Il social X

Musk-Trump, il super duo stravolge tutto: in politica, nel digitale



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Fuga da X per le forti connessioni tra Musk e Trump, futuro presidente Usa. Eppure questo potrebbe essere solo il primo, temporaneo effetto. Le conseguenze di lungo periodo possono essere un aumentato potere per la piattaforma digitale. E per le big tech

Pubblicato il 14 nov 2024

Antonino Mallamaci

avvocato, Co.re.com. Calabria



trump & Musk (1)

La sorpresa non è l’esodo da X (già Twitter) di più di centomila utenti nei soli Stati Uniti, ma forse milioni nel mondo se guardiamo il boom del concorrente Blue Sky, già a 15 milioni di utenti contro i 9 milioni di settembre.

Casomai, può destare stupore che persone di normali capacità intellettive, e vere e proprie istituzioni dell’informazione come il Guardian, non abbiano lasciato prima la cloaca maxima di disinformazione, complottismo, hate speech, che la piattaforma social di Elon Musk è oramai da tempo.

Musk e Trump, tutt’uno

Il sudafricano più ricco del mondo ha acquistato Twitter da quasi tre anni per 44 miliardi, e l’intento che lo aveva spinto a questa decisione era manifesto fin dall’inizio: fare del social media la patria della libertà d’espressione, “la piazza globale”.

Che, tradotto dal “muskese”, significava consentire a chiunque di rovesciare il peggio di sé sul web. Prima mossa, la riammissione di Trump, cacciato per gli stessi motivi che avevano spinto gli altri social ad agire in tal senso. È ormai assodato che il contributo di Musk è stato decisivo nell’elezione del tycoon dai capelli rossi alla presidenza degli Stati Uniti. Così com’è notoria l’adesione degli altri big della Silicon Valley, tranne qualche eccezione, alla sua lotta per tornare alla Casa Bianca dopo i quattro anni di Biden. Ciò per un motivo molto semplice: Trump è un loro sostenitore, e sulle questioni più importanti che coinvolgono gli affari delle Big Tech ha idee e propositi che, nella maggior parte dei casi, sono per loro manna dal cielo.  

Non per niente, già il giorno successivo alle elezioni i loro dirigenti si sono congratulati con il presidente eletto. Sundar Pichai (Alphabet), Mark Zuckerberg (Meta), Tim Cook (Apple), Andy Jassy (Amazon) e Satya Nadella (Microsoft) si sono tutti scontrati con Donald Trump in passato, ma sono stati rapidi a sostenerlo mentre le loro aziende si accingono ad affrontare quattro nuovi anni di attività sotto un politico tanto potente quanto instabile.

E adesso cresce l’area di grigio tra Elon Musk – principale supporter elettorale di Trump – e la Casa Bianca. Si comincia con la sua nomina a responsabile del DOGE (Department of Government Efficiency, Dipartimento per l’efficienza governativa), che però forse non sarà una istituzione ma solo un advisory board secondo alcune fonti americane. Così da evitare il problema del conflitto di interesse con le aziende di Musk.

Resta il punto che il miliardario – con i suoi interessi e le aziende – al momento viene visto “collaterale” della Casa Bianca.

Il ritorno della pubblicità

Ecco perché ora sono in molti a vaticinare il ritorno di alcuni marketer alla piattaforma per accreditarsi presso l’amministrazione entrante. Secondo il Financial Times, alcuni marchi si stanno preparando a fare di nuovo pubblicità su X. I suoi ricavi sono diminuiti drasticamente dall’acquisizione di Musk, mentre alcune stime degli investitori suggeriscono che la sua valutazione attuale è inferiore a 10 miliardi di dollari.

I marchi hanno in passato espresso preoccupazione per il fatto che Musk abbia ridotto la moderazione, con gruppi come Disney, IBM e Apple che hanno lasciato la piattaforma l’anno scorso. La reazione di Musk è stata in linea con i suoi standard: “andate a farvi fottere”. Ma la società di consulenza di marketing AJL Advisory ritiene molto probabile che alcuni marketer riallochino la spesa su X come “leva politica”, innanzitutto per accedere alla succulenta torta dei contratti governativi. Le aziende cercheranno di entrare nelle “grazie di Elon”, dato che la vittoria di Trump gli ha conferito nuova legittimità e potere sui marchi in settori che potrebbero subire gli effetti delle eventuali limitazioni normative di Trump.

Altri soggetti rimangono avversi a X, ragionando sui rischi che un’azienda può correre restando sulla piattaforma. Musk ha certamente previsto un tornaconto per aver sostenuto con fervore la campagna di Trump attraverso X e con oltre 100 milioni di dollari in donazioni. Musk e i suoi accoliti hanno indicato X come parte importante della vittoria e come sede del discorso politico di destra. Lo stesso padrone di X ha pubblicato un grafico che mostra un aumento degli utenti a livello globale a 434,1 miliardi da meno di 400 prima del 5 novembre.

