Il fenomeno della “fuga dei cervelli” ha radici lontane. L’espressione si diffonde sui media a partire dal 2008, ma la sperimentazione di misure per favorire il rientro di laureati con specializzazione comincia già nel 2003. Da allora si sono susseguiti una serie di passaggi normativi (soprattutto sgravi fiscali) che non sembrano avere un impatto significativo, come ci segnala l’ultima indagine della Fondazione Nord Est “I giovani e la scelta di trasferirsi all’estero. Propensione e motivazione”.
Il costo economico della fuga dei cervelli dall’Italia
Dal 2011 al 2021 451mila giovani italiani tra 18 e 34 anni hanno lasciato il paese. Il dato, calcolato al netto dei rimpatri, è una tendenza particolarmente preoccupante in un Paese anziano e in pieno inverno demografico. C’è chi ha provato a tradurre la perdita di capitale umano in un costo economico: se la spesa complessiva sostenuta dallo stato fino alla laurea è di 38 miliardi, la perdita per il mancato reddito che avrebbero prodotto i laureati rimanendo a lavorare in Italia può arrivare fino a 45 miliardi. Per alcuni studiosi il fenomeno italiano rileva un paese in declino che non è in grado né di trattenere i propri talenti, né di attrarre nuove professionalità dall’estero, per un proficuo scambio di risorse tra un paese e l’altro (brain exchange).
Ma cosa fare? Il fenomeno è complesso da studiare, sostengono i ricercatori, è multidimensionale e con cause stratificate che si sommano alle attuali contraddizioni del nostro mercato del lavoro e soprattutto alle dinamiche legate alla trasformazione digitale.
Atenei di prossimità e restanza digitale: il caso del Molise
In questo scenario ci ha particolarmente colpito la scoperta di un “ateneo di prossimità”, la sede distaccata di Termoli dell’Università del Molise, dove si sta verificando un processo in controtendenza, una sorta di “restanza digitale”[1] che coinvolge i giovani universitari delle discipline Stem. Nella sede universitaria di un centro di quasi 32.000 abitanti abbiamo incontrato ricercatrici e ricercatori brillanti che hanno deciso di rimanere sul territorio con forti motivazioni legate allo sviluppo delle comunità locali.
Nonostante su Internet giri da tempo la battuta “Il Molise non esiste”, perché molti non ne ricordano neanche il capoluogo, la Regione esiste eccome!
Gli indicatori di istruzione e formazione premiano il Molise
Secondo l’Istat, per gli indicatori di istruzione e formazione, la regione ha raggiunto livelli di benessere superiori o in linea con la media nazionale e sensibilmente più alti di quelli del Mezzogiorno. Secondo l’Istat istruzione e sicurezza sono i due punti di forza della regione
L’indicatore del passaggio all’università, pari al 59,5 per cento, è quello che registra la maggiore distanza in positivo non solo dalla media del Mezzogiorno (+12,3 punti), ma anche dal valore Italia (+7,6 punti). Analogamente, la quota di laureati e possessori di altri titoli terziari di 25-39 anni (32,1 per cento nel 2022) è 3,5 punti più alta che nel resto della penisola [fonte: Istat, Il benessere equo e sostenibile dei territori. Molise 2023]. Le ragazze che frequentano l’università sono in progressiva crescita e nell’ultimo anno accademico erano 61,5% degli iscritti.
“Qui in Molise capisci il valore dei poli universitari di prossimità”, spiega Cecilia Stajano, responsabile delle comunità per la Fondazione Mondo Digitale. “Formarsi nel proprio territorio o meglio ancora restare a fare ricerca non impedisce di avere uno sguardo rivolto ad ogni parte del mondo e puntare in grande, specie se si studia tecnologia, informatica, intelligenza artificiale, che richiedono di essere connessi costantemente con il resto del mondo. E proprio qui possono nascere molte Silicon Valley italiane”.
