l’ingiunzione

Processo Epic-Google: perché è svolta antitrust nel mercato app



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Un tribunale californiano emette un’ingiunzione contro Google per pratiche anticoncorrenziali nel mercato delle app Android, aprendo nuovi scenari sulla regolamentazione dei giganti tecnologici

Pubblicato il 27 nov 2024

Luciano Daffarra

C-Lex Studio Legale



google epic

A seguito di un’azione legale avviata da Epic Games[1], il 7 ottobre 2024 il Tribunale del Northern District della California ha emesso una “Permanent Injunction”, resa esecutiva dal primo novembre 2024, con cui il giudice ha ordinato a Google LLC e alle sue controllanti e collegate di cessare le attività di concorrenza sleale con abuso della posizione dominante nel segmento del mercato statunitense delle applicazioni digitali.

Il contesto storico e politico in cui è maturata la decisione

La sopra ricordata misura interinale, adottata dal giudice in base al verdetto di una Giuria popolare risalente all’11 dicembre 2023 nella causa instaurata fra le parti, riguarda i servizi forniti dal “Google Play Store” per i terminali mobili dotati del sistema operativo “Android” di proprietà dell’azienda di Cupertino[2], assume significativo rilievo nell’attuale contesto storico e politico.

L’importanza delle norme antitrust

I fatti sottesi a questa controversia possono essere decisivi per valutare, se e in quale misura, le norme antitrust in vigore negli Stati Uniti vengano ancora rigorosamente applicate nell’era delle grandi concentrazioni delle imprese del settore high-tech, ovvero se, invece e di contro, la dimensione assunta dai giganti del web, meriti di essere incentivata a crescere ulteriormente, non solo perché le aziende del settore possano affermare il proprio ruolo nel paese di origine, ma anche per fronteggiare la presenza di altri operatori del mercato digitale che stanno acquisendo rilievo e che potranno occupare un ruolo fondamentale nel Far East e, segnatamente, in Cina[3].

Elaborazione del provvedimento

Il provvedimento del giudice James Donato del Northern District of California è stato elaborato durante otto mesi di lavoro, periodo nel quale, con l’adozione della massima cautela per evitare danni alle società del gruppo di Cupertino, si sono stabilite in contraddittorio fra le parti – nel corso di udienze di lunga durata tenute in tempi ravvicinati – le regole tecniche che il gruppo Alphabet è tenuto ad applicare nella gestione dei contratti con gli sviluppatori delle applicazioni destinate alla vendita sul “Google Play Store”.

Contratto e pratiche anticoncorrenziali

Questo è avvenuto – da un lato – impedendo la stipula e l’applicazione di contratti restrittivi della concorrenza (prevalentemente accordi di esclusiva che impongono a taluni sviluppatori di distribuire le proprie applicazioni sul “Google Play Store”) e – dall’altro – vietando il perdurare dei comportamenti abusivi posti in essere sul mercato direttamente dagli sviluppatori che avevano ricevuto da Google somme di denaro per non fornire i propri prodotti a piattaforme digitali concorrenti con quella del “Google Play Store”.

Termini per l’adeguamento

Avuto riguardo alle misure che Google è tenuta a adottare nei confronti dei developers, il Tribunale le ha assegnato un termine di otto mesi decorrente dal 1° novembre 2024 per adempiervi in quanto questo lasso di tempo sarà necessario per tale azienda allo scopo di adottare i rimedi di natura tecnica e giuridica idonei a conformarsi alle prescrizioni della Corte.

La risposta di Google

Non sorprendentemente, Google ha deciso di impugnare la sentenza di primo grado di fronte ai giudici del Nono Circuito[4], allegando il fatto che la medesima società avrebbe chiesto la sospensione dell’ingiunzione in pendenza dell’appello[5]. Secondo la posizione espressa dal management di Google, infatti, il provvedimento inibitorio reso dal tribunale della California provocherebbe una serie di conseguenze non volute, le quali si risolverebbero nel danneggiare i consumatori, gli sviluppatori e i produttori di smartphone.