Tuttavia, come abbiamo visto già, 115.000 utenti statunitensi hanno cancellato i loro account il 6 novembre, mentre Bluesky e Threads di Meta sono cresciuti. È stato paventato anche che la vicinanza di Musk a Trump potrebbe portare a una fusione tra X e la piattaforma del presidente eletto, Truth Social.

Come vanno gli affari di X

Altro capitolo concerne le sette banche che hanno sovvenzionato Musk, per 13 miliardi dollari, nell’acquisto di X. Esse, guidate da Morgan Stanley, si aspettavano in gran parte di continuare a detenere il prestito fino al 2025, dati i prezzi di vendita che avrebbero dovuto offrire per attirare potenziali acquirenti fino a quando l’attività di X non si fosse stabilizzata. L’azienda ha continuato a pagare gli interessi sul debito, ma le banche avevano tentato  di convincere Musk a utilizzare le sue azioni Tesla o SpaceX come garanzia per elargire un nuovo prestito per rimborsare una parte di quello originale. In ogni caso, adesso è tutto in discussione.

Tornando agli introiti pubblicitari, gli investimenti dei primi 100 inserzionisti su X negli USA nella prima metà del 2024 sono diminuiti del 68% rispetto alla prima metà del 2022 (ante Musk). Inoltre, solo sette dei primi 200 inserzionisti che hanno interrotto la spesa pubblicitaria nell’ultimo trimestre del 2022 sono tornati sulla piattaforma nel 2024. Sono stati in gran parte sostituiti da inserzionisti completamente nuovi per X o che non esistevano nel 2022, ma questi spendono molto meno rispetto ai precedenti marketer.

Secondo alcune stime, la società genererà 1,9 miliardi di dollari di entrate pubblicitarie quest’anno, in calo rispetto ai 2 miliardi dell’anno scorso e ai circa 4,5 miliardi del 2021 e ora vale solo 10 miliardi. Musk ha chiamato privatamente gli amministratori delegati dei marchi per rimproverarli per aver lasciato il sito, e ha anche intrapreso un’azione legale contro la Global Alliance for Responsible Media, associazione di marchi e agenzie pubblicitarie, nonché contro suoi membri come Unilever e altri.

Secondo il riccone sudafricano, essi avevano “colluso” per boicottare X, limitando la scelta dei consumatori in violazione delle leggi antitrust. Dopo che Unilever ha ripreso a investire su X, questa ha interrotto il contenzioso. Altri operatori del settore pubblicitario ritengono che molti marchi rimarranno riluttanti a fidarsi di X, anche perché, in ogni caso, la sua offerta pubblicitaria è inferiore a quella di Meta e TikTok. Secondo altri, il fatto che X sia diventato sempre più “una camera dell’eco di Elon”, non può certo essere d’aiuto, ma la vittoria di Trump potrebbe significare, secondo l’agenzia Joint, che i marchi daranno a X una seconda possibilità nel 2025, ma procedendo con estrema cautela.

Trump e big tech

Venendo rapporto complessivo tra l’amministrazione nascente e Big Tech, Trump ha mostrato spesso disprezzo per le aziende del settore e si è espresso apertamente sul perseguimento di politiche che comporteranno un aumento  dei loro costi di gestione e per regolamentazioni più sfavorevoli. Nel contempo, ha assicurato che non adotterà decisioni che potrebbero ostacolare la loro crescita. Ora, con Elon Musk suo più grande sostenitore, si potrebbe aprire una fase loro favorevole. Le azioni di Trump durante la presidenza e i suoi discorsi in campagna elettorale gettano luce su cosa potrebbero aspettarsi le Big Tech durante il prossimo secondo mandato.

I dazi sulle importazioni potrebbe avere un impatto enorme sia sulle aziende tecnologiche che sulla spesa dei consumatori. Tempo fa Trump ha lanciato l’idea di una tariffa universale sulle importazioni del 10%, di una aggiuntiva del 60% per quelle dalla Cina e fino al 100% per quelle dal Messico.

Apple, perciò, potrebbe entrare in grosse difficoltà, poiché oltre il 95 percento dei suoi prodotti hardware è prodotto e assemblato in Cina. Così come i grandi rivenditori e le aziende di e-commerce, che si affidano in larga misura a materiali e componenti cinesi. Staremo a vedere, anche perché il tycoon ha fatto dell’imprevedibilità il suo tratto distintivo.

Sull’intelligenza artificiale, la politica di Trump sarà quasi certamente tesa a garantire che gli Stati Uniti siano in testa alla corsa per sviluppare algoritmi più potenti e capaci, soprattutto rispetto al principale rivale geopolitico, la Cina. La precedente amministrazione Trump ha cercato di eliminare le normative che si pensava potessero inibire l’innovazione tecnologica commerciale. Nell’era dei grandi modelli linguistici e delle sessioni di addestramento all’intelligenza artificiale su larga scala, Trump potrebbe anche prendere in considerazione la possibilità di fornire risorse federali per alimentare i progetti di intelligenza artificiale su larga scala necessari per aiutare a mantenere quella americana all’avanguardia.