Una tappa di coding girls a Termoli
A Termoli Cecilia Stajano ha deciso di organizzare una tappa di Coding Girls in sinergia con il progetto Ital.IA Lab, coinvolgendo in sessioni formative su intelligenza artificiale e data science più di 300 studenti delle scuole superiori e gli universitari nel ruolo di tutor e mentor. Alla sfida finale “ChatSPOT: AI in social advertising” hanno risposto 110 ragazze e ragazzi organizzati in 18 team. I giovani ricercatori molisani non solo non fuggono all’estero, ma trovano perfino il tempo per appassionare gli studenti delle scuole alla data science, “per familiarizzare con il nuovo oro che non si esaurisce mai” [Hackaton a Termoli. Chi sono i sette formatori].
“Attraverso programmi mirati come quelli dell’hackathon Coding Girls e altre attività promosse dall’Ateneo, stiamo cercando di creare un ecosistema che renda il territorio più attrattivo per i giovani, sia dal punto di vista delle opportunità di ricerca che di sviluppo professionale”, spiega il professore Rocco Oliveto, vice direttore del Dipartimento di Bioscienze e Territorio dell’Università del Molise. “I nostri studenti sono brillanti almeno quanto quelli di Atenei più blasonati, e quando si trovano a competere con colleghi di altre università non sfigurano affatto. È proprio questa loro voglia di rivalsa che, in molti casi, li porta a restare nel proprio territorio per dimostrare che in Molise si può studiare bene, svolgere un lavoro gratificante e fare innovazione.
I fattori che favoriscono la restanza
Questo desiderio di dimostrare il valore del proprio territorio è una delle forze trainanti dietro la scelta di tanti giovani di restare e contribuire alla crescita della regione”. Il riconoscimento della qualità della formazione universitaria italiana emerge con forza anche dal rapporto della Fondazione Nord Est. Ovunque all’estero “la preparazione dei giovani italiani e le loro competenze sono riconosciute come molto buone”. Ma quale formula può usare un ateneo, soprattutto nel Sud, per favorire la “restanza” dei giovani formati per innovare sul territorio? La motivazione principale per restare è la possibilità di lavorare su progetti concreti che abbiano un impatto diretto sul territorio. Per supportare la “spinta alla restanza” l’ateneo molisano lavora sulla sinergia di alcune azioni chiave:
- Collaborazioni con il mondo imprenditoriale, come il Career Day, evento annuale che vede la partecipazione di oltre 50 imprese, sia locali che nazionali. “Per molti studenti è un’occasione per dimostrare il proprio valore, rompendo con stereotipi di marginalità legati al Molise e dimostrando che qui si può competere e innovare come altrove”.
- Supporto alla creazione di startup con programmi di incubazione e accelerazione per giovani imprenditori, come il Contamination Lab (C-Lab).
- Sostegno alla ricerca e all’innovazione, con particolare attenzione a settori che possano competere a livello internazionale, ma che rispondano anche alle esigenze specifiche del territorio. “Un esempio concreto è il nostro impegno nella telemedicina e telemonitoraggio, strumenti cruciali per fornire supporto sanitario a distanza nelle cosiddette “aree interne”, difficili da raggiungere e con una scarsità di servizi. Questa è un’area in cui l’innovazione può fare la differenza, migliorando la qualità della vita delle persone e dimostrando che il Molise può essere all’avanguardia anche in settori ad alto impatto sociale”, aggiunge Rocco Oliveto.
“Questi progetti sono solo alcuni esempi della voglia di rivalsa dei giovani molisani, che si traduce in azioni concrete per migliorare il territorio, rafforzando l’identità locale e creando opportunità di crescita professionale e personale senza dover abbandonare la propria terra”.
Tra i segnali incoraggianti, che confermano un’inversione di tendenza nel fenomeno della fuga dei cervelli, ci sono i primi ritorni di giovani brillanti: dopo aver completato la formazione all’estero hanno scelto di rientrare per collaborare allo sviluppo di aziende molisane. Sono altre storie che ci piacerebbe raccontare.
Il termine evocativo “restanza” si deve all’antropologo Vito Teti, mentre l’espressione “restanza digitale” è nostra. Non sembra ci siano altre occorrenze. ↑