Accadimenti processuali recenti

La manifestazione di contrarietà dei convenuti alle disposizioni della “Permanent Injunction” ha dato vita a una serie di accadimenti processuali che si sono succeduti in un breve lasso di tempo. Tanto è avvenuto, dapprima con la notifica, il 16 ottobre 2024, del ricorso con cui Google LLC ha formulato una domanda di sospensione della decisione in argomento, attraverso una “Emergency Motion for Partial Stay of Permanent Injunction Pending Appeal”, articolata in 37 pagine più gli allegati. In tale atto Google ha rilevato che – ferma restando l’infondatezza della decisione del Northern District e la forte probabilità per il gruppo Alphabet di uscire vincitore in appello – l’adeguamento dell’azienda al dettato del provvedimento in questione le impone di sopportare costi milionari, oltre a comportare cambiamenti improvvisi e tecnicamente difficili da attuare in un breve lasso temporale.

Tali vincoli andranno a incidere sulle sue strategie commerciali, sui suoi prodotti, sui servizi e sui contratti già stipulati. Tali mutamenti repentini – hanno sottolineato i legali di Google – dovrebbero essere accompagnati dalla concomitante apertura improvvisa dell’accesso dei concorrenti dell’azienda di Cupertino al “Play Store”, fatto questo che implicherebbe – secondo la ricorrente – evidenti rischi alla “salute e sicurezza all’interno dell’ecosistema di Android”.

A seguito della notifica dell’appello di Google, con ordinanza del 18 ottobre 2024, il giudice di prime cure ha sospeso gli effetti del suo precedente provvedimento, dichiarando di essere d’accordo di lasciare ai giudici del Nono Circuito tutto il tempo che essi ritengono sia necessario per decidere sull’impugnativa. Nell’asserire questo il giudice ha soggiunto, nel corso della breve udienza tenuta per l’incombente, che i costi che l’impresa di Cupertino deve sostenere per implementare l’ingiunzione rappresentano “una goccia nel secchio” rispetto ai ricavi alla medesima derivanti dall’attuale funzionamento della piattaforma “Google Play Store” e dal parallelo sistema di pagamento denominato “Google Pay” che lo supporta.

La reazione di Epic Games

Nel mentre Google predisponeva la propria linea di attacco all’ingiunzione concessa a favore di Epic Games, come poc’anzi descritto, i legali della seconda impresa – in data 28 ottobre 2024 – notificavano alle controparti il proprio atto di opposizione alla richiesta di sospensione parziale dell’ingiunzione permanente emessa dal tribunale di San Francisco, attraverso un documento di 33 pagine.

Le difese svolte da Epic Games, suddivise in diversi capitoli e paragrafi, si fondano principalmente sull’asserita inidoneità delle ragioni fatte valere dal Gruppo Alphabet a provare l’erroneità della decisione della Corte Distrettuale sotto numerosi profili di merito. La domanda di rigetto delle censure mosse da Google include: la regolare formazione del verdetto della giuria popolare, la correttezza della ratio che ha dato vita al provvedimento interinale, l’inesistenza di limitazioni di legge alle decisioni giudiziali che possano portare a uno stallo nella concorrenza sul mercato, ovvero a una regolazione diretta dei prezzi di mercato.

Inoltre, Epic Games nega di essere tenuta a provare – come assume la controparte – che vi sia una indipendenza fra il mercato delle applicazioni digitali e dei servizi aggiuntivi collegati alle prime, rispetto al mercato degli smartphone,[6] in quanto nel mercato oggetto della controversia che la contrappone a Google, né i consumatori, né gli sviluppatori sono tenuti a fare acquisti di beni dalla sunnominata impresa per essere parte del mercato rilevante dell’acquisto e della distribuzione delle applicazioni “Android” e dei suoi derivati.

