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Salute digitale delle imprese italiane: il rilancio passa da IA e competenze



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L’Osservatorio SmartiveMap 2024 delinea la trasformazione del sistema produttivo. Intelligenza artificiale e competenze digitali ridefiniscono le strategie competitive delle aziende italiane

Pubblicato il 12 dic 2024

Francesca Montemagno

CEO di Smartive



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Negli ultimi dieci anni, aziende e persone hanno affrontato un processo di trasformazione digitale che ha radicalmente cambiato il modo in cui lavoriamo, consumiamo e interagiamo. Questa prima ondata di digitalizzazione ha introdotto nuove tecnologie ma ha anche indotto nuovi modelli di business e una maggiore connettività globale, trasformando interi settori economici.

Oggi, ci troviamo di fronte a una seconda ondata di trasformazione, trainata dall’intelligenza artificiale (IA). L’AI non rappresenta solo uno strumento tecnologico, ma una forza di cambiamento capace di ridefinire ancora una volta processi, relazioni e strategie aziendali. Sebbene i progressi verso una maggiore digitalizzazione siano evidenti, il percorso verso la piena maturità digitale resta complesso e ricco di contraddizioni, come evidenziato dai contributi sul palco del recente WEB SUMMIT a Lisbona.

Salute digitale delle imprese italiane: i dati dell’Osservatorio SmartiveMap 2024

I dati dell’Osservatorio SmartiveMap 2024, presentati durante l’evento “Guidare le organizzazioni tra intelligenza artificiale e intelligenza umana” a Milano, offrono uno spaccato approfondito della “salute digitale” delle imprese italiane e delle loro persone.

Questo studio, che ha coinvolto 28.000 rispondenti attraverso SmartiveMap, uno strumento di people analytics riconosciuto dal Joint Research Centre della Commissione Europea, ha evidenziato una significativa evoluzione, ma anche importanti lacune da colmare se vogliamo essere a prova di futuro.

Competenze digitali: dove eccellono le imprese italiane

Un’analisi approfondita delle funzioni aziendali evidenzia un panorama eterogeneo. Secondo l’Osservatorio, aree come Sustainability e Legal emergono come le più pronte ad affrontare le sfide del digitale, grazie a una maggiore maturità nelle competenze specifiche. Al contrario, funzioni chiave come Information Technology e Sales, che dovrebbero essere naturalmente digital-first, sembrano paradossalmente in difficoltà nel tenere il passo con l’evoluzione tecnologica.

Questo fenomeno evidenzia una discrepanza tra aspettative e realtà: le funzioni che dovrebbero essere pioniere e all’avanguardia nella trasformazione digitale, come IT e Sales, si trovano spesso ad affrontare un doppio carico. Da un lato, devono evolvere rapidamente per adattarsi alle nuove tecnologie; dall’altro, sono chiamate a guidare l’intera organizzazione nel cambiamento. Questa doppia responsabilità frammenta gli sforzi di upskilling e rischia di rallentare il progresso. Al contrario, settori tradizionalmente meno “digitali”, come Operations (Logistica e Supply Chain), hanno mostrato una capacità sorprendente di adattarsi alle sfide della Rivoluzione 4.0, sfruttando un approccio più mirato e concentrato alla trasformazione digitale.

Anche le dimensioni aziendali influiscono sul livello di maturità digitale. Le piccole e medie imprese (PMI), pur disponendo di meno risorse, dimostrano una maggiore agilità rispetto alle grandi aziende e una sorprendente apertura al cambiamento. Questa flessibilità consente loro di integrare l’IA e altre tecnologie in modo rapido ed efficace, contribuendo a creare un contesto favorevole all’innovazione. Anche in virtù dell’accessibilità economica di certi strumenti.

L’indice Smartive: Italia sopra la sufficienza, ma lontana dall’eccellenza

Un dato cruciale emerso dall’Osservatorio è lo Smartive Index, che misura il livello di digitalizzazione e innovazione delle aziende su una scala da 0 a 100. Per essere considerate “smartive” (smart-native), le organizzazioni devono superare un punteggio medio di 80.

Attualmente, l’Italia si attesta a 61, in miglioramento rispetto al 54 del 2022, ma ancora lontana dall’eccellenza. Un progresso che riflette una consapevolezza crescente, ma anche la necessità di accelerare gli investimenti in competenze digitali e culturali.

Generazioni a confronto: chi guida il cambiamento digitale?

Uno degli aspetti più sorprendenti messo in evidenza dai dati riguarda le differenze generazionali. Contrariamente alle aspettative, i Boomer e la Generazione X si rivelano più inclini al cambiamento. Questi gruppi dimostrano una straordinaria apertura alla trasversalità e all’innovazione, accettando con entusiasmo l’opportunità di ampliare le proprie competenze digitali, spesso percepite come leve strategiche per rimanere rilevanti e competitivi.