La strategia probabilmente comprenderà anche ostacoli di varia natura alla Cina. Il precedente governo Trump ha introdotto sanzioni progettate per limitare la capacità delle aziende cinesi di intelligenza artificiale di fare affari con gli Stati Uniti e di accedere ai chip necessari per essere all’avanguardia in questo campo (politiche rafforzate sotto Biden).

Intelligenza artificiale

Il secondo mandato di Trump potrebbe vedere sforzi per frenare l’aumento dell’intelligenza artificiale cinese, soprattutto se dovesse scoppiare una guerra commerciale più ampia. Trump ha anche promesso di abrogare un ordine esecutivo di Biden introdotto per mettere delle barriere di protezione attorno a una tecnologia che sembrava accelerare a una velocità pericolosa.

Il provvedimento ha introdotto misure per limitare gli usi potenzialmente rischiosi dell’intelligenza artificiale, proteggere dai pregiudizi negli algoritmi e aumentare il controllo federale sui modelli più potenti. Ma Trump ha promesso di revocare queste misure.  Molti dei requisiti dell’ordine esecutivo sono stati, in realtà, soddisfatti, quindi la sua abrogazione potrebbe avere scarso effetto.

L’amministrazione Trump potrebbe, tuttavia, smantellarne una parte, con le conseguenze pericolose immaginabili man mano che la tecnologia diverrà più ampiamente utilizzata.

Anche i rivali di Elon Musk in materia di intelligenza artificiale potrebbero avere motivo di preoccuparsi. Il miliardario sostenitore di Trump è stato un critico frequente di OpenAI, che ha co-fondato prima di andarsene, e di Google, accusando entrambe le aziende di sviluppare algoritmi di intelligenza artificiale eccessivamente “Woke” e politicamente corretti. Il desiderio di Musk di guidare la corsa all’intelligenza artificiale con la sua azienda, xAI, unito all’enorme influenza che potrebbe esercitare all’interno dell’amministrazione Trump, potrebbe rendere sia OpenAI che Google dei bersagli, minacciando la loro capacità di assicurarsi futuri contratti governativi redditizi. Per quanto concerne le Piattaforme social e la sicurezza dei bambini, poco prima di lasciare l’incarico nel suo primo mandato, Trump minacciò di porre il veto a un importante disegno di legge sulla spesa per la difesa a meno che i legislatori non avessero abrogato la famosa Sezione 230, lo scudo che rende esenti da responsabilità le aziende tecnologiche.  

Ha quindi effettivamente posto il veto, ma la Camera e il Senato lo hanno ignorato. Col pieno controllo del Congresso nel prossimo mandato di Trump, i repubblicani potrebbero procedere con l’abrogazione e aprire le porte alle cause legali. Per la sicurezza dei bambini sulle piattaforme tecnologiche Meta e altre aziende tecnologiche hanno fatto pressioni affinché la responsabilità ricada su Apple e Google, che gestiscono i più grandi app store del mondo, per gestire la verifica dell’età e le misure di sicurezza online.

Ma sulla questione sembra esserci (e sarebbe ora di agire)  un consenso bipartisan sulla necessità di imporre alle aziende tecnologiche di progettare questi prodotti in modo tale da proteggere i bambini. Per TikTok, Trump rappresenta un barlume di speranza di non essere bannato negli Stati Uniti. Il disegno di legge per obbligare TikTok a essere venduto o vietato negli Stati Uniti ha ricevuto il sostegno bipartisan al Congresso ed è già stato firmato e trasformato in legge.

Per annullarlo, Trump dovrebbe convincere centinaia di membri repubblicani del Congresso a cambiare completamente posizione. Ciò sarà difficile, ma non impossibile, considerato che ormai i repubblicani sembrano letteralmente pendere dalle labbra del presidente eletto. Va rilevato, inoltre, che la legge ha sancito per TikTok  la possibilità di vendere le sue attività negli Stati Uniti a un’azienda americana. Per i repubblicani questo è uno scenario win-win, in cui Trump mantiene la sua promessa e il Congresso mantiene la sua proposta di legge.

Vinceranno le big tech

In conclusione, l’avvento del duo Trump – Musk (o Musk – Trump?), se sul piano generale, visti anche i primi incarichi e le idee già espresse, non rassicura eccessivamente, farà certamente bene alle Big Tech e quindi anche al sudafricano (per questo non eleggibile alla carica di presidente USA) e alle sue attività. Qualche centinaia di migliaia di utenti o persino milioni che – per ora! – abbandonano X, in attesa del ritorno degli investitori fulminati sulla via di Damasco, sembrano un prezzo non eccessivo da pagare.

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