Mentre la sperimentazione voluta dal Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara sull’uso dell’Intelligenza Artificiale (IA) è partita, coinvolgendo un piccolo selezionato numero di scuole italiane – 15 classi di scuole superiori distribuite tra Lombardia, Abruzzo, Marche e Toscana – il dibattito nazionale e internazionale sull’IA e il suo ingresso discusso e talvolta discutibile in classe continua ad essere acceso, toccando diversi aspetti che proveremo ad individuare in questo contributo.
IA a scuola, il progetto del Ministero dell’Istruzione e del Merito
Partiamo dal progetto del MIM (Ministero dell’Istruzione e del Merito) che come obiettivo ha quello di migliorare la personalizzazione dell’apprendimento, in particolare nelle materie STEM e nelle lingue. Alla base dell’intervento dell’Intelligenza Artificiale nelle classi c’è la visione avallata dal Ministero dell’Istruzione che gli assistenti virtuali possano fornire un supporto su misura alle studentesse e agli studenti, in modo da adattare le attività didattiche in base alle loro esigenze individuali e ai loro progressi.
Il progetto, che si svilupperà nell’arco di due anni scolastici, sarà monitorato da Invalsi e, se ritenuto efficace, verrà esteso a livello nazionale entro il 2026. La sperimentazione voluta da Giuseppe Valditara nasce come una possibile risposta al bisogno di potenziare l’inclusione, vi è infatti tra gli obiettivi principali, la riduzione delle disuguaglianze educative, con un focus su studenti che hanno difficoltà di apprendimento o provengono da contesti socio-economici svantaggiati. Altro obiettivo importante è raccogliere e analizzare i dati prodotti dalle interazioni tra studenti e IA, che permetterà di valutare l’efficacia del sistema e di migliorarne l’implementazione. La sperimentazione si ispira a casi di successo internazionali, dove l’uso dell’intelligenza artificiale ha già dimostrato di poter aiutare gli studenti a ottenere risultati migliori.
Se questo è uno degli ultimi interventi sull’ingresso dell’IA nell’istruzione, che sembra aprire le porte ad un atteggiamento non più di sole paure e stigma nei suoi confronti, soprattutto da parte dei docenti, proviamo a considerare altri aspetti del dibattito in corso.
La formazione dei docenti: le istituzioni scolastiche
Un aspetto centrale risiede nella formazione degli insegnanti, non solo di coloro che nel piccolissimo numero dei selezionati alla sperimentazione del MIM verranno affiancati nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale, ma potenzialmente di tutto il corpo docenti, scolastico e accademico.
Un’importante finestra che si apre nel mondo della formazione del personale docente della scuola è di certo quella dell’offerta formativa proposta da Scuola Futura, che come è noto è la piattaforma per la formazione del personale scolastico, nell’ambito delle azioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).
Se si vanno a cercare tra i circa 1300 percorsi proposti, a partire dallo scorso anno scolastico, la percentuale di quelli dedicati alla formazione dei docenti a partire dalla scuola dell’infanzia fino alla secondaria di secondo grado che riguardano l’IA, non solo sono in crescita, ma ad oggi rappresentano circa il 30 per cento.
Ma se si considera la prospettiva diacronica, tra tutti i corsi che hanno avuto origine nel 2023, alcuni dei quali ancora in essere, su circa 130 nessuno aveva come tema l’IA e la sua potenziale introduzione nella didattica e\o nella gestione delle istituzioni scolastiche, mentre a partire dalle proposte formative che sono state inserite in piattaforma dall’inizio del 2024 il numero cresce sensibilmente.
I corsi proposti sull’IA sono rivolti ad ogni grado di scuola, dalla primaria alla secondaria di secondo grado, e se si considerano le prime proposte, quelle di inizio 2024 è possibile rilevare un ulteriore interessante spunto di riflessione: si va infatti da corsi formativi che intendono spiegare l’IA, in modo generale – L’Intelligenza Artificiale in classe, Intelligenza Artificiale impariamo ad usarla in classe – ad argomenti più specifici che sono stati introdotti nel corso dell’anno, come per esempio “Migliorare apprendimento e partecipazione con l’Intelligenza Artificiale”, “Percorsi didattici dallo Storytelling all’Intelligenza Artificiale”, Programmazione pragmatica (programmare con l’AI) “, “App Mobile arricchite dall’IA” e altro ancora.
IA a scuola: il cambiamento è in atto
Quanto analizzato sin qui sull’offerta formativa dalla piattaforma Scuola Futura rende evidente il cambiamento in atto, quello cioè di una parziale e ancora non stabilizzata presa di coscienza da parte del mondo scolastico, dove la necessità per i docenti di dotarsi non più solo di normative “contro” l’IA, quanto piuttosto di aprire le porte ad una nuova fase di consapevolezza.