Al contrario, Zoomer e Millennial, pur essendo nativi digitali, tendono a considerare la tecnologia come una parte acquisita e onnipresente della loro quotidianità, sottovalutandone il potenziale trasformativo. Questo atteggiamento può portarli a privilegiare valori come il benessere e l’equilibrio vita-lavoro, riducendo la loro propensione ad accettare cambiamenti che richiedano flessibilità e sforzi di adattamento. Inoltre, si osserva in queste generazioni una tendenza a sottovalutare le dinamiche relazionali e il valore della formazione continua, elementi che invece si dimostrano fondamentali per navigare contesti in rapida evoluzione.

Le differenze generazionali emerse dall’Osservatorio evidenziano l’importanza di percorsi di formazione trasversale, capaci di unire competenze e prospettive diverse attorno a obiettivi comuni. Superare l’approccio segmentato significa creare cluster intergenerazionali, dove il pragmatismo e l’esperienza di Boomer e Generazione X si integrano con la familiarità digitale e l’approccio innovativo di Zoomer e Millennial.

Guardare con occhi differenti ai percorsi di sviluppo e formazione può permettere un migliore scambio di competenze, sviluppando soft skill trasversali e promuovendo una cultura della collaborazione, essenziale per affrontare le sfide della trasformazione digitale.

Intelligenza artificiale in ambito HR: un fenomeno in crescita

Un altro tema centrale dell’Osservatorio è l’utilizzo dell’intelligenza artificiale in ambito Risorse Umane. Nonostante la crescita, i dati rivelano che l’adozione di queste tecnologie non è ancora pervasiva: solo il 41,5% degli HR Manager italiani dichiara che la propria azienda utilizza strumenti basati sull’IA per ottimizzare processi come il recruiting, la gestione delle performance e l’analisi predittiva. Anche qui, le PMI si distinguono per una maggiore rapidità di adozione rispetto alle realtà più strutturate, sfruttando l’IA per accelerare i processi decisionali e ottimizzare le risorse.

Tuttavia, sebbene l’adozione dell’intelligenza artificiale rappresenti un’opportunità straordinaria per migliorare l’efficienza e ottimizzare i processi, è chiaro che l’IA non può sostituire l’intelligenza umana e che il vero valore starà nella capacità di integrare tecnologia e competenze relazionali per creare organizzazioni più inclusive e innovative.

Le tre sfide per il futuro delle organizzazioni

L’Osservatorio SmartiveMap 2024 evidenzia tre sfide chiave sul fronte skill e competenze per le organizzazioni che vogliono affrontare con successo la nuova onda tecnologica:

  • Rivedere l’approccio alle competenze: le aziende devono superare i modelli tradizionali di valutazione delle competenze, adottando strumenti che offrano una visione dinamica e integrata delle capacità individuali. Questo cambiamento deve guidare lo sviluppo di percorsi di upskilling e reskilling mirati, capaci di rispondere alle reali esigenze organizzative e al contesto in evoluzione.
  • Innovare i format di apprendimento: non basta progettare contenuti brevi; è essenziale adottare metodologie che rendano il microlearning efficace e strutturato, integrandolo con esperienze più ampie e immersive. Le aziende devono favorire l’acquisizione di competenze soft, come l’apertura mentale e la capacità di adattamento, fondamentali per creare un mindset pronto al cambiamento. Questi percorsi devono partire dalla leadership, che ha il compito di rendere fertile il terreno progettuale e ispirare il resto dell’organizzazione.
  • Mettere in azione diversità e inclusione: operare efficacemente in contesti multiculturali e promuovere un ambiente di lavoro inclusivo sono elementi fondamentali per valorizzare il potenziale di una forza lavoro diversificata, migliorando la collaborazione e creando le condizioni per fare pratica di innovazione.

Un futuro da costruire insieme

Il futuro delle organizzazioni passa dalla capacità di combinare tecnologie avanzate, competenze trasversali e una cultura aziendale in cui le persone siano proattive, critiche e aperte al cambiamento. La sfida non è solo adottare nuovi strumenti, ma cambiare profondamente il modo di lavorare, imparare e collaborare.

Come sosteneva Benoit Mandelbrot, padre dei frattali, “porsi le giuste domande è importante quanto trovare le risposte corrette”. Le aziende italiane possono trasformarsi in veri e propri laboratori di sperimentazione e innovazione, capaci di anticipare i cambiamenti e definire nuovi standard. La chiave del successo sarà creare ecosistemi fertili, dove la tecnologia abilita e le persone immaginano il futuro. Il momento di agire è ora a partire dalle domande giuste e non pretendendo di avere la soluzione già perfette.

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