Questo fatto risulterebbe evidente in quanto gli smartphone che sono dotati di tale sistema operativo vengono offerti al pubblico da numerosi e differenti produttori, diversamente da quanto accade nel mercato iOS detenuto da Apple. Sulla scorta di queste e di altre deduzioni che fanno leva sull’asserita “monopolizzazione” da parte di Google del segmento delle applicazioni digitali, facendo sì – per dirla con le parole dei legali di Epic – che “gli sviluppatori si rivolgeranno a un mercato dove possono vendere le loro merci e i consumatori si rivolgeranno solo a un mercato ove ci sono tonnellate di sviluppatori”, la posizione dell’impresa del North Carolina è quella di aprire il mercato alla concorrenza, consentendo a tutti gli sviluppatori di avere spazio sul “Google Play Store” senza imporre loro contratti di esclusiva o altri vincoli limitativi delle loro scelte commerciali.

Confronto con precedenti europei

Mentre i giudici del Nono Circuito U.S.A. dovranno dirimere questa vicenda, alcune riflessioni, seppure basate su parametri tecnologici fortemente mutati e per ciò stesso non adeguati ad essere applicati nel contesto odierno, discendono dall’esperienza giudiziaria dell’Unione Europea dinanzi alla quale era stata radicata una causa avente alcune connotazioni comuni a quella di cui ci siamo sopra occupati.

La controversia è stata infatti decisa dal Tribunale Generale dell’Unione Europea il quale, con sentenza del 14 settembre 2022[7], aveva in parte annullato una decisione della Commissione Europea che aveva sanzionato l’impresa statunitense con una multa di 4,343 miliardi di euro, per abuso di posizione dominante nel settore delle applicazioni digitali vendute sul mercato del sistema operativo per smartphone denominato “Android”.

La procedura della Commissione Europea, conclusa il 18 luglio 2018, aveva condotto all’accertamento della violazione da parte di Google e della sua controllante Alphabet, delle disposizioni del Trattato Fondamentale dell’UE relativamente ai suoi articoli 102 e 54, avuto riguardo alle restrizioni abusive del mercato imposte dall’impresa californiana ai produttori di smartphone che utilizzavano il sistema operativo “Android” oltre che agli operatori delle reti mobili, per consolidare la propria posizione dominante nel mercato dell’Unione Europea.

I fatti contestati a Google riguardavano in particolare l’imposizione, da una parte, ai produttori di apparati muniti del più volte citato sistema operativo e, dall’altra, agli operatori di telefonia mobile, di indirizzare il traffico di quegli apparecchi verso i motori di ricerca di proprietà di Google (quali “Google Search” e “Google Chrome”), come condizione per potere ottenere in licenza l’applicazione – ritenuta indispensabile – “Google Play Store”.

Inoltre, l’impresa statunitense avrebbe versato somme di denaro ai produttori degli smartphone “Android” affinché essi preinstallassero l’applicazione “Google Search” sui propri terminali mobili, con l’ulteriore vincolo di non porre sul mercato apparecchi smartphone su cui fossero installate versioni superate del sistema Android, qualora le stesse non fossero state in precedenza approvate da Google.

Come sopra ricordato, il Tribunale Generale ha successivamente accolto alcuni dei motivi di impugnazione del provvedimento della Commissione Europea, riducendo la sanzione a carico dell’azienda americana, che è stata comunque ritenuta responsabile di avere attuato pratiche anti-competitive sul mercato mondiale, Cina esclusa.

Le implicazioni globali della causa Alphabet-Epic games

Le circostanze che accomunano, parzialmente ed in tempi differenti da quelli odierni, in cui sono mutati mercato e tecnologia, il processo che contrappone il gruppo Alphabet e Epic Games e il procedimento comunitario che ha visto contrapposta la Commissione Europea a Google nella vicenda dei terminali Android, non pare destinata ad esaurire la casistica giudiziaria che vede coinvolti i giganti del web, i quali si cimentano in attività che li pongono sempre di più inclini a conferire loro un crescente e sempre più consolidato dominio[8].

Questo incremento della posizione di potere delle Big Tech di cui abbiamo quotidianamente notizia, non riguarda solo il settore tecnologico ma anche quello dell’editoria[9], quello dei social network[10] e molti altri temi di cui si occupano esperti e stampa.

Quanto è stato in precedenza brevemente scritto è volto ad interrogarci sulla effettiva possibilità per il legislatore e per gli stessi giudici, di imporre limiti e regole stringenti a un mondo sempre più globale e convergente. La risposta a questo quesito appare oggi difficile da indicare correttamente ma il timore che essa si si stia orientando verso il diniego si profila come tutt’altro che improbabile[11].

Note

1) Questa è la pagina web con le informazioni generali sull’impresa statunitense che sviluppa videogiochi interattivi in tecnologia 3D: https://www.epicgames.com/site/en-US/about?lang=en-US

2) Di tale vicenda e di altra controversia riguardante anch’essa la posizione di monopolio digitale di Google è stata qui data notizia con la pubblicazione di un articolo: https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/antitrust-le-accuse-contro-google-travolgeranno-il-mercato-tech-gli-scenari/

3) La notizia che l’e-commerce cinese sia il più grande al mondo è da tempo nota. Si può leggere sul punto questo documento: https://www.sdabocconi.it/it/news/il-primo-mercato-ecommerce-al-mondo-la-cina#:~:text=ll%20mercato%20%C3%A8%20dominato%20da,il%20suo%20motore%20di%20ricerca.

4) Qui si trova la pagina illustrativa dell’attuale competenza e attività del IX Circuito giudiziario U.S.A., per effetto delle revisioni processuali introdotte con effetto dal prossimo mese di dicembre 2024: https://www.ca9.uscourts.gov/

5) Il deposito della Notice of Appeal della Permanent Injunction da parte di Google è avvenuto il 10 ottobre 2024 con l’intento di impugnare anche tutti gli atti precedenti che hanno determinato la decisione.

6) Questa circostanza assumeva importanza nella causa fra Apple Inc. e Epic Games in quanto in tale contesto il “mercato rilevante” dipendeva dagli acquisti degli i Phone della Apple. Per un approfondimento del tema si legga in merito la decisione raggiungibile qui: https://law.justia.com/cases/federal/appellate-courts/ca9/21-16506/21-16506-2023-04-24.html

7) Si tratta della causa T-604/18 (Google e Alphabet vs. Commissione Europea) il cui dispositivo è pubblicato qui: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:62018TA0604&from=EN

8) Abbiamo già preso in esame nel corso degli anni situazioni che fanno emergere la necessità di espansione illimitata manifestata dalle imprese Big Tech. Qui si trovano alcuni spunti sul tema: https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/big-tech-e-nuovi-monopoli-opportunita-e-problemi-da-affrontare-gli-scenari/

9) Ulteriori esempi di aree problematiche nello sviluppo delle nuove tecnologie si evidenziano in questi contributi: https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/ai-overviews-di-google-minaccia-leditoria-ecco-i-problemi-e-una-possibile-soluzione/ https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/equo-compenso-minacciato-dallia-la-causa-contro-google-e-lurgenza-di-nuove-regole/ https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/diritto-dautore-il-canada-verso-nuove-tutele-per-i-giornali-online-il-confronto-con-francia-e-italia/

10) Questo è un caso emblematico circa il problema emergente della tutela dei minori dall’uso eccessivo delle piattaforme social: https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/i-danni-dei-social-sui-minori-un-problema-globale-che-esige-scelte-immediate/

11) Uno dei temi più complessi derivanti dalla globalizzazione è rappresentato anche dalla difficoltà dell’enforcement delle decisioni giudiziali che riguardano illeciti commessi attraverso la rete. Sull’argomento, si propone questo scritto: https://ntplusdiritto.ilsole24ore.com/art/la-giurisdizione-rete-porte-aperte-un-potenziale-conflitto-poteri-livello-planetario-AE7IRaNC

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