Nel variegato universo dell’intelligenza artificiale, l’assenza di regole definite lascia ancora oggi ampi spazi di discrezionalità.
L’utilizzo dei sistemi di IA corre infatti su binari non completamente tracciati, con margini di azione incerti per le parti coinvolte.
La soluzione emerge con chiarezza: inserire nei contratti clausole puntuali che circoscrivano e disciplinino l’impiego dell’intelligenza artificiale, trasformando l’accordo in uno strumento di garanzia e tutela.
Ma quali sono le domande fondamentali da porsi quando si parla di contrattualizzazione dell’intelligenza artificiale? Quale deve essere l’approccio per costruire un quadro normativo efficace che sappia interpretare le complessità di questi nuovi strumenti tecnologici?
Quando è necessario includere clausole sull’IA nei contratti
Quando si parla di IA, la prima imprescindibile domanda da porsi è relativa alla necessità di contrattualizzarne l’utilizzo e in quali termini questo debba avvenire.
Il contratto, infatti, deve essere considerato come strumento di tutela delle parti e la regolamentazione dell’utilizzo dell’AI deve trovare idonea normazione proprio all’interno di questo accordo che disciplinerà il futuro rapporto tra le parti.
Bisogna tuttavia domandarsi se tale previsione debba essere inserita in qualsiasi tipologia di contratto o se, al contrario, ci siano casi in cui non sia necessario. La risposta non è semplice perché non esiste una regola assoluta, ma dipende dalla tipologia di rapporto nel quale si inserisce l’utilizzo dell’AI.
Siamo infatti portati a pensare che l’AI debba essere regolamentata solo laddove possa essere indicata come l’oggetto del contratto, quindi per esempio nei casi in cui si tratti di sviluppo di software o di utilizzo di uno specifico tool.
Esempi pratici di clausole sull’AI
Esistono però anche casi nei quali l’AI pur non essendo l’oggetto del contratto assume un’importanza specifica poiché rappresenta uno strumento che, almeno a livello potenziale, potrebbe essere utilizzato per dare esecuzione al contratto stesso.
In altre parole le parti potrebbero far ricorso all’Intelligenza Artificiale per adempiere alle proprie obbligazioni contrattuali.
Si pensi, per esempio, all’ipotesi di un contratto con cui si affida ad un traduttore professionista (umano) la traduzione di un testo.
Il traduttore potrebbe far ricorso a sistemi di Intelligenza Artificiale per svolgere il proprio compito? La risposta corretta a tale quesito la può fornire solamente il contratto e quanto previsto dallo stesso. Laddove nel contratto non siano previste specifiche clausole in merito al divieto dell’utilizzo di sistemi di AI si potrebbe arrivare al paradosso della traduzione effettuata (anche, magari non solo) con l’ausilio di traduttori automatici.
È evidente che il contratto può limitare, perimetrare e addirittura vietare tale utilizzo, ma nell’ipotesi in cui non vi sia alcun tipo di precisazione a tal riguardo, l’impiego di tali sistemi deve considerarsi lecito e ammissibile.
Aspetti etici e giuridici dell’uso dell’IA nei contratti
Altri ragionamenti andranno sicuramente fatti con riferimento a questioni deontologiche, etiche o di opportunità, ma non sono di certo legate alla possibilità giuridica di utilizzare questi sistemi laddove manchi un divieto espresso di utilizzo.
A ogni modo, nel caso in cui sia stato contrattualmente vietato o limitato l’impiego dell’AI si inserisce, in questo contesto, un’importante riflessione in merito alla possibilità di prevedere conseguenze specifiche per la violazione di tale divieto, conseguenze che, a seconda dei casi, possono variare dal risarcimento del danno alla risoluzione ipso iure del contratto, dal pagamento di penali ad azioni di responsabilità per violazione di altre clausole, come quelle relative alla non divulgazione delle informazioni.
Su questo ultimo aspetto ci sarebbe molto da riflettere, anche con riferimento alle modalità con le quali viene scritto e articolato il contratto, ma non è questa la sede più opportuna perchè il tema meriterebbe un adeguato e specifico approfondimento.
Tipologia di clausole da inserire nei contratti
Se dunque l’intelligenza artificiale assume una propria dignità contrattuale anche laddove non sia l’oggetto del contratto, è necessario interrogarsi sulla tipologia di clausole da inserire nella regolamentazione.
Non esiste un’indicazione valida per qualsiasi contratto e per qualsiasi ipotesi, poiché dipende dal contesto e, soprattutto, dipende dalla tipologia di AI che viene presa in considerazione.
Certamente il focus generale deve essere orientato alla individuazione delle specifiche obbligazioni delle parti, delle modalità di esecuzione delle stesse, delle rispettive responsabilità e delle previsioni che possono aiutare a regolare quello specifico rapporto, avendo cura di individuare tutte le peculiarità del caso.
Ciò che farà comunque la differenza, in tema di tutela, sarà la modalità con le quali queste vengono sviluppate in maniera granulare, poiché tanto più specifiche saranno, maggiore sarà il livello di tutela offerto alle parti.
Chi dovrebbe redigere il contratto
Si impone, quindi, un’ultima, scomoda, riflessione.
Chi scrive il contratto? Qual è il soggetto più indicato per questo delicato e complesso compito?
Il contratto andrebbe scritto da chi ha specifiche competenze giuridiche, poiché senza di esse è ben difficile riuscire a garantire una efficace tutela, giuridica, delle parti e, nello stesso tempo, specifiche competenze tecniche, senza le quali è assolutamente impossibile fornire una adeguata copertura per le possibili criticità che dovessero insorgere per l’utilizzo dell’AI.
Qualora, quindi, non si riuscisse a individuare un solo soggetto con queste caratteristiche, bisognerebbe creare un team di lavoro nel quale far convogliare competenze diverse da fondere insieme per arrivare ad ottenere il massimo livello di competenza in entrambi i settori, quello tecnico e quello giuridico, perché, in questi ambiti, non esiste una competenza più rilevante o importante dell’altra.