Non dimentichiamo, inoltre, il recente documento elaborato dalla rete di scuole del Friuli Venezia Giulia, che a maggio 2024 ha prodotto per la prima volta in Italia delle Linee Guida per l’uso dell’IA nelle scuole, vero proprio documento pionieristico, anch’esso segnale di cambiamento in corso.
Restano aperti nella scuola italiana numerosi dibattiti sulla relazione dei docenti con l’intelligenza artificiale, sul loro ruolo, sul timore che venga ridimensionato, e anche sull’oggettiva difficoltà nell’introdurre pratiche innovative, che richiedono appunto formazione, adeguate risorse logistiche e progettazione anch’essa innovativa.
Le criticità emerse in ambito internazionale
In ambito internazionale emergono altre criticità relative per esempio alle misure antiplagio messe o da mettere in atto, che potrebbero molto presto arrivare in Italia e sommarsi a quanto è già in essere, anche nel settore istruzione scolastica, dove l’utilizzo di risorse tecnologiche antiplagio è poco diffusa, semmai il timore del plagio viene contenuto attraverso limitazioni e divieti.
Come già affermato da ricerche recenti i discenti utilizzano ampiamente l’IA per generare testi, per la ricerca, per svolgere test e prepararsi, come assistente virtuale.
Nonostante la disponibilità di numerose risorse per svelare il plagio affrontarlo in modo costruttivo, puntando a migliorare le competenze nell’uso dell’IA da parte delle studentesse e degli studenti, attualmente questo nelle scuole italiane avviene in maniera ancora poco strutturata e sporadica, affidandosi alle competenze specifiche in materia dei singoli docenti o ad indicazioni internazionali, che puntano soprattutto a fornire linee guida sull’uso etico delle soluzioni proposte dall’intelligenza artificiale, da mettere in pratica spesso senza però competenze nell’uso dei sistemi di controllo e antiplagio.
La formazione accademica
Sul fronte universitario, si osserva anche in questo caso una crescita esponenziale di proposte formative rivolte a studenti e studentesse per ampliare e potenziare le competenze sull’uso ad ampio raggio delle intelligenze artificiali; nella maggioranza degli atenei italiani infatti, secondo alcuni censimenti pubblicati in rete, a partire dal 2023 sono in crescita significativa. I corsi attualmente in essere, sia lauree triennali che magistrali, sono erogati in tutta Italia, da Roma a Trieste, da Cagliari a Bologna, e coprono sia l’area prettamente scientifica, per esempio il Corso di Laurea in Scienze matematiche per l’Intelligenza Artificiale, negli atenei di Roma già dall’anno accademico 2022, che quella tradizionalmente definita umanistica, con corsi in Filosofia e Intelligenza Artificiale, Diritto e Intelligenza Artificiale, e corsi in lingua inglese, sparsi in tutto il Paese.
Questo delinea, così come nel mondo scolastico, un importante cambiamento in itinere, che coglie da parte degli atenei nazionali, sia esigenza formative da parte delle nuove generazioni, sia la necessità di contribuire a livello culturale e sociale a creare nuove competenze necessarie nel mondo del lavoro.
Il mondo accademico italiano, inoltre, è fortemente coinvolto nell’individuare le migliori soluzioni possibili per combattere il plagio e l’uso delle IA per la produzione di saggi, tesi, materiali vari.
In questo senso quanto stanno portando avanti gli atenei italiani si collega pienamente al dibattito internazionale sul tema. Pensiamo ai protocolli predisposti già dallo scorso anno accademico dagli atenei di Torino e Pisa.
Si è però lontani da quanto sta accadendo negli USA, dove, stando alla recente notizia diffusa da Bloomberg circa due terzi degli insegnanti riferiscono di utilizzare regolarmente strumenti per rilevare contenuti generati da IA.
Di recente presso la Central Methodist University nel Missouri infatti sono stati riportati una serie di comportamenti accademici, per cui anche i più piccoli tassi di errore, rilevati attraverso strumenti antiplagio, possono aumentare rapidamente e determinare esiti infausti per le carriere accademiche di studentesse e studenti.
In Italia questo tipo di situazione non è ancora emersa. Tuttavia, il problema è sentito e le società internazionali che hanno accordi con le università italiane hanno ampliato la loro offerta, per rilevare sia azioni di plagio tradizionali e soprattutto quelle legate all’uso improprio dell’IA.
A oggi circa il 90% delle Università italiane ha un accordo di questo tipo in particolare con Turnitin e Compilatio due tra i più famosi e completi programmi antiplagio disponibili sul mercato.