il mercato immobiliare ha mantenuto tassi di vacanza degli uffici contenuti, suggerendo una stabilità nel settore immobiliare commerciale nonostante le nuove modalità di lavoro.
In particolare in città come Milano la grande distanza fra i costi degli affitti e delle case rispetto ai salari sfavorisce la presenza di giovani.
In sintesi, mentre città europee come Milano, Parigi e Berlino hanno mostrato una certa resilienza nel mercato immobiliare di fronte all’aumento dello smart working, città statunitensi come San Francisco, New York e Boston hanno subito impatti più pronunciati, iniziando però un percorso di adattamento alla nuova realtà del lavoro.
Una digitalizzazione senza innovazione?
Qualcuno potrebbe sostenere che il ritardo sia determinato da un problema di investimenti o di connettività, ma non sembra sia così.
In Italia infatti nel 2022, la copertura della fibra in Italia ha raggiunto il 53% delle famiglie, e si avvicina alla media UE del 56 %. e anche sulle altre tecnologie di connettività non siamo lontani dalla media europea.
In Italia poi, secondo IDC, la spesa ICT raggiungerà 84,2 miliardi di dollari nel 2023, con una crescita prevista a 96,4 miliardi di dollari entro il 2026, registrando un tasso di crescita annuale composto (CAGR) del 4,9% nel periodo 2021-2026.
Se vogliamo fare un paragone il settore delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni in Germania ha anche dimostrato una crescita costante negli ultimi anni. Nel 2022, il fatturato del settore ha raggiunto circa 113 miliardi di euro e le proiezioni per il 2023 stimano un aumento a 120,2 miliardi di euro.
La differenza di investimenti è importante ma non sembra un salto così grande da giustificare la distanza di adozione del lavoro digitale fra i due sistemi.
Molto più influente è la differenza in termini di innovazione fra Italia, Germania, Stati Uniti, se infatti in Italia i finanziamenti alle startup oscillano fra 1 e 2 miliardi e in Germania tra 10 e 20 miliardi, quelle statunitensi hanno raggiunto, anche in un anno di contrazione come il 2023, i 170 miliardi di dollari.
In sintesi, mentre l’Italia ha compiuto progressi nella copertura della banda ultra-larga e della fibra, e negli investimenti in tecnologia, resta invece molto più indietro nel finanziamento e adozione di innovazione.
La mancanza di una risposta coordinata e di sistema
Cosa fare allora per favorire il binomio innovazione e lavoro digitale? Quello che serve è una risposta coordinata e di sistema.
I sindacati dei lavoratori dovrebbero siglare contratti di lavoro innovativi e ascoltare maggiormente le esigenze delle nuove aziende e dei nuovi lavoratori.
Va trovata poi una soluzione per semplificare la struttura per settori della rappresentanza, vista la facilità con cui il settore del lavoro digitale taglia trasversalmente tutti i settori. Questo garantirebbe una presenza più solida e continua del sindacato.
Le istituzioni italiane dovrebbero predisporre un piano unitario per favorire lo smart working e il lavoro digitale, intervenendo sulla normativa del lavoro.
La sola legge per lo smart working non è infatti sufficiente e la risposta della PA su questi temi è stata abbastanza debole e non sempre coerente. In un paese con forti anticorpi al cambiamento e con un mercato del lavoro bloccato serve un intervento chiaro che distingua il lavoro digitale dal lavoro subordinato tradizionale.
Le Pmi e startup dovrebbero poi condividere i propri dati all’interno di piattaforme comuni, abbandonando diffidenza nella collaborazione e un rigido controllo dei collaboratori, ma invece governando attentamente dati e processi.
Le grandi aziende e la PA dovrebbero poi cambiare la loro struttura degli appalti e i loro modelli organizzativi, superando sistemi burocratici, rigidi e complessi in modo da affrontare in modo più agile la competizione internazionale.
Bisognerebbe infine favorire la creazione di strumenti di supporto per organizzazione, socializzazione, benessere psicologico, co-working e formazione di nuove competenze, mettendo a sistema le esperienze delle nuove realtà che nascono in questi ambiti.
Gli investimenti e le infrastrutture digitali in Italia ci sono, ma sono in qualche modo sotto utilizzate, perché manca ancora un salto in avanti in termini di innovazione e di cambiamento di sistema, normativo e culturale.
I dati di Stanford sul lavoro da remoto ci ricordano ancora una volta questa difficoltà italiana a fare delle riforme di sistema, anche quando porterebbero benefici diretti e importanti su questioni urgenti e di primaria importanza.
Per il lavoro digitale serve quindi che si inizi finalmente quel processo di innovazione di sistema che accompagni aziende e lavoratori nel futuro del lavoro.
* Work by: Pablo Zarate Lisa Ho Suhani Jalota Anahita Karandikar Maria Tito Jose Maria Barrero Steven J. Davis Cem Özgüzel Cevat Giray Aksoy and Victoria